Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: Madam Morgana    04/06/2015    4 recensioni
C'è che adesso è felice, del traguardo raggiunto, c'è che, adesso, lei è la dottoressa Penelope James, quello che desiderava di essere da sempre, sin da quando ne ha memoria.
-
«Penny, è meraviglioso, sono davvero felice. Però non voglio scoraggiarti, ho sentito dire che i ragazzi del Social Detoxification Center non sono tipi da sottovalutare» e stringe i pugni nel manubrio con fare di chi, sul serio, un po' ha timore.
Lui, personalmente, non si recherebbe mai in quel postaccio caratterizzato da un edificio decaduto, aiuole sottoposte ad atti vandalici, muri scritti, e quant'altro.
-
Fallowey sospira, nasconde le mani grasse dentro le tasche del giubbino smanicato e scuote il capo, «L'ala nord è la peggiore, dottoressa, non credo possa fare qualcosa per loro» anche il tono di voce del direttore cambia, oltre all'espressione corrucciata. «Chi, ormai, di speranza non ne ha più. Chi è giunto al capolinea, dottoressa James.»
Penelope si volta dietro per dare una rapida occhiata alle porte nere.
E giura di averne sentita una socchiudersi piano, con un cigolio raccapricciante che le ha gelato il sangue.
Qualcuno li aveva ascoltati.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
5.



 
Si sveglia con l'affanno, Penelope.
Passa le mani al collo latteo, bianco come fosse di porcellana, e le fa male. Non sa se ha urlato, durante la notte, ma francamente anche se l'avesse fatto nessuno l'avrebbe soccorsa.
Gattona, fino ad arrivare ai bordi del letto, poi si mette seduta; la stanza è sempre la stessa e... come potrebbe dimenticarsi dove ha trascorso la notte? Una camera non sua, un posto che non è casa. Senza Andrea, senza il suo letto caldo, senza la sua sottoveste rosa, senza nulla che le appartiene.
D'altro canto non riuscirebbe a dimenticare quello ch'è successo. Appena svegliata pensava fosse solo un sogno, un brutto incubo che l'ha inghiottita nell'oblio della notte. Poi, però, quando ha sfiorato il fianco, il vestito presentava ancora quello squarcio ed una piccola crosta marrone si ramificava sulla pelle scarlatta.
Penelope ha paura.
Ha paura di tante cose, senza però poterlo dire. C'è che una dottoressa non può aver paura, lei dovrebbe essere in grado di domarla, la tensione, senza contare che deve curare quella dei ragazzini del centro.
Eppure, per certi versi contorti spera di non finire dentro il centro, non come spossata da curare.
Si massaggia i polsi, con fare assente. Gli occhi cerulei fissano tutto e nulla, mentre mordicchia il labbro inferiore. Posa poi lo sguardo sulle sue gambe snelle e scoperte fin sopra la coscia, a causa del vestito ch'è risalito durante il sonno.
Ha delle belle gambe, dottoressa” e ricorda come Harry Low, con quel suo sguardo perverso, l'abbia messa in soggezione, e di come Luke Hemmings l'aveva ripreso. Di come, in maniera grottesca – forse – l'aveva aiutata.
C'è che forse, Penny, sa che qualcuno può salvarsi, perché nulla è perduto e la speranza è l'ultima a morire. C'è che, probabilmente, Luke Hemmings è quello che può salvarsi, più di quanto Fallowey stesso non creda.
Sospira, i pensieri positivi l'hanno messa di buon umore, poi si alza dal letto e trascina i piedi scalzi verso la porta, ma non appena posa la mano sulla maniglia, essa è già scattata e qualcuno l'ha aperta.
Fallowey, con fare sveglio e tranquillo, abbozza un sorriso del tutto invisibile a causa della barba grigia che ricopre le labbra, «Buongiorno dottoressa James!» esclama. Sembra più positivo di lei, ed il che la mette ulteriormente di buonumore. C'è poco da essere felici, al Detoxification, ma sembra che il direttore non si scoraggi né voglia pensarci sul serio.
«Buongiorno, signore» sorride lei, di rimando, chinando il capo con riverenza per un saluto formale.
«Come ha dormito?» e forse non è opportuno che lei racconti tutto al direttore. Di come, spinta dalla curiosità, abbia abbandonato la stanza, durante la notte, di come abbia rischiato la vita perché un anonimato aggressore le ha puntato un coltello al fianco, e di come, Luke Hemmings, l'abbia riportata nella stanza.
Quasi certamente perderebbe il lavoro, ma non vuole, perché è tutto ciò che ha. E' tutto ciò che vuole davvero, aiutare quelle persone.
Sospira, si morde le labbra e, nonostante a lei le bugie non piacciano, è costretta a mentire. «Meravigliosamente, è una stanza parecchio ospitale» potreste mettere a una TV, magari, vorrebbe anche aggiungere, ma non lo fa. Sembrerebbe assai irrispettoso nei confronti del suo superiore.
«Molto bene. Le va di fare colazione? Mi sono permesso di comprare dei cornetti caldi e due cappuccini, la signora Agatha li ha appena portati» continua, uscendo dalla stanza. Sembra non curarsi di avere Penelope dietro. E ciò fa capire a lei ch'è costretta a seguirlo, a prescindere se le vada o no di fare colazione.
Scendono le scale nere a chiocciola, poi percorrono uno degli innumerevoli corridoi e poi si ritrovano nell'ufficio del signor Fallowey, sempre perfettamente in ordine.
La signora dalle grinze orrende e dallo chignon perennemente sfatto, è dentro la stanza. Maldestramente sistema alcuni tovaglioli bianchi, «Agatha, che piacere! Dormito bene?» la donna sorride, mostrando la dentatura giallognola che a Penelope le procura un conato di vomito.
«Frank!, ho appena finito di sistemare la colazione. Lascio lei e la dottoressa da soli» e così Penelope scopre che quella megera pallida dispone anche di un nome.
La signora Agatha va via, salutandola cordiale ma che, comunque, presenta sempre quel velo lugubre. Poi la porta viene chiusa, ed insieme al signor Fallowey si accomoda nella poltroncina nera uguale a quella di lui.
Spezza il croissant alla marmellata, mentre – distrattamente – fissa il bianco del latte accerchiarsi nella tazza di porcellana.
«Qualcosa la turba, dottoressa James?» chiede Fallowey. Anche se sa che, qualcosa, sotto sotto, c'è.
«Eh? Oh, no no! Nulla, non è nulla» e forse non è così. Ma la sua coscienza le suggerisce di non parlare, di non dire tutto.
Ed è così che passano il tempo, a fare colazione insieme, scambiandosi opinioni. Penelope si permette pure di esporre il suo desiderio, ovvero quello di abbellire le aiuole, e, se costretta, comprerà anche lei i semi da piantare in giardino.
E' stanca di vedere tutto quel verde trascurato, senza contare che darebbe un'altra aria al posto.
Ma, non appena Fallowey apre bocca, la porta si spalanca rivelando Agatha con l'affanno. La sua crocchia spelacchiata turba ancora una volta Penelope.
«Spero sia importante, Agatha» ringhia Fallowey, che per una volta stava apprezzando la consulta di qualcuno.
Questa, dal canto suo, china il capo in segno di scusa, poi un ragazzo alto, snello e dalla chioma variopinta, spinge la vecchia dentro la stanza, facendosi largo per venir notato.
L'espressione del direttore s'imbruttisce. Serra la mascella e strizza ciò che resta del cornetto tra le dita, facendo si che la marmellata gli coli sul pollice adiposo, «Che ci fai tu, qui?» sputa, in così cattivo modo che Penelope sembra non riconoscerlo più.
Era ancora quel direttore affabile?
Il ragazzo sorride beffardo, affonda una mano su una ciocca di capelli blu e poi lo guarda. Gli occhi verdi dalle striature color sabbia si riducono a due piccole fessure, e con disdegno ringhia un, «Dobbiamo parlare» che a Penelope non piace nemmeno un po'.
«Non vedi che sono impegnato?» sbotta l'uomo, facendogli notare di avere la ragazza in stanza.
«Non m'importa. Me lo avevi promesso, cazzo, me l'avevi promessa una merda di televisione, Fallowey!» controbatte, al che Fallowey si alza dalla sedia, che per poco non va a sbattere contro il termosifone dietro di lui, l'addita fissandolo con cipiglio severo.
«Anche tu mi avevi promesso di smettere ma non l'hai fatto, e non mi sembra nemmeno che tu la meriti, la televisione, dunque sparisci. Ed avvisa i tuoi quattro compari che tra un po' la dottoressa farà il primo incontro con voi» sbotta.
Il ragazzo china il capo, stringe i pugni e serra la mascella. Probabilmente se Penelope non fosse lì si sarebbe già azzuffato contro il direttore.
Da una rapida occhiata a Penny, poi, che intanto non si è mossa dalla sedia, completamente sbigottita da tutto.
«E sarebbe 'sta mocciosa, la dottoressa?» sentenzia. L'espressione perversa che incalza sul volto suo di porcellana provocano una strana scarica elettrica lungo tutta la spina dorsale di lei che, esterrefatta nota quanto manchino di disciplina quei ragazzi.
Non che si aspettasse il contrario, certo, ma ancora non ha visto nessuno con un briciolo di riconoscenza.
«Non parlare così alla dottoressa, chiaro?» e mentre dice così, l'uomo ha già preso dal colletto il ragazzo, spintonandolo fuori, chiudendosi poi la porta alle spalle.
Dal canto del ragazzo non c'è nessuna obiezione, probabilmente abituato a quel trattamento. Sbatte solo le mani sulla porta, freneticamente e con violenza, ringhia indispettito e, sì, forse pure incazzato, «Me l'avevi promessa Fallowey! Porca puttana, me l'avevi promessa la televisione! T'ammazzo prima o poi, stronzo!» dopo il silenzio.
«Cani randagi» abbaia il capo, tornandosi a sedere sulla poltrona in pelle. Per quanto riguarda la dottoressa, non sa né che fare né che dire. Trova così insignificante tornare a parlare delle aiuole, poi, dopo tutto quello.
Quel ragazzo che si lamentava per la scarsità di comfort le aveva fatto tenerezza, senza contare, però, che il direttore aveva ragione. La disciplina alla base di tutto, «dov'eravamo rimasti, dottoressa?» la riprende così, Fallowey, distraendola dai suoi pensieri insensati.
«Stavamo parlando delle – ecco delle … signore, quel ragazzo – ecco forse dovrebbe concedergliela, una televisione. Magari un – » ma dal canto dell'altro, l'espressione cambia radicalmente. Dapprima tornato pressoché sereno, sembra aver nuovamente voglia di urlare.
Stringe i pugni grassi, e cerca di regolarizzare il respiro, «Mi creda, dottoressa, quel ragazzo non merita assolutamente nulla» sbotta iracondo.
«Sembrava così – » ma l'uomo continua, 'ché Penny dovrebbe solo svolgere il lavoro da dottoressa e non da ficcanaso.
«Mi creda, so quel che faccio. Forse sarebbe meglio per lei cominciare ad avviarsi verso la stanza dell'incontro» e lui si è già alzato, dirigendosi verso la porta per aprirgliela, quasi come se l'incitasse ad andarsene.
E lei non controbatte, esce annuendo per poi notare con quanto astio il direttore si chiude la porta alle spalle.
Ma Penelope è decisa, perché il suo compito non è solo fare la dottoressa, prima di questi rimane una persona con sentimenti.
Sa dove trovare Agatha, la donna dalla pelle cerea, ed è per questo che si dirige verso la porta d'entrata, l'unica che ricorda con sicurezza.
Difatti la trova lì, e, senza esitare, le poggia una mano sulla schiena ingobbita «Signora Agatha?» questa si volta, mentre issa gli occhiali dapprima scivolati sul suo naso aquilino.
«Dottoressa James! Ma non dovrebbe già essere alla seduta con i ragazzi?» la riprende, ed un po' le ricorda il direttore.
Lei annuisce, perché sa che non sta facendo tutto secondo i piani, ma l'istinto di altruismo è tanto, «Sì, lo so, comincio tra un poco. Mi chiedevo dove potessi trovare quel ragazzo ch'è entrato prima, nell'ufficio del direttore Fallowey» e ad Agatha, quella domanda, non piace nemmeno un po'.
Scuote il capo e probabilmente questo è bastato a far capire alla dottoressa che non parlerà, rimarrà muta come un pesce.
Esasperata, corre via, mentre i tacchi calpestano il pavimento grigio.
Riesce a salire le scale, svoltare un corridoio, poi a destra, sinistra e di nuovo a destra, ed ecco la porta dove, tecnicamente, dovrebbe fare le sedute.
Quando la apre, già i ragazzi sono lì, seduti a cerchio, sulle sedie di legno pieghevoli. La stanza sembra esser diventata una ciminiera a causa del fumo che esce dalle labbra sottili di ogni ragazzo. Tutti loro tengono tra le dita nodose una sigaretta, e Penelope la nota, la differenza, con quelli delle porte azzurre, sicuramente più tranquilli.
Poi sgrana gli occhi, nel momento in cui lo vede.
Il ragazzo di prima, quello entrato nell'ufficio del signor Fallowey.
Questi la guarda, con aria di sfida, mentre inspira nuovamente dal suo filtro, rilasciando poi il fumo non appena apre la bocca per parlare, «Guardate chi c'è, la dottoressa» e ridono. Beffardi, ridono. E' differente dal ridere sfrontato di Harry Low, quello delle porte azzurre, ma più una risata perversa che si espande a macchia d'olio.
Penelope cerca di contenersi, vorrebbe fuggire ma non può.
Si siede sull'unica sedia ancora vuota, poi apre la sua cartellina e sistema i capelli, passandoseli da un lato.
«Sono la dottoressa James,» comincia, ma qualcuno la blocca ancor prima del previsto.
Il ragazzo dai capelli tinti, accavalla le gambe, fa volare il mozzicone di sigaretta per terra e poi incrocia le braccia al petto. «Lo sappiamo chi sei, pupa. Facciamo che ci stai a sentire e poi te ne vai affanculo, che ne dici?»
«Non ti permetto di parlarmi così, io... io sono una dottoressa!» cerca di rimbrottarlo, senza però riuscirci sul serio. Dal canto di lui, infatti, esce un sorriso sghembo. Giocherella poi con il piercing al sopracciglio e sospira, scuotendo il capo.
«Ahi, ahi, dottoressa. Non ha ancora capito chi comanda, qui – continua a sospirare, mentre due ragazzi alti e grassi l'affiancano – diglielo tu, Melma. Digli chi comanda, qui» Il ragazzo grasso dalla carnagione scura, scoppia in una fragorosa risata, si sconquassa divertito quasi come se quello avesse fatto una battuta.
«Qui comanda Clifford, dottoressa» e gli altri smettono di ridere, come se quel cognome servisse a placare ogni cosa.
Penelope china il capo, stringe i pugni ed ingoia il nodo formatosi alla gola, «Ti ringrazio per avermi informato chi comanda, ma sono qui per aiutarvi, non per comandare» cerca di spiegare, lei. Anche se sa ch'è tutto inutile.
«Melma non è stato chiaro, dottoressa?» il ragazzo dai capelli tinti smette di giocare con il piercing, poi s'avvicina pericolosamente a lei e la guarda attentamente. Penelope cerca d'indietreggiare, ma non può far nulla, considerando che sembra aver inchiodato il culo alla sedia.
«Io non – non...»
«Nessun problema, lo capirà col tempo. Che ne dite ragazzi?» e si volta per guardare i suoi compari, che hanno deciso di tornarsene a ridere.
Probabilmente quella seduta sarà la più difficile di tutti, per Penny, che ancora non sa nemmeno i nomi dei giovani.
Solo dopo una prima mezz'ora di totale disastro riesce a capire del perché siano così difficili: porte rosse.
Ha ascoltato le storie di ognuno, o almeno quello che le hanno raccontato. Quasi tutti alcolizzati e qualche cleptomane. Per quel che la riguarda potrebbero anche non essere vere, ma non può fare molto. Deve comunque attenersi a ciò che ha sentito.
Quando Clifford rimane nella stanza, da solo con lei, la dottoressa si rende conto ch'è l'unico a non avergli detto ancora il nome. Ma sa che non lo farà. Dunque Penny decide di giocare un'altra carta vincente.
«Ho sentito dire che vuoi una televisione» esprime, mentre continua a scribacchiare sul suo taccuino già colmo di appunti.
Clifford s'acciglia, mentre si stringe nelle spalle. Velocemente cerca l'accendino dentro i pantaloni stretti e neri che gli fasciano alla perfezione le gambe snelle, mentre dal giubbino scuro estrae un pacchetto di Marlboro.
«Significa che l'udito le funziona bene, dottoressa» beffardo, torna a sorridere. Si porta poi la sigaretta alle labbra e l'accende, riponendo la mano sinistra all'interno della tasca.
«Perché Fallowey non vuole dartela?» riprova. Alza lo sguardo per guardarlo e si perde letteralmente. I suoi occhi verdastri sono caratterizzati da striature color sabbia. Le labbra sottili e rosse come il sangue, un accenno di barba scura e la pelle esangue.
«E' solo un bastardo Fallowey, merita di morire» rotea gli occhi e continua ad aspirare il fumo che, sicuramente, ha già rovinato i polmoni da tempo.
Penelope non capisce, e francamente non comprende nemmeno perché non si stia attenendo alle domande che dovrebbe fare. Tuttavia non può farci nulla.
«Cosa ti piacerebbe guardare in TV?» e forse ha parlato troppo, al punto che lui decide di alzarsi dalla sedia. Il fumo continua ad uscire dalle sue labbra.
Afferra la scranna in cui è rimasto seduto per tutto il tempo, e si avvia per riporla insieme alle altre.
Penelope non ci spera più, nella risposta, ma poi lui la sorprende, «Le partite di calcio.»
E non sa quel che fa, lei, che ha già infilato le mani dentro le tasche per cercare il suo cellulare. Forse troppo avventata, ma comunque buona di cuore, «Prendi il mio cellulare, puoi vedere le partite con Internet. Non sarà bello come vederle in TV ma – » ma lui scuote il capo.
C'è che non sopporta l'elemosina, tanto meno quella delle dottoresse. «Non ho bisogno della tua elemosina» ringhia, inferocito.
«Ma non è elemosina, né compassione. Prendilo e basta!» gli spiega, anche se lui non è stupido. Sa bene che l'umiltà che scorre nelle vene della dottoressa fa di lui un poveraccio, o almeno è quello che lei pensa di lui.
«Io non voglio nulla da te, cazzo, sono stato chi – »
«Prendilo, ti prego» e gli occhi ludici di lei, lo ammutoliscono. Penelope lo fissa intensamente e lui, stregato, afferra il cellulare. Non si muove, Clifford, né dice nulla.
E' Penelope a supplicarlo quando, invece, dovrebbe essere lui a farlo con lei, per venire aiutato, per essere compatito. L'invertirsi delle azioni gli hanno provocato grossi scossoni al petto.
Intasca il cellulare accennando poi un sorriso, non le dirà grazie. Lui non ringrazia mai.
Sta per andarsene, quando Penelope lo ferma. «Aspetta! Non mi hai detto come ti chiami!»
«Sono Michael Clifford.» Sussurra lui, mentre a capo chino e senza più guardare Penelope, s'inoltra nel corridoio che lo porterà all'ala est, quella delle porte rosse.
Penny lo guarda, fin quando la figura di lui non scompare, come inghiottita dall'oscurità. Non sa nulla di Michael Clifford, nemmeno del perché sia lì. Ma giura che, darle il cellulare per soddisfare la sua curiosità sulle partite di calcio, sia stata la cosa giusta.
Del resto, tutti devono essere felici.
E Michael non fa eccezione.



BUUUUUH


Bimbi miei belli! Eccomi qui, nuovamente alla carica u.u
Ammettetelo che aspettavate Morgana, eh? (No Morgana, levati) comunque bando alle ciance
di cui Morgana ciarla sempre. Allora, cosa ve ne pare del capitolo? Qui incontriamo un altro
personaggio che tutto è tranne che tranquillo. Vi piace Michael? A me, personalmente, molto.
Cioè ha del carisma, non so, poi sarà che mi faccio i soliti viaggi mentali ed allora è tutto okay.
A parte questo, la dottoressa James, ancora una volta, si dimostra altruista e solidale verso il
prossimo, dando - così - a Michael, il suo cellulare. Voi l'avreste fatto? A prescindere di chi si
tratti. Pare, infatti, che Penny non badi alle conseguenze, ed allora mossa dall'impulso compie
quest'atto eroico (o forse non troppo eroico?) a parte questo... spero che il capitolo vi sia piaciuto
che la storia vi piaccia e vi prenda sempre. Mi riprometto di fare il meglio, per voi, per me, per il
fatto che voglio sempre migliorarmi. Dunque fatemi sapere cosa ne pensate, i vostri pareri sono
molto importanti.
Un bacione grande grande, ed alla prossima!


Madam Morgana.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: Madam Morgana