Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: Lost on Mars    07/06/2015    5 recensioni
SEQUEL DI "INDACO" (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2746316&i=1), è consigliabile la lettura.
C’è stato un momento in cui Amelia e Ashton sono rimasti intrappolati in una vecchia istantanea in bianco e in nero: nessun colore a determinare la loro gioia, felicità, paura o tristezza. Nedlands sembra aver congelato la loro esistenza, li ha tagliati fuori dal mondo e non c’è stato niente se non pace e tranquillità. Dall’altra parte dello Stato, però, Luke è a piede libero e va cercando la propria vendetta. Responsabilità e pericoli di duplicano e il mondo li poterà a schierarsi: bianco da una parte e nero dall’altra, in perenne lotta tra di loro. Chi vincerà?
Dalla storia:
«Non ho altra scelta. La mia vita e quella di mio figlio contro la felicità della mia famiglia, so benissimo che li farò soffrire, ma se fossi io a morire sarebbe peggio, non credi?»
«Se non fermiamo Luke passeremo la vita a fuggire da lui. Anche se riuscissimo a cavarcela per i prossimi mesi, spostarsi con un bambino sarebbe impossibile.»
«Fermarlo? Ci abbiamo provato e lui è fuggito dal carcere. Non possiamo fermarlo, è inarrestabile.»
«Ma non è immortale.»
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



11 – PASSATO

 

Il tempo era scaduto. Mancavano pochi minuti ormai, Luke se lo sentiva: suo padre gli avrebbe chiesto di parlare e lui avrebbe chinato il capo, pieno di vergogna, dicendo che non era riuscito a trovare la ragazza e a portare a termine il suo compito. Non era solo una questione d’orgoglio, di dovere verso suo padre, ma anche una curiosità personale: ora era certo che non avrebbe mai saputo cosa significasse Nola Wilson per suo padre. Ed era strano, perché mai, prima di allora, gli era stata affidata una simile missione e mai ne aveva discusso. Nella sua mente aveva ancora ben chiara l’immagine di quella ragazza. Viso morbido, occhi azzurri e capelli biondissimi, aveva dei tratti quasi famigliari. Non riusciva a credere di non essere riuscito a prenderla.
Sean era tornato da lui con un braccio insanguinato e di conseguenza non aveva avuto tempo per irrompere in casa di Calum da solo e senza la possibilità di uscirne vittorioso. Era fuggito e aveva portato Sean al sicuro, all’ospedale se l’era cavata con una notte ancorato a letto e un polso ingessato.
Aveva deluso suo padre, lo sapeva, e ne ebbe la conferma quando questi entrò nell’ufficio, dove Luke lo aspettava.
Entrambi rimasero in silenzio per un po’: Andrew Hemmings si mise seduto sulla sua poltrona nera in pelle, dietro la scrivania, e Luke era dall’altra parte a fissarlo, seduto su una delle due sedie imbottite.
«Non sei riuscito a prendere la ragazza» constatò.
«È più difficile di quanto pensi» si giustificò Luke, con lo sguardo basso. «È costantemente controllata.»
«Da chi? Quanti ti ci vorrà mai per fare irruzione in un appartamento e prenderla? Non molte persone obietterebbero con una pistola puntata addosso» continuò il signor Hemmings.
«Persone normali. Si trova in casa di... ex membri della nostra società» continuò Luke.
«E così qualcuno ti ha voltato le spalle, eh? Era anche ora che succedesse, così ti rendi conto di non essere invincibile.»
«Smettila di parlarmi così! Non so nemmeno perché sto facendo tutto questo. Non so nemmeno chi sia, Nola Wilson, sono demotivato a catturare una ragazzina senza sapere nemmeno a che ti serve. Personalmente, non me ne frega un cazzo di lei e vivevo benissimo anche senza sapere della sua esistenza. Mi sto focalizzando su questa cosa invece di dedicarmi a piani di gran lunga più importanti per un tuo capriccio, se ci tieni tanto, affida la missione a qualcun altro e lasciami in pace!»
Un momento dopo, arrivò lo schiaffo. Suo padre non lo picchiava mai. L’ultima volta che l’aveva fatto aveva cinque anni ed era solo un ragazzino che faceva troppi capricci, l’ultima volta sua madre era ancora viva, l’ultima volta era ancora un innocente.
«Impara a portare rispetto a tuo padre» gli intimò, con tono serio e distaccato. «Davvero vuoi sapere chi è Nola Wilson? Eccoti accontentato, cominciamo dal fatto che quello non è il suo vero cognome, ma quello della madre. Nola è la tua sorellastra, e mi serve perché voglio che la famiglia sia riunita.»
Luke lo guardò con gli occhi spalancati, la guancia destra era rossa e pizzicava ancora, eppure non sentiva dolore. La sua attenzione, adesso, era focalizzata su quello che gli aveva detto suo padre. Lui aveva una... una sorella. Sorellastra, si corresse. E chi era sua madre? Perché suo padre aveva avuto una relazione con un’altra donna? E perché stava cercando quella ragazza solo adesso, dopo chissà quanti anni? Come l’aveva rintracciata? Cosa le avrebbe detto una volta che si fossero incontrati? Lei sapeva di essere sua figlia? Sapeva di avere un fratello?
Troppe domande che Luke avrebbe voluto porre, ma sapeva che non avrebbero mai ricevuto una risposta concreta, tanto valeva tenerle per sé. Non riusciva ancora a rendersene conto, ma una cosa era certa: l’effetto ottenuto era opposto a quello a cui suo padre aspirava.
Adesso, Luke non aveva la minima intenzione di andare a cercare Nola e portarla in casa sua. Il suo interesse era sceso ai minimi storici. Lui non la voleva, una sorella. Non voleva nessuno. Stava bene così, non aveva bisogno di niente e, di certo, non aveva bisogno di qualcuno con il suo stesso sangue che solo per quel motivo si sentisse in dovere di fargli cambiare idea sul mondo. Se Nola era scappata dai sicari di suo padre, probabilmente sapeva di essere importante, e sicuramente non condivideva quel tipo di vita.
Non sarebbe stato un legame di parentela ad impedire a Luke di odiarla.
«Voglio sapere solo una cosa» disse, forse sovrappensiero, fatto sta che non riuscì a pensarlo e basta. Suo padre lo guardò con attenzione. «Hai tradito mia madre prima o dopo che morisse?»
«Non l’ho tradita, Luke, non esattamente. Io...» iniziò l’uomo, dietro la scrivania.
«Allora riformulo la domanda. Sei andato a letto con un’altra prima o dopo che la mamma morisse?»
«Prima... poco prima che nascessi tu.»
«Okay. Non ho altro da dirti, buona fortuna con... Nola. Io non voglio averci niente a che fare, anzi, quando la prendi, non presentarmela.»
«È mia figlia, sai benissimo che avrà un ruolo in questa famiglia.»
«Sì, e so anche che hai tradito tua moglie e adesso ritieni il frutto di un tradimento importante quanto me» sputò Luke. Nel frattempo, si era alzato e si era avvicinato alla porta dello studio. «Sai una cosa, papà? Ti credevo migliore di così.»
La porta si chiuse, sbattendo.
 
Durante le sere invernali, a Sydney il freddo era pungente. L’aria gelida proveniente dall’oceano si infilava sotto i cappotti e passava attraverso le sciarpe, arrivava ai vestiti e alla pelle, s’impregnava nella ossa e faceva venire i brividi.
Luke camminava da ore ed era certo di non sentire niente. Non più.
Il buio era calato presto e velocemente, sulla città e sull’anima di Luke. In testa aveva troppe idee, troppe domande, ma le aveva messe tutte e a tacere, passo dopo passo, sigaretta dopo sigaretta. Non sapeva dove si trovasse: aveva camminato così a lungo che avrebbe potuto essere dovunque. Dai palazzi che lo circondavano e da qualche negozio che stava ormai chiudendo i battenti, riconobbe Eastwood, una zona molto periferica di Sydney. Qualche metro dopo, scorse le luminarie giallastre di un pub che conosceva abbastanza bene. Senza nemmeno pensarci si fiondò a capofitto verso la porta d’ingresso.
Non era molto tardi, perciò c’erano ancora poche persone, tra i tavoli e il bancone. Luke si diresse verso quest’ultimo e si sistemò su uno sgabello, appoggiò entrambi i gomiti sulla superficie liscia e pulita.
«Ehilà, amico» lo salutò la barista, pur non conoscendolo minimamente. «Cosa ti porto?»
«Il tuo nome?» ironizzò Luke. Il suo sorrisetto si spense immediatamente. «Whiskey, un’intera bottiglia, grazie.»
«Brutta serata?» domandò la ragazza, mentre si piegava a prendere l’alcolico dal mini-frigo.
«Orribile» rispose Luke. La guardò meglio mentre lei apriva la bottiglia. Sembrava abbastanza alta, non aveva forme molto pronunciate, ma il suo viso, truccato in modo semplice, era luminoso e sembrava quasi brillare di luce propria grazie agli occhi grigi e alla cornice di folti capelli castani.
«La ragazza ti ha mollato?» gli chiese. Luke, intanto, si era attaccato direttamente alla bottiglia e aveva preso qualche sorso.
«Ho scoperto che la mia famiglia è una merda. E non ho tempo per le ragazze» rispose lui.
«Io sono Hayley, comunque» avanzò la barista.
«Lucas.»
«Ti serve altro? Qualcosa da mangiare, magari?» chiese, dopo qualche secondo.
«È assurdo.» Luke ignorò la domanda. «Mi sono ritrovato una sorella e non la voglio. Dopo diciannove anni a mio padre importa di lei, mi chiedo se almeno sapesse della sua esistenza fino a due settimane fa!»
«Okay, ehm, se ne vuoi parlare, io-» tentò ancora Hayley.
«Chi diamine si crede di essere? Mio padre si è fatto una puttana e quella è rimasta incinta. È la figlia di un tradimento e non ce la voglio in casa mia.»
Altri sorsi, il livello della bottiglia si abbassava in modo pericolosamente veloce. Senza sosta.
«Allora, dovresti prendertela con lui, non con tua sorella. Giusto?» osservò Hayley.
 «Non ce l’ho con mia sorella, nemmeno la conosco» ribatté Luke.
«L’hai chiamata figlia di un tradimento. Come se fosse un oggetto. E non hai minimamente considerato il suo punto di vista» aggiunse la ragazza. «Sei sicuro che lei voglia te come fratello?»
«Oddio, ma perché te l’ho raccontato? Non mi serve una psicanalista» si lamentò Luke, seccato. «Mi dai un’altra bottiglia?»
«Il tuo conto sale a venuto dollari» lo avvertì Hayley.
«Per cinquanta mi dai anche il tuo numero?» continuò Luke, sogghignando.
«Tieniti il tuo Whiskey, Lucas» ribatté lei, poggiando la bottiglia sul bancone.
«Preferisco Luke, mi sono affezionato a chi mi chiamava Lucas. Oppure è successo il contrario. In entrambi i casi, non hanno fatto una bella fine» borbottò il ragazzo. «Stare accanto a me è tossico, pericoloso... Fa male e ti uccide lentamente.»
«Credo dovresti smettere di bere» disse Hayley.
«Invece, io credo di dover ordinare altro Whiskey. Anzi no, adesso dammi un po’ di Rum, ma al bicchiere.» La seconda bottiglia era appena scesa poco sotto la metà.
Hayley sospirò e aggiunse il Rum al conto, gli servì un bicchiere e lui lo bevve. Poi tornò ad attaccarsi alla bottiglia.
Cominciava a girargli terribilmente la testa. Sperava di stare talmente male da dimenticare Nola e suo padre. Ashton e Michael. I traditori. Voleva dimenticare tutti.
Per pochissimo tempo, la durata di un istante, forse meno, credette che lavare via ogni cosa brutta che aveva commesso o che gli era capitata sarebbe stato magnifico, gli sarebbe stato d’aiuto per costruirsi una vita, una vita vera, stavolta. Poi ritornò a pensare, invece, che non poteva passare sopra simili avvenimenti.
Non poteva lasciarsi alle spalle suo padre che tradiva sua madre, che aveva una figlia, che l’aveva tenuta nascosta per diciannove anni e che solo adesso la tirava fuori; non poteva dimenticare due degli uomini in cui aveva riposto la sua fiducia e non poteva dimenticare il fatto che gli avessero voltato le spalle. Erano tutti traditori. Suo padre, Ashton, Michael, Valerie, persino la sua misteriosa sorella, pur non avendola mai conosciuta. Erano tutti falsi, tutti pronti a dimenticare. Tutti tranne lui.
Luke non poteva dimenticare e perdonare i traditori. Era un affronto troppo grave per poter essere riposto in un cassetto, andavano puniti.
Ma dove colpire? Tutti loro avevano dei punti deboli, era impossibile non averne. Pensò che suo padre amasse la sua ricchezza e che la sua più grande paura fosse quella di vederla morire, disperdersi, finire nelle mani di qualche estraneo, si disse che era quello il motivo per cui era talmente attaccato all’unica, misera famiglia che gli era rimasta: i suoi figli. Era quello il motivo per cui voleva Nola, per cui voleva portarla a casa, voleva avere un’altra persona a cui affidare il suo impero.
Pensò a Michael e ad Ashton. Così amanti della vita, così attaccati alla sopravvivenza. Sempre alla ricerca di un appiglio, sempre nel vano tentativo di afferrare quell’alito di vita e speranza che gli mostrava un’esistenza priva di imprevisti e colma di tranquillità.
Aprì gli occhi e si ritrovò nuovamente nel pub. La bottiglia era finita. Tirò fuori una banconota da cinquanta dollari e la lasciò sul bancone, Hayley non fece in tempo a dargli il resto e lui non si curò nemmeno di dirle di tenersi la mancia.
Si diresse a grandi passi verso l’uscita e poi l’aria gelida lo investì in pieno, snebbiandogli la mente per qualche secondo.
E ad un tratto, seppe esattamente cosa fare.

 


 
Marianne's corner
Tredici giorni... Ehm, salve, come va? Personalmente una merda (io mi chiedo, a quale razza di persona normale viene la febbre il SETTE GIUGNO, IN PIENA ESTATE? evidentemente a me). Tralasciando i miei drammi... anzi no, perché mi servono per giustificare il ritardo. Tredici giorni sono tanti, lo so e mi dispiace, è un periodo stranissimo. E non in senso buono.
Comuuunque, la bella notizia è che il trailer ha appena finito di caricarsi ed ecco a voi il link! https://www.youtube.com/watch?v=o-rMbbdytk0&feature=youtu.be basta che clicchiate e vi si apre il video. Dunque, niente. Il trailer c'è, il capitolo c'è.. e voi ci siete? Spero di sì, nonostante il mio imperdonabile ritardo.
Spero vi sia piaciuto questo capitolo su Luke e vi giuro che sarò super-mega-puntualissima (?) la prossima volta!
Baci,
Marianne
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: Lost on Mars