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Autore: The Darkness Inside Me    09/06/2015    4 recensioni
SCRITTA A QUATTRO MANI CON "THE WRITER OF THE STARS."
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L'isola di Hidaki ha pochi chilometri quadri, un solo albergo e pochi turisti d'eccezione ogni anno. La perfezione, insomma. Ma anche il luogo più puro e limpido può nascondere tra se ombre e chiaroscuri macabri, passati poco limpidi e fantasmi del destino che tornano a bussare alle nostre porte.
In un locus amoenus degno della più grande opera omerica, un caso complesso, assurdo, controverso e inquietante prende vita tra i sussurri delle antiche leggende della misteriosa mitologia greca.
L'alleanza più inaspettata e potente che il mondo aspettava si stringe attorno a un antico altare sacrificale la cui vittima immolata sarà designata per il banchetto degli dei.
E a volte, contro di essi, persino i detective possono fare poco.
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Cross over! Death Note/Detective Conan
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Heiji Hattori, Kazuha Toyama, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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“Sì, pronto? Agenzia investigativa Mouri, parla il detective Kogoro.”  Goro Mouri aveva da sempre l’abitudine di starsene stravaccato sulla lisa poltrona in pelle del suo studio, bevendo una birra ghiacciata in attesa di udire il telefono squillare. Da una parte odiava quel trillo assordante, perché effettivamente in grado di perforare il timpano di un uomo. Ma dall’altra parte era un buon segno, poiché significava una sola cosa: clienti. E nonostante la sua fama, aveva bisogno di clienti. E non solo per sfamare sé stesso e sua figlia, ma anche perché ormai quel marmocchio alto un metro e venti si era praticamente trasferito nella loro dimora e evidentemente aveva intenzione di vivere a scrocco sulle sue spalle.

Ma ormai non c’era nulla da fare; il nano era diventato suo coinquilino intoccabile secondo Ran e nonostante non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura, si era affezionato a quel marmocchio alto un metro e un chew’n gum spiaccicato.

Era un pomeriggio grigio quello, in cui il cielo tipicamente estivo di quel periodo si era oscurato dai nuvoloni grigi e carichi di pioggia, recanti con sé l’ennesimo temporale estivo della stagione. Si stava gustando la sua solita birra ghiacciata, comodamente stravaccato sulla poltrona quando, con uno squillo assordante, il telefono prese a suonare rumorosamente. Colto di sorpresa, Kogoro saltò sulla sedia  e alzando gli occhi al cielo sollevò la cornetta, portandosi il ricevitore all’orecchio con fare annoiato.

“Si? Di cosa si tratta?”
 

Conan odiava i temporali estivi. Lo rendevano inquieto, per qualche misteriosa ragione. Solitamente evitava di uscire di casa durante un acquazzone in pieno agosto, preferendo di gran lunga la compagnia di un buon libro e del suo comodo lettino, tranquillo e nel silenzio della sua stanza fanciullesca.
Ma era estate, e l’estate gli metteva sete. Conan fissò per altri due secondi le parole scritte sul libro di Sherlock che stava rileggendo per l’ennesima volta, sentendo d’un tratto una sensazione di secchezza  alla gola nel momento in cui aveva mandato giù un groppo di saliva. Con uno sbuffo poggiò il libro sul letto, mettendosi a sedere con un leggero colpo di reni per poi scendere giù dal letto. Uscì dalla stanza, partendo alla volta della cucina.

La cucina si trovava vicino all’ufficio di Kogoro. Era inevitabile non passarvici accanto, specialmente era inevitabile non origliare qualche frammento di conversazione che aveva sicuramente a che fare con un nuovo caso da risolvere. Rallentò il passo, fermandosi poi definitivamente allo stipite della porta.

“Sta dicendo sul serio?”

Conan si sporse un poco oltre la soglia della stanza, osservando curiosamente il padre di Ran discutere con qualcuno dall’altra parte del telefono. Sembrava serio, estremamente  serio.

“D’accordo, verrò. All’isola di Hidaki tra tre giorni, giusto?”
Il bambino aggrottò lo sguardo, confuso; aveva sentito nominare quell’isola, ricordava vagamente quanto fosse piccola e poco abitata, trafficata soprattutto di turisti nel periodo estivo.

“Bene, siamo d’accordo allora. Ci vediamo tra tre giorni, arrivederci.” Kogoro chiuse la chiamata con lentezza, sospirando profondamente. In un movimento involontario voltò poi il capo verso l’ingresso della stanza, scoprendo il bambino scrutarlo in silenzio dal retro delle spesse lenti degli occhiali.

“Tu! Quante volte ti ho detto che non devi origliare le mie conversazioni, brutto ficcanaso!” gridò irato contro il bambino che nel frattempo aveva messo su un piccolo sorrisino imbarazzato.

“Eheh, scusami zietto, non l’ho fatto apposta! Stavo andando in cucina e passando mi è capitato di sentire un po’ della tua conversazione …” cercò di scusarsi con un sorriso il bambino, passandosi impacciato una mano tra i capelli scuri. Kogoro lo scrutò dal’alto … o meglio, dal basso verso il basso, poco convinto.

“Tsk, ma tu guarda un po’ che tipo!” esclamò stizzito, borbottando tra sé e sé. Conan lo osservò, sorridendo piano; inutile, non sarebbe cambiato mai. Ripensò poi alle parole udite poco prima, chiedendosi cosa volessero dire; perché dovevano andare ad Hidaki?

“Ehm, ti ho sentito nominare l’isola di Hidaki … stiamo andando in vacanza là?” chiese con finta ingenuità, sondando il terreno alla ricerca implicita di informazioni.
Kogoro gli lanciò un’occhiata stizzita, incrociando le braccia al petto.

“Uno, la cosa non ti riguarda affatto.” Fece osservandolo con fastidio.

“E due … sì, dobbiamo andare all’isola, ma non per una vacanza.” Esclamò voltando il capo, abbassando la voce.

“Mi hanno chiamato per risolvere uno strano caso che sta avvenendo da diverso tempo sull’isola.” Fece in tono serio. Conan lo osservò curioso; un nuovo caso?

“U - un caso? E di che si tratta?”

“Non mi hanno spiegato molto bene, ma sembra riguardi degli strani avvenimenti che sono avvenuti ai turisti dell’isola e ...” si bloccò di colpo, rendendosi conto del fatto di star per rivelare tutto ad un marmocchio impiccione.

“In ogni caso non ti riguarda! Ma guarda tu se devo discutere con un bambino delle elementari …” bofonchiò tra sé. Conan lo osservò serio, riflettendo sulle poche informazioni ricevute.
Strani avvenimenti tra i turisti dell’isola …

“Kogoro ma verremo anche io e Ran – nechan, vero?” chiese speranzoso, riassumendo un tono infantile. Kogoro sembrò riflettere diversi attimi, prima di sbuffare esasperato, alzando gli occhi al cielo.

“Credo che non avrò altra scelta … ma solo perché Ran vorrà di certo venire. Sono anni che blatera di quanto volesse visitare quest’isoletta sperduta, perciò non credo rifiuterà l’idea.” Esclamò sconsolato, prima di lasciarsi cadere nuovamente sulla poltrona. Conan sorrise leggermente tra sé, tornando poi serio.

Un altro caso, l’ennesimo ormai. Sarebbe stato sicuramente un caso come tanti altri, infondo.
Eppure, dentro di sé, sentiva che quella volta sarebbe stato tutto diverso.
Terribilmente diverso.


Pioveva di fuori.
La poggia precipitava dal cielo plumbeo e finiva sui tetti delle case e dei grattacieli,sull’asfalto,sui giardini,trasformando il terreno in fango.
Gli piaceva la pioggia,lo rilassava. Mille volte se n’era rimasto fuori sotto di essa,solo con una maglia leggera e dei jeans addosso;gettava indietro la testa e chiudeva gli occhi,lasciando che le gocce gli accarezzassero il viso,scivolando giù,lungo il collo,provocando piccoli brividi di freddo. Le numerosissime e appuntite punte dei suoi capelli si imperlavano sempre di quelle goccioline simili a cristalli,così scintillanti,così pure.

Questa volta,però,osservava il diluvio da dentro la stanza dell’albergo,a pochi centimetri dalla finestra. Il vetro rifletteva leggermente il suo riflesso,tanto da poter vedere i penetranti occhi neri,spalancati,quasi vitrei. Scrutavano la città fuori dalla finestra che sembrava più grigia che mai.
 Attraverso la pioggia si potevano scorgere i luccichii delle cime dei grattacieli,che splendevano di tre colori diversi:rosso acceso,blu elettrico e giallo brillante. Assomigliavano a splendide stelle multicolori,l’unico sprazzo di colore fra la grigia coltre di pioggia.

In quel momento non stava pensando a niente in particolare,stava solo fissando la pioggia battente di fuori. Appoggiò un dito sul vetro,dove il calore della stanza aveva creato una patina di acqua condensata. Tracciò un segno tra le goccioline,seguendo il contorno degli edifici davanti a lui. Il piano del palazzo in cui si trovava era talmente alto da raggiungere la cima degli altri grattacieli,così da poter vedere la vita che trascorreva nei piani paralleli al suo;lavoratori d’ufficio,famiglie,giovani coppie. La maggior parte delle volte tutte le tende delle finestre erano chiuse,ma quando erano aperte,ogni tanto,buttava un occhio sulla loro vita,che trascorreva lenta e pigra.

Fare il detective era un lavoro duro,ed essere il miglior detective del mondo,anzi i tre più grandi del mondo,lo era ancora di più. In parole povere,la tua vita oscillava da un caso all’altro;nessuno sa chi sei,nessuno conosce il tuo aspetto,il tuo carattere. L’unica cosa che sapevano è che si chiamava L e che era intelligente. Basta.
Ma a lui stava bene così. Non aveva mai amato essere sotto i riflettori,e anche se era il detective più famoso al mondo,nessuno in realtà lo conosceva sul serio. Quindi,alla fine,era meglio così.
Un lampo catturò la sua attenzione,facendolo smettere di tracciare il profilo delle case sul vetro Si sentì un tuono dopo due o tre secondi. Era abbastanza forte,ciò significava che il temporale era vicino.
Subito dopo che il tuono finì di rimbombare,sentì uno scricchiolio alle sue spalle. Si girò con calma,sapendo perfettamente che era stato un uomo coi capelli bianchi e con gli occhiali ad aprire la porta.
Watari era l’unica persona di cui si fidava completamente. Lui lo aveva accolto alla Wammy’s House. D’altronde,lo aveva fondato proprio lui l’orfanotrofio. Senza Watari,probabilmente ora vagherebbe per una strada,chiedendo l’elemosina ai passanti. Era come un padre per lui,e se fosse morto,beh,allora sarebbe valsa la pena di morire poco dopo di lui.

“Watari.” Disse L,squadrandolo; la familiare figura del vecchio era in ombra per via della luce in corridoio.
Notò che aveva in mano un telefono.

“E’ il caso di cui tutti parlano.” Disse Watari. “Quello dei dodici sacrifici.”

“Già.” Commentò quello davanti alla finestra. Abbassò lo sguardo, fissando il tappeto sotto i suoi piedi scalzi.

“Alla fine hanno deciso di chiamarti.” Continuò Watari.

“Chi?”

“Uno strano tipo, dice di provenire dall’isola di Hidaki.”
L si avviò verso il vecchio, sfilando la mano dalla tasca solo quando passò vicino alla ciotola piena di cioccolatini sopra il tavolo. Ne prese uno a caso e iniziò a scartarlo con le lunghe e sottili dita bianche.


“E’ lui al telefono?” domandò biascicando, ficcandosi il cioccolatino in bocca.

“Sì.” Rispose il vecchio annuendo. Guardò male il ragazzo che gettò la carta sul pavimento e poi gli passò il telefono.

L lo scrutò per un attimo: era uno di quegli apparecchi con cui la voce poteva essere modificata. Lo usava sempre per poter parlare con altri detective o con la polizia. Si immaginò la sua L nera in un corsivo sul monitor di questo tizio.
Una L nera in campo bianco.

Allungò una mano, e quando prese il telefono con due dita un lampo inondò la stanza scura di luce biancastra.
Si avvicinò il telefono all’orecchio, mentre un tono riecheggiava con il suo verso potente. Sembrava che anche il cielo fosse stupito da quella specie di alleanza non ancora compiuta tra un detective solitario e uno che collaborava con molti.
Appena terminato il rombo del tuono, il detective solitario aprì bocca, esclamando;

“Piacere,Io sono L.  A sua disposizione.”

Nota autrici:
Salve a tutti! Siamo Letizia (The Writer Of the Stars) e Martina (the darkness inside me). Conoscerete sicuramente già Letizia (sì è quella che vi assilla con le sue storie) ma Martina è la new entry, perciò eccola qui! Bene Martina, spazio a te.
Salve, sono Martina e questa è la prima storia che pubblico su Efp. In quanto fan di Death Note e Detective Conan (come Letizia) abbiamo pensato ad una collaborazione in cui poter unire questi due mondi. Dopo aver fangirlato e immaginato per mesi questa storia, oggi, all’alba del 9/06/ 2015, ci siamo finalmente decise a partorire la nostra creatura e a mettere per iscritto la nostra idea. Perciò eccola qua. Io e Letizia abbiamo deciso di pubblicarla nel mio account, perciò possiamo considerarla una “Darkness inside me” ft. “The Writer Of The Stars.” XD
Non abbiamo date precise per aggiornamenti dato che scriveremo i capitoli insieme o alternandoci.
Essendo fan impazzite di L, abbiamo voluto instaurare una collaborazione tra il nanetto e il nostro amato dolciomane (?)
Intervento di Letizia: buonsalve. Alle fan di Heiji: don’t worry Heizuha shippers, ci sono io a prendermi cura dei nostri amati tonni di Osaka. ;)
Ah, one thing! Il nostro L stavolta non resterà asessuato (forever alone on mode). Stiamo infatti creando un nuovo personaggio apposta per il misterioso detective … vi anticipiamo solo che avrà i capelli rossi e sarà una tipa alquanto … bizzarra.(non diciamo altro perché in realtà non abbiamo nemmeno noi idea di cosa verrà fuori … è ancora una senza nome.)
Bene, dovremmo aver detto tutto. Speriamo che la nostra pazzia (non solo la storia, anche la nostra infermità mentale) (ma no dai, siamo simpatiche! ndMartina) vi possa piacere. Ci piacerebbe sapere la vostra opinione e se vi va di recensire … beh, fatelo (fateloooooo!!!)
Ehm ehm, noi abbiamo finito. Ce ne andiamo. Adiòs amigos!
Alla prossima!
Leti e Marti

 
   
 
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