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Autore: Elielihoran    10/06/2015    0 recensioni
Quando Luke sentì finalmente il clacson della moto dell’amico, sbuffò, infastidito dall’attesa. Calum gli sorrise, porgendogli il casco. Luke gli sorrise di rimando, senza però afferrare ciò che l’amico gli stava porgendo. Calum gettò gli occhi al celo.
“Certo Luke, meglio morire che rovinare l’acconciatura” borbottò, girando la chiave e partendo. Luke dal suo canto sorrise divertito, consapevole che l’amico non avrebbe potuto vederlo, si avvicinò al suo orecchio in modo da farsi sentire.
“Beh, un altro splendido anno scolastico sta iniziando, non sei contento Cal?” urlò, fingendosi entusiasta.
“Ah-ah” rispose l’altro, “non vedo l’ora di sprecare i prossimi nove mesi sui libri” concluse.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3.



Prima di uscire di casa, Joey aveva controllato dieci volte di avere l’accendino in tasca, giusto per evitare che un biondino trasgressivo accorresse in suo aiuto. Voleva evitarlo. Non voleva salutarlo né vederlo. Per evitare anche eventuali punizioni, quel giorno era andata a scuola in vespa, cosa che non faceva da quando, al primo anno, i simpatici compagni di scuola avevano rovinato la moto scarabocchiando in nero la vernice rossa lucida.

Joey Stone era la ragazza più misteriosa del mondo. Non si era neanche accorta che, non appena aveva varcato il cancello che dava sul cortile sulla sua moto, aveva attirato su di se gli sguardi di almeno tre quarti del corpo studentesco. Non si accorgeva neanche che aveva una fila di ragazzi che le sbavavano dietro. Semplicemente girava per la scuola, a testa alta, senza degnare nessuno di uno sguardo. Era per questo che Calum Hood sperava ardentemente che Luke riuscisse ad entrare nelle sue grazie. Desiderava ardentemente conoscerla. Sostanzialmente, Joey riusciva a comportarsi nell’esatto modo in cui Calum voleva apparire: distaccato, solitario, difficile. Voleva capire. Capire come una ragazza così bella non andasse in giro a vantarsi e a giocare con tutti i ragazzi che avrebbero voluto conquistarla. Voleva capire come fosse possibile stare bene in una condizione di apparente solitudine. Sostanzialmente, quello che voleva fare era capirla.
 
Michael Clifford osservava. Osservava e studiava. Osservava e studiava chiunque gli capitasse intorno. Osservava le persone, le leggeva. Non parlava molto, ma ascoltava. Poche persone potevano vantarsi di aver sentito la voce di Michael Clifford. Michael aveva concordato con Calum, quella volta in cui aveva parlato della stranezza di Joey Stone. Lui non riusciva a leggerla, Joey. Non riusciva a capirla. Era il suo incubo. Era l’unica persona della scuola che non voleva osservare, troppo infastidito dal non riuscire a scorgere neanche un tratto del suo carattere. Ma che cosa aveva quella ragazza? I suoi occhi magnetici non lasciavano trapelare mai niente che Michael riuscisse a scorgere. Si sentiva come Edward Cullen nel primo film, quando non riusciva a sentire i pensieri di Bella. E si maledisse da solo per quello stupido paragone.

Invece Luke Hammings era contento. Luke Hammings quella mattina aveva sorriso al postino, al fornaio, aveva sorriso davanti lo specchio. C’era qualcosa, nell’aria che respirava Luke quella mattina, che gli trasmetteva felicità ed era quasi contento di andare a scuola, tanto che quel giorno era sceso di casa in largo anticipo, e per la prima volta, fumava una sigaretta all’entrata con tutta la calma del mondo.
Distolse l’attenzione dalle parole di Calum sul suo pomeriggio precedente solo per guardare Joey Stone, che, senza guardare nessuno in viso, si era diretta sulla sua vespa in parcheggio.
“Questa ragazza è strana” borbottò Ashton. Michael semplicemente distolse lo sguardo, quasi infastidito, mentre Calum era rimasto a fissare il punto in cui Joey Stone era sparita. Luke invece aveva sentito una sorta di euforia montargli dentro, e cercava di trattenere un sorriso.
Tutti e quattro puntarono gli occhi su Joey, appena uscita dal parcheggio ancora con le chiavi della moto in mano, che camminava a testa alta, ma non guardava nessuno. Luke salutò in fretta e furia i suoi amici, e affiancò Joey.
“Ciao” le disse con tono neutro, riuscendo a nascondere perfettamente l’euforia.
“Ei” rispose semplicemente Joey “qualcosa non va?” aggiunse.
“Tutto bene, e tu?” ribatté, d’un tratto imbarazzato.
“Meravigliosamente.” Disse la ragazza, allungando il passo e lasciando Luke in preda al suo improvviso – e inspiegato- malumore, che, stizzito tornò dai suoi amici, che si trattennero a malapena dallo scoppiare in una risata fragorosa, che avrebbe fomentato il nervosismo di Luke.
 
Alla fine della quarta ora, Joey sentiva l’ardente bisogno di fumare una sigaretta, un po’ perché in classe si annoiava, un po’ perché, semplicemente, le andava. Purtroppo però, non era cambiata la bidella, quell’anno, che aveva l’irritante abitudine di entrare regolarmente nel bagno delle ragazze, e se, per caso, beccava una di loro mentre fumava, era sospensione assicurata. Perciò Joey si era fatta un po’ più furba: la bidella entrava con molta facilità nel bagno delle ragazze, ma non con altrettanta facilità in quello dei ragazzi, al quale poteva accedere solo alla fine dell’orario scolastico. Quindi chiese all’insegnante il permesso di uscire dall’aula per andare in bagno, e, una volta ottenuto, controllò per bene che la bidella non avesse modo di vederla. Quando si assicurò che non ci fosse nessuno, sgattaiolò all’interno del bagno dei maschi, dove subito tirò fuori il pacchetto di Lucky Strike e l’accendino. Si avviò verso la finestra, in modo da non impuzzare il bagno, e aspirò. Si concentrò soltanto sul paesaggio che vedeva, e si pentì di non avere con se un foglietto e una matita, ma cercò di memorizzare il maggior numero di particolari, in modo da poterlo disegnare in seguito.
Degli strani versi la distolsero dai suoi pensieri, spense subito la sigaretta e si pentì di non aver controllato se i bagni fossero vuoti. Si chinò e passò in rassegna tutti i bagni, finché non vide delle scarpe, la persona all’interno era sicuramente seduta, perché Joey vedeva la suola delle scarpe, ed emetteva dei versi sofferenti.
“Tutto bene lì dentro?” domandò Joey, bussando leggermente. Nessuna risposta. Ancora quei versi. Joey fu pervasa da un senso di panico misto ad angoscia. Non sapeva cosa fare, così agì d’impulso, spinse con forza la porta e guardò sconvolta il ragazzo all’interno del bagno.
“Hood?” domandò, senza ricevere risposta.
Calum Hood stava evidentemente male. Stava seduto per terra, con la testa poggiata al muro. Gli occhi semichiusi, la bava alla bocca. Il panico di Joey aumentò. Poi fissò lo sguardo sul braccio sinistro di Calum. Aveva un laccio emostatico legato saldamente e una siringa ancora infilzata. Con delicatezza sfilò la siringa, accompagnata dai mormorii di Calum, e slacciò il laccio emostatico. Avvolse entrambi in degli abbondanti strati di carta igienica e li buttò nel cestino. Cosa doveva fare? Doveva lasciarlo lì? Oppure portarlo da qualche parte? Pensò in fretta, e scelse la soluzione che gli sembrò più logica.
“Sei maggiorenne?” gli chiese, velocemente. Il moro annuì. In fretta e furia Joey corse in presidenza, a prendere le autorizzazioni per l’uscita anticipata, poi tornò da Calum.
“Okay Hood” disse, più per incoraggiare se stessa “adesso devi firmare” aggiunse. Passò una penna al castano, che la tenne tra le dita, senza accennare a muoversi.
“Devi firmare!” quasi urlò “ce la fai a scrivere il tuo cazzo di nome su un foglietto?” il moro si riscosse, scrisse velocemente il nome sul foglietto, così che Joey potesse consegnarlo in presidenza.
Con non poche difficoltà, la ragazza riuscì a sollevare Calum, e, a piedi, caricandoselo sulla spalla riuscì a portarlo a casa. Joey non sapeva dove abitasse Calum, ma sapeva che di mattina casa Stone era completamente vuota, quindi portò il moro di sopra, e lo fece sdraiare sul suo letto. Non sapeva assolutamente come comportarsi con una persona drogata, lei non si era mai drogata e non era solita a passare del tempo con persone che lo facessero. Perciò in un primo momento rimase seduta sul letto accanto al ragazzo, che stava con gli occhi chiusi. Gli accarezzò leggermente la fronte, per spostare i capelli incollati dal sudore. Calum Hood sudava, ma era congelato. Prese un lenzuolo e glie l’adagiò di sopra, decidendo quindi di alzarsi e cominciare a preparare il pranzo.


Eeeeeei!!
Sono riuscita a scrivere, finalmente. Sono stata sommersa dalla scuola in questi giorni, perciò scusatemi davvero, ma non ho potuto aggiornare prima di adesso!
Beh, nonostante sia il terzo capitolo, abbiamo già un bel colpo di scena, e beh, la storia comincia proprio da qua. Non c'è molto da dire, da parte mia. Perciò il mio spazio autrice sarà davvero davvero cortino ahahahah. 
Ringrazio sempre tutti quelli che leggono la storia, e vi chiedo sempre di farmi sapere che ne pensate e anche se scrivete delle storie. 
Con affetto, Elielihoran<3
 
  
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