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Autore: Tota22    04/06/2015    1 recensioni
Una panchina verde e scrostata in un parco giochi di periferia testimonia l'incontro tra due sconosciuti. Nonostante abbiano in comune ben poco, i due ragazzi si ritrovano a intraprendere un viaggio che ha come complice la notte. Il sorgere del sole è il traguardo della gara, la sfida è vivere come se fosse l'ultima notte sotto il tetto del mondo. Sarà l'alba a decidere se sciogliere o saldare per sempre un legame inaspettato.
[Momentaneamente sospesa]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Prologo

Al


Nero. Nero sporcato da punti lattiginosi, come pessimo caffè macchiato che un distributore automatico sputa dentro un bicchierino di plastica, in cambio di qualche centesimo.

Nero acquoso, nero opaco che fagocita bianco... questo vedeva Al mentre fissava con occhi sfocati il cielo notturno di fine settembre.

Se ne stava a gambe all'aria, i polpacci appoggiati allo schienale di una vecchia panchina verde scrostata; la schiena stesa sulla seduta, la pelle stuzzicata dal legno ruvido e pruriginoso che grattava attraverso la maglietta.
 Una sigaretta spenta penzolava tra le labbra, mentre l'accendino veniva rigirato tra le dita della sua mano destra, suo malgrado attaccata a un braccio troppo pigro per compiere la semplice azione di avvicinare l'arnese all'estremità della sigaretta e animarla con una debole fiammella.

Alla fine Al costrinse la propria mano, che fino a quel momento giaceva a penzoloni fuori dalla panchina, nocche sfioranti terra mentre stringeva mollemente l'accendino, a dare vita alla sigaretta e pochi istanti dopo aveva già cacciato dentro i polmoni una boccata di fumo.
Trattenne il respiro per qualche secondo per poi abbandonarsi alla sensazione di calma e distensione prodotta da quell'aria pesante che usciva da bocca e naso, in cerca di una via d'uscita dal suo sistema, dopo aver depositato catrame e veleno negli alveoli polmonari.

Ad Al non piaceva fumare.
Non sopportava l'odore delle sigarette, il retrogusto pastoso che lasciavano in gola, il puzzo che si insinuava sotto la pelle e nei vestiti.
Tuttavia non riusciva a farne a meno.
Amava il rito dell'accensione, la cenere rossa che ballava nella notte, il rigirarsi la sigaretta tra le dita tra una boccata e l'altra e il formicolio del fumo giù per la gola, simile ad una carezza.

Quell'unica sigaretta della giornata era un piacere proibito, uno strappo alla regola che si concedeva una volta ogni tanto, sempre di notte, sempre nello stesso posto, su quella panchina del parco giochi del suo quartiere. Luogo deserto e avvolto in un buio che sapeva di casa.
Stesi su quella panchina di periferia era possibile assistere allo spettacolo offerto dai muri sgraziati e ingombranti delle case popolari. Il parco si trovava proprio in mezzo ad un ammasso di palazzoni, uno sputo di verde in un mare di grigio.
Un fazzoletto d'erba secca, qualche cespuglio, giochi per bambini di plastica sbiadita dal sole ricamata di graffiti, due o tre panchine.

Il vecchio sedile di legno verde eletto da Al a suo preferito, sostava vicino allo scivolo lontano dagli unici due alberi rinsecchiti presenti, così da lasciare libera la visuale dello spazio circostante.

Quando il sole calava si apriva il sipario.

Finestre degli edifici accese come lucciole, brusio lontano di uomini, donne, vecchi e bambini nell'intimità casalinga; voci, risate, urla, rumori nel sonno leggero delle sere di autunno alle porte; neve sugli schermi di vecchie televisioni proiettata sulle pareti interne delle stanze, il mondo al contrario.

Bastava alzare lo sguardo oltre l'orizzonte di cemento e tutte quelle schegge di vita svanivano a confronto dell'oblio del cielo notturno, maestoso teatro che faceva sprofondare Al in un coma senza pensieri.

Osservando quel nero macchiato si perdeva la percezione dello spazio e del tempo, si perdevano la paura e l'irritazione,  si perdeva interesse per  tutto quello che non fosse il tetto scuro sopra il mondo.

In quei due minuti di meditazione, in cui le volute nebbiose dei suoi respiri alla nicotina si squagliavano sullo sfondo del cielo, Al si sentiva in pace con l'universo.

Niente urla di clienti fastidiosi del bar dove sgobbava tutti i giorni, niente sguardi curiosi e derisori, niente battute cattive, niente musica, niente traffico, niente televisione a tutto volume; solo le ultime cicale estive, un po' di vento e sacrosanto silenzio accompagnato dal tenue baluginare delle poche stelle che si potevano scorgere, il cui bagliore ardiva superare l'inquinamento luminoso della città dormiente. Pace, buio e silenzio.

- Ehi amico! Ce l'hai una sigaretta anche per me?-
  
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