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Autore: Nemainn    04/06/2015    2 recensioni
Piccola OS, vent'anni dopo la fine della mia long, Gèadh.
Per chi si è chiesto cosa sarebbe successo... una piccola risposta.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Gèadh missing moments'
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Gli occhi del Domani








«Mio re, la nave è attraccata.» Alzando gli occhi solo per un istante dalla lunga missiva diplomatica che stava visionando, Ruis annuì.

«Grazie, Amèrhin.» Il soldato si esibì in un perfetto saluto militare che venne ignorato, mentre il sovrano si sbrigava a giungere al fondo di quell’interminabile lista di nulla.

Come si poteva impiegare tutta quella carta senza dire assolutamente niente, in realtà?, si chiese irritato.

Il figlio di Mael era arrivato lì, in missione diplomatica, per ottenere nuove concessione sulla vendita del legno di albero cigno. Un giovane che definire pieno di sé era riduttivo. Era palese che quella lettera non solo non era stata scritta da lui, ma che proprio non aveva idea di quello che dicevo o, meglio, non diceva.

Con uno sbuffo lesse l’ultima, inutile parola e si alzò. In maniche di camicia, senza curarsi di nulla se non di raggiungere in fretta il piccolo approdo riservato alla Gèadh da ormai vent’anni, quasi corse lungo i corridoi del palazzo.

La nave era all’ancora e il suo capitano era già sulla piattaforma.

«Sei tornato a svuotarmi la cantina, o ti insegue qualcuno anche stavolta?» L’apostrofò Ruis e il capitano della nave sogghignò.

Nel viso maturo e ancora più che avvenente, si disegnarono piccole rughe d’espressione e le iridi scintillarono allegre.

«Entrambe le cose?» Rise all’occhiataccia dell’altro. «E poi ho un po’ di lettere per te, Ur ha sentito che mi cercavano e, benedetta donna, ha immaginato sarei venuto qua a svernare.»
«Svernare? Sono anni che non lo fai più… stavolta devi averla combinata grossa.»
«Oh, non più del solito, ma ogni tanto Mael si mette in testa di farmi mettere la testa a posto, come dice lui.»
I due si avviarono, camminando fianco a fianco nei corridoio fino agli appartamenti personali del re degli elfi. Una volta al loro interno Ruis mise le braccia al collo di Foglia, baciandolo.

«Mi sei mancato.»
«Beh, mi pare il minimo!» Il rosso sbuffò, osservando l’altro. Il tempo era pietoso con quel pirata scavezzacollo, nonostante avesse quasi quarant’anni non li dimostrava, ma ciò non toglieva che stesse invecchiando a una velocità che Ruis trovava spaventosa.

Si era reso conto che, per lui, il passare del tempo aveva la stessa presa che sugli altri elfi. Scorreva, senza davvero sfiorarlo, e a volte passavano anche mesi senza che realmente se ne avvedesse. C’erano voluti un paio d’anni perché lui e Foglia riprendessero a vedersi, e mai nessun altro evento era stato così felice nella vita di entrambi.

Vagabondo di natura, il capitano della Gèadh andava e veniva dalla capitale come voleva, sapendo di trovare sempre, tra quelle mura arboree, accoglienza e amore. Con un gesto beffardo l’uomo si sfilò le missive dalla giacca.

«Lettere di Ur, Oisin, Uisge.» Disse, sedendosi sul divanetto e stiracchiandosi. «Tuo nipote cresce, è già un vero pirata.»
«E immagino che tu non faccia nulla per cercare di convincerlo a intraprendere un’occupazione più legale.»
«Fare il re non ti ha giovato.» Un sopracciglio delicato si alzò.

«Posso sempre farti rinchiudere per un po’ nelle segrete, adesso. Almeno a questo mi giova» brontolò. «Almeno così resti lontano dalle cantine, dal tesoro e dalla biblioteca. Hai riportato i libri che ti erano scivolati in borsa l’ultima volta? Il bibliotecario è quasi morto di crepacuore…» Foglia scoppiò a ridere, osservando l’altro aprire le buste e iniziare a leggere. Un sorriso si dipinse sul volto di Ruis man mano che scorreva le righe.

«A quanto pare il piccolo ha deciso che vuole venire a stare qua con me, Ur mi chiede se ho voglia di averlo tra i piedi.»
«Il piccolo ha tredici anni, Ruis, è molte cose, ma non più tanto piccolo…» Con un sospiro l’altro annuì.

«Lo so, ma l’ultima volta che è stato qua aveva appena compiuto nove anni. Cresce in fretta.» Un lungo silenzio calò su quella frase mentre l’ombra del tempo pesava tra di loro per qualche momento.

Era umano anche Foglia.

Anche Ur.

E Oisin e Uisge...

Con una decisa scrollata di spalle accantonò quei pensieri cupi e riportò lo sguardo su Foglia, impegnato a sorseggiare del vino ambrato.

«Hai già iniziato?» Lo schernì e l’uomo annuì.

«Mica tutti possono dire di bere vino elfico. E per di più della riserva reale.»
«Gratuitamente. Portandosene pure via un po’ di nascosto… quando basta che me lo chiedi, o che lo chiedi a chiunque.» Sbuffò, sorridendo con aria fintamente arrabbiata. «Poi non tornano i conti e vengono a chiedermi scusa, è imbarazzante, sai?»

«Ma se lo chiedo non è più divertente, Ruis! Vuoi rovinarmi ogni cosa?!» Con una sonora risata, gettando il capo all’indietro, scosse negativamente il capo.

«Non sia mai, ma lasciami almeno un biglietto, detesto essere preso in contropiede!»

«Potrei farlo.» Concesse il pirata, passandosi le dita tra la corta e ben curata barba nera dove un paio di fili più chiari, argentei, s’intravedevano. «E le altre lettere che dicono?»
Ruis annuì e aprì quella di Oisin.

Stringata e più simile a un rapporto, gli dava le informazioni che gli aveva chiesto. Per contrattare con gli uomini servivano dati, e chi meglio di un mercante poteva raccoglierli senza destare sospetti?

Lesse rapidamente e annuì: aveva in pugno Mael, grazie a quella missiva. Non avrebbe potuto pretendere un bel nulla, ora, nelle trattative.

«Oisin mi dà qualche buona notizia generale, e Uisge invece…» Aprì la lettera della donna e dopo qualche istante scoppiò a ridere. «Lei ti sgrida!»

«Che caso, non lo fa mai!»
«O meglio, dice a me di non farti bere che hai avuto…» La voce di Ruis si interruppe e poi guardò l’altro. «Cosa aspettavi a dirmi che ti hanno sparato in pancia?» Secco, era il tono di un re che coglieva in fallo un sottoposto e, per un momento, perfino Foglia ne fu intimidito.

«Ora sto bene...» tergiversò. «Mi ha ricucito lei. Sai che esagera.»
«Perfetto, ma per sicurezza meglio che metti giù il bicchiere.»
«Ma…»
«Non era seguito da un ‘se hai voglia’.» Con un sospiro, sapeva riconoscere un ordine vero dell’altro quando lo sentiva, posò il calice ormai quasi vuoto. «E non pensare di aggirarmi.»
«No, maestà.» Sbottò, guardandolo con irritazione. «Assomigli a Uisge.»
«Dici?» Ruis sorrise appena, mettendo giù la lettera incriminata. «Più tardi il medico di palazzo ti darà un’occhiata.»
«Uisge ha già fatto tutto.»
«Tutto quello che un medico umano può fare.»Lo disse stancamente, e Foglia non replicò. La magia degli elfi aveva conoscenze, e profondità, sconosciute.

«Non dicono altro le lettere?»
«No.» Disse Ruis, alzandosi e sedendosi scompostamente accanto all’altro, che gli passò un braccio sulle spalle. «Risponderò domani, o appena ho tempo.»
«Adesso non ne hai?» Ma la domanda era maliziosa. Sapeva per cosa era risparmiato il tempo dell’altro, in quel momento, e ne era felice.

«No, direi di no… non per quello.»
Il bacio che si scambiarono iniziò con dolcezza e delicatezza, un ritrovarsi che eliminò ogni distanza, mentre i cuori dei due si intrecciavano nuovamente, come ogni volta.


 

***


 

Karana sospirò; appoggiata al parapetto del balcone guardava i bambini che giocavano nel cortile interno della sua casa. Erano passati molti anni, e vedere che i maschi e le femmine giocavano assieme, spensierati, era ancora strano a volte.

Ripensò ai primi anni, quando Surya l’aveva nominata suo braccio destro nella riforma del paese.

Un onore a cui si sarebbe volentieri sottratta, allora come adesso. Ricopriva quella carica da una ventina d’anni e aveva sempre dato tutta se stessa a quell’incarico: riportare la parità tra maschi e femmine, cancellando quello che Surya stessa aveva fatto. Quella era stata un’altra cosa difficile da mandare giù… che quella Surya fosse la stessa di quel tempo così lontano da essere stato quasi relegato unicamente al mito. Ma il ritorno, o meglio la riunione, della stirpe dei draghi, come loro chiamavano gli elfi, aveva spezzato la maledizione che portava sulle spalle e aveva cominciato a invecchiare.

Aveva anche avuto una figlia, pochi anni prima. Una discendente che presentava le caratteristiche de draghi, ma nessuno conosceva l'identità del padre, era un segreto che l’imperatrice teneva anche con lei.

In quel tempo Karana era diventata non solo una collaboratrice essenziale, una consigliera fidata, ma anche la confidente della loro sovrana e un’amica irrinunciabile.

Si stiracchiò e sorrise sentendo la delicata fragranza che accompagnava sempre Ame giungerle alle narici.

Le mani sottili, e così chiare in confronto alle sue della donna, la cinsero da dietro e posò il volto sulla sua spalla.

«A che pensi? Mi sei sembrata così malinconica...» il viso di Karana si voltò e le labbra sfiorarono quelle di Amhràn, delicate.

«Pensavo a quanto in fretta passa il tempo. Ai bambini che crescono assieme e agli uomini che non portano più le catene… non apertamente, almeno.»

«Abitudini di millenni non si cancellano con una generazione, lo hai sempre saputo» i grandi occhi chiari della donna seguirono lo sguardo della compagna puntato sui piccoli. Osservò i loro giochi e si strinse un po’ di più contro l’altra. «Notizie dalla Calcanna?»

«Tethra e Fea credo verranno a palazzo per il compleanno di Maille.»

«E così la figlia di Surya sarà ufficialmente l’erede al trono, chissà se almeno lei sa chi è il padre.»

«Ha davvero importanza?» Karana guardò sinceramente curiosa la compagna. Nonostante tutti gli anni passati assieme, fianco a fianco, ancora adesso la mente dell’altra le riservava delle sorprese.

«Un albero ha sempre delle radici, e conoscerle di certo aiuta un giovane cuore a trovare stabilità. Dovrà governare, un giorno, e ora che Fea e Tethra hanno, a tutti gli effetti, un regno qua al sud, un regno della stirpe dei draghi, conoscere l’ascendenza paterna potrebbe aiutarla. La Calcanna è una città stato, alla fine, ‘Rana. Anche se ufficialmente sono sudditi di Ruis, a tutti gli effetti sono un regno indipendente.» Spostando con le dita le lunghe ciocche bionde sfumate di rame, Ame si spostò andando ad appoggiarsi a sua volta alla balaustra di pietra. «La figlia di Surya segna una nuova pagina, la nascita di un mondo nuovo dove elfi e umani si mescolano, dove tradizioni millenarie vengono sepolte, ma non dimenticate… credo che un simile albero abbia bisogno delle radici più forti che sia possibile donargli, perché possa svettare rigoglioso nei tempi difficili che l’aspettano.»

«Maille avrà nostra figlia come Surya ha me. E lei ha le radici migliori del mondo… Rial è una ragazzina speciale.»

Ame sorrise.

Quando Karana le aveva detto di volere una figlia, all’inizio si era opposta, confusa dall’usanza del suo popolo ma, alla fine, aveva capito che non era un tradimento e aveva accettato di provare con la compagna. Avevano tentato entrambe e la prima a rimanere incinta era stata lei, che fino a quel momento non si era neppure resa conto di quanto avesse desiderato una figlia.

«Rial è cocciuta, ribelle e fin troppo intelligente...» ma Ame lo disse con un sorriso, orgogliosa di quella ragazzina dalla chioma scura e con le iridi identiche alle sue. Era sveglia e intraprendente, con un cuore immenso e pieno di grandi ideali.

Rimasero in silenzio, una accanto all’altra, nella luce della sera che andava lentamente svanendo.

Il profumo dei fiori e il canto dei grilli fece loro da sfondo mentre, con le dita intrecciate, tornavano dentro la casa di famiglia dove la cena veniva servita.

Sul viso di entrambe c’era il sorriso quieto della pace, dell’armonia e della gioia che avevano conquistato negli anni, in quella terra in tumultuoso mutamento, tra antico e nuovo, che si affacciava su un futuro pieno di promesse.



 


Questa è la fine, qua concludo davvero Gèadh...
Grazie a tutti voi che l'avete letta <3
Nemainn



 

   
 
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