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Autore: benzodiazepunk    06/06/2015    9 recensioni
Cosa sarebbe successo se Harry, dopo quella fatidica partita di Quidditch, non si fosse fatto avanti con Ginny?
E se Ginny e Draco avessero scoperto, durante il sesto anno di lei, di avere più cose in comune del previsto?
Per scoprirlo non vi resta che leggere questa storia, narrata in prima persona da colei che l'ha vissuta.
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"La prima volta che incontrai Draco Malfoy ero poco più che una bambina..."
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REVISIONATA
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley | Coppie: Draco/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Rescue me
 
 

 
I close my eyes and the flashback starts
I’m standing there
On a balcony in summer air
[Love Story – Taylor Swift]
 
 
We were both young when I first saw you
 
La prima volta che incontrai Draco Malfoy ero poco più che una bambina.
Ricordo che quel giorno mia madre, mio fratello Ron ed io ci eravamo recati a Diagon Alley per comprare qualche articolo di uso quotidiano: una piuma nuova, dell’inchiostro, dei semi da piantare in giardino. La giornata era soleggiata e l’aria non era fredda, così, nonostante di solito fosse noioso per noi seguire nostra madre a fare compere, quella volta avevamo accolto con piacere l’uscita. Appena entrati nel negozio di pergamene, mio fratello che allora aveva sei anni, iniziò a tirare mia madre per la gonna, piagnucolando e insistendo perché acquistasse una boccetta di inchiostro verde smeraldo; era infatti uso che mia madre ci comprasse qualcosa 
quando uscivamo insieme per negozi, ma il regalo era appunto solo uno ed io, che non avevo nessuna intenzione di sprecare il nostro desiderio per una stupida boccetta di inchiostro, tirai un calcio negli stinchi a mio fratello cercando inutilmente di far valere le mie ragioni.
Ron non apprezzò particolarmente la mia mossa, si voltò verso di me con espressione truce e mi diede uno spintone, idea non troppo furba dato che si fece beccare immediatamente da nostra madre; in ogni caso io finii rovinosamente addosso al cliente in fila dietro di noi,  e quel cliente era nientemeno che Narcissa Malfoy.
Io mi rialzai immediatamente, impacciata e dolorante, scusandomi a mezza voce, e la signora Malfoy per tutta risposta mi lanciò uno sguardo tra lo sprezzante e lo scocciato, rivolgendosi poi a un bambino che fino ad allora non avevo nemmeno notato, ritto in piedi al suo fianco e stretto in un vestito grigio.
"Cerca di non prendere esempio, Draco" sibilò, stringendogli il braccio in una morsa.
Io, leggermente stupita dato che quel bambino non aveva fatto niente per meritarsi un tono simile, lanciai un’occhiata meravigliata alla strana coppia. Avrei voluto continuare a fissarli per capirci qualcosa ma proprio in quel momento mia madre mi trascinò fuori dal negozio senza curarsi delle mie lamentele e rimproverando Ron riguardo i comportamenti da tenere in pubblico.
In ogni caso, quel fatto finì ben presto nel dimenticatoio; nella mente di una bambina erano ben altre le cose importanti, e certamente non le stramberie di una ricca famiglia che noi nemmeno frequentavamo.
Ma il destino intendeva far incrociare la mia strada con quella di Draco Malfoy ancora molte altre volte, nonostante il mio disinteresse. Dovettero passare circa tre anni perché io lo rivedessi, e a quel punto avevo pressoché rimosso dalla memoria il nostro primo incontro.
L'occasione si venne a creare grazie a un pranzo di lavoro di nostro padre, una specie di festa per chissà quale promozione a cui presenziavano molti dipendenti del Ministero e alcuni, come noi, accompagnati dalla famiglia.
Io avevo otto anni, un caratterino piuttosto permaloso e nessuna voglia di rimanere a tavola per tutto il tempo ritenuto necessario, a maggior ragione perché i nostri genitori ci avevano costretti a sedere accanto al figlio di un collega di papà, un ragazzino maleducato e irritante che non faceva che prendere in giro tutto e tutti.
"Che brutto il tuo orologio, sembra fatto di cartone"
"Ma come tieni la forchetta?! Sembri un poppante"
"La tua gonna fa schifo, mia nonna si veste meglio di te"
Spazientita sbattei la forchetta e, sporgendomi attraverso il tavolo, affermai: "Se non sai cosa dire è meglio se stai zitto o se te ne vai al diavolo"
Detto questo mi alzai da tavola e corsi via.
Il posto dove si teneva il pranzo era situato al centro di un grande parco, ricco di aiuole, fiori e alberi. Corsi col vento di settembre che mi raffreddava le guance fino a quando una visione improvvisa mi bloccò: di fronte a me c’era un albero immenso, col tronco più grande e imponente che avessi mai visto. Le foglie erano di un ricco color arancio, i rami forti e nodosi si snodavano fin dalla base.
Rimasi a fissarlo a bocca spalancata per un tempo indefinito, cercando di immaginare quanti anni potesse avere un albero del genere e quante cose avesse visto, fino a quando una voce sottile e acuta non mi strappò dai miei pensieri.
"Mai visto un albero?"
Mi voltai di scatto, leggermente spaventata da quell'improvvisa apparizione, e mi trovai davanti un bambino dell’età di Ron, magro, biondo tanto da poter essere scambiato per albino, con un’espressione beffarda sul viso e un vestito molto elegante addosso.
"Perché, tu si? Mi sembri troppo snob per sapere che albero è"
"Certo che lo so. E so anche che non avrai mai il coraggio di arrampicarti" affermò soddisfatto.
"Certo che ho il coraggio" ribattei, piantandomi le mani sui fianchi.
"E allora vediamo chi arriva prima a quel ramo"
Non feci in tempo a rielaborare la frase che il ragazzino si era già lanciato verso il tronco dell’albero, aggrappandosi a un ramo e issandosi spèra di esso.
Io gli fui immediatamente dietro, e anche se lui era partito per primo io non ero meno agile di lui e fui svelta a raggiungerlo, e ben presto a superarlo. Sotto di me, lo vedevo schiumare di rabbia.
Ormai il traguardo si avvicinava mentre noi continuavamo ad accelerare, incuranti dell’altezza e del pericolo. Ad un tratto, però, sentii la mia gonna impigliarsi in qualcosa; pensai fosse un ramo e che se avessi tirato si sarebbe staccata, ma il tessuto continuava a tenermi bloccata. Poi, improvvisamente, uno strattone mi fece perdere l’appiglio e caddi all’indietro verso il suolo. Cercai di aggrapparmi a un ramo, senza caèire davvero cosa stesse accadendo e quantomeno tentando di limitare la caduta, ma l’ultima cosa che vidi prima di atterrare sull’erba fu il ghigno soddisfatto del ragazzino sopra di me.
"Sei un baro!" gli urlai con quanto fiato avevo in gola, ma la sua risposta non arrivò mai perché in quel momento una voce ci fece sobbalzare entrambi.
"Draco Malfoy, scendi subito di lì" ordinò una donna, avanzando con un certo cipiglio verso l’albero. Il bambino le ubbidì all’istante, affiancando la madre docilmente, ma senza privarsi della soddisfazione di lanciarmi un’ultima occhiata trionfante.
La signora Malfoy strattonò via il figlio, sbraitando riguardo il vestito costoso e nuovo che era ormai rovinato, e io non potei far altro che tornarmene dai miei genitori, dolorante e infuriata.
Da quel giorno non pensai più a Draco Malfoy, anche se mi aveva fatta arrabbiare non poco. I nostri genitori non avevano nessun tipo di rapporto, anzi, si disprezzavano vicendevolmente e tendevano ad evitarsi per quanto possibile, perciò non ebbi più modo di incontrarne il figlio per molto tempo.
Gli anni della mia infanzia passarono nella tranquillità della mia casa e nell’invidia nei riguardi dei miei fratelli che frequentavano la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts e quando, tre anni dopo, anche Ron dovette comprare la sua prima bacchetta e il necessario per il primo anno, le cose addirittura peggiorarono.
Quando accompagnammo i miei fratelli alla stazione di King’s Cross quell'anno io mi trovavo in uno stato d’animo di profonda depressione. La gente alla stazione era frenetica come sempre, e qua e là, tra le giacche e le cravatte dei babbani, si scorgevano mantelli, cappelli a punta, bauli e gufi.
Mi era sempre piaciuto osservare la gente e la stazione di Londra era un concentrato spettacolare di persone di ogni genere, ma mia madre mi distolse dalla mia contemplazione strattonandomi per un polso.
"Avanti, avanti ragazzi o farete tardi! Guarda qui, non si può nemmeno passare! Sempre pieno zeppo di babbani, figurarsi…" borbottò. Svicolammo tra la folla cercando di rimanere tutti uniti finché mia madre non si fermò di fronte a una parete. "Allora, binario numero?" domandò.
"Nove e tre quarti!" colsi l’occasione di farmi ascoltare. "Mamma, posso andare anch’io…" tentai, ma lei mi interruppe frettolosamente.
"Tu sei troppo piccola, Ginny. Sta’ zitta, adesso. Va bene, Percy, vai avanti tu" concluse, tornando a concentrarsi sui miei fratelli.
Percy sparì al di là della barriera in men che non si dica e mia madre fece un cenno a uno dei gemelli.
"Fred, ora tocca a te"
"Ma io non sono Fred, sono George" ribatté lui. "Parola mia, donna! E dici di essere nostra madre? Non lo vedi che sono George?"
"Scusami, George caro"
"Te l’ho fatta! Io sono Fred!" esclamò Fred tutto soddisfatto prima di urlare qualcosa a George e avviarsi verso la parete.
Ci stavamo giusto accingendo a passare la barriera per il binario 9 e ¾ anche noi, quando un ragazzino ci si avvicinò.
"Mi scusi" domandò con tono educato. "Mi scusi"
"Salve, ragazzo" gli si rivolse mia madre. "È la prima volta che vai a Hogwarts? Anche Ron è nuovo"
"Si" rispose lui. "Il fatto è che… il fatto è che non so come…"
"Come raggiungere il binario?" concluse mia madre al suo posto, indicando il muro oltre al quale era appena sparito George. Il ragazzino annuì. "Non ti preoccupare, devi soltanto…" iniziò a spiegare mia madre, ma io non sentii altro del suo discorso, già persa ad osservare il ragazzino che ci stava di fronte: portava grossi occhiali da vista, aveva dei capelli scuri tutti disordinati, anche se era evidente che avesse provato a pettinarsi almeno un po', e sul suo carrello spiccava la gabbia di una meravigliosa civetta bianca.
Era molto strano che qualcuno non sapesse come andare al binario, pensai; ed era ancora più strano che lui fosse lì da solo. Non potei però approfondire la questione perché appena dopo di lui a mia volta dovetti passare attraverso il muro di mattoni.
Vedere il treno per Hogwarts era sempre un’emozione, quanto avrei voluto poterci salire anche io insieme a tutti gli altri.
Fred e George si diressero in fretta verso il treno, aiutando il ragazzino di poco prima a caricare il suo baule, ed io, quando lo ebbi perso di vista, tornai a osservare la schiera di fortunatissimi ragazzi che si sarebbero recati a Hogwarts, e non di nuovo a casa come me. I miei fratelli invece, eccitati e felici, continuavano a chiacchierare facendomi quasi venire il mal di testa.
"Hei, mamma, vediamo se indovini chi abbiamo appena incontrato sul treno!" sentii la voce di Fred, e la cosa mi incuriosì tanto che tornai a voltarmi nella loro direzione. "Sai quel ragazzo coi capelli neri che era vicino a noi alla stazione? Lo sai chi è?"
"Chi è?" domandò mia madre, più per esasperazione che per curiosità.
"Harry Potter!" esclamò uno dei gemelli.
"Oh, mamma, posso salire sul treno per vederlo?" esclamai eccitata. Dopotutto Harry Potter era l’eroe di qualsiasi bambino, il neonato che era sopravvissuto alla maledizione e che aveva ucciso Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato! Tutti avevano sentito la sua storia almeno una volta e pensare che l'avevo visto senza neanche sapere che fosse lui era un pensiero decisamente assurdo. "Mamma, ti prego…"
"L’hai già visto, Ginny, e quel povero ragazzo non è mica un animale dello zoo. Ma davvero è lui, Fred? Come lo sai?" mi riprese mia madre rivolgendosi poi nuovamente a mio fratello.
"Gliel’ho chiesto. Ho visto la cicatrice. È proprio… come un fulmine"
"Povero caro… non c’è da stupirsi che fosse solo, mi dicevo. È stato così beneducato quando mi ha chiesto come raggiungere il binario!" commentò mia madre.
"Ma a parte questo, pensi che ricordi che aspetto aveva Tu-Sai-Chi?" domandò Fred.
"Ti proibisco di chiederglielo Fred!" mia madre gli lanciò un’occhiataccia. "Non ti azzardare a farlo. Non c’è proprio bisogno di ricordarglielo il primo giorno di scuola"
"D’accordo, non ti agitare tanto" ribatté mio fratello, e proprio in quel momento si udì un forte fischio.
"Svelti, su!"
Io mi sporsi in punta di piedi, e per un attimo mi sembrò addirittura di scorgere al di là di un finestrino la testa spettinata di Harry Potter; i miei fratelli salirono sul treno e si affacciarono dal finestrino per un ultimo saluto. A vederli lì, tutti pronti a partire e a lasciarmi a casa, non potei fare a meno di scoppiare in lacrime.
"Non piangere, Ginny, ti manderemo stormi di gufi" mi cercò di tranquillizzare Fred.
"Ti manderemo una tazza del gabinetto da Hogwarts!" esclamò George, immediatamente redarguito da mia madre. "Sto scherzando, ma’" rise, contagiando anche me. Tra il riso e le lacrime mi misi a rincorrere il treno finché non fu sparito dietro la prima curva, pensando che dopotutto mancava solamente un anno e poi ci sarei potuta salire anche io.







Note finali
Era da parecchio che volevo scrivere una storia su Draco e Ginny, e soprattutto volevo creare qualcosa di realistico, una ff in cui le linee generali dei romanzi venissero rispettate ma che lasciasse spazio a un rapporto diverso tra questi due personaggi che vedrei così bene insieme.
  
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