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Autore: MisterPulp    06/06/2015    1 recensioni
Giappone, anno 2025: un nuovo conflitto mondiale ha distrutto e messo in ginocchio diverse città del paese; milioni di persone vivono di stenti e disperse: tra esse c'è la famiglia Tendo, divisa dalle brutalità della guerra. Il destino farà riunire il gruppo insieme a Ranma Saotome e agli amici di sempre, con l'obiettivo di ritrovare una casa e di sopravvivere, insieme, alle difficoltà che si presenteranno dinanzi a tutti.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Akane Tendo, Altro Personaggio, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza
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Una piazzola aerea in pieno deserto.
Una giornata solare cosparsa da un forte vento caldo.
Una Jeep militare avanzava lungo un asfalto impolverato e si fermava dinanzi ad un aereo color blu marino pronto a partire.
Dall’ auto scesero con forza tre persone, con i volti coperti da un cappuccio nero e le mani legate dietro la schiena, furono scortate da tre militari cinesi: un militare per ogni ostaggio, il quale fu scortato verso un militare di mezza età.
  • Signori! – esordì l’uomo rivolto ai tre militari estranei che gli venivano incontro – I miei uomini sono già a bordo, stiamo per partire.
  • E’solo un piccolo omaggio! – rispose uno dei tre cinesi.
Il suo interlocutore gettò un’occhiata agli incappucciati: abiti sporchi e consumati non nascondevano tre forme ben visibili sui petti di ogni singolo: seni.
Tre donne.
  • E perché dovrei volerle?
  • Stavano per imbarcarsi clandestinamente per il Giappone: meritano una punizione!
  • Queste tre? – chiese divertito l’altro.
Il cinese annuì.
  • Come si chiamano?
  • Lo leggerà nel rapporto – rispose il cinese porgendogli un fascicolo di carte.
Senza dire altro, afferrò i fogli e urlò verso l’aereo; dalla portiera principale, ancora aperta, apparvero d’un lampo quattro soldati: due cinesi e due giapponesi.
  • Abbiamo  ospiti! Fatele salire.
 
 
Mezz’ora dopo l’aereo volava alto sulle montagne cinesi.
Il buio e il silenzio delle tre donne incappucciate fu rotto dal militare di mezza età.
  • Sono il tenente Joseph Brenning. Chiariamo subito una cosa: il nome è americano, ma sono di madre cinese, il perché non vi riguarda!
Le tre donne, da sotto ai cappucci, non emisero un solo gesto che potesse far comprendere se avessero intuito con chi avessero a che fare.
Il suono di un fruscio di carte arrivò alle loro orecchie mentre il militare si spostava verso destra, fermandosi dinanzi alla prima delle tre, dunque le alzava di poco il cappuccio per rivelarne uno sguardo furente:
  •  Tu sei … -  intanto leggeva dal fascicolo – Ukyo Kuonji – e l’osservava divertito, con un pizzico di malizia tra i suoi denti sporchi.
Le riabbassò il cappuccio sugli occhi, facendo sprofondare di nuovo il suo sguardo nell’oscurità
Poi si spostò dinanzi alla ragazza al centro, mentre leggeva con una mano e con l’altra rivelava un nuovo volto furioso;
  • Così tu sei Kodachi Kuno! – e subito le ricoprì il volto.
Infine toccò all’ultima prigioniera. Lesse in fretta il nome sul fascicolo e lo posò in terra per poter alzare con due mani il cappuccio: un nuovo sguardo infiammato dall’odio, ma ancora di più rispetto alle altre due.
La ragazza espirava e sospirava con sforzo: un respiro colmante rabbia e desiderio di distruzione.
  • E dunque tu sei Akane Tendo! – e le coprì gli occhi, ridendo e raccogliendo il fascicolo.
L’aereo si alzava di quota lentamente.
  • Benissimo, signore. – disse Brenning – Mettiamo in chiaro la situazione: questo aereo è diretto ai campi di prigionia in Vietnam: lì sarete vendute come schiave e costrette a lavorare nelle piantagioni di cannabis per il resto della vostra misera vita. Perciò godetevi queste ultime ore di “libertà”, perché le rimpiangerete.
Aveva parlato in forma neutra, privo di una qualunque emozione, come una macchina abituata ad ripetere a memoria simili discorsi.
Sotto al cappuccio, il respiro rabbioso di Akane Tendo era sempre più forte.
Brenning inarcò le sopracciglia e sorrise: le si riavvicinò e le risollevò il cappuccio, senza dar peso al suo sguardo:
  • Qualcosa da dire, signorina?
  • Sì … - esordì lei – che ti puzza il fiato e che i tuoi denti fanno schifo!
Il sorriso maligno del militare si allargò sempre più: era una sfida.
Così scoprì l'intero viso, mettendo alla luce i suoi capelli mori e corti, i suoi occhi grandi e belli e due guance gonfie e insanguinate e interamente sporche di polvere.
  • Sai chi hai davanti a te? – chiese lui.
  • Un autentico porco!
Risposta diretta e dura, stile Akane Tendo.
  • Smettila di giocare. – disse Brenning – Finirai tutta sporca di sangue, peggio di come sei ora.
  • Non sarà un verme come te a spaventarmi.
Brenning scoppiò a ridere, facendo voltare tutti gli occhi degli alti militari verso di lui.
Un sospiro si udì dal cappuccio di Kodachi.
Senza esitare, il militare tirò fuori una pistola e la puntò sulla fronte di Akane.
Silenzio totale.
Nessuno osava muovere un dito.
Gli occhi di Brenning caddero sui vestiti della ragazza: un jeans strappato lungo le gambe e bucati sulle ginocchia e una camicia logora e sporca della stessa qualità di esso; sotto la camicia non nascondeva  nulla, se non i suoi due bei seni in mostra, con i due capezzoli non nascosti da nessun reggiseno ... tutti per Joseph.
La canna della pistola fu abbassata lentamente lungo il naso, catturando gocce di sudore, arrivando fin sul seno destro di Akane, iniziando a ruotare intorno alla sua forma tonda.
  • Che bei seni che hai! – disse Joseph, con un pizzico di malizia mentre si leccava il labbro inferiore, affamato di quelle carni – Sarebbe un peccato se saltassero in aria!
  • Provaci! – rispose Akane in tono di sfida.
 
 
Il militare alla guida dell’aereo noto' che qualcosa non andava: il mezzo iniziava lentamente a tremare; sulle prime pensò ad una piccola turbolenza, ma lentamente il tremolio si fece più insistente.
Tutto l’abitacolo tremava, come scosso da un terremoto sempre più intenso.
  • Signore … - disse egli chiamando il tenente Brenning, il quale si era accorto della strana situazione.
  • CHE DIAVOLO SUCCEDE?
Tutti quanti si guardavano stupiti: primi segni di paura si faceva strada nei loro occhi, mentre qualcuno portava la mano alla pistola, come un gesto automatico.
Un’espressione si disegnò sul volto di Akane: occhi fiammanti e un sorriso famelico.
Ben due sospiri si udirono dai cappucci di Ukyo e Kodachi; la voce di quest’ultima rimbombò forte:
  • Sai ora che facciamo?
Gli occhi di Brenning erano spalancati, incredulo per quanto stava accandendo.
La palla balzò ad Ukyo:
  • SCHIANTIAMO L’AEREO!
 

Proiettili di fucile sfondarono un finestrino, colpendo il profilo sinistro del viso del militare, mandandolo a schiantarsi in terra.
Fu un susseguirsi di azioni: più di una pistola fu alzata e numerosi spari inondarono lo spazio.
Ancora legata, Akane balzò in avanti e diede una testata nello stomaco di uno dei soldati; due di loro balzarono addosso ad Ukyo e Kodachi, le quali combatterono a suon di calci per liberarsi.
Nuovi proiettili perforarono l’ambiente e colpirono in pieno più di un militare, inondando l’abitacolo di urla e schizzi di sangue lungo le pareti.
Il soldato alla guida gridò come un pazzo, mentre scie di rosso gli bagnarono il collo e la divisa.
Pezzi della parete furono perforati da spari e spaccati da ripetuti calci: si aprì un varco che riempì l’area di un forte vento: due mani si aggrapparono forte ai bordi mentre due piedi entravano a forza nell’abitacolo.
Urla disumane echeggiavano dappertutto.
Un grido femminile echeggiò nelle orecchie dell’intruso:
  • ACCIDENTI, MOUSSE: MI HAI COLPITO ALLA SPALLA!
Ed infatti la spalla destra aveva un foro che sputava liquido rosso.
  • SCUSAMI ! – rispose il quattr’occhi amico delle ragazze – Di solito ho un’ottima mira!
  • La cureremo dopo – esordì la voce di Ukyo – Ora andiamocene via!
Una pistola fu alzata all’altezza del petto di Mousse: era il pilota a tenerla in mano … aveva lasciato il posto di guida e ora  l’aereo iniziava a tremare di meno … dato che piombava verso il vuoto.
O almeno sembrò farlo …
La parte anteriore dell’aereo si protese in basso, ma proprio quando stava per scendere in picchiata fu bloccato dalla parte posteriore: dunque si inclinò con la coda totalmente rialzata.
I corpi urlanti andarono a sbattere verso il fondo, mentre il mezzo fu sollevato a forza.
Il militate sbatté con la testa contro il vetro della cabina di comando, morendo sul colpo.
Sei lunghe catene erano state agganciate alla coda, collegate ad un altro aereo, di colore oro, grande due volte quello sottostante ad esso.
Le ali si spezzarono e furono spazzate via dal vento.
All’esterno, un altro corpo estraneo scivolò lungo la parete e lentamente una mano afferrò con forza l’estremità del foro aperto da Mousse: un viso ad Akane familiare comparve dinanzi ai suoi occhi.
  • RYOGA! – strillò.
La situazione era troppo rischiosa perché Ryoga Hibiki potesse sorridere; in una mano aveva due catene.
  • DOVETE AGGRAPPARVI A QUESTE!
Un suono di metallo che si spacca fece voltare i tre senza cappuccio: nella coda dell’aereo si stava aprendo un foro: la forza delle sei catene non avrebbe retto a lungo.
  • PRESTO! – strillò Ryoga.
Senza perder tempo, Mousse tirò fuori un coltello e slacciò i polsi di Akane; poi tolse i cappucci dalle teste delle altre due, ma lo squarcio nella coda si aprì ancor di più, facendo scivolare i corpi ancor più verso il basso.
Kodachi e Akane urlarono dal terrore; quest’ultima tentò di internare la paura e prese a mordere la corda che legava le mani della compagna.
Gli occhi di Ryoga erano terrorizzati, ma stavolta non poteva intervenire: era legato ad una catena e inoltre avrebbe dovuto lasciar andare le altre due … le uniche vie d’uscita per i suoi amici. Non poteva che limitarsi a tenersi forte ai bordi del foro.
Kodachi fu liberata, mentre Ukyo si aggrappava alle gambe di Mousse, a sua volta aggrappato ai bordi dell’uscita da lui aperta.
Lo squarcio nell’ala continuava ad aprirsi: Akane e Kodachi erano bloccate sul fondo.
  • AKANE! – urlò Ryoga.
Gli occhi di lei erano impietriti, incosciente su quanto sarebbe accaduto; grazie al quattr’occhi, Ukyo era arrivata ai piedi di Ryoga ed aveva afferrato una delle due catene: ora era Mousse ad essere aggrappato a lei.
  • FORZA, AKANE: AGGRAPPATEVI! –urlò.
Kodachi abbracciò tremante Akane.
  • NON VOGLIO MORIRE! NON VOGLIO MORIREEE!
Nonostante la forza avversa del vento che imperversava nell’abitacolo, la giovane Tendo tentò un balzò e riuscì ad aggrapparsi ai piedi dell’amico, ma scivolò immediatamente insieme a Kodachi.
  • SIAMO PESANTI: NON CE LA FACCIAMO!
Come un proiettile, un corpo fu scaraventato in aria e si aggrappò di colpo agli estremi dell’uscita, graffiandosi una mano … e Soun Tendo apparve in scena.
  • PAPA’! – strillò la figlia.
Il suo corpo, come quello di Ryoga, era legato ad una catena … più lunga.
Senza una parola, Tendo piombò dentro e fu precipitato verso il fondo, ma si bloccò a due passi dalla figlia: colpa della catena.
  • DAMMI LA MANO!
La mano sudata di Akane incontrò quella del padre e fu sollevata verso l’alto, fino ad aggrapparsi ad una gamba di Ryoga e ad afferrare una catena.
Poi la mano di Kodachi incontrò la gamba della mora, mentre Soun tentava a forza di uscire dall’abitacolo; il vento si faceva più forte a causa del buco sempre più grande nella coda.
Mancava pochissimo all’impatto.
Con uno slancio, Soun afferrò l’altra catena e la cedette ad Ukyo.
  • TUTTI FUORI! – gridò.
La coda si spezzò con un forte rumore e l’aereo cedette; tutti urlarono mentre saltavano verso il vuoto.
Il mezzo cadeva ma i nostri eroi ce l’avevano fatta: solo a Mousse erano scivolate le scarpe, ma tutti ormai volteggiavano nel cielo, mentre il vento li faceva ondeggiare e il grande aereo dorato si allontanava.

 
***** 


Un rumore di spari e un’esplosione nel cortile della scuola … urla strazianti di ragazze afferrate da mani avversarie … un crollo e polvere innalzante … una voce a lui familiare che gridava:
  • AIUTOOOOO! AIUTAMIII !
E il viso di una ragazza che non aveva mai dimenticato …
 

Una dissolvenza … e stava specchiandosi nell’acqua di un laghetto in una folta foresta cinese, dopo una buona sciacquata di faccia e una buona bevuta fresca.
La voce di suo padre lo chiamava a sé:
  • Figliolo!
E il bambino si voltava in direzione di suo padre.
  • Vieni qui un momento: ho una cosa per te.
Senza esitare, il bambino si alzava e correva verso il genitore, sorridente; dunque si sedeva a gambe aperte e inarcava le orecchie, pronto ad ascoltare.
L’uomo, ancora giovane ma già stempiato, apriva una mano e mostrava al figlioletto un orologio da taschino … un orologio d’oro.
  • Questo orologio che ho qui – e avvicinava l’oggetto agli occhi del bambino – fu acquistato da tuo nonno durante la Seconda Guerra Mondiale … esattamente un mese prima che lasciasse la sua città … prima del bombardamento.
Il nonno aveva vissuto ad Hiroshima.
  • Fu acquistato in un negozio di cianfrusaglie di proprietà di un americano … si chiamava Quentin … il cognome non lo ricordo … una persona in gamba, per quanto me ne raccontò il nonno … un grande appassionato dell’arte teatrale orientale …
Non voleva divagare, dunque tornò al punto cruciale: l’orologio.
  • Se ne innamorò a prima vista e lo pagò non pochi soldi, ma ne fu soddisfatto; era fiero di esporre quest’orologio d’oro ad amici e familiari …
Intanto il bambino osservava l’oggetto: i numeri 3, 6, 9 e 12 erano di colore rosso fuoco e le lancette dorate, come il bordo; inoltre, inciso si quest’ultimo, vi era un drago cinese di colore verde smeraldo e dagli occhi blu marino.
  • Era un pezzo unico!
E forse era vero.
  • Lo tenne sempre con se, anche quando aprì la palestra d’arti marziali Saotome, lo custodiva gelosamente …
Il genitore si fermò un momento, creando dinanzi ai suoi occhi un ricordo spiacevole …
  • Una sera … quando ormai era fermo al letto da mesi e prossimo alla morte … mi disse di aprire un cassetto del suo armadio … io obbedì … mi disse di scavare tra la sua biancheria … obbedì … e trovai una scatoletta in legno, consumata dal tempo; mi disse di aprirla … lo feci … e lo trovai.
Sollevò l’orologio per metterlo ancor più in mostra.
  • Gli promisi che l’avrei custodito con amore … - pausa – Gli ho mentito!
Voltò l’oggetto e il bambino scoprì un’ammaccatura sulla parte posteriore dorata.
  • Non credo di essere adatto al compito … forse un altro saprà eseguirlo meglio di me.
Il piccolo spalancò gli occhi: aveva capito tutto. Era eccitato.
  • Voglio metterti alla prova, Ranma.
Fu una delle rare volte in cui il giovane Saotome vide suo padre così serio. Sorrise con gioia, un sorriso pieno di coraggio. Genma ricambiò e lasciò scivolare l’oggetto tra le mani del figlio.
  • Ora … giovanotto … è tuo l’orologio!
 
 
Il Ranma adulto sobbalzò di colpo.
Che strano sogno aveva fatto.
Si massaggiò il cuore che batteva all’impazzata. Erano anni che non riviveva quei ricordi.
Agì senza pensarci: con un balzo afferrò il suo zaino color verde oliva e lo aprì; di scatto, tirò fuori ogni cosa che possedeva: magliette, calzini, mutande, uno scatolino contenente un pranzo andato a male, pacchetti di patatine ancora commestibili, pergamene … e in fondo, tra polvere e resti di salatini consumati, lo ritrovò:  l’orologio d’oro del suo papà, l’unico ricordo che gli era rimasto del suo imperfetto genitore.
Lo portò alla luce del sole: era interamente sporco di polvere; con una delle mutande, lo pulì e poté osservarlo meglio: nonostante gli anni, era sempre di un d’oro splendente, come il bizzarro dragone inciso sui bordi.
E funzionava ancora, dato che Ranma vi aveva cambiato le batterie mesi prima.
Ma non aveva più la catenina d’oro: era accucciata nel fondo dello zaino, ma era stata sostituita da un cinturino d'acciaio nero.
Lo infilò al polso e controllò l’ora: mezzogiorno meno un quarto.
Stiracchiò la schiena e si affacciò al finestrino: l’automobile abbandonata nella quale dormiva era alquanto scomoda.
Aprì lo sportello ed uscì all’esterno; sopprimendo uno sbadiglio, si avviò verso il bordo della collina che lo ospitava: dinanzi a sé vi erano i resti della città di Yamaguchi … un posto ridotto ad un campo di distruzione: sembrava di vivere tra i resti di Hiroshima alla fine del secondo conflitto mondiale.
Case distrutte, strade spaccate e cosparse di polvere, un ex parco giochi ricoperto di piante alte cinque metri e un cimitero profanato da sporcizie e distruzione inflitte dalla stupidità umana.
Ranma sentì un languore allo stomaco e desiderò intensamente un’okonomiyaki di Ukyo … ma la sua Ucchan non era lì con lui.
Sconsolato, fece dietro –front e ritornò verso l’auto … ma si trovò dinanzi ad un ninja coperto da una veste color azzurro scuro.
  • CHI SEI? – domandò l’estraneo – COSA CI FAI QUI?
Ranma spalancò gli occhi, ma non ebbe il tempo di posizionarsi per l’attacco che il rivale tirò fuori una pistola; il ragazzo si immobilizzò per un istante.
Non sarà una pistola a fermarmi, pensò.
Con un balzo all’indietro, si scansò dal nemico, ma una catena apparsa dal nulla gli afferrò una gamba e lo fece atterrare con la schiena in terra.
Da dietro ad un albero, sbucò un altro ninja identico al primo, mentre quest’ultimo saltò addosso a Ranma … e sparò.
Ad uscire dalla canna non fu un proiettile … ma del fumo viola che lo investì in pieno viso e gli penetrò nelle narici del naso, fino a scendergli lungo la gola.
Nauseato, Ranma tentò di liberarsi, ma in aiuto del nemico era giunto il secondo ninja, anch’egli balzato addosso al giovane codinato.
Credete di fermarmi voi due?
Ma d’un tratto le forze sembrarono abbandonarlo e non riuscì più a muovere gli arti per liberarsi; gli occhi gli si fecero pesanti e non riuscì più a tenerli aperti.
A bocca aperta, si addormentò di colpo.
 
 
*****
 
  • E’ STATO UN GESTO SCONSIDERATO!
Soun Tendo, solitamente mite e tranquillo, urlava come un matto a bordo dell’aereo dorato che li aveva salvati.
Un anziano dalla statura bassa, alla guida del mezzo, non osava voltarsi, ma rispose con freddezza:
  • Il piano è stato tuo, Soun.
Akane rimase colpita: non era abituata ad un Happosai così serio e diretto … solitamente era solo un vecchio maniaco arrapato … pareva un altro.
Soun aveva gli occhi lacrimanti di rabbia.
  • MI SONO LASCIATO CONVINCERE DA LEI, MAESTRO!
  • Non volevi riprenderti tua figlia? Beh, eccola!
Finalmente il vecchio si voltò per indicare la giovane Tendo; non era cambiato molto: i soliti pochi capelli grigi attorno alla testa, la zucca pelata, gli occhi grandi e la faccia cosparsa di rughe … ma vi era aggiunta una cicatrice rinsecchita che si stagliava lungo la fronte.
Dovevano essere successe tante brutte cose per cambiarlo in quel modo.
Soun diede una veloce occhiata alla figlia e poi tornò a fissare l’anziano maestro;
  • E’ stato Ryoga ad avvisarci che stavate arrivando … - la ragazza aveva preso parola, sperando di calmare il padre.
  • STAI ZITTA! – ringhiò il padre, furente.
Akane si ammutolì.
  • Il piano è riuscito. – continuò Happosai
  • POTEVAMO MORIRE!
  • Così non è stato: le mie catene che tu hai usato hanno funzionato … ora basta.
Dunque si rivoltò verso la guida. La discussione era finita.
Calò il silenzio nell’aereo; sul fondo Ryoga e Mousse avevano assistito alla discussione, in silenzio, intenti a curare le ferite di Ukyo e Kodachi.
Uno sguardo tra padre e figlia spezzò la situazine: Soun e Akane Tendo si abbracciarono, piangendo in silenzio.
Né Happosai né Ryoga né nessun altro aprì bocca: quel momento era troppo intenso per spezzarlo.
Anche Ryoga e Mousse avrebbero voluto abbracciare l’amica, ma il padre aveva la precedenza: dunque soppressero quel desiderio.
Venti minuti dopo Akane, con abiti nuovi, la spalla curata e il viso pulito, si rivolse ad Happosai:
  • Maestro …
  • Sì?
Ancora una risposta fredda e diretta, senza che il vecchio si girasse a guardarla.
  • Quelle catene …
  • Sì?
  • Come facevano a …
  • … sorreggere un aeroplano?
Akane annuì.
  • Erano bagnate da un liquido magico che ho raccolto in Vietnam, nel campo di prigionia che dividevo con Soun.
Voltò il viso per un secondo verso la giovane: la cicatrice sulla fronte rimbalzò in mostra agli occhi di Akane … era un bello squarcio nella carne del maestro … aveva l’aria di far molto male, nonostante fosse incrostata. La mora non osò domandare altro: non ne aveva la forza.
Un suono fece saltare Akane, un suono proveniente da un monitor presente nella cabina di pilotaggio: era la suoneria di una chiamata vocale.
Con uno scatto, la mano del vecchio pigiò un bottone verde e il monitor si accese …
Ad Akane perse un colpo: il viso di sua sorella, Nabiki Tendo, la osservava dall’altra parte:
  • SORELLINA! – esordì la mezzana con gioia e sorpresa.
  • NABIKI! – ricambiò l’altra.
Nella cabina piombò Soun:
  • TESORO! – era sconvolto … e felice di colpo.
  • CIAO PAPA’!
Per un attimo combatterono contro forti emozioni che stavano nuotando nei loro animi;
  • Non ho molto tempo! – continuò Nabiki – Sappiate che sono insieme a Kasumi, Shampoo e ad un’altra ragazza … stiamo tutte bene.
Soun sospirò.
  •  Sono successe un po’ di cose … vi spiegherò tutto quando ci vedremo … papà ... – rivolta unicamente al genitore – ci siamo sposate!
  • COSA? – urlò i’anziano Tendo.
  • CHE STAI DICENDO?
Aveva urlato anche Happosai, d’un tratto catturato da quell’affermazione.
  • STAI SCHERZANDO? – urlò Akane
  • E’ una lunga storia, vi spiegheremo tutto … dovete venire a liberarci!
  • Dove vi trovate? – chiese Soun
  • In un palazzo ad Ube , una prefettura di Yamaguchi …  ho visto Ranma!
Un gelo attraversò la schiena di Akane;
Ranma … il suo fidanzato … l’uomo che non vedeva da dieci anni … era ancora vivo!
  • SEI SICURA? – ; lo domandò con respiro affannoso
  • Potrei essermi sbagliata … ma ricordo che aveva un codino tra i capelli …
Il cuore della giovane stava battendo all’impazzata … non riusciva a crederci …
 
Aspetta, Akane … calmati, ragiona: quanti ragazzi ci sono in Giappone con i capelli legati in un codino?
 
Ma il desiderio che potesse essere davvero il suo Ranma … era forte.
  • Come hai fatto a vederlo?
Ma Nabiki si era voltata in un punto buio della stanza dalla quale stava parlando e aveva ritratto lo sguardo, spaventata.
  • DEVO ANDARE! LUI STA ARRIVANDO!
  • Lui chi?
  • FATE PRESTO, VI ASPETTIAMO AD UBE!
  • ASPETTA – strillò di rimando il padre – IN CHE PALAZZO?
Ma lo schermo divenne nero e Nabiki Tendo scomparve.
Quella visione aveva sconvolto tutti.
  • E ORA CHE FACCIAMO?
Happosai ripose lo sguardo verso l’orizzonte dinanzi a loro:
  • Andiamo ad Ube … li troveremo.
Il cuore di Akane continuava a battere:
 

Tenete duro! Stiamo arrivando, Nabiki … Ranma … Ranma, sto arrivando!

 
Lei e il padre andarono a sedersi mentre l’aereo acquistava velocità.
   
 
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