Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: Toshiya    21/02/2005    2 recensioni
Chiuse gli occhi per poi aprirli nuovamente. Mi guardò, incuriosita. Quasi sorpresa di trovarmi ancora lì, in attesa di una risposta.
Genere: Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Spostò i lunghi capelli rosa dietro l’orecchio, fece un lungo respiro ma non mi rispose. Le sorrisi delicatamente; non volevo spaventarla. Ripetei la domanda, con più decisione. Mi guardò negli occhi, e mosse la testa facendomi chiaramente capire che non aveva alcuna intenzione di darmi una risposta. Fissai per un lungo istante la sua bocca, così carnosa. Ogni tanto mordeva, dolcemente, il labbro inferiore. Chiuse gli occhi per poi aprirli nuovamente. Mi guardò, incuriosita. Quasi sorpresa di trovarmi ancora lì, in attesa di una risposta. Cercai di prenderle la mano, ma la ritirò velocemente e agilmente, mettendola lontano dalla mia portata.
<< Ti prego, rispondimi >>. Marcai particolarmente il ‘ti prego’, sperando di riuscire a convincerla. Mi alzai dalla sedia, e feci un giro veloce della piccola stanza. Poi un piccola ruga di preoccupazione apparve sulla mia fronte. Tornai a sedermi, cercando di mettermi a mio agio. Non doveva capire che ero nervoso. E lo ero, terribilmente. Alzai lo sguardo verso la finestra, chiusa dall’interno. Riuscivo a vedere il sole splendere nel cielo blu. Faceva caldo. Decisi di aprire la finestra, e un fresco venticello estivo entrò dalla finestra. I suoi occhi neri scrutarono con attenzione una nuvola.
<< Dimmelo così la facciamo finita >>, alzai leggermente il tono della voce. Subito mi pentii della mia azione; rischiavo di innervosirla. Ed era l’ultima cosa che avevo intenzione di fare. Sorrise come una mamma al suo bambino che si è sporcato col fango e mi rispose; << No. >> Decisa. Sicura di sè. Nonostante l’aspetto era forte, e lo sapevo. Sapere che aveva la capacità di parlare e che mi capiva era già stato un bel passo avanti, o almeno volevo convincermi di aver fatto progressi.
<< Cazzo >>, diedi un forte colpo al tavolo di legno. Non sembrava particolarmente tesa o nervosa. Non dissi più nulla per una decina di minuti. Avevo troppe cose in testa, troppe preoccupazioni. Problemi da risolvere. Cercai di sembrare grande ed imponente rispetto a lei, ma anche se così piccola, dolce, dai lineamenti così delicati aveva una forza più grande della mia. E lo sapeva. Lo sapeva benissimo. Ogni tanto spostavo lo sguardo verso l’orologio, e guardavo le lancette che si muovevano. Tic tac tic tac. L’unico rumore che sentivo erano le lancette che avanzavano lentamente. Tic tac tic tac.
<< Tanto è inutile che perdi il tuo tempo, qui con me. Non ti dirò nulla, Serge. >> La guardai sorpreso. Un po’ perché era stata lei a parlare per prima, un po’ perché Serge non era il mio nome. Ridacchiai. << Non mi chiamo Serge. >>, la informai. Il mio tono non lasciava spazio ad altre discussioni sull’argomento, ma lei non sembrava badare in alcun modo a questo tipo di cose. Si sistemò la gonna, e il mio sguardo cadde inevitabilmente sulle gambe. Lunghe. Bellissime. << Non importa. >> Anche lei aveva lasciato intendere che non aveva alcuna intenzione di parlarne di più. Decisi di imitarla, e di far finta di non averci fatto caso.
<< Tanto è inutile che perdi il tuo tempo, qui con me. Non mi chiamerò mai Serge. >> La mia risposta sembrava averla divertita molto. Si alzò dalla sedia e andò ad affacciarsi alla finestra. Non mi ero mai accorto di quanto fosse alta, fino a quel momento. Quando decisi di avvicinarmi a lei, aveva già invertito la rotta ed era tornata a sedere sulla sedia. Annoiata. Sapevo che per avere la mia risposta dovevo almeno rendere la conversazione interessante, ma non ne avevo voglia. Era ormai pomeriggio, e la situazione mi aveva scocciato. Forse aveva ragione lei; forse era davvero inutile stare lì a ripetere una domanda alla quale, ne ero certo, non avrei mai avuto risposta. La osservai da vicino. Aveva la pelle pallida, ma non sembrava malata. I capelli rosa cadevano dolcemente sulle spalle. Gli occhi, vispi, correvano da un lato all’altro della stanza. Le labbra erano immobili. La giacca nera, troppo grande per lei, cadeva da una spalla. Giocava freneticamente con i pollici. Aprì la bocca, ma la richiuse subito dopo.
<< Cosa volevi dirmi? >>, cercai di incoraggiarla a parlare. Non speravo più nella tanto attesa risposta, ormai era diventato tutto un gioco per uccidere la monotonia, la noia. Una piccola formica saliva sul muro.
<< Te lo dirò, Serge >>, fece un piccolo sorriso quando le sue labbra pronunciarono la parola ‘Serge’, << Ti dirò solamente la verità. Tu, però, prometti di credermi. >> Glielo promisi, tesi le orecchie attento a non perdermi neanche una parola. Ripetei la mia domanda. Mi fissò per qualche istante, e poi, finalmente, mi rispose.

<< Non lo so. >>


# # #
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Toshiya