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Autore: _Fire    08/06/2015    7 recensioni
Magnus si schiarì la gola. «Allora, quanto dura la convalescenza dopo un intervento al cervello?»
«Dalle quattro alle sei settimane» rispose la dottoressa.
«Vorrà dire che mi avrai tra i piedi per quattro o sei settimane» rise Magnus, guardando Alec, ma lui era serio.
«Tra cinque giorni ti devi presentare.» chiarì lui, riferendosi all'addestramento.
«Questo prima di sapere del tuo tumore.»
| Malec AU | Magnus/Alec!Militari | 2237 parole | ispirata alla 4x14 di Grey's Anatomy
Genere: Angst, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Robert Lightwood
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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~ Dedico questa one-shot a mia moglie Alice – che mi ha obbligata a scriverla e a pubblicarla minacciando di spoilerarmi tutta la Trilogia delle Gemme.
(Sapete con chi prendervela.)
Come è scritto nelle note, la storia è ispirata alla puntata 4x14 di Grey’s Anatomy.
Spero con tutto il cuore che possa piacervi.
 

 
 

 

Per dirti ciao
 
 

«Chiamate un'infermiera! Un'infermiera, presto, ha le convulsioni!»
 Alec si svegliò in un letto che sapeva non essere il suo, con ancora l'eco di quelle parole nella testa.
 Ricordava di aver lamentato un grande mal di testa e sbalzi d'umore; i dottori avevano detto di dovergli fare dei controlli e poi, mentre camminava verso di loro, era caduto.
 Convulsioni, a quanto diceva la voce della dottoressa nella sua testa.
 Accanto a lui c'era suo padre, Robert. Tirò un sospiro di sollievo, per quanto possibile: certo, non era la sua migliore compagnia, ma almeno non era solo. Sua madre, Maryse, era morta quando era bambino, e i suoi fratelli, Jace e Isabelle, si erano trasferiti in un'altra città quando lui aveva iniziato l'addestramento militare.    
 Già, Alec era un soldato.
 Aveva iniziato quando era un ragazzino, con il desiderio di imparare a difendere se stesso e le persone che amava, e anche con la segreta speranza di diventare qualcuno - smettendo di stare sempre all'ombra dei suoi fratelli - e magari, di dimenticare i suoi problemi personali.
 L'essere gay, per lui, rientrava in quei problemi. Suo padre era molto legato alle tradizioni, e di conseguenza la sua apertura mentale era quasi pari a zero. Un altro dei problemi era quello di essere innamorato niente di meno che di Jace, suo fratello, e sperava che l'esercito gli avrebbe fatto passare quella cotta.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore, no?
 Adesso, dopo anni di addestramento, aveva compiuto la sua seconda missione. Era tornato a casa per un po', desideroso di riposarsi e di riabbracciare la sua famiglia, e si era ritrovato in ospedale con al suo fianco solo il padre.
 Izzy gli avrebbe sicuramente detto che tutto quell'allenamento gli faceva male e che avrebbe dovuto smettere. Ma lei non sapeva che l'addestramento gli aveva cambiato la vita, in meglio.
 Era ancora gay, ma era innamorato - e davvero - di un'altra persona...
 I suoi pensieri furono interrotti dall'arrivo di due dottori. E Alec già sapeva, solo dalle loro facce, che ciò che stavano per dirgli non era niente di piacevole.

 
«Allora inietterete un virus nel cervello di mio figlio?» chiese Robert, dopo tutta la spiegazione dei dottori.
 Alec aveva un tumore al cervello, e l'unica cura era un intervento sperimentale portato avanti dai due medici, il dottor Shepherd e la dottoressa Grey. Sia lui che suo padre erano piuttosto sconvolti dalla notizia, ma Alec decise di provare a sperare per il meglio.
 «Non nel cervello, nel tumore» puntualizzò Alec, al posto dei medici.
 «In teoria, il virus attacca il tumore e lo riduce.» disse la dottoressa Grey.
 «E funziona? Qualcuno è guarito?» continuò suo padre.
 Il dottor Shepherd sospirò. «No» ammise, e si vedeva che stava male per questo. Alec fu improvvisamente felice che ad operarlo fosse lui. «Vede, ogni paziente ci permette di aggiustare il tiro. È un intervento estremamente rischioso.»
 Alec abbassò lo sguardo, consapevole. Ma prima che lui o suo padre potessero rispondere, un’altra voce lo fece al posto loro.    
 «Non importa. È sopravvissuto a due missioni in Afghanistan, è abituato a rischiare.»
 Tutti spostarono lo sguardo sul ragazzo appena entrato, che fece un saluto militare. Gli occhi ambrati sembravano lucidi, ma il suo sorriso era sempre rassicurante.
 «Signor Lightwood» salutò suo padre, che ricambiò con un cenno del capo.
 Alec deglutì, improvvisamente imbarazzato. «Magnus.»
 «Mi ha avvertito tuo padre» disse Magnus, tentando di discolparsi.
 «Che hai fatto, hai chiamato tutto l'esercito?» domandò Alec, girandosi verso suo padre.
 «Ho pensato che ti servisse un amico al tuo fianco.» rispose Robert, sorridendo un po'.
 Alec annuì, pensando che suo padre non avrebbe sorriso per niente se avesse saputo che per lui Magnus era molto più che un semplice amico. 


Robert era sceso al piano inferiore, per “prendersi un caffè” - aveva detto, ma Magnus pensava che anche lui, l'uomo di pietra, avesse bisogno di un minuto per riprendersi.
 Alec era ancora steso nel letto, scosso. Continuava a guardarlo, ogni tanto, come se volesse controllarlo, e Magnus ogni volta lo rassicurava con un sorriso a fior di labbra che voleva dire «Resto qui, non me ne vado, resto con te.»
 Ed era esattamente quello che intendeva.
 Mentre era al suo fianco, la dottoressa cominciò a preparare il necessario per fare un prelievo ad Alec.
 Magnus si schiarì la gola. «Allora, quanto dura la convalescenza dopo un intervento al cervello?»
 «Dalle quattro alle sei settimane» rispose la dottoressa.
 «Vorrà dire che mi avrai tra i piedi per quattro o sei settimane» rise Magnus, guardando Alec, ma lui era serio.
 «Tra cinque giorni ti devi presentare.» chiarì lui, riferendosi all'addestramento.
 «Questo prima di sapere del tuo tumore.»
 «Devi mantenere gli impegni! Comportati da bravo soldato e- e poi potrei non uscire vivo dall'intervento, perciò...»
 «Bene, allora mi presenterò puntuale tra cinque giorni. E basta, Alexander.»
 La dottoressa li osservava ogni tanto, mentre continuava ad armeggiare con le siringhe.
 «Perché sei venuto?» mormorò Alec, con tono quasi spezzato.
 «Non potevo non farlo.» Magnus si sedette sul letto accanto a lui, cercando la sua mano.
 Alec arrossì un po’, lanciando sguardi verso la dottoressa.
 Magnus guardò prima la donna e poi lui, con un impellente bisogno di toccarlo. «Ti fai troppe paranoie.»
 Alec guardò un'ultima volta la Grey, che gli sorrise quasi impercettibilmente, prima di prendere le sue cose e avvicinarsi alla porta.  
 Magnus si sporse verso Alec, avvicinando la mano al suo mento. Accarezzò la guancia con il pollice, mentre si avvicinava al suo viso, e Alec, improvvisamente, si alzò spingendosi verso di lui.
 Le loro labbra si scontrarono in un bacio quasi disperato, ma non per questo privo di desiderio o amore.
 Alec prese il suo volto tra le mani, e Magnus fece lo stesso, volendo tenerlo vicino a sé il più possibile. Alec passò le mani tra i suoi capelli, mentre il bacio diventava più profondo.
 E proprio in quel momento...
 «Signor Lightwood!»
 La voce della dottoressa e il rumore della porta che si apriva risvegliarono Alec e Magnus, scoppiando la bolla in cui si erano rifugiati.
 Magnus saltò giù dal letto, restando di spalle, mentre Alec abbassò la testa con una mano sulla bocca.
 «Vattene...non obbligarmi a buttarti fuori» sussurrò sprezzante Robert, guardando Magnus.
 E Magnus lasciò la stanza, senza che Alec lo guardasse un'ultima volta.


Alec era nel suo letto, con la testa tra le mani.
 Era rimasto solo con la dottoressa, che doveva fargli altre analisi prima di portarlo in sala operatoria. Non sapeva cosa avrebbe fatto se fosse sopravvissuto. Sarebbe riuscito ancora a parlare a suo padre? Avrebbe potuto continuare a vedere Magnus?
 In più stavano anche arrivando i suoi fratelli, ma Alec immaginava che non ce l'avrebbe fatta a vederli, perché il dottor Shepherd sosteneva che bisognava operarlo subito...
 La dottoressa Grey continuava a guardarlo.
 «Mio padre non è cattivo» disse subito lui. «È solo un soldato. Siamo tutti soldati.»
 «Magnus è ancora al piano terra.» rispose semplicemente la donna, come se sapesse che era quello che Alec voleva sentirsi dire.
 In effetti, da una parte, era così - e quella parte emise un sospiro di sollievo, ma dall'altra non voleva che Magnus passasse tutto questo a causa sua.  
 «Quanto è idiota. Dovrebbe andarsene, dovrebbe dimenticarmi...»
 «Forse non è facile dimenticare.» disse la dottoressa Grey, dando voce ai suoi pensieri.
 «Ma sarebbe meglio per tutti...» continuò a mormorare Alec. «Non chiedere e non raccontare, le conosco le regole dell'esercito. Tieni la vita privata separata dalla vita lavorativa.» sospirò, abbassando lo sguardo e la voce. «Non pensavo che mi sarei innamorato proprio sul lavoro.»
 Era la prima volta che ammetteva i suoi sentimenti per Magnus a qualcuno e, se doveva morire, forse era giusto che lo facesse.  
 «Vuole che vada a chiamare Magnus?»
 Il cuore di Alec cominciò a battere all'impazzata, ma, come sempre, decise di trattenersi. «No… non posso, c'è- c'è mio padre, non posso.»
 La dottoressa Grey annuì, in silenzio.
 «So cosa sta pensando...Come può un soldato non riuscire a tenere testa a suo padre? Avere paura dei propri sentimenti?»
 «Pensavo a quanto è difficile» disse invece lei.
 «L'omosessualità o il tumore?»
 «Tutto quanto


 Magnus era nella sala d'attesa, seduto con la postura rigida, come l'aveva abituato l'addestramento.
 Continuava a torturarsi le mani, per mille motivi.
 Mille motivi che conducevano tutti ad Alec. Il suo tumore, l'intervento, la loro relazione, suo padre.
 All'improvviso però, fu come se avvertisse qualcosa. Si voltò verso il corridoio, e scattò in piedi.
 Alec era steso sul letto, con una cuffia azzurra intorno alla testa; accanto a lui c'era un infermiere e la dottoressa Grey.
 «Possiamo lasciarvi un momento» sentì mormorare la donna.
 Alec guardò prima lui, e i pochi secondi in cui i loro sguardi si incontrarono furono i più intensi della giornata.
 Pieni di parole non dette, sentimenti non dichiarati, baci non dati.    Perché così tanto amore doveva andare sprecato?
 L'amore non ha convenzione, non si delimita. Ci si innamora di una persona, non di un genere.
Purtroppo però, tutti questi pensieri non raggiunsero Alec quando spostò lo sguardo suo padre.
«No» fu la sua risposta. «No, andiamo e basta»
 E Magnus sentì il suo cuore spezzarsi.
 Anzi, Magnus si spezzò.
 Sperò che almeno avrebbe potuto vedere Alec dopo l'intervento. Lo osservò mentre andava via, con una sola preghiera nella testa.
 Non morire.
 Non morire.
 Non ho ancora smesso di amarti


Erano passate ore da quando Alec era entrato in sala operatoria, e Magnus non ne poteva davvero più.
 Girò per la sala d'attesta con le unghie conficcate nei palmi finché non vide la dottoressa Grey e Robert Lightwood, di spalle, volto verso di lei.
 Si avvicinò con passo deciso: non si sarebbe fatto intimidire da nessuno, quando si trattava di Alec.
 «Senta» esordì, con quanta più convinzione possibile nonostante il dolore, l'ansia e la stanchezza. «Capisco che la mia presenza qui la mette in imbarazzo, ma sono stato addestrato a non abbandonare mai un uomo in battaglia. Il nostro uomo sta male»
 «Magnus» disse la dottoressa Grey, con tono quasi supplichevole, ma lui non stava ascoltando.
 «Io lo amo quanto lei!» Se non di più.
 «Magnus!» ripeté la donna.
 «No! Voglio solo sapere com'è andato l'intervento.»
 Solo allora Robert si girò a guardarlo, e Magnus vide qualcosa che non avrebbe mai pensato di vedere.
 Robert Lightwood stava piangendo. E quello- quello poteva significare una cosa sola.
 «Oddio.» sussurrò Magnus, prima che le sue gambe cedessero.
 Cadde in ginocchio, con le lacrime che cominciavano a cadere sul suo viso, sulla sua divisa.
 Era un soldato, sarebbe dovuto essere abituato alla morte. Tutti sono legati alla morte.
 Ma Alec era così puro. Un ragazzo buono, genuino. Un ragazzo che non se lo meritava.
 Sentì arrivare due persone alle sue spalle - probabilmente i fratelli di Alec, ai quali venne comunicata la notizia. Isabelle scoppiò a piangere sulla spalla di Jace, che invece lacrimava silenziosamente.
 Non gli ho nemmeno detto addio.
 E forse quello sarebbe stato il suo rimpianto più grande, realizzò, mentre cadeva a pezzi.
 A malapena respirava, con il cuore spezzato, che però continuava a battere.
 E solo per lui.


Magnus non era andato a casa.
 Non poteva farlo senza vederlo. Andò fuori dalla sua stanza, e rimase dietro la finestra.
 Alec era steso su un letto, con ancora una fasciatura in testa, coperto da una scialba coperta beige.
 «Voglio che venga seppellito come un soldato» sentì dire a Robert, e per una volta fu d'accordo con l'uomo.
 Magnus si avvicinò alla porta, sperando di riuscire ad entrare. Quando Robert uscì, lo guardò. Magnus non abbassò lo sguardo, nonostante fosse piuttosto frustante, perché sapeva che gli stava leggendo dentro. Poi però, con sua grande sorpresa, Robert si specchiò negli occhi di Magnus, rossi e lucidi come i suoi, e annuì, stringendo le labbra. Magnus rispose con un cenno del capo, mentre Robert andava via.
 Si fece forza, prese un respiro profondo ed entrò. Ciò che vide lo ruppe ancora di più, ma continuò a camminare verso il ragazzo per dirgli addio adesso che erano soli, per quando potesse valere.
 Il corpo di Alec era freddo, immobile, bianco: privo di vita. Magnus si avvicinò piano al suo volto, accarezzando dolcemente con la mano la fronte e i capelli, il cui nero risaltava ora ancora di più.
 Guardò gli occhi, chiusi, rimpiangendo di non essersi tuffato in quell'azzurro più spesso. Quasi non ricordava l'ultima volta che aveva contemplato le sue iridi.
 Alla fine, si chinò sulle sue labbra. Le sfiorò leggermente, come piaceva a lui, e poi premette più forte. E continuò a baciare Alec, nonostante tutto, perché il freddo delle sue labbra non era nemmeno paragonabile al gelo del suo cuore.
 «Ti amo» sussurrò, fingendo che Alec potesse sentirlo e immaginò le sue guance imporporarsi piano mentre gli occhi scintillavano di felicità. Era uno spettacolo raro, e per questo ancor più bello.
 «Ti amo» ripeté ancora, e non usò il passato: Alec poteva essere solo un corpo ora, ma lui lo amava al presente.
 Lo avrebbe sempre amato al presente.  
E Magnus maledisse quel destino crudele che aveva deciso di portargli via il suo vero amore. Perché adesso niente sarebbe mai stato come prima.
 Ma era un soldato, e doveva continuare a combattere.
Per loro.
Per lui.
 


“E tornerei da te, per dirti ciao
Mio piccolo miracolo sceso dal cielo per amare me
Ciao
E cadono i ricordi e cade tutto l'universo e tu stai lì
La vita come tu te la ricordi un giorno se ne andò con te
   
 
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