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Autore: 9Pepe4    09/01/2009    3 recensioni
[Le frasi in corsivo sono le strofe della canzone Leave out all the rest dei Linkin Park]
Trunks!
Mi alzai di scatto, ignorando le spine che mi laceravano le vesti e la carne. Tentai di chiamare il ragazzino, di porre fine al suo spavento.
Ma non poteva sentirmi, lo sapevo.
Mi ero perso.

A volte la grande probabilità di una fine imminente spinge a delle domande. Al desiderio di concedere delle spiegazioni a chi meno le vorrebbe.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gohan, Mirai!Gohan, Mirai!Trunks, Trunks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Leave out all the rest – Tribute to Mirai No Gohan



Un bosco, una foresta minacciosa, senza fine. Camminavo tra le file interminabili di alberi, chinandomi di tanto in tanto per evitare che i rami più bassi mi graffiassero il viso.
Sotto i miei piedi, un sentiero, una luce nell’oscurità, una manna dal cielo.
I cespugli spinosi iniziarono a graffiarmi le gambe, mentre le spine si impigliavano alla stoffa dei miei vestiti. Gli alberi si faceva sempre più secchi, minacciosi e scheletrici, tendevano i rami come artigli verso di me.
Improvvisamente abbassai lo sguardo, scoprendo di aver perso il sentiero.
A fatica mi voltai, e un ramo mi graffiò una guancia, facendola bruciare. Iniziai a camminare, ma sembrava che il bosco si stringesse su di me in un abbraccio soffocante e letale. Del sentiero nessuna traccia.
Portai le mani davanti al volto nel tentativo di proteggerlo, ma le spine mi graffiavano il dorso di esse, mi ferivano le braccia.
A tentoni, tenendo gli occhi chiusi per difendere almeno essi, cercai di tornare al sentiero.
Ma non c’era più nessun sentiero, mi resi conto all’improvviso.
C’ero solo io e avevo smarrito la mia strada.
Caddi in ginocchio tra i rovi. Le ginocchia iniziarono a sanguinarmi.
Tenni il viso tra le mani, sentendo gli alberi stringermi sempre di più.
Non respiravo...
E, mentre sentivo milioni di ferite comparire sul mio corpo, udii un grido, un grido di terrore. L’urlo di una voce che conoscevo bene, fin troppo bene.
Trunks!
Mi alzai di scatto, ignorando le spine che mi laceravano le vesti e la carne. Tentai di chiamare il ragazzino, di porre fine al suo spavento.
Ma non poteva sentirmi, lo sapevo.
Mi ero perso.

I dreamt I was missing
You were so scared
But no one would listen
‘Cause no one else cared


Mi risvegliai di soprassalto, sudato. Mi misi le mani tra i capelli neri, mentre tentavo di calmare il mio respiro affannato.
Istintivamente, mi portai un braccio davanti agli occhi per esaminarlo ed accertarmi che non recasse le ferite del sogno.
Dell’incubo che aveva lasciato in me una viva inquietudine.
Pensai agli alberi spinosi, al grido di Trunks.
Mi alzai di scatto e mi infilai in fretta i primi vestiti che mi capitarono sotto mano. Scesi in fretta le scale, andando in cucina. Mia madre mi rivolse uno sguardo interrogativo.
E stanco... Dov’era finita la donna energica che mi aveva allevato? Probabilmente, se n’era andata con mio padre.
«Vado alla Capsule Corporation» dissi in fretta. Mi chinai a baciarla su una guancia. «Ciao, mamma».
Corsi fuori, poi mi alzai in volo.
Mentre mi muovevo alto nel cielo, il cuore mi batteva ancora forte come quando mi ero svegliato.
L’aria mi solleticava il volto, arruffandomi i capelli.
Sentivo la viva inquietudine derivata dal sogno come un pugno nello stomaco.
E improvvisamente, mi affiorarono alla mente domande che fino ad allora avevo tentato di eludere. Sulla mia vita.
Su quel che, volente o nolente, avrei lasciato dietro di me quando sarei morto.
Il cuore mi diede un balzo a quell’ultima parola.
Finalmente giunsi in vista della Capsule Corporation, del prato che la circondava, della sua struttura in parte distrutta da un attacco dei cyborg.
Atterrai silenziosamente in giardino, deglutendo per cercare di reprimere il panico che sentivo dentro di me.

After my dreaming
I woke with this fear
What am I leaving?
When I’m done here?


Mi avvicinai alla porta e bussai.
Sentii all’interno dei passi affrettati, poi mi ritrovai davanti a Trunks, il quale mi salutò con un sorriso, uno dei suoi rari e puri sorrisi. «Ciao!»
«Ciao, Trunks».
Lo osservai. Era un sollievo vederlo così tranquillo, era come se quell’immagine potesse cacciare il ricordo dell’urlo che avevo sentito in sogno. “Devo parlargli” pensai, con un improvviso groppo alla gola.
«Senti, Trunks...» dissi, dosando le parole, «verresti con me un attimo?»
Lui mi fissò intensamente, poi annuì. Naturalmente, ora la sua espressione era seria. «Vado a dirlo a mia madre» sussurrò, per poi rientrare in casa.
Quando tornò, non mi ero mosso di un centimetro.
Gli feci un cenno e ci alzammo in volo.
Lo guardai con la coda dell’occhio. Volava fissando dritto davanti a sé. Fui preso da un capogiro improvviso: ma che stavo facendo?
Cosa volevo dirgli?
Non lo sapevo, ma ero consapevole del fatto che, qualunque cosa fosse, era importantissima per me, ed era essenziale che lui lo sapesse.
Osservai il terreno sottostante. Infine indicai una radura. «Scendiamo lì».
Trunks fece cenno di sì e iniziammo a calare di quota.
Toccai il prato con la punta dei piedi. Mi voltai verso il mio allievo, il quale mi guardava, in attesa. Mi sedetti, facendogli cenno di imitarmi.
Lui indugiò un attimo, poi si accomodò accanto a me.
Non mi domandò nulla, non mi mise fretta. Non mi fissò nemmeno con l’insistenza che temevo. Semplicemente, prese a giocherellare con alcuni fili d’erba, attendendo che fossi pronto a parlare.
Presi fiato. Deglutii ed infine mormorai: «Voglio che tu sappia una cosa... Molte cose».
Lui alzò immediatamente lo sguardo, concentrandosi su di me.
«Cosa sta succedendo, Gohan?» domandò piano. Forse l’unica domanda che volesse permettersi.
Abbassai lo sguardo. Poi tornai ad alzarlo sul ragazzino. «Non sta succedendo nulla, Trunks. O, almeno, non in questo momento preciso. Sta succedendo da molto tempo» sospirai.
Lui tacque, in attesa.
«Se...» Era così difficile da dire! «Se me ne andrò, se non ce la farò...»
Trunks si irrigidì visibilmente, ma continuò a tacere.
«Ti prego, se succederà, non avercela con me...»
Lui abbassò impercettibilmente gli occhi, per poi rialzarli.
«Non pensare agli sbagli che avrò fatto, che mi avranno condotto alla mia ora... Ti prego, non dimenticarmi, non ti vergognare di ciò che avrò fatto». Iniziai a tormentare un ciuffo d’erba con una mano, tormentato.
«Aiutami, per favore. Trova le ragioni per le quali il mio ricordo non svanirà, ma resterà vivo...»
Lui incrociò il mio sguardo d’ebano con il suo color del cielo. Era inquieto.
«Quando vorrai avere qualche attimo in cui stare solo, se ti sentirai troppo vuoto, tienimi nella tua mente... Per un attimo solo, rivivi solamente il mio ricordo... Lascia fuori tutto il resto...»
Trunks si morse il labbro. Non ero più solo con la mia angoscia, pensai.
«Per favore» conclusi stancamente.
Lui tentò di calmarsi, ma riuscii a scorgere la sua espressione tormentata prima che la nascondesse dietro alla tranquillità.
Sapevo che non ne avremmo parlato più. Sapevo che non ne avrei avuto il coraggio.
Ma sapevo anche che alcune parole sono come marchi incandescenti, indelebili, e le parole che avevo detto erano impresse per sempre nella sua memoria.

So if you’re asking me I want you to know
When my time comes
Forget the wrong that I’ve done
Help me leave behind some
Reasons to be missed
Don’t resent me
And when you’re feeling empty
Keep me in your memory
Leave out all the rest
Leave out all the rest


Quando ci alzammo in volo per tornare alla Capsule Corporation, l’atmosfera percepibile tra noi era molto più tesa.
Come se gli avessi messo paura.
Come se le mie parole avessero creato un muro invisibile tra noi.
Certo, bastava un passo, un abbraccio, per abbattere quel muro.
Ma non era un passo semplice.

Quella sera feci più fatica a prendere sonno di quanto avessi mai creduto possibile. Guardavo le ombre allungarsi sul pavimento per poi inghiottire tutto e sentivo l’amaro in bocca.
Forse l’avevo detto nel modo sbagliato, forse era stato un errore. Ripensai a Trunks, e un sorriso amaro mi nacque spontaneamente sul viso. Senza dubbio, il ragazzino mi credeva impenetrabile e un guerriero perfetto. Qualcosa del genere.
Come se io non avessi difetti, come se non avessi un punto debole. Mi voltai, andando a sedermi sul letto. Probabilmente era Trunks il mio punto debole, gli volevo troppo bene.
Quando lo guardavo era come avere un fratellino, un figlio e un migliore amico, tutto insieme.
Mi presi il volto tra le mani, mentre la notte avanzava.
Se Trunks avesse saputo come mi sentivo impotente a volte.
Se Trunks avesse saputo come spesso mi sentivo angosciato.
Se avesse saputo quanta paura avevo.
Se avesse saputo quante debolezze si nascondevano dietro alla mia corazza da guerriero.
Se lo avesse saputo...
Ma non lo avrebbe mai saputo, se non capendolo da solo. Sapevo che non avrei mai voluto dirglielo, che non volevo dirglielo.
Non volevo sentirmi meno amato. Scossi la testa per allontanare quel pensiero. Trunks che mi voleva meno bene perché vedeva che, in fondo, ero umano? Era un’idea tanto assurda che mi stupivo mi avesse sfiorato la mente.
Non volevo che fosse più spaventato, ecco cosa non volevo.
Volevo preservarlo da più incubi e paure possibili.
Che idea stupida, pensai, proteggere qualcuno dalla realtà.
In cuor mio, sapevo che se gli avessi donato un sogno privo di timori, quando sarebbe stato obbligato a svegliarsi avrebbe sofferto ancora di più.
Però, in modo del tutto irragionevole, non rinunciavo. Finché potevo, volevo che fosse felice quanto questo mondo tormentato glielo permetteva.
Già, non era proprio vero che non avevo difetti.

Don’t be afraid
I’ve taken my beating
I’ve shared what I’ve made
I’m strong on the surface
Not all the way through
I’ve never been perfect
But neither have you


Quando mi svegliai tentennai, indeciso se andare alla Capsule Corporation o meno. Non sapevo se la mia apparizione avrebbe sfregato le ferite dei ricordi di Trunks riguardo la chiacchierata del giorno prima. Ma, probabilmente, se non fossi andato da lui, avrei evidenziato ancora di più le parole che avevo detto. Perciò mi diressi a casa Brief.
Trunks era in giardino, mi rivolse un saluto silenzioso. Con un sorriso forzato andai a sedermi accanto a lui, sull’erba.
«Hai sentito il notiziario?» mi chiese il ragazzino.
Lo stomaco mi si strinse. Non era difficile capire cosa avessero annunciato alla radio. «No» risposi con un filo di voce.
Trunks si spostò appena, come cercando una posizione maggiormente comoda. «Hanno attaccato un piccolo paese... Non si è salvato nessuno». Parlava con voce inespressiva. Con quel che traspariva dal suo tono, si sarebbe potuto pensare che mi avesse informato che quella mattina aveva schiacciato una mosca che infastidiva sua madre.
Deglutii, poi tentai di guardarlo. Evitò i miei occhi, facendo finta di essere improvvisamente interessato ad un filo che pendeva dalla manica della maglia che indossava.
Sembrava disinvolto, tranquillo.
Ma io lo conoscevo troppo bene. Capivo che in realtà quella calma non era null’altro che una maschera per nascondere la sua sofferenza.
Dovevo ammettere che era bravo a celare le proprie emozioni per non allarmare chi gli stava attorno, molto più bravo di me.
Strinsi i pugni, soffocando una maledizione rivolta a quei dannati cyborg.
Tutta quella gente, tutte quelle persone innocenti... Quanti avevano perso la vita a causa della spietata furia degli androidi?
Non era giusto.
No... Ed era per quell’ingiustizia che sapevo avrei combattuto, senza risparmiarmi. Mi sarei accanito sui cyborg, tentando di salvare il salvabile. Strappai un ciuffo di steli d’erba. Ero consapevole del fatto che non mi sarei fermato nemmeno davanti all’evidenza della loro supremazia.
Che scemo, ero. Forse ci avrei rimesso davvero la vita.
E sapevo che neanche la paura di morire mi avrebbe trattenuto dal battermi.
Lo sapevo, e fingevo che potesse esserci qualcosa che mi avrebbe salvato dalla mia follia.

Forgetting
All the hurt inside you’ve learned to hide so well
Pretending
Someone else can come and save me from myself


Quando la sera tornò a oscurare il cielo, accompagnai Trunks a letto.
Rimasi fin quando non si fu assopito. Lo osservai a lungo mentre dormiva.
E, nuovamente, i miei pensieri tornarono ad una mia ipotetica fine. Probabilmente, la mia vita sarebbe stata troncata dai cyborg...
E Trunks? Come l’avrebbe presa? Si sarebbe arrabbiato con me?
Avrebbe cercato a lungo una risposta alla sua domanda sul perché l’avrei lasciato solo?
Ma, se anche avessi potuto mettere a tacere i suoi dubbi, cosa gli avrei detto?
Che la gente a volte combatte fino alla fine per ciò che ritiene giusto? Che io avevo fatto la mia scelta per tentare di raggiungere la pace?
Che avevo sbagliato, ma ormai non potevo tornare indietro?
Che la giustizia ha sempre avuto un’enorme importanza per me?
O che, semplicemente, non posso essere come lui?
“Mi dispiace, Trunks... Non lo so”.

I can’t be who you are
  
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