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Autore: genesisandapocalypse    10/06/2015    4 recensioni
Gli occhi di Luke sono vitrei, nascosti da una nube di pensieri e ricordi. Dice di aver superato tutto, ma nessuno ci crede, Eloise per prima, che riuscirebbe a mettere da parte il suo odio colossale per Michael Clifford, se potesse aiutare.
Essere scappata nell’università al centro di Sydney è stata un po’ una salvezza, per Gioia. E che lo sia pure per qualcun altro?
Ashton ha perso fiducia nelle donne da tempo e scorbutico com’è, riesce a togliersele di mezzo, ma ogni tanto sa anche essere gentile.
A Cardiff c’è stata per soli tre anni, Eva, abbastanza per tornare a Sydney con qualcosa di troppo e far rimanere secco Calum.
E Scarlett, non sa bene come, finisce più spesso in quel bar che in camera propria.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo
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Home is wherever I am with you.

DISPERAZIONE.
 
"Gradi della disperazione: non ricordarsi di nulla, ricordare qualcosa, ricordare tutto."
"Con la disperazione, come con la visione notturna, gli occhi si abituano presto alle tenebre."
 
È sabato, Scarlett non dovrebbe lavorare. Sbadiglia, mentre cammina per la strada, riconoscendo il palazzo dove si trova il proprio ufficio; non ha nessuna intenzione di andarci, ovvio, la sua direzione è un’altra.
Andrea è andato a trovare i propri genitori e lei si annoiava a tal punto da essere uscita.
Non sa cos’è, precisamente, che ogni volta la spinge verso quel bar, ma sa che lasensazione piacevole che le nasce in petto ogni volta che sta con Ashton la fa stare bene per tutta la giornata.
Entra nel Nirvana con un sorriso sulle labbra, il viso truccato, anche se non deve lavorare.
Ashton sta chiacchierando con qualche cliente, il Nirvana è ben popolato, ci sono coppiette, gruppi d’amici o semplicemente persone in compagnia del proprio portatile.
Si sistema i capelli castani su una spalla e sospira, prima di lasciare che la porta si chiuda alle sue spalle. Cammina, il rumore dei tacchi che sbattono sul parquet risuona per le pareti, e finalmente Ashton alza gli occhi cangianti, scontrandoli con i suoi. Scarlett gli sorride, lascia che le fossette segnino le guance, il rossetto che la rende una dea agli occhi di Ashton.
«Buongiorno, Ashton,» lo saluta, sedendosi sul solito sgabello. Lui ancora non ha riferito parola, alla fine si lascia sfuggire un enorme respiro e sorride anche lui, mettendosi di fronte alla ragazza.
«Ciao, Scarlett,» dice, in un sospiro.
Poi si gira, come sempre, iniziando a preparare un cappuccino e dandole un cornetto al cioccolato, come se fosse una regola.
Scarlett inizia a mangiare con calma, mentre Ashton le dà il cappuccino e si poggia sul bancone di fronte a lei, il sorriso persistente sulle labbra fine e gli occhi cangianti che la osservano.
«Dio mio, così mi metti in soggezione,» arrossisce Scarlett, posandosi una mano sulla guancia e abbassando lo sguardo, imbarazzata, al che Ashton ride e si mette ritto di schiena.
«Scusa, non ci ho fatto caso - si passa una mano fra i ricci - fai colazione così spesso qui che ormai non mi fa né caldo né freddo vederti mangiare,» si stringe nelle spalle e si avvicina a un altro cliente, chiedendo l’ordine, sotto gli occhi di Scarlett.
È bello, Ashton, con il fisico massiccio e muscoloso, i capelli ricci e lunghi e la barbetta incolta che gli danno l’aria sbarazzina.
Finisce il cornetto e il cappuccino senza staccargli lo sguardo di dosso, mentre Ashton ride e serve le persone, aiutato dai colleghi.
Torna da lei qualche minuto più tardi, sospirando e lasciandosi andare in un sorriso luminoso.
«Scusami, oggi è abbastanza pieno,» le dice, lasciando che i clienti vengano serviti da qualcun altro. Scarlett annuisce, sorride, poi tira fuori il portafoglio.
Ashton la blocca da subito, afferrandole la mano e scuotendo la testa.
«Eh no, l’ultima volta ho detto che avrei pagato, Ashton,» dice Scarlett, con uno sbuffo, facendo ridacchiare il ragazzo, che scuote la testa nuovamente.
«No, lo sai, offre la casa,» ribatte il riccio, cercando di far tornare la mano piccola e delicata di Scarlett al suo posto.
«Ashton, non è possibile che ogni volta che vengo qui non pago, avevo promesso di pagare e oggi lo faccio, che tu voglia o meno,» il tono è fermo e deciso, Scarlett non vuole continuare a farsi offrire qualcosa e a non ricambiare.
Vede il ragazzo tentennare e mordersi il labbro inferiore con sguardo pensieroso.
«Beh, potresti pagarmi in un altro modo,» ammicca, alzando un sopracciglio castano. Scarlett si fa sull’attenti, portandolo a continuare con un gesto della mano.
«Potresti uscire con me, un giorno di questi,» fa, stringendosi nelle spalle.
«Uscire con te varrebbe come pagamento?» Scarlett è perplessa, sbatte le palpebre più volte e inarca entrambe le sopracciglia, un sorrisino divertito sul volto, al che Ashton annuisce.
«Lo preferisco ai soldi - dice - quindi, ci stai?»
No, «sì, ci sto!» esclama, scendendo dallo sgabello e sistemandosi la borsa. Si avvia lentamente verso la porta, girandosi a guardarlo un’ultima volta.
Gli lancia un sorriso ammiccante, poi esce.
E solo fuori dal Nirvana, capisce che ha sbagliato, ma di disdire proprio non ha voglia.
 
Michael si passa una mano fra i capelli da poco tinti di nero, poi sbuffa, mentre osserva la porta in legno massiccio di fronte a sé e si chiede se stia facendo la cosa giusta. Che poi, certo che sì, la sta facendo, la deve fare, ha fatto la cazzata di starsene zitto e ora ne paga le conseguenze.
Avrebbe dovuto dirglielo, era compito suo tenerla tra le braccia mentre assimilava la notizia, non avrebbe dovuto farglielo scoprire così. È che non voleva vederla soffrire, sperava un po’ che si fosse scordata, magari, ma come ci si può scordare della propria migliore amica?
Che stupido che è stato.
Sospira, preme il campanello e pochi secondi dopo la porta gli viene aperta dalla signora Palmer, che gli sorride candidamente.
«Oh, ciao tesoro, come va?» lo invita ad entrare, con un cenno della mano, al che Michael si gratta la nuca e sorride lievemente, facendo qualche passo all’interno dell’abitazione.
«Bene, è tutto ok - rimane per qualche secondo in silenzio - sì, insomma, c’è Eva?» balbetta, vedendo la donna sospirare e annuire.
«Non è nelle sue condizioni migliori, immagino tu sappia il perché - si passa una mano sul viso - su, vai, un po’ di compagnia non può che farle bene,» e se ne torna in cucina, lasciando Michael a dondolarsi sui talloni per qualche minuto, indeciso sul da farsi.
Che dirle? Ovviamente si scuserà per essere stato tanto stronzo da non dirle nulla, ma, davvero, non voleva darle tutto quel dolore, che alla fine ha ricevuto lo stesso. Sarebbe dovuto essere lui a dirglielo e sarebbe dovuto essere lui a consolarla, a rialzarla dalla sofferenza che, una notizia del genere, dà sempre.
Si avvia alla porta e bussa, dopo qualche secondo viene aperta e la figura di Eva,sconvolta di dolore, l’accoglie. Ha le occhiaie marcate sotto gli occhi verdi e i capelli legati in una crocchia, una felpa che, la riconosce subito, le ha regalato Zoe al suo sedicesimo compleanno e ora le sta un po’ stretta.
«Che ci fai qui?» gli ringhia contro, facendo un passo all’indietro, al che Michael con uno slancio entra all’interno della stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
«Sono venuto a vedere come stessi - si gratta la nuca nuovamente, guardandola negli occhi chiari e mordendosi l’interno guancia - e a scusarmi, ovviamente,» aggiunge, i sensi di colpa che lo avvolgono.
Eva è la sua migliore amica, vederla in certe condizioni non può che fargli male.
«Non voglio sentire le tue scuse - sbiascica lei, gli occhi lucidi - avresti dovuto dirmelo, Michael, perché me l’hai tenuto nascosto? Avevo il diritto di saperlo!» aggiunge, questa volta la voce è più alta, ma incrinata.
«Sì, scusami, lo so! Ma non volevo vederti soffrire, non volevo essere io a procurarti tutto questo dolore!» dice, afferrandole le mani fredde e stringendole.
«Beh, sei contento? Ne hai procurato il doppio, così!» sbraita, vorrebbe staccarsi dalla presa ma Michael è sempre stato più forte di lei.
La tiene stretta, poi la strattona fino a circondarla con le proprie braccia, stringendosela al petto. La sente aggrapparsi alla propria maglietta, un tremolio che la scuote e, ne è sicuro, da lì a qualche secondo lacrime salate e dolorose gli bagneranno il petto.
«Mi dispiace, mi dispiace, avrei dovuto dirtelo, lo so! - borbotta, dandole un bacio sulle tempia - ma ora, ti prego, non lasciarmi fuori dal tuo dolore, non sono stato io a dirtelo, fammi almeno essere il tuo supporto,» la sente tentennare, ma in pochi secondi un singhiozzo scuote le pareti.
Michael la culla, l’ha sempre fatto e sempre lo farà, sebbene per tre anni non ci sia stata, sa che può contare su di lui.
Le accarezza la schiena con delicatezza e, davvero, vorrebbe piangere pure lui, ma si sta parlando di Michael Clifford, e lui non piange mai.
 
Luke è nervoso, e chi non lo sarebbe al suo posto? Sta per uscire con Gioia Rogers, sua compagna di corso a psicologia, l’unica persona che gli è venuta incontro al posto di emarginarlo, guardando solo ciò che c’è all’esterno.
Gioia gli sta dando tanto, è sempre presente e, sì, l’ha capito che ci tiene a lui, perché sta mollando tutto solo per stargli vicino e di questo le è così grato. Con quale coraggiopreferisce lui ai suoi amici? A quei ragazzi che Luke ha osservato di nascosto, trovandoli belli e simpatici, altro che uno come lui.
Luke beve, fuma, non sorride quasi mai, eppure lei l’ha scelto.
E Luke ne è così felice, perché, davvero, Gioia gli è entrata dentro velocemente, trafiggendogli il cuore come una freccia e, giorno per giorno, ritirandolo su dalla propria tristezza.
Ora sta di fronte alla pizzeria, si dondola sui talloni e sente il nervosismo avvolgerlo, ma si mette su un sorriso imbarazzato e candido appena, a qualche metro di distanza, vede la figura di Gioia avvicinarsi, muovendo i fianchi senza malizia, sebbene a lui provochi un certo effetto.
Il suo sorriso lo illumina, il rossetto rosso rende i denti ancora più bianchi di quel che già sono.
«Ciao, Luke,» lo saluta, arrivandogli di fronte, e lui constata che, sui tacchi, gli arriva al mento. Si china a baciarle una guancia, aspirando il profumo fresco che lo invade e gli fa chiudere gli occhi cerulei.
«Gioia, sei bellissima,» sussurra, una volta tornato dritto, portando gli occhi al marciapiede perché, sì, è imbarazzato da morire. E forse un po’ non si sente all’altezza, perché Gioia è davvero splendida, fasciata nel suo vestito bianco e con quel rossetto a colorarle le labbra, i capelli lisci e scuri che le circondano il visino e gli occhi poco truccati, e quel sorriso che non l’abbandona mai, che l’ha rapito sin dal principio.
«Grazie,» borbotta lei, prima di seguirlo all’interno del locale, dove si accomodano in un tavolo appartato. La prima a parlare è lei, intavola qualche discorso qua e là per smorzare la tensione, e Luke l’ascolta ammaliato, non sa se per ciò che gli dice, che trova interessante, o per la voce angelica che gli stuzzica l’orecchio e gli scalda il cuore.
Alla fine arriva il cameriere e, poco dopo aver preso le ordinazioni, torna con due pizze tonde e invitanti.
«Era da un po’ che non mi gustavo una Margherita fatta per bene,» ridacchia lei, azzannando una fetta sotto gli occhi curiosi e inteneriti del ragazzo.
«Anch’io, sinceramente non ricordo l’ultima volta in cui ho mangiato della pizza,» dice Luke, stringendo lo sguardo e infilandosi tra le labbra un pezzo di quest’ultima.
Gioia sorride, quando lo vede sporcarsi, ma si sente andare a fuoco appena la lingua di lui ripulisce le labbra. Abbassa gli occhi, imbarazzata, e intavola l’ennesimo discorso, perché sennò si perderebbe nella bellezza del ragazzo, nascosta agli occhi di tutti tranne che quelli di lei.
Si perdono in chiacchiere per ore, Luke si lascia sfuggire qualche battuta e qualche risata che fanno arrossire Gioia, poi si alzano e, dopo che il ragazzo ha pagato, sotto le lamentele di lei, si ritrovano seduti su una panchina poco lontana dai dormitori, a guardare le stelle.
Luke sente il respiro lento della ragazza, la sua gamba cozza con quella di lei continuamente e, alla fine, mosso dall’istinto, le circonda le spalle con un braccio.
«Sono stato bene, questa sera,» borbotta, girandosi a guardarla, seguito subito da lei, che fa scontrare i loro occhi con pudore.
«Anch’io, tantissimo,» sussurra, senza rovinare il gioco di sguardi.
Si avvicinano di più e Luke, tolti l’imbarazzo e la timidezza, muove una mano fino a sfiorarle la guancia, accarezzandola con il pollice e godendo della morbidezza della gota, che man mano si colora sempre di più.
Alla fine è un attimo e le loro labbra si uniscono, delicate, timide.
Ma non hanno nemmeno il tempo di muoversi le une sulle altre, che Luke si scosta di scatto, lo sguardo sconvolto. Si alza in piedi, Gioia nota che trema visibilmente, mentre scuote la testa.
«Cosa ho fatto - sussurra, si porta le mani fra i capelli - io, io non dovevo, mi dispiace!» aggiunge.
Poi scappa.
 
Eloise sospira, è mezzanotte e vorrebbe andarsene a letto, perché le palpebre continuano a calarle sul viso, eppure non riesce a staccare gli occhi cerulei dalle foto che tiene in mano. Raffigurano il loro gruppo, ciò che erano anni prima, quando Eva non era partita e Zoe era ancora viva.
Calum aveva gli occhi che illuminavano il mondo, sebbene siano scuri, e Luke era la persona più solare che conoscesse. Michael, poi, non c’era una foto in cui non stesse spiccicato a lei, il braccio ancorato al suo fianco e le labbra sempre in un sorriso o sulla sua bocca.
Le mancano, i vecchi tempi, quelli dove erano felici, quelli dove lei era felice. Li guarda e sorride nostalgica, ogni tanto si trova tra le mani una foto di lei con Eva e Zoe, strette in qualche abbraccio o con una smorfia buffa in viso, perché non si pensavano fotogeniche, allora vai che cercavano di rovinare ancora di più la fotografia.
Alcune sono sue e di Michael, che si baciano, che si abbracciano, che ridono. Michael la faceva sempre ridere, “perché sei così bella quando lo fai” le diceva. Le stringeva i fianchi tra le dita e socchiudeva gli occhi, le labbra a pochi centimetri e le faceva patirela distanza delle loro bocche, allontanandosi e ridendo ogni qual volta Eloise si avvicinasse, perché è sempre stata quella meno paziente tra i due.
E se solo non fosse così ferita, se solo non sentisse il cuore spezzarsi al ricordo, tornerebbe da lui a braccia aperte, perché Michael è stato l’unico e il solo.
Ma ora lo odia.
Sente dei rumori sordi arrivare dall’ingresso e si precipita a vedere, ritrovandosi un Luke disperato, le guance rigate da delle lacrime e un tremolio a scuotergli il corpo.
«Luke? Cosa cazzo è successo?» si spaventa, si avvicina a lui e gli afferra un braccio. Sapeva che stesse andando a mangiare una pizza con Gioia, niente più.
Luke non risponde, continua a piangere e si incammina a passo lento verso il divano, fino a crollarci sopra, stringendosi a sé e scuotendo la testa.
«Luke? Oh mio Dio, parla, cos’è successo?» Eloise è spaventata, si siede al suo fianco e lo costringe a guardarla.
«Io… ho.. ci siamo baciati - dice, il tono sconvolto di dolore e colpa - io l’ho tradita, Eloise, l’ho tradita! Con quale coraggio?» si porta le mani sul viso, sotto lo sguardo stupefatto della bionda, che scuote la testa, incredula.
«Non puoi pensarla davvero così, Luke, non puoi! - grida, togliendogli le mani dal volto - non l’hai tradita, Luke, non l’hai fatto!» continua, mentre lo osserva piangere, il senso di colpa che strabocca con le lacrime, come se avesse compiuto un reato.
«Sì, invece, sono un bastardo! Come ho potuto farlo? Ho baciato Gioia, non avrei dovuto!» ribatte, singhiozza. È come se fosse ubriaco, peccato non abbia bevuto nulla.
È solo intontito dalla disperazione.
«Non è vero, smettila di pensarla così, Luke! - Eloise lo scuote, gridandogli contro - ma non capisci? Gioia ti sta riportando alla vita, ti sta facendo sorridere nuovamente e ti sta liberando dalle catene che ti ancorano ai ricordi, non lasciare che questi ti portino giù ora che stai finalmente risalendo, Luke! Non l’hai tradita, capisci? Gioia ti stasalvando,» gli dice, accarezzandogli una guancia bagnata.
«No, io l’ho tradita, come ho potuto?» biascica di nuovo lui, il tono quasi apatico, mentre osserva con occhi persi quelli della sorella, tremolanti.
Eloise non ci crede che la pensa così, non ci crede che è ancora così perso nei suoi ricordi, che non riconosce più cos’è la realtà. Non ci crede che si è pentito di aver baciato Gioia, l’unica persona in grado di farlo sorridere dopo anni di apatia e tristezza, l’unica persona in grado di suscitargli un’emozione felice dopo tanto dolore.
Allora si alza in piedi, scuote la testa.
«Tu non hai fatto nulla di sbagliato, Luke, hai fatto bene a baciarla, non capisci?»
«No, Eloise, io non avrei dovuto! L’ho tradita, Eloise,» cantilena, portandosi le mani fra i capelli e stringendo delle ciocche.
«Cazzo, Luke, non puoi averla tradita, ok? Perché lei non c’è più, d’accordo? E tu non puoi farci niente, devi andare avanti, Luke, devi guardare al futuro e non al passato! Smettila di lasciarti andare così, Zoe non tornerà in vita!» e sa di avergli fatto più male del previsto, ma non può vederlo mentre si distrugge per il passato.
Sente i singhiozzi del ragazzo diventare più forti e prepotenti, allora si china e lo abbraccia, stretto.
E sì, sa che la amava con tutto sé stesso, ma Gioia lo rende felice ed Eloise combatteràper far sì che Luke lo capisca.
 
***
Ehilà,
come va?
Scusatemi davvero per il mega ritardo super mondiale che ho fatto, ma ho avuto un blocco enorme e questo capitolo è stato un parto. Aggiungiamo che è stato un periodaccio e non avevo la forza di scrivere, ma spero che vi piaccia, anche se non ne sono molto convinta.
Allora, iniziamo con Scarlett che, come al solito, finisce al Nirvana, ed ecco che Ashton le chiede di uscire. E lei accetta, senza pensarci due volte, poi quasi si pente… quasi.
C’è Michael che va a chiedere scusa ad Eva e la consola. Lui ci vuole essere per Eva, in qualunque situazione, specie in una così complicata.
Infine, ecco che abbiamo la pizza tra Gioia e Luke, qualche discorso intavolato dalla ragazza e un bacio finale, lieve, perché il biondo scappa, lasciandola di stucco.
Eloise che accoglie un Luke disperato, cercando di portarlo alla realtà, di fargli capire le cose come stanno. Ebbene, gente, il nostro Luke stava con la bella Zoe, ed ecco la sua apatia da dove proviene.
Zoe se n’è andata, ma lui l’amava così tanto.
Ed Eloise vuole combattere, per far sì che Luke si accorga che Gioia l’ha fatto ricominciare a vivere.
Bene, penso che sia tutto, spero davvero che vi piaccia, sebbene non mi convinta.
Bye bye,

Judith. 
 
  
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