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Autore: Ella Rogers    10/06/2015    7 recensioni
La giovane si sporse sul corpo del biondo, in modo da proteggere il suo bel viso dalla debole pioggia incessante.
"Steve, non farmi questo, ti prego."
Gli carezzò la fronte. La pelle del ragazzo era fredda, gelida.
"Apri gli occhi, Steve, avanti" pregò con voce tremante, sotto lo sguardo indecifrabile di Stark.
Cercò di trasferire la propria forza vitale in lui, ma ormai era tardi.
"È colpa mia. È soltanto colpa mia. Se solo fossi stata più forte, invece di crollare in quel modo. Ti ho lasciato da solo, non ti ho protetto e adesso … adesso …"
Prese a scuoterlo per le spalle, disperata.
"Steve, svegliati, ti scongiuro."
Lo baciò e le labbra erano fredde, non più calde e morbide.
Posò la fronte sul suo torace e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
"Mi assicurerò che continui a battere, te lo prometto, a qualsiasi costo."
Era stata la muta promessa fatta a lui e a sé stessa, dopo averlo amato, dopo aver sperimentato con lui cosa significasse essere una cosa sola sia nell'anima sia nella carne.
E lei lo aveva tradito. Perché quel cuore aveva smesso di battere.
Lo aveva ucciso.
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'The Road of the Hero'
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Promesse

La libertà aveva l’acre sentore del sangue, quello stesso sangue che ora le macchiava i vestiti e la pelle.
La libertà era bagnata, perché il cielo piangeva e le infradiciava le membra.
La libertà era un silenzio rotto solo dall’incessante picchiare di piccole gocce d’acqua sull’asfalto duro.

Non l’aveva di certo immaginata così la libertà, anche se, in fondo, poco le importava di come essa si fosse presentata ai suoi sensi.

Aveva finalmente raggiunto quel prestabilito, inevitabile fine.
Aveva atteso con pazienza gli sviluppi di un piano costruito minuziosamente ed ogni tassello aveva trovato posto in quel puzzle complesso che rappresentava la sua liberazione.
Niente era stato lasciato al caso.
In diciotto anni aveva progettato un orologio e, ingranaggio dopo ingranaggio, l’aveva assemblato. Quando il suo umano l’aveva liberata - perché lei l’aveva condotto lì, dopo averlo atteso per lungo tempo -, si era innescato il conto alla rovescia, ora finalmente giunto alla conclusione sperata.

Sorrise beata e liberò i lunghissimi capelli dal fastidioso elastico che li raccoglieva in una coda scomposta.
Si sentiva euforica e tremendamente piena di vita. Il cuore le batteva così violentemente nel petto che pareva volesse uscirne. Avrebbe potuto fare qualsiasi cosa gli passasse per la testa da quel momento in avanti, senza dover sottostare a quegli inutili obblighi morali a cui la sua nemesi era stata tanto legata.

Niente più catene.
Niente più limiti.
Libertà.

Fece schioccare la lingua contro il palato, sollevando al contempo lo sguardo verso il cielo grigio. Quando decise che la pioggia era divenuta di troppo, ogni goccia d’acqua nel raggio di svariati chilometri bloccò la sua discesa, rimanendo in stasi, sospesa nel vuoto.
L’atmosfera divenne surreale e lei si inebriò dell’infinità del suo stesso potere.

Una pressione decisa sulla spalla destra la tirò fuori da quella specie di personale dimensione egocentrica.
Storse il naso, voltando il capo ed incontrando due iridi ambrate ricolme di emozioni travolgenti e contrastanti. Vi lesse dolore, rabbia, paura e le sembrò di intravedere anche scaglie di speranza. Si ritrasse indietro per sfuggire al tocco di quella mano, ma non distolse lo sguardo.

“Chiunque tu sia, salvalo.”

Solo in quel momento si rese conto di star stringendo tra le dita ciuffi di capelli biondi.
Abbassò gli occhi e si ritrovò ad osservare il viso pallido ed insanguinato di un giovane umano, il cui capo poggiava sulle sue gambe piegate. Pressò le labbra e la bocca divenne una linea dura, mentre la fronte si increspava lievemente. Le mani, guidate da un cieco istinto, cercarono il contatto con la pelle di quel volto e la carezzarono con eccessiva delicatezza.
Sentì un nodo formarsi nella gola e per un attimo il respiro le venne a mancare.

Il suo strumento.
Un giovane umano, unico nel suo genere.
“Devo ringraziarti, sai?”
Parlò, nonostante sapesse che il ragazzo non avrebbe potuto ascoltare.
E le sue dita furono di nuovo tra i corti capelli di lui, a giocare con i morbidi ciuffi biondi.
“È merito tuo se ora sono libera. Tu, che ti sei tanto impegnato a proteggerla, anche se di leidi me, non sapevi nulla. Sei diventato la sua ragione di vita in poco tempo, proprio come avevo previsto nel momento in cui ho creato il legame e ho guardato nella tua anima. In questo mondo, essere troppo buoni è pericoloso. Se vuoi vivere, allora devi rinunciare all'altruismo.”
La creatura sorrise serafica e prese il capo del giovane tra le mani, sollevandolo e riponendolo a terra.
“Vige la legge del più forte e quella del più scaltro. Non c’è spazio per le debolezze, per i sentimenti. Guarda cosa ti hanno fatto, i sentimenti. Che peccato - sospirò - una creatura di rara bellezza come te perduta per sempre. Quasi mi dispiace.”

La giovane si rimise in piedi, sotto lo sguardo esterrefatto di Tony, che non seppe dove riuscì a trovare la forza per parlare di nuovo.
“Tu lo hai usato, non è così?”
Ricevette in risposta un ghigno che gli fece venire i brividi.
La consapevolezza lo colpì allo stesso modo di uno schiaffo in faccia: duramente e senza avvisare.
“Ci hai usato tutti!” gridò Stark, sentendo la rabbia montargli in petto.

“Voi umani siete talmente ingenui da farmi quasi pena. La giovane midgardiana è davvero brava a recitare la parte della povera vittima sfruttata. Si sta prendendo gioco di voi, non ve ne accorgete?”
Loki non aveva mentito, quella volta. Li aveva messi in guardia.

“Cosa ti aspettavi? Sono un mostro.”
L’oneiriana pronunciò quelle parole con paradossale tranquillità.
“Come lui” aggiunse poi, voltandosi a guardare Daskalos, fermo a pochi passi da loro.

Stark pensò di star impazzendo, perché quel demone bastardo sembrava terrorizzato. Gli occhi vermigli erano spalancati all’inverosimile ed aveva il respiro accelerato.

La creatura con le sembianze di Anthea si mosse sinuosa, in direzione del Padrone, il quale non esitò ad indietreggiare, consapevole di non avere speranze contro di lei.
Forse, uccidere il ragazzino non era stata una buona idea.
Gli occhi cremisi di lei brillavano di una luce intesa, nuova e, al tempo stesso, conosciuta. Daskalos, per alcuni attimi, rivide Azael in quelle iridi e rivide quella che era stata la parte più oscura dell’anima del re caduto.

“Adesso sai ogni cosa, vero?” si azzardò a chiedere il demone.
L’oneiriana si bloccò a un passo da lui, piegando la testa di lato e guardandolo con finta innocenza.
“Sì” soffiò e le pupille rotearono, come a sottolineare quanto trovasse noioso discorrere su questioni appartenenti al passato.
Sapere che Azael avesse sacrificato sé stesso per il suo popolo non la toccava minimamente. L’universo non sarebbe mai venuto a conoscenza della verità orbitante intorno la scomparsa di Oneiro. Quella verità era privilegio di pochissimi e nemmeno Daskalos sapeva tutto.
Alla giovane, però, bastava essere a conoscenza di una singola cosa: erano stati i sentimenti a condurre Azael all’autodistruzione. Il re si erano lasciato dominare dalle passioni del cuore, che lo avevano privato della fredda razionalità e del senso di autoconservazione, conducendolo inevitabilmente ad una morte indegna.

Volse appena il capo e, con la coda dell’occhio, tornò ad osservare il corpo dell’umano - Steve, si chiama Steve -, non riuscendo a non pensare a quanto egli fosse simile a quello che era stato suo padre. Il senso di giustizia e l’altruismo li avevano condotti entrambi al capolinea, attraverso un percorso fatto di dolore ed autolesionismo.

Distolse di colpo lo sguardo dal giovane, quando si rese conto che qualcosa di indefinito si era mosso dentro di lei, dandole l’impressione di avere uno strano peso sul petto.
Si stava annoiando, forse. Sì, doveva essere la noia.

“Sei pronto a giocare, Daskalos?”

Le spalle dell’interpellato presero a tremare, mentre una risata isterica gli faceva vibrare le corde vocali.
“Non pensavo che sarei stato costretto a ricorrere alla forma definitiva. Mi condurrà alla morte, ma avrò il piacere di ucciderti, prima. Ucciderò tutti.”


E improvvisamente il cielo divenne scuro, tanto da apparire quasi nero. Una spessa penombra calò sulla superficie del pianeta Terra e ogni singolo umano, in quel momento, si ritrovò con il naso rivolto verso l’alto, a fissare con timorosa curiosità quello strano e inspiegabile fenomeno.


Le gocce di pioggia ancora in stasi vennero vaporizzate all’estendersi di un anormale campo magnetico, il cui fulcro era Daskalos.
L’oneiriana rimase impassibile di fronte al corso degli eventi, anche quando il corpo del demone cominciò a deformarsi orribilmente, fino ad assumere fattezze mostruose, raggiungendo il limite di quel potere che aveva accumulato, razziando i più svariati pianeti abitanti l’universo.

Sembrava stesse giungendo l’Apocalisse.



                                                        ***



“Mio. Dio.”
Natasha si tirò su con estrema fatica, mettendosi in ginocchio. La nuca le lanciava fitte acute di dolore e poteva sentire ancora il calore del sangue su di essa.
La Romanoff, per la prima volta, fu grata all’addestramento ricevuto in Russia, perché se era ancora viva e riusciva a muoversi e ragionare nonostante le gravi ferite, era solo per merito di quell’addestramento devoto al sadismo.
Distolse lo sguardo dal corpo del demone, il quale sembrava essere in una fase di mutazione profonda. L’aria tutt’intorno era divenuta pesante e respirare richiedeva uno sforzo eccessivo.
Vagò con lo sguardo in cerca dei suoi compagni e individuò per primi Tony e Steve, fin troppo vicini al demone.

Perché Stark non indossava l’armatura?
E poi Rogers era così … immobile?
C’era anche Anthea con loro, intenta a fronteggiare il mostro.
Ma cosa diavolo stava succedendo?

“Natasha!”
Quella era la voce di Bruce.
La Vedova si voltò indietro e quasi sorrise nell’osservare il resto della squadra - con annesso Loki - venire verso di lei.
Thor, a cui era tornata la vista, stava portando un Clint privo di sensi sulle spalle. La rossa cercò di non soffermarsi troppo sulla posizione innaturale dei polsi dell’arciere.
Barton era vivo e ciò le bastava. Le ossa sarebbero guarite e, sicuramente, Nick avrebbe fatto tutto il necessario per farle tornare come nuove, utilizzando i migliori medici e scienziati dello SHIELD.

Dovevano solo riuscire a tornare a casa, vivi.

“Raggiungiamo Stark e Rogers” fu la proposta di Banner, che tese una mano a Natasha per aiutarla a rimettersi in piedi.
La Vedova si lasciò sostenere da Bruce e cominciò a camminare, utilizzando la spalla destra del dottore come appoggio.
Il gruppo si mosse velocemente - o almeno tanto veloce quanto i loro corpi malmessi concedevano - e, evitando di soffermarsi toppo a guardare l’orrenda mutazione di Daskalos, arrivò alle spalle di Tony, il quale, inizialmente, sembrò non accorgersi della presenza dei compagni.
Bruce fece per chiamare il collega, ma ogni suono gli morì in gola quando Stark pronunciò due singole maledette parole.

“È morto.”

Il miliardario, come a conferma di quella confessione, si scostò un poco, trascinandosi sulle ginocchia e lasciando agli altri la possibilità di vedere con i loro stessi occhi, i quali saettarono tutti contemporaneamente sul volto pallidissimo del Capitano.

Banner si lasciò cadere in ginocchio, mentre costringeva una mano tremante a poggiarsi sulla gola del giovane super soldato.
Come se quel gesto fosse davvero servito a qualcosa. Come se lo sguardo vacuo e lucido di pianto di Tony non fosse abbastanza.
Perché il dottore sapeva già, prima ancora di toccare quella pelle gelida, che le sue dita non avrebbero captato alcun battito.
Forse era stato un riflesso incondizionato, utile solo ad accettare l’inevitabile.
Natasha si accucciò al suo fianco e si trascinò Steve - Steve che non c’era più - in grembo, guidata da un moto incontrollabile di affetto.

“Sei uno stupido Idiota. Non fatevi ammazzare, avevi detto. Valeva anche per te, dannazione!”
E se qualcuno a cui era nota la sua fama l’avesse vista in quel momento, mai avrebbe creduto che quella era la fredda e crudele assassina, portatrice del nome di uno degli esseri più mortali esistenti sulla Terra.
La maschera della Vedova Nera andò del tutto in frantumi, non appena Natasha lasciò che calde lacrime le rigassero le guance.

Thor, al contrario, era invece rimasto immobile, in piedi a sovrastare i compagni accucciati a terra. Gli occhi fissavano il vuoto e le mani, impegnate a sorreggere il corpo dell’arciere, gli tremavano sensibilmente.
Aveva sempre visto in Steve Rogers un esempio da seguire e aveva sempre serbato per lui il massimo rispetto. Sul campo di battaglia, lo avrebbe seguito ovunque, ad occhi chiusi. Pochi erano coloro a cui dava tanta fiducia, pochi erano quelli per cui nutriva un affetto ed una stima profonda.
Avrebbe voluto portare Steve ad Asgard, un giorno. Gli aveva anche avanzato la proposta, una volta.




“Che ne dici?”
“Io, ad Asgard? Ma lì vivono gli dei, io sono solo …”
Steve si era grattato la nuca, imbarazzato, e Thor aveva sorriso per quella sua ostentata umiltà.
“Credi alle mie parole, Capitano. In te c’è grandezza, una grandezza paragonabile o anche superiore a quella di un dio. L’invito rimarrà sempre valido.”
Rogers gli aveva poggiato una mano sulla spalla, serio.
“Grazie.”





“Non può finire così” sussurrò l’asgardiano, afflitto.

“Ho chiamato Fury all’inizio dello scontro, dicendogli di rimanerne fuori e di pensare solo a sgomberare l’area per evitare che venissero coinvolti i civili. Ma, a questo punto, potremmo anche chiedere supporto, cosa ne dite?”
Tony accennò alla presenza del mostro - dei mostri -, intuendo che la mutazione stava per giungere al termine, dato che si erano quasi del tutto delineate le fattezze di quello che pareva un corpo nuovo, diverso, più pericoloso.
Nessuno, comunque, rispose.

Fu Loki il solo a farsi avanti, fino a raggiungere Stark, il più lucido tra gli altri.
“Quel corpo è fatto di pura energia, Stark. Tempo un’ora, forse di meno, e imploderà e Midgard si accartoccerà su sé stesso, prima di scomparire per sempre. Rimarrà solo il vuoto.”
“Come lo fermiamo?”
Loki scosse il capo.
“Non possiamo.”
Tony si prese la testa tra le mani, sconvolto.
“No! No, dannazione! Non può finire così!”

Fu a quel punto che la voce di Thor tuonò con potenza, attirando l’attenzione dei compagni.
“Miei amici, rimettete assieme i pezzi dei vostri animi. Non è finita, non ancora. Non rendiamo vano il sacrificio di Steve Rogers. Insieme possiamo vincere.”
Il dio del tuono rivolse a Steve uno sguardo di triste consapevolezza.
Insieme, giusto Capitano?”



                                           ***



Il corpo di Daskalos era divenuto di un bianco quasi accecante. Pareva un ammasso di energia luminosa tenuta insieme da un invisibile magnete. Ad essere distinguibili erano i soli occhi, rimasti rossi come il sangue.
L’oneiriana aveva in viso un’espressione imperscrutabile. Non sembrava minimamente scossa da quanto accaduto davanti ai suoi occhi, nonostante sapesse anche quale sarebbe stato il fine ultimo di quel nuovo corpo.
Ma il demone era davvero un illuso, se sperava di ucciderla implodendo. Il suo potere sarebbe stato sufficiente a proteggerla, anche se per il pianeta non ci sarebbe stata alcuna speranza.
Naturalmente della Terra non le importava, così come non aveva alcun interesse per i suoi deboli abitanti.

Hai permesso ad un umano di violarti.

La giovane creatura scosse il capo, scacciando via quel pensiero e con esso l’ennesimo nodo formatosi in gola.
Ma cosa diavolo le prendeva?
Doveva essere colpa della sua parte umana, forse non del tutto estinta come credeva.

Richiamò la spada ed Aima raggiunse il suo palmo in un battito di ciglia. Scattò in avanti e, mantenendo la lama in orizzontale, tagliò di netto il demone, all’altezza dei fianchi.
Le due metà del corpo, però, si risaldarono immediatamente. Daskalos infatti era divenuto pura energia e non c’era niente di materiale nel suo nuovo essere, perciò la spada non avrebbe potuto ferirlo davvero.
La giovane allora la piantò nell’asfalto, abbandonandola.

“Pensi ancora di essere invincibile?” la beffeggiò il mostro.

Come risposta, due immensi muri d’acqua si innalzarono ai lati del Brooklyn Bridge e si abbatterono su di esso. Alcuni cavi d’acciaio si spezzarono a causa dell’impatto e il ponte si inclinò sensibilmente verso sinistra. L’acqua defluì in quella direzione, tornando nel letto dell’East River.
Il Padrone era riverso a terra e, sotto di lui, l’asfalto era ricoperto da profonde crepe.
L’oneiriana sorrise a quella vista, ma il nemico non la fece attendere molto, poiché si rialzò poco dopo, pronto a ribattere a dovere.




                                                    ***



“JARVIS, ti ho già detto che ti adoro?”
“Diverse volte, signore.”
L’AI, come sempre, era stato provvidenziale. L’armatura era tornata a rivestire il corpo di Tony in pochi secondi, prima che lo tsunami si abbattesse sul ponte.
Ora, Iron Man era a metri e metri da terra e le sue braccia reggevano da una parte Bruce e dall’altra il corpo di Steve. Thor era al suo fianco e stava roteando il martello per mantenere quota. Clint era ancora sulle spalle del dio, mentre Natasha e Loki erano aggrappati ai suoi bicipiti.
“Non è molto sicuro rimanere vicino ai quei due” constatò la Vedova.

In realtà, il problema che tutti si stavano ponendo era un altro: dovevano intervenire ed aiutare Anthea - che Anthea non era più, a detta di Tony -, o rimanere in disparte?

Inconsapevolmente, Thor diede una risposta all’insidiosa domanda.
“Quelli di noi che ancora sono in grado di combattere dovranno cercare di limitare i danni che potrebbero mettere in pericolo i midgardiani.”

“Comincio con il dire al buon vecchio Nick di prepararsi al peggio. Farò sì che faccia evacuare quante più persone possibili da Brooklyn e dintorni” affermò Stark.

“Stark, hai informato Fury riguardo …”
“No, Romanoff.”
Non servì dire altro.

Tornarono con i piedi per terra, questa volta a debita distanza dal cuore dello scontro.
Thor prese con sé il Capitano e lo trasportò, assieme all’incosciente Barton, fino al jet, miracolosamente rimasto illeso, se non si contavano le piccole pozze d’acqua al suo interno.
Il dio percepì Clint muoversi sulle sue spalle, segno che stava rinvenendo. Si chinò per poggiare il corpo di Steve sul pavimento metallico del velivolo e poi fece scivolare Occhio di Falco giù per la schiena.

“Thor?” la voce era poco più di un sussurro, ma il dio fu comunque lieto di sentirla, perché significava che l’arciere stava bene.
Lo guidò verso una delle pareti del jet e Clint si mise seduto, appoggiato ad essa con la schiena.
Un rantolo di dolore abbandonò le labbra dell’arciere, nel momento in cui, istintivamente, provò a muovere le mani. Il ricordo di quel che era successo lo fece ringhiare frustrato.
“Dove sono gli altri?”
“Stanno bene. Solo …”
Thor lanciò uno sguardo fugace al giovane super soldato e Clint lo intercettò.

E non servirono altre parole. Non servì niente di niente.

Barton nascose il capo tra le ginocchia piegate e ricacciò indietro la voglia di urlare, mentre il respiro diventava pesante ed irregolare.

“Non è finita” furono le ultime parole che l’arciere sentì pronunciare dall’asgardiano, prima di essere lasciato solo.



                                                         ***



Il braccio dell’oneiriana trapassò il petto luminoso di Daskalos, che rise divertito.
“Ritenta.”
La giovane ritrasse indietro la mano e la puzza di carne bruciata - la sua carne - le riempì il naso. Ma la pelle dell’arto, in pochi istanti, tornò ad essere perfettamente liscia ed elastica, priva di qualsiasi segno.

Colpire direttamente un tale concentrato di energia non era stata una buona idea, ma, in fondo, il dolore fisico causato dall’ustione non aveva fatto altro che darle la sensazione di essere più viva che mai. Testare le proprie capacità e spingersi al limite di quelle che erano le proprie possibilità era come droga per lei e non poteva farne a meno.
Se stava ancora combattendo contro il Padrone, era solo per dimostrare la sua indiscussa superiorità a quel mostro suicida, il quale, pur di non ammettere di aver perso, era disposto a farsi saltare in aria.

“Rendiamo l’atmosfera più elettrizzante, ti va?”
La creatura dagli occhi cremisi puntò l’indice ed il medio della mano destra verso il cielo e, con uno scatto, calò poi il braccio verso il basso.
Al movimento seguì la discesa impetuosa di un fulmine, che colpì in pieno Daskalos, facendolo urlare.

                                                            *

JARVIS aveva appena effettuato un’analisi accurata e completa dell’ammasso di energia che costituiva il corpo del mostro.
C’era ancora della materia nel demone, seppur a livello microscopico, ed era proprio essa ad impedire l’imminente implosione, che si sarebbe attuata solo quando ogni singola particella corpuscolare si fosse autodisintegrata.

Era solo questione di tempo, poi sarebbe rimasta solo polvere.
Tony si diresse a massima velocità verso i due alieni. Doveva fermare Anthea - o chiunque fosse -, prima che cancellasse ogni traccia di materia ancora presente in Daskalos.
I fulmini avrebbero solo velocizzato il conto alla rovescia e i Vendicatori avevano più che mai bisogno di tempo per escogitare qualcosa.
Era terribilmente doloroso andare avanti, facendo quasi finta che Rogers non fosse morto. Non sentire la voce di Capitan America risuonare nell’elmetto dell’armatura faceva uno strano effetto, creava un vuoto incolmabile nel cervello e nel cuore.
Ma Tony doveva continuare a lottare, anche per Steve.

Travolse letteralmente la ragazza - di cui si era ingenuamente fidato -, prendendola alle spalle e sbattendola a terra.
Come previsto, la vide rimettersi in piedi troppo velocemente, perciò si preparò a subire le conseguenze della propria avventatezza.
Era ancora ginocchioni quando lei lo raggiunse, armata di uno sguardo assassino. Stark lasciò emergere il suo scarso spirito di conservazione ed alzò le mani, mentre riacquistava la posizione eretta.
“Ho dovuto. Avresti indotto l’implosione del corpo del mostro in quel modo.”

L’oneiriana lanciò un fugace sguardo a Daskalos, in posizione fetale ed agonizzante, poi tornò a rivolgere l’attenzione all’uomo nell’armatura.
“Succederà comunque” asserì, sorridendo.

Tony scoppiò a ridere, preso da uno dei suoi personali attacchi di isteria.
“Credevo che stare a stretto contatto con Rogers ti avesse fatto disimparare il significato della parola arrendersi, ma a quanto pare mi sbagliavo. Aspetta, ti ricordi di Rogers, vero? Alto, fisico prestante, biondo, occhi azzurri. Oh, per capirci meglio, è quello che ha passato l’inferno per te e che è morto per te, credendo in te. Ricordi? - le parole erano intrise di amarezza - Sembrava ci tenessi tanto, oppure era tutta una schifosa farsa? Ma la cosa che mi fa davvero incazzare è che tu abbia approfittato della sua ingenua bontà, trattandolo alla stregua di uno straccio usa e getta. Non meritava di morire così, non lo meritava, hai capito? Sai, credo di odiarti. E non mi importa un fico secco se adesso io possa sembrarti una donnetta isterica nel pieno del suo ciclo mestruale. Non me ne starò zitto e buono solo perché mi metti i brividi. Perché? Perché ci hai tradititi? Perché-”

“Smettila! Sta’ zitto!”

Gli occhi di lei avevano assunto un luccichio sinistro e il viso si era contorto in un’espressione disgustata. Con due ampie falcate coprì la distanza che la separava da Iron Man, il quale alzò di scatto la mano sinistra per colpirla con un fascio di energia.
Ma la giovane fu nettamente più veloce, perché afferrò il polso di quella stessa mano e con uno strattone strappò l’intero braccio metallico.

“Merda!”

Stark si fece indietro, ma fu ancora una volta troppo lento.
Osservò impotente la mano dell’oneiriana affondare nel pettorale sinistro dell’armatura, a pochissimi centimetri dal reattore ARC, percepì le sue dita premere contro il tessuto della maglia nera ed infine raggiungere la nuda pelle.
Bruciavano quelle dita, bruciavano dannatamente, e per di più pareva volessero aprirsi un varco nella carne.
Avrebbe potuto scansarsi, ma il corpo non rispondeva più ai suoi comandi. Strinse i denti, mentre inspirava ed espirava dal naso con crescente affanno.

“Potrei raggiungere il tuo cuore e strappartelo via dal petto, per un tale affronto.”

Tony si fece coraggio e spinse lo sguardo in quegli occhi cremisi. Vi scorse qualcosa di inaspettato all’interno e sorrise, scuotendo lievemente il capo nascosto sotto l’elmo.

“Ma non lo farai, non è forse così?”

L’esitazione della giovane e il guizzo delle sue sopracciglia verso l’alto incoraggiarono il miliardario a spingersi oltre il limite consentito da quella linea che indicava la probabile sopravvivenza.

“No, tu non lo farai. Il motivo è semplice ed ha un nome proprio. Anthea. Lei è lì dentro da qualche parte, ne sono certo.”

La reazione seguente fu quasi prevedibile, perché venne spinto via con violenza, ma il cuore rimase al proprio posto.

“Illuso” sputò fuori la ragazza, dandogli le spalle.
“Torno a concludere ciò che avevo iniziato, prima che tu mi interrompessi. Ritieniti fortunato. Sono di buon umore.”
Fece per andarsene, ma Stark parlò di nuovo, trattenendola.
“Farò finta di credere alla scusa del buon umore, ma adesso devi starmi a sentire. Abbiamo bisogno di tempo per escogitare qualcosa che salvi il pianeta, quindi ti chiedo solo di evitare di friggere quel mostro prima del tempo.”
La sentì ridere.

“Per favore.”

“Umani. La stupidità deve appartenere al vostro patrimonio genetico.”

L’oneiriana lo abbandonò lì, dirigendosi a passo di marcia verso il demone.



                                                    ***




“Li ho messi al sicuro.”
Thor aveva appena raggiunto i compagni, dopo aver lasciato Steve e Clint al jet.
Poco dopo, anche Stark tornò da loro.

“Ci aiuterà?”
Natasha incrociò le braccia sotto i seni, alzando un sopracciglio con fare scettico.
“Forse.”
“Dal mancato braccio dell’armatura e lo squarciò nel petto, direi che quel forse è più un no” constatò Banner.
“Bene. Diamoci da fare, allora.”

Si guardarono, impacciati. Stavano istintivamente aspettando di sentire la sua voce.

“Non posso credere di essere stato sconfitto da un branco di idioti sentimentalisti. Se davvero tenevate a lui, dovreste smetterla di piangervi addosso e cominciare a muovervi, sul serio.”

Le parole di Loki furono una doccia fredda, ma non per gli aggettivi poco carini che aveva rivolto loro.
Esse avevano appena reso più vivido un incubo dal quale ognuno dei Vendicatori cercava di estraniarsi. Era difficile da accettare, ma avrebbero dovuto farlo e presto anche.
 


Essere eroi significava anche questo: mettere da parte sé stessi, la propria vita ed i propri sentimenti, per poter assolvere al compito conferito da qualcuno che sicuramente stava al di sopra di loro e che fosse il Governo Mondiale o Dio stesso non aveva importanza.
Proteggere era l’unica cosa che contava, nel momento in cui si scendeva sul campo di battaglia. Ma proteggere gli altri cozzava fastidiosamente con il proteggere sé stessi.
Si poteva scegliere una sola delle due alternative e gli Avengers, anche se per motivi differenti e discordanti a volte, avevano scelto la prima opzione.
Tornare indietro? Difficile, se non impossibile.
Ecco quindi come l’eroe diveniva martire: si sacrificava per un bene superiore, un bene associato all’umanità e che si traduceva in male a livello puramente individuale.
L’eroe pativa non solo dolore fisico, ma soffriva psicologicamente ed intimamente ogni giorno, torturato dagli incubi di battaglie sanguinose e violente. E poi c’era quella pressione insopportabilmente soffocante e distruttiva sul piano psichico, quella responsabilità troppo grande per un singolo uomo, una responsabilità che, a lungo andare, portava alla solitudine e ad una impenetrabile chiusura a riccio, perché gli eroi non potevano commettere errori, non potevano fidarsi di tutti - solo di pochi - e non potevano avere una vita normale, un’esistenza tranquilla e sana.
Dovevano essere sempre vigili, pronti a buttarsi anche tra le fiamme dell’inferno. Dovevano evitare legami, i quali si sarebbero trasformati, prima o poi, in punti dove poterli colpire e distruggere.
L’unica che sempre sarebbe rimasta al loro fianco era la Signora in Nero. Potevano sentirne il respiro sul collo e le fredde dita attorno alla gola. Era lì, costantemente.
L’eroe doveva possedere una vena di follia o sarebbe crollato all’istante, di fronte alla prospettiva di una vita all’insegna del sacrificio e in cui ogni momento poteva essere l’ultimo.
Doveva avere nell’anima un lato oscuro, perché la luce non bastava a tenere salda la mente. Senza una parvenza di intima oscurità, non si potevano combattere le ombre esterne. Diversamente da quel che pensavano quei tristi idealisti, l’oscurità avvolgeva il mondo e soffocava, istante dopo istante, la luce.
La lotta struggente tra luce ed ombra, combattuta nell’intimità dell’anima, marchiava a fuoco la personalità dell’eroe e lo spingeva tra le braccia della Follia, la quale offuscava la mente e con essa il dolore.
In fondo, per salvare una cosa, bisognava distruggere qualcos’altro.
Preservare e distruggere erano due facce della stessa medaglia.
Essere un eroe è davvero così facile, allora?
Eppure nessuno poteva capirli davvero, gli eroi, se non loro stessi.

E gli Avengers capivano fin troppo bene.
Se Steve sorrideva anche quando era ricoperto di sangue, lo faceva per rammentare che tutto sarebbe andato per il verso giusto, bastava solo rimanere uniti.
Se Natasha a volte era dura con i compagni, era perché loro ne avevano bisogno.
Se Tony mandava la serietà a farsi fottere nelle situazioni peggiori, era per tenere tutti lontano dall’impazzire.
Se Clint dubitava di ogni piccola cosa, era per la loro sicurezza.
Se Thor perdonava troppo facilmente, era perché sapeva quanto fosse facile commettere errori e prendere la via sbagliata.
Se Bruce si sentiva bene doveva ringraziare il fatto di vivere con persone che capivano cosa significasse essere diversi ed il dolore che ciò comportava.
Se Hulk non torceva un capello ai membri della squadra, il motivo era semplice: il gigante verde sentiva finalmente di essere stato accettato, dopo anni passati a subire crude rinnegazioni.
Così erano andati avanti, sostenendosi l’un l’altro, condividendo la sofferenza ed il fardello di essere stati eletti al ruolo di guardiani dell’umanità.
Erano una catena formata da anelli opachi e solidi, incastrati tra loro dalle mani del Destino.
E adesso la catena si era spezzata.
Risaldarla sarebbe stato difficile e avrebbe richiesto tempo.
Ma, adesso, di tempo non ne avevano.

“Okay, l’idea è questa. Potremmo creare uno spazio privo di pressione, così da impedire l’implosione. La pressione esterna, infatti, non deve superare quella interna al corpo ormai quasi vuoto del mostro ed io ho degli strumenti che permettono questa magia, ma ci serve un recipiente prima di tutto. Suggerimenti?”
“La cella anti-Hulk sull’Helicarrier, Stark, possiamo utilizzare quella.”
“Ottimo, Banner.”
Thor alzò la mano.
“Amici, credo di non comprendere i vostri discorsi.”
“Lascia stare, Point Break, tu pensa a tener d’occhio la ragazzina paranormale. Evita che colpisca troppo forte Daskalos, intesi?”
Il dio annuì grevemente.
“E, piccolo cervo, tu vai con tuo fratello. Quello che sto per dire suonerà incredibile, ma mi fido di più del tuo cervello che dei suoi muscoli, vista la situazione fin troppo delicata.”

Il sorrisetto compiaciuto che nacque spontaneo sul viso di Loki colpì fortemente Thor.
Vedere il fratellino così a suo agio, quasi rilassato - avrebbe azzardato anche felice, se non si fossero trovati nel mezzo dell’Apocalisse - lo riempiva della speranza di riavere indietro il loro rapporto fatto di reciproca stima ed affetto.
Doveva ringraziare i suoi straordinari compagni per questo, poiché loro avevano permesso a Loki di riscattarsi, in un certo senso, lasciandogli la libertà di scegliere.
E Loki aveva scelto gli Avengers, quando avrebbe potuto schierarsi dalla parte del demone e avere più possibilità di sopravvivere.

“Ricapitolando. Io farò un salto alla Tower a prendere il pressurizzatore e nel mentre dirò a Fury di portare l’Helicarrier sopra il Brooklyn Bridge. Thor e Loki terranno a bada i due alieni fuori di testa. Banner, non fare niente finché non sarò tornato e Nat, tieni d’occhio questi idioti e aggiornami su eventuali sviluppi.”
Stark fece scattare verso l’alto la maschera dorata, così da poter guardare la squadra a viso scoperto.
“Per Rogers.”

E tutti annuirono, all’unisono.

“Quando tornerò, giuro che saranno guai per chi troverò morto, perciò impegnatevi a restare vivi.”

Ci fu qualche sorrisetto forzato, ma rassicurante.
Potevano farcela.

“Muoviamoci” incitò Iron Man, prima di partire come un razzo verso il cielo, nonostante sapesse che il volo sarebbe stato più complicato del previsto senza il propulsore della mano sinistra, strappatogli dall’oneiriana.

Ma non avrebbe tardato.



                                   ***



“Sto impazzendo.”

Clint non riusciva a credere ai suoi occhi, nonostante di cose strane ne avesse viste.
Era entrata dal portellone del velivolo, camminando con una grazia ed una leggerezza paragonabili solo al volo di una farfalla.
Quella che stava osservando camminare nella sua direzione era una donna. Una donna inumanamente bellissima, coperta da un leggero velo bianco che poco lasciava all’immaginazione. I capelli argentei, simili a fili di seta, arrivavano a carezzarle le fini caviglie. La candidità di quel volto delicato metteva in risalto il colore sanguigno degli occhi grandi ed intensi.
Se la donna era la signora Morte, allora passare a miglior vita non sarebbe stato poi tanto male.
Clint, però, era ancora troppo lucido per lasciarsi andare a simili fantasie, perciò si preparò al peggio, consapevole che difendersi sarebbe stata un’impresa ardua ora come ora. Senza contare il fatto che ignorava chi avesse davvero di fronte, anche se aveva da poco imparato a diffidare degli esseri dagli occhi rossi. 

“Sei qui per uccidermi?”

Domanda davvero stupida, Barton. Alcune volte faresti meglio a tenere la bocca chiusa, dannazione.

Osservò la creatura accovacciarsi davanti al suo naso e, per qualche strano ed indefinibile motivo, non si preoccupò di quella vicinanza.
“Vorresti morire?”
Quella era la voce più soave che le sue orecchie avessero mai sentito.
“Alcune volte lo vorrei, ma non oggi, grazie. Darei di tutto per poter tornare lì fuori e combattere ancora.”
Non capiva perché stesse confessando sentimenti tanto personali ad un’entità estranea sotto ogni punto di vista. Eppure, sapeva che era la cosa giusta da fare.
“E sia” fu la semplice risposta della donna, la quale avvolse con le piccole mani i polsi rotti dell’arciere.

Clint percepì un intenso calore propagarsi lungo le braccia, poi il dolore fu talmente forte da oscurargli la vista per lunghi ed interminabili secondi.
Quando si riprese abbastanza da distinguere i colori e le figure tutt’intorno, si rese conto di riuscire a muovere di nuovo i polsi.
Rimase con la bocca leggermente aperta e lo sguardo piantato sulle mani, che si muovevano compiendo piccole circonduzioni.

“Grazie.”

Al diavolo come avesse fatto a guarirlo completamente. La sola cosa importante era che avrebbe potuto tornare a combattere.

Ma prima …

“Non è che per caso sai anche resuscitare i morti?”
L’arciere posò lo sguardo sul corpo del Capitano e lo stomaco si contorse immediatamente, mentre gli occhi tornarono a pizzicargli.

Santo cielo, Barton, ti sei rammollito.

Ignorò la sterile battuta della sua coscienza, tornando a concentrarsi sulla creatura, la quale aveva riacquistato la posizione eretta.

“Veramente, io sono qui proprio per lui.”

Clint scattò in piedi, nonostante il dolore provato poco prima rischiò di farlo capitolare a terra, e afferrò per le spalle la donna, guidato da un impeto troppo intenso di emozioni travolgenti.
La creatura non si mosse e sorrise lievemente di fronte a una reazione tanto umana ed istintiva.

“Spiegati meglio, ti prego.”

Lei annuì.

“Non posso riportare in vita i morti.”
“Cosa vuoi fargli, allora?”
“Lui non è ancora morto.”
Clint scosse il capo, sentendo le sue speranze vanificarsi.
“Mi dispiace contraddirti, ma il cuore ha smesso di battere. È finita.”

La donna si scostò, scivolando via dalla presa dell’arciere ed avvicinandosi al corpo del giovane soldato. Si inginocchiò al suo fianco e con una mano andò a scostargli ciuffi di capelli biondi dalla fronte con estrema dolcezza.
Quel ragazzo risvegliava in lei il ricordo di Azael. L’aveva guardato lottare, cadere e rialzarsi innumerevoli volte, da quando Anthea era entrata in contatto con lui.


Chi era Aima, veramente?
Aima era stata l’amante del re di Oneiro e sarebbe divenuta regina, se il destino non avesse deciso di recidere la sua vita troppo presto.
Il corpo era morto a causa di una malattia incurabile, ma Azael non aveva voluto rinunciare a lei, perciò aveva chiesto ai Nani di porre l’anima dell’amata nella spada che avrebbero forgiato per lui.
In quel modo sarebbero rimasti comunque insieme, fianco a fianco.
Daskalos, però, aveva rovinato tutto, perché essendo a conoscenza della verità rinchiusa nel pregiato metallo della spada, non aveva esitato a rubarla per far soffrire Azael, dopo che il re aveva rifiutato di sottomettersi al suo volere.
Poi, quel demone schifoso, l’aveva forzatamente legata a sé.


Steve Rogers era così simile ad Azael. Entrambi sprezzanti della morte ed estranei a subdoli compromessi, pronti a tutto - anche a sacrificare sé stessi -, pur di fare la cosa giusta.
Aveva percepito sulla sua stessa pelle la morte del suo re ed aveva desiderato morire anche lei. L’unica cosa che l’aveva tenuta lontano dall’impazzire era stata Anthea, nella cui essenza poteva ancora sentire la presenza dell’amato, perché l’anima di Azael era rinchiusa in quel corpicino esile, partorito da quella donna di cui aveva desiderato prendere il posto.

E se non aveva potuto fare niente per salvare Azael, avrebbe fatto di tutto per evitare che Steve Rogers scomparisse per sempre.

“Il concetto di morte per voi umani è limitato. Si muore veramente solo quando l’anima si separa in modo definitivo dal corpo e il tempo affinché ciò avvenga dipende dalla volontà stessa del morente. Lui sta lottando per riemergere dall’oblio in cui Daskalos l’ha spinto e la sua anima non intende lasciare il proprio corpo, anche se, presto o tardi, sarà costretta a farlo.”
“Temo di non capire” sussurrò Clint, osservando la donna carezzare il volto del compagno caduto.
“Non te ne preoccupare. Ciò che ti serve sapere è che io sono in grado di aiutare l’anima del ragazzo a ricongiursi al corpo, prima che se ne separi per sempre. Ma ci sono dei rischi.”
“Quali?”
Era tutto così surreale.
“Durante il processo, il giovane patirà un dolore umanamente non sopportabile ed arriverà a desiderare la morte. Se non dovesse resistere fino alla fine, l’anima brucerà e di Steve Rogers non rimarrà nemmeno il ricordo. Allora, sei pronto ad affrontare questo rischio, Clint Barton?”

L’arciere boccheggiò con sguardo smarrito.
Poteva lui prendere una decisione tanto importante? Poteva decidere per Steve, rischiando di perderlo davvero per sempre?
I Vendicatori non avrebbero nemmeno potuto piangere la sua morte, se l’anima fosse bruciata.
Sarebbe stato come se Rogers non fosse mai esistito e ciò non poteva accettarlo.

“Il tempo scorre, Vendicatore. L’anima del ragazzo non potrà resistere ancora a lungo e devi sapere che solo lui sarà in grado di fermare Anthea. L’essere dagli occhi cremisi che ha preso possesso del corpo della giovane è costituito da istinti oscuri e bestiali, privi di ogni controllo morale e assetati di sangue. Ucciderà tutti coloro che abitano questo pianeta, per poi raggiungere altre popolazioni nell’universo. Non si fermerà, fino a quando non avrà estinto la vita nella sua interezza.”

Azael aveva scelto di donare il proprio seme alla razza umana, perché convinto che i sentimenti e l’innata morale dei midgardiani fossero catene sufficientemente robuste da imprigionare il mostro nascosto nell’inconscio che lui aveva liberato, perché aveva osato spingersi oltre ogni limite, durante quel viaggio che ogni oneiriano compiva nella propria psiche.
Alla sua creaturina, non solo aveva lasciato un tale oscuro fardello, ma anche un compito che, al momento giusto, si sarebbe a lei palesato.

“Avanti. Scegli.”
“Riportalo indietro.”

Due parole che avrebbero cambiato il corso degli eventi, indistintamente da come sarebbe andata a finire.
O avrebbero riavuto Steve, o l’avrebbero perso per sempre, assieme al suo ricordo.
Barton non si sentiva degno di prendere una tale decisione, ma l’infame corso degli eventi aveva voluto che fosse proprio lui a farsi carico di una tale responsabilità.
Se Clint aveva deciso di rischiare, però, c’era una sola ed unica motivazione, una motivazione che non aveva niente a che fare con mostri, stragi o versamenti di sangue.

Clint Barton aveva scelto di rischiare perché si fidava completamente, intimamente e ciecamente di Steve Rogers e Steve Rogers sarebbe tornato da loro.

“Così sia, giovane umano.”



                                                         ***



La terra stava tremando.
Daskalos non era più convito di poter fermare quella Furia in qualche modo. Forse nemmeno ridurre quel misero pianeta in polvere sarebbe servito, ma ormai non poteva tornare indietro.
La Furia rideva, rideva forte e sguaiatamente, perché si sentiva onnipotente.
Poteva controllare ogni cosa e dare sfogo ad un potere rimasto assopito per troppo tempo.

La terra tremava ancora e i due asgardiani non sapevano cosa doversi aspettare. Erano a più o meno dieci metri dai due alieni, pronti ad intervenire se ce ne fosse stato bisogno, cosa altamente probabile.
Ed infatti si ritrovarono a trattenere in respiro, di fronte all’impetuoso materializzarsi di un’immensa colonna di magma proveniente dalle viscere della terra. Essa aveva perforato il ponte, a pochi passi dall’impassibile oneiriana, e possedeva le sembianze di un gigantesco zampillo incandescente i cui spruzzi scioglievano qualunque cosa toccassero.
Il ponte sarebbe crollato in poco tempo e tutti coloro che si trovavano lì sopra sarebbero caduti nella pozza di magma sottostante.
Se Daskalos cadeva nel fluido incandescente, addio materia che impediva l’implosione.

“Coprimi le spalle.”
“Loki, cosa-”
“Non c’è tempo. Fallo e basta.”

La pelle di Loki mutò improvvisamente, assumendo sfumature bluastre sempre più intese, mentre gli occhi diventavano di un rosso brillante.
Lo Jotun lasciò che la sua vera natura emergesse in tutta la sua maestosità e percepì scorrere nelle vene un potere tanto nuovo quanto familiare.
Il gigante di ghiaccio scattò verso la colonna di magma e non poté fare a meno di pensare che in quella forma si sentiva più forte.
Con la coda dell’occhio, osservò Thor scagliarsi contro la piccola Furia. Da quel momento sapeva di avere poco tempo, prima di veder crollare il ponte e il fratello.
Arrivò ai piedi dell’incandescente zampillo e pose le mani a terra, poco lontano dall’inizio del fusto di magma. I palmi gli bruciavano, ma ignorò il dolore e si concentrò, iniziando a dare vita ad un letto di ghiaccio che presto risalì lungo la colonna bollente.
La temperatura delle lastre ghiacciate sfiorava lo zero assoluto - non che Loki sapesse qualcosa sulla scala delle Temperature Assolute, ma non era tanto stupido da pensare che del semplice ghiaccio potesse fermare il magma.

Daskalos, intanto, sembrava non volersi muovere. Da causa della battaglia che si stava combattendo, era divenuto adesso semplice spettatore.
Aveva deciso semplicemente di attendere la fine, stufo di lottare per la realizzazione di un sogno ormai andato in frantumi.

Il fragore di tuoni infranse l’aria e la terra tremò ancora.
Il ghiaccio si arrampicò sulla colonna e, allo stesso tempo, scese verso il punto da cui essa era fuoriuscita, solidificando anche il magma sparso nell’East River.
Finita l’opera, Loki osservò compiaciuto la grottesca torre rossastra che si innalzava imperiosa verso il cielo.

Sfortunatamente, il momento di gloria durò poco, perché la Furia non prese molto bene il fatto di essere stata interrotta, di nuovo.
Thor fu travolto dalla rabbia dell’oneiriana, la quale fece ricorso all’arma più pericolosa che possedesse, la mente.
Nessuno poteva sfuggire al suo volere, nessuno poteva opporsi a quella forza invisibile che si insinuava silenziosamente sotto la pelle della vittima, trasformandola in una bambola indifesa.

Il dio del tuono percepì i muscoli bloccarsi improvvisamente, mentre il respiro si faceva pesante ed affannoso.
La Furia si avvicinò a lui con passo spedito ed in volto aveva un sorriso storto, sadico.
Provò e riprovò a rompere quel sortilegio, ma il corpo non rispondeva ai suoi comandi. Le gambe vennero costrette a piegarsi in avanti, così Thor si ritrovò in ginocchio, con lo sguardo rivolto ai piedi della creatura dagli occhi cremisi.

“Sono stufa di avervi intorno. E tu, credevi davvero di potermi sorprendere così facilmente?”

La seconda domanda l’aveva rivolta a Loki, che si trovava dietro di lei ed aveva stretto in mano uno spuntone di ghiaccio. Anche lo Jotun aveva perso la capacità di controllare il proprio corpo e ringhiò sommessamente nell’osservare l’acuminata punta di ghiaccio immobile a pochi centimetri dalla schiena della ragazzina. Per quanto ci stesse provando, non riusciva comunque a completare l’affondo.

Il controllo psichico della piccola Furia era indistruttibile.

“Tu sarai il primo.”
Sorrise serafica, notando il volto del dio biondo perdere colore.
Un istante dopo, Thor stava soffocando, strangolato da mani invisibili.

“Fermati subito!”
“Non temere, sarai il prossimo.”

La disperazione attanagliò lo stomaco di Loki, mentre osservava impotente la fine di Thor.


Thor le sorrise. Un sorriso sincero, che sapeva di sicurezza.
“Concentrati sul presente, prima che diventi passato, o ti volterai indietro esternando rimpianto. Lascia scivolare via questi tuoi pensieri ostici e vivi.”
Anthea sbatté ripetutamente le palpebre, confusa, ma subito dopo lasciò che quelle parole le sgombrassero la mente e in un impeto di gioia abbracciò Thor, sussurrandogli un “Grazie” carico di luminosi sentimenti.



“Non posso” fu il lieve sussurro che lasciò le labbra dell’oneiriana, scossa da un ricordo che pareva distante anni luce.
Thor sentì l’aria invadergli i polmoni con violenza e tossì ripetutamente.
“Non può essere. Lei doveva annullarsi.”
C’era panico in quegli occhi cremisi, ora leggermente vacui.
Possibile che la parte umana fosse sopravvissuta al trauma? Possibile che stesse lottando per riemergere?
La Furia gridò forte, generando un’onda d’urto dal proprio corpo.

I due asgardiani vennero spazzati via.
Bruce e Natasha, nonostante si trovassero parecchio distanti, dovettero afferrare il corrimano del ponte per rimanere con i piedi per terra.

Infine, l’oneiriana rimase immobile, con lo sguardo perso, impegnata a reprimere quella malattia che era l’umanità.



                                           ***



“Preferivo il terremoto a questo silenzio.”
Clint non aveva idea di cosa stesse accadendo al di fuori del jet. Non aveva trovato la forza di lasciare Rogers da solo con la donna.
Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio.
La bellissima creatura era ancora in ginocchio, al fianco del Capitano, e stava premendo con forza le mani sul suo petto nudo e freddo.
Barton era quasi sicuro di aver visto la pelle di Steve riacquistare un po’ di colore.
Improvvisamente la donna si voltò a guardarlo.
“Prima che vada avanti, ho bisogno di qualcosa per tenerlo fermo. Se le mie mani si staccassero dalla sua pelle, il processo si interromperebbe e dovrei ricominciare, rischiando di indebolire la sua anima ulteriormente.”

L’arciere evitò di sputare fuori il fatto che i morti non potevano muoversi, limitandosi ad annuire.
“Non sarà facile. È molto forte.”
Clint si guardò intorno e infine il suo sguardo cadde su un paio di manette abbandonate a terra. Le riconobbe: erano quelle che avevano usato per Wade e ricordò che Stark, prima che partissero quella stessa mattina, gli aveva assicurato che erano a prova di super soldato e che quindi il prigioniero non avrebbe potuto liberarsi in alcun modo. I due anelli erano estremamente robusti e direttamente collegati tra loro tramite un pezzo rettangolare doppio almeno dieci centimetri e con sopra un pulsante verde.

“Hanno anche un sistema magnetico e per attivarlo basta che premi questo pulsante. Sono un genio, Legolas.”

Le raccolse da terra e andò a chiuderle intorno ai polsi di Rogers. Schiacciò il pulsante e le manette si ancorarono letteralmente al pavimento metallico del velivolo, sopra la testa del biondo.
Provò più volte a tirarle su, ma dovette rinunciarci presto, dato che non riusciva a smuoverle nemmeno di un millimetro.
La donna si sedette a cavalcioni sul bacino del giovane, mantenendo le mani attaccate al suo petto.
Barton, intanto, aveva preso una delle sue frecce-cavo dalla faretra ancora sulla schiena e l’aveva usata per legare le gambe del soldato, all’altezza delle ginocchia. Andò a raccattare l’arco che Thor aveva gentilmente gettato in un angolo quando l’aveva portato lì, incoccò la freccia-cavo e la fece piantare nella parete alle spalle della creatura, parallelamente ai piedi di Rogers.
Il cavo - abbastanza resistente secondo le sue previsioni, dato che sosteneva il suo peso quando si lanciava da grattacieli in procinto di crollare - si tese abbastanza da impedire al Capitano movimenti troppo ampi e bruschi con le gambe ed il bacino.
Per precauzione, l’arciere si posizionò dietro la donna, seduto sulle gambe del biondo.

“Possiamo cominciare.”

Quando la creatura prese a sussurrare parole incomprensibili, Clint percepì i quadricipiti del super soldato tendersi di colpo.
“Cristo, non posso crederci.”
Sentì chiaramente Steve gemere sommessamente, ma presto quei gemiti si trasformarono in grida spaventosamente atroci, accompagnate da scosse sempre più violente di un corpo in cui il sangue stava riprendendo a scorrere.

“Andiamo, Steve, puoi farcela. Abbiamo bisogno di te, mi hai capito? Non mollarci adesso, ragazzino.”

Gli occhi di Rogers si spalancarono ed erano dannatamente vitrei. Il suo corpo si stava contorcendo all’inverosimile e lottava contro le restrizioni dei polsi e delle gambe, desideroso di sottrarsi a quella tortura.
La donna continuò il rito, imperterrita, ignorando l’inarcarsi disperato del bacino del ragazzo.

E il tempo scorreva. E Steve non era ancora tornato.



                                        ***



Qualcosa lo stava strappando via dal grigio limbo in cui si era ritrovato.
Metà del corpo era affondato in una pozza oscura, nata improvvisamente sotto i suoi piedi e decisa a trascinarlo nel fondo di chissà cosa.
Non sentiva freddo o caldo, non sentiva né sofferenza né piacere, era insensibile ed apatico.
La consapevolezza di essere morto era quindi diventata quasi totale, ma poi quel qualcosa aveva sfumato tale cognizione e lo stava tirando verso una sorgente luminosa che non aveva minimamente notato.
O forse quella luce non c’era mai stata, prima.
Come la potenza di un uragano, le sensazioni lo investirono e subito dopo si accorse di percepire di nuovo il proprio corpo.

Forse non è finita.

Si pentì di aver formulato un tale pensiero, quando arrivò il Dolore.
Mai, fino a quel momento, aveva provato qualcosa di anche lontanamente simile.
Immagini sfocate e prive di connotazione spaziale e temporale si alternarono davanti ai suoi occhi, mentre il corpo sembrava andare in fiamme.
Si accorse con orrore di essere bloccato. Non poteva muoversi.
Le grida vennero fuori spontanee e lacrime involontarie gli rigarono le guance.

Gli parve di vedere il volto di una donna dagli occhi vermigli e di sentire una voce lontana pronunciare il suo nome, ma pensare o riflettere non era possibile.

Faceva male. Troppo male.
Qualcuno doveva avergli conficcato tanti aghi nel petto, fino a raggiungere il cuore.
Faceva male. Troppo male.
Stava bruciando, dentro e fuori. Poteva sentire il sangue scorrere nelle arterie e nelle vene.

Faceva male. Voleva che la smettessero di fargli tanto male.

E la mente urlava BastaBastaBasta.
E il corpo urlava BastaBastaBasta.
E la voce gridava BastaBastaBasta.


“Andiamo, Steve, puoi farcela. Abbiamo bisogno di te, mi hai capito? Non mollarci adesso, ragazzino.”


Clint! Ragazzi! Aiutatemi, ve ne prego!
BastaBastaBasta!



Ma il cuore sussurrava Combatti.



                                     ***



“Si sta arrendendo! Lo perderò!”

La donna sembrava essere nel panico, mentre pigiava con intensità i palmi nel punto in cui era percepibile un lieve battito.
Steve aveva smesso di gridare e gli occhi erano tornati a nascondersi sotto le palpebre.
Si contorceva ancora, ma debolmente.

Barton scattò in piedi e si accovacciò vicino le spalle del giovane Capitano. Prese quel volto pallido tra le mani e lo sollevò un poco da terra.

“Dannazione, Rogers, torna indietro. Vecchio Idiota Testardo vedi di tornare tra i vivi o prenderò seri provvedimenti!”

Niente.

“Capitano!”

“Rogers!”

“Steve.”



“Farò finta di non aver sentito il Vecchio Idiota Testardo, Barton.”

Clint rimase per un attimo a bocca aperta, con gli occhi fissi in quelli cerulei di uno Steve Rogers pallido ed appena resuscitato.

“Sei in ritardo, Idiota.”
“Scusa. Mi ero perso.”

La voce del biondo era rauca e debole.
L’arciere decise di non entrare nell’argomento morte e resurrezione.
Forse ci avrebbero riso su, un giorno, se mai fossero sopravvissuti.

“Pronto a ricominciare, Rogers?”
“Volevi farti un pisolino?”

Barton sorrise e si rialzò in piedi, notando solo allora che la misteriosa donna era scomparsa.

“Clint.”
“Sì?”
“Potresti gentilmente liberarmi?”



                                                 ***



“Stark, mi ricevi? Quel mostro sta brillando in modo preoccupante.”

“Sto tornando, Romanoff. Scusa, ma ho avuto bisogno di cambiare l’armatura.”

“Fortunatamente i due mostri si sono presi una pausa. Forse il pianeta non esploderà in questo stesso momento, ma tu cerca di sbrigarti. Sai, la prevedibilità è andata a farsi fottere da un bel po’, ormai.”


Non molto tempo dopo, Natasha e Bruce avvistarono Iron Man volare velocissimo nella loro direzione. L’armatura atterrò davanti ai loro occhi, lucente ed illesa.
“Papà Fury in arrivo.”

Perfettamente udibile era il fragore degli enormi motori dell’Helicarrier, un puntino sopra le loro teste.

Tony si mise in contatto con Fury.
“Nick, sgancia il carico.”
La voce imperiosa del direttore non si fece attendere nemmeno per un secondo.
“Sei forse impazzito, Stark? Se la cella si schiantasse al suolo da questa altezza, andrebbe in pezzi.”
“Non agitarti. Abbiamo un buon ricevitore che prenderà al volo il contenitore. Sgancia.”
Tony immaginò Nick Fury lanciare maledizioni a destra e manca e sbuffare frustrato.
“Dieci secondi al lancio, Stark. E mettimi in contatto con il Capitano Rogers.”

Stark interruppe la comunicazione.

“Banner, arriva il carico. Sveglia il ragazzone.”

Non servì dire altro che Hulk era già lì, con i muscoli pulsanti e tesi. Il gigante si proiettò nel cielo con un salto, andando in contro alla cella di vetro in caduta libera. Una volta raggiunto il carico, pose le grandi mani sotto di esso.
Poi la gravità fece il resto, riportandolo con i piedi sul ponte. Nel punto di atterraggio si creò un piccolo cratere.
Hulk teneva la cella sollevata sopra la testa come se niente fosse e riuscì anche a poggiarla a terra delicatamente - per i suoi standard, si intende.

Iron Man applicò sulla superficie vitrea del contenitore lo speciale pressurizzatore.
“Pronto. Bisogna solo prendere il demone e sbatterlo qui dentro. Volontari?”
Natasha scosse il capo, in segno di pura rassegnazione.
“Muovi il culo, Stark. Più saremo e più possibilità avremo. Dovresti prendere esempio dal ragazzone verde.”
La donna indicò un punto molto più avanti, rispetto alla loro effettiva posizione.

Hulk si era già messo all’opera.



                                               ***



“Loki, qualcosa di rotto?”
Thor aiutò il moro a rimettersi in piedi, constatando che fortunatamente aveva solo ferite superficiali.
La pelle di uno Jotun era davvero dura, oltre che fredda.

L’onda d’urto generata dalla piccola Furia aveva regalato ai due asgardiani un volo di almeno cinquecento metri, terminato contro il duro asfalto del Brooklyn Bridge.

“Smettila di preoccuparti per me e preoccupati per ciò che accadrà se non fermiamo quella pazza maniaca della distruzione. Fortunatamente, sembra essere crollata in una specie di sonno ad occhi aperti.”
La pelle di Loki stava tornando ad assumere il solito pallore. Aveva usato troppa energia per bloccare il magma, perciò non poteva permettersi di mantenere la forma da gigante di ghiaccio.
A sua discolpa, poteva affermare che Thor non era messo meglio di lui, anzi, sembrava davvero sfinito, nonostante cercasse di nasconderlo.

“Dimenticavo di dirti che l’idiota di metallo si sta destreggiando in una specie di malsana danza per attirare la nostra attenzione.”

Il dio del tuono individuò l’Uomo di Metallo, sorridendo nel vederlo sbracciarsi e chiedendosi per quale motivo non li avesse semplicemente raggiunti, data la velocità di cui era dotata l’armatura.

Stranezze.

“Raggiungiamolo” asserì il biondo, prendendo un bel respiro profondo.



                                               ***



“Siamo tutti riuniti qui oggi per-”
“Dacci un taglio, Stark.”

Tony sbuffò dietro la facciata dell’armatura, sorridendo suo malgrado per essere stato rimproverato dalla Romanoff già troppe volte.

“Okay, questo è il piano. Approfittiamo del momentaneo coma dei due alieni, prendiamo il demone, mettiamolo nella cella e poi pensiamo alla ragazza paranormale.”
“Questo è davvero un piano di merda, Stark. Dal tuo genio mi aspettavo qualcosa di più.”
Il miliardario alzò le mani.
“Romanoff, dovresti sapere che il mio piano di attacco è attacco. Quello bravo nelle strategie complicate è … era ... dannazione! Muoviamoci.”

E nessuno aggiunse altro.
Nemmeno Hulk.



Sfortunatamente, nonostante l’oneiriana non mosse nemmeno un muscolo - ancora persa nell’oscurità del suo subconscio -, Daskalos decise di opporre un’irremovibile resistenza, così i Vendicatori si ritrovarono a dover dar fondo a tutte le risorse in loro possesso per sbattere quel bastardo in gattabuia.

La difficoltà stava nel fatto di non poter colpire l’avversario con qualsiasi cosa avesse accelerato il processo di implosione. Niente laser, fulmini o esplosivi vari.
Dovevano limitarsi a trascinarlo nella cella, ma per ironia della sorte non potevano toccarlo, poiché quel corpo, essendo fatto di pura energia, avrebbe sciolto loro la pelle o, nel peggiore dei casi, li avrebbe polverizzati, soprattutto adesso che luccicava come un albero di Natale, segno che aveva raggiunto la massima intensità e concentrazione di potere.
Dal corpo di Daskalos cominciarono a fuoriuscire raggi luminosi, che vennero sparati in tutte le direzioni.
I Vendicatori li evitarono, muovendosi con disorganizzata sincronia. Riuscirono ad accerchiare il Padrone, il quale reagì intensificando la pioggia di raggi.
Uno di essi si abbatté contro il largo petto di Hulk e gli bruciò la pelle a sangue. Il gigante emise un verso addolorato, ma continuò a muoversi ostinatamente in direzione del nemico.

Il diametro del cerchio che la squadra stava formando intorno al Padrone contava adesso una ventina di metri.

“Ascoltatemi!”
La voce metallica di Iron Man, fortemente amplificata da qualche aggeggio nell’armatura, fece tendere le orecchie ai combattenti.

“Ho un’idea che ci permetterà di toccare il mostro, ma avremo circa dieci secondi di immunità. Loki, avrò bisogno della bassa temperatura, mentre Thor e Hulk, voi porterete il bastardo nella cella, chiaro?”

La domanda era puramente retorica, perché Tony non aspettò alcuna risposta per dare il via all’operazione.
“JARVIS, sai cosa fare.”
L’armatura si separò dal corpo di Stark e colse il demone del tutto impreparato, quando lo imprigionò al suo interno.
Loki raggiunse Daskalos e, con le poche energie a disposizione, congelò l’armatura, che aveva già cominciato a sciogliersi come gelato al sole.

Dieci secondi.

Hulk prese il demone con entrambe le mani e lo lanciò verso il contenitore in vetro.
Thor roteò Mjolnir e partì come un razzo, intercettando ed afferrando il pacco al volo a pochi metri dalla cella, lasciata preventivamente aperta dalla Romanoff.
Il dio spinse il demone - momentaneamente immobilizzato - all’interno del contenitore, che si chiuse automaticamente - modifica veloce firmata Stark.

Tre secondi dopo, dell’armatura nuova di Tony non rimase altro che cenere.

La squadra si riunì davanti la cella, pronta per qualsiasi evenienza.
Avevano smesso da tempo, ormai, di dare tutto per scontato e la stessa evidenza era considerata probabile portatrice di inganni e menzogne.
Hulk era tornato Banner e Stark si ritrovava privo di difese.

“Pensate che reggerà?” domandò la Vedova, osservando il demone battere violentemente i pugni sulla superficie vitrea.
Loki accennò un sorrisetto, scuotendo il capo.
“Puoi tranquillizzarti, donna. Daskalos ha perduto molta della sua forza a causa della nuova forma assunta dal corpo. Non riuscirà ad uscire.”

“Vi ucciderò tutti e ridurrò questo maledetto pianeta in polvere, è una promessa” minacciava il Padrone, furioso per essere stato giocato in quel modo da esseri inferiori.


Il rumore di tanti passi coordinati fece sbuffare stancamente Stark.
“Arriva la cavalleria.”
Un manipolo di agenti SHIELD, guidato dallo stesso Fury, raggiunse la squadra a passo di carica.

“Bisogna neutralizzare anche l’altra minaccia, adesso che è vulnerabile.”
“Nick, lascia finire a noi il lavoro.”
Gli occhi di Natasha si piantarono in quelli del direttore, con assoluta fermezza.
“Penso di avervi lasciato già abbastanza spazio per agire. Sapete, Coulson sta ancora aspettando l’arrivo della ragazzina alla base sicura e voi, miei cari, avete rischiato di far saltare in aria il pianeta. Credevate di poterla controllare?”

“Credevamo di poterla proteggere, come lei ha protetto noi.”
Tutti gli sguardi saettarono sulla figura possente di Thor, i cui muscoli tesi evidenziavano l’adrenalina che ancora gli scorreva nelle vene.

Fury, però, non si scompose e delineò in modo chiaro e preciso quelli che erano gli ordini di enti che sedevano ad un scrivania più importante della sua.
“Vogliono vederla morta e, questa volta, sono d’accordo anche io.”
Fece segno ai suoi uomini di mettere la parola fine a quel circolo di morte e distruzione e quelli obbedirono, dirigendosi verso l’inerme obiettivo.
“Aspetta!” ringhiò Tony.
Thor avrebbe attaccato gli agenti, se la Romanoff non l’avesse afferrato per un polso, sussurrandogli di stare calmo.
“Non questa volta, Stark. E vorrei gentilmente sapere dove diavolo sono finiti Barton e Rogers.”
“Dove diavolo sono Barton e Rogers, dici? - la rabbia traspariva da ogni parola che il miliardario pronunciava - Il primo è momentaneamente fuori uso, mentre il super soldato che lo SHIELD si diverte ad usare come straccio per pulire lo schifo in cui si ritrova ad affondare, beh lui è …”



Grida atroci reclamarono disperatamente l’attenzione.
Terribile fu ascoltare la macabra sinfonia delle ossa che si spezzano e si frantumano, mentre uno ad uno, gli agenti si afflosciavano a terra, morti.
La Furia era ancora immobile.
L’ultimo sopravvissuto stava piangendo e pregando, ma lei non conosceva la pietà o la compassione.
Sorrise serafica e, un istante dopo, l’uomo era piegato in due, con la nuca a toccare i talloni. La colonna vertebrale si era appena spezzata come un ramoscello secco.

La creatura dagli occhi cremisi prese a camminare in direzione dei Vendicatori e il ghigno sadico sul suo viso era una condanna a morte.

“Penso che tu l’abbia fatta incazzare, Nick” asserì Stark, sentendo le ginocchia tremare ed il sangue gelare nelle vene.

Natasha si fece avanti, caparbia ma palesemente tesa.
“Anthea, non farlo, ti prego.”


“Penso che siate la squadra più strana del mondo. Siete unici. Vi stimo troppo, davvero.”
Rogers ridacchiò.
“Non riferirò a nessuno quello che hai appena detto, o si monteranno la testa, soprattutto Stark e Barton. Anche Thor, a dirla tutta. Ma grazie per le tue parole.”



“Smettetela di entrarmi nella testa” ringhiò la Furia, a un passo dalla Vedova.
Thor affiancò la rossa e fronteggiò l’oneiriana a testa alta.
“Ascolta il tuo cuore, giovane guerriera, non rinnegare quello che senti. Avrai il nostro aiuto, è una promessa, ma torna ad essere te stessa.”

La Furia abbassò il capo e le spalle presero a tremarle.
Rise, rise istericamente, perché quegli esseri erano pazzi e senza speranza se credevano avesse bisogno del loro aiuto.
Alzò lo sguardo ed osservò una ad una le sue prossime vittime, godendo della paura perfettamente visibile suoi loro volti sporchi e stanchi.

“Chi vuole essere il primo?”

Negli occhi della creatura c’era Follia.
La Sete di Sangue annebbiava la sua mente e sopprimeva le urla di un cuore in agonia.

Tutto era silenzio.

“Bene, sceglierò io.”
Sollevò l’indice destro e lo portò davanti al volto, assumendo un’aria pensierosa.

Fury percepì il sudore freddo imperlargli la fronte.
Loki decise di rassegnarsi all’idea di dover morire proprio quel giorno, intimamente felice di aver combattuto fino all’apice delle proprie possibilità.
I Vendicatori, invece, sembravano essersi del tutto esauriti, come se il male provato in quegli ultimi giorni stesse riscuotendo il conto dovuto.
Non avevano la forza di combattere ancora e nonostante la morte non fosse la prospettiva a cui auspicavano - soprattutto dopo aver lottato così tanto per rimanere vivi -, decisero di accettarla, consapevoli, però, di aver dato tutto ciò che possedevano nel corpo e nella mente, nella speranza di salvare e proteggere.
Ma, evidentemente, non erano abbastanza.

L’indice della Furia calò allo stesso modo di una mortale ghigliottina e Tony Stark provò l’irrefrenabile voglia di piangere.
In quel momento, avrebbe dato di tutto per rivedere anche solo per l’ultima volta il bellissimo viso di Pepper.
Scusami tesoro, ma non tornerò per cena.

“Non lo farai!” gridò Thor, stringendo forte l’impugnatura di Mjolnir.
“E chi mi fermerà, se nessuno potrà muoversi?”
Ancora una volta, il potere psichico assunse il controllo dei corpi delle vittime, immobilizzandole.

Tony sentì il terreno venirgli a mancare sotto i piedi, mentre una forza invisibile lo strascinava verso la Furia e verso la morte.
Si ritrovò a fissarla negli occhi, pregando che facesse in fretta: una cosa veloce e indolore.
“Vuoi che ti spezzi il collo, oppure preferisci che chiuda tutte le vie respiratorie? Mi sento estremamente buona, quindi ti offrirò una terza opzione.”
“Mi lasci vivere?”
Lei rise, divertita.
“No, ti strappo il cuore dal petto.”
“Posso pensarci un attimo? Sai, non è una scelta molto facile.”

“Ti prego, fermati!”
A Bruce tremava la voce. Hulk era bloccato, ma lo sentiva ruggire disperatamente dentro di sé.

La Furia ignorò tutte le suppliche che le vennero rivolte.
“Andiamo, umano, non ho tempo da perdere. Scegli.”
“Non farlo, Anthea” furono le parole di Tony, i cui occhi erano divenuti lucidi.
“Non sono Anthea!” sbottò la creatura e l’aria intorno a lei vibrò pericolosamente.

“Non vuoi darmi una risposta? Bene, sceglierò io come ucciderti, allora.”

Stark la vide avvicinare una mano al suo petto, verso il cuore.
Chiuse gli occhi.


Un oggetto circolare stranamente familiare colpì l’oneiriana su una tempia e la fece crollare a terra.
Forse la potenza impressa in quel colpo, unita al suo inaspettato arrivo, avevano avuto l’effetto desiderato, ovvero stordire la Furia per un po’ - ad un uomo normale, un colpo del genere gli avrebbe disintegrato il cranio.

Tony cadde a terra, sulle ginocchia, e dovette fare appello a tutta la forza di volontà rimastagli in corpo per ricacciare indietro i conati di vomito dovuti al terrore provato.
Lo sguardo gli cadde sull’oggetto che gli aveva appena salvato la vita ed il respiro gli venne a mancare.

Era proprio quello Scudo.

Le braccia forti di Thor lo sollevarono e lo sostennero per le spalle.
Tutti stavano guardando nella stessa identica direzione, con in viso un’espressione sconcertata, incredula e chissà cos’altro - tranne Fury, all’oscuro di ciò che era accaduto veramente.
Poco dopo, anche Tony ebbe il coraggio di guardare.



“Rogers, figlio di puttana.”
“Anche io sono felice di rivederti, Stark.”

Steve Rogers era lì, era vivo e sorrideva.

E c’era anche Clint - in quasi perfetta forma -, che si premurò di bloccare l’entusiasmo, perché non era ancora finita.
“Non per fare il guastafeste, ma la ragazzina si sta riprendendo e sarà molto incazzata.”

“Lasciate fare a me e non intervenite, per favore.”
“Scordatelo! Non ti lasceremo suicidarti, adesso che sei …”
La Romanoff afferrò Rogers per le spalle, guardandolo con occhi di fuoco.
“Andrà bene, Nat, fidati di me.”
Il giovane barcollò sensibilmente, ma ciò non sfuggì allo sguardo attento della rossa.
“Non ti reggi nemmeno in piedi, Steve.”

Barton si affiancò alla Vedova e le poggiò una mano sulla spalla. Le sorrise dolcemente.
“Lascialo andare. Lui è l’unico che può fermare Anthea, adesso.”
Quelle erano state le parole della donna misteriosa e Clint ci credeva fermamente, soprattutto dopo che quella aveva riportato il Capitano nel mondo dei vivi.



“Chi ha osato?”

Ogni possibilità di discussione o negoziazione andò a farsi fottere, quando Capitan Sono-un-genio-nel-farmi-ammazzare America gridò a gran voce che era stato lui, ad osare.

E la Furia, in un battito di ciglia, era già da lui, con una mano stretta attorno alla sua gola.
“Fermi” riuscì a dire Rogers.

I Vendicatori si bloccarono all’unisono.
Forse, si fidavano davvero troppo di quell’Idiota.
Loki li imitò, meravigliandosi nel constatare che lo stesso Thor, nonostante fosse palesemente contrario, avesse deciso di dare ascolto al giovane Capitano.

Adesso, c’erano solo Steve e Anthea.



                                       ***




Le sarebbe bastato esercitare più pressione sul quel debole collo, per vederlo soffocare una volta per tutte.
Eppure non ci riusciva, non riusciva ad ucciderlo.
Nemmeno il sangue che le stava fuoriuscendo dalla tempia lesa era un motivo sufficientemente valido per porre fine alla vita che stava stringendo in una singola mano.
Le dita lasciavano che un filo di aria arrivasse ai polmoni e l’umano respirava piano, senza agitarsi o cercare di scappare.
Quegli occhi chiarissimi sembravano leggerle l’anima e ciò la innervosiva, ma non riusciva a smettere di pensare che quelli fossero gli occhi più belli che avesse visto.
Era pallido e poteva ancora avvertire il gelo della morte giacente su di lui.

Il mio strumento. O era qualcosa di più?

La Follia aveva sbiadito i ricordi umani, rafforzando quegli istinti oscuri che ora le controllavano la mente ed il corpo.

“Sei bellissima” riuscì a sussurrare il giovane, non distogliendo mai lo sguardo dagli occhi di lei.


Adesso erano pelle contro pelle. Non c’erano impedimenti fra loro.
Esplorarono l’una il corpo dell’altro, muovendosi in perfetta armonia, e lasciarono che l’istinto li dominasse.



Quelle immagini la fecero vacillare, tanto da indurla a lasciar andare il ragazzo, il quale poté tornare a respirare normalmente.

Steve mise le mani sulle spalle della giovane e la costrinse a guardarlo in viso.
“Torna da me, Anthea, ti prego.”
L’abbracciò d’istinto, sentendola irrigidirsi.

Era così caldo.
Desiderò rimanere imprigionata in quelle forti braccia per sempre.



No!


Lo spinse via con violenza, sbattendolo a terra. Si posizionò su di lui e poggiò il ginocchio destro sul suo plesso solare, in modo da bloccarlo al suolo.
Una mano si insinuò nei corti capelli biondi e li strinse con forza, facendolo gemere sommessamente.

“Anthea, so che sei lì, da qualche parte. Mi dispiace averti abbandonata, prima. Ma adesso sono qui e ti prometto che non ti lascerò più sola. Supereremo tutto questo, insieme.”

La osservò spalancare gli occhi e la presa sui suoi capelli si ammorbidì appena.

“Io devo ucciderti. Stai manipolando la mia mente, vuoi distruggermi.”
“Voglio salvarti.”
“Stai mentendo.”

E le dita affusolate della Furia tornarono a premere contro il collo di un Rogers sfinito, ma non disposto ad arrendersi.

“Il mio posto è al tuo fianco, Anthea” sussurrò con voce spezzata.


“Sei un vero disastro. Ti lascio solo un attimo e guarda come ti ritrovo.”
“Non dovresti essere qui.”
“Il mio posto è al tuo fianco, Steve.”



“Smettila!”
La testa sembrava volerle scoppiare.
L’oneiriana si portò le mani alle tempie, gridando a causa delle fitte al cervello.


Steve!
“Io lo proteggerò a costo della vita.”
“Puoi proteggerlo dagli altri, Anthea, ma chi lo salverà da te?”



Troppe parole bisbigliavano nelle sue orecchie, pretendendo di essere ascoltate.
Troppe immagini le offuscavano la vista.
La mente ed il corpo le ordinavano di ucciderlo.
Il cuore la pregava di ricordare chi fosse davvero.


“Steve.”
“Si?”
“Io credo di …”



“Amarti.”


Fu un lieve sussurro, ma Steve lo sentì perfettamente.

Il cremisi che aveva preso possesso delle iridi si dissolse.
Rogers contemplò quegli occhi grandi e bui, che aveva imparato a conoscere e ad amare.

“Anthea?”
La ragazza sorrise ed il suo era un sorriso bellissimo.
“Sei un vero disastro. Ti lascio solo un attimo e guarda come ti ritrovo.”
Lo aiutò a rimettersi in piedi e lo sostenne, circondandogli la vita con un braccio.



Gli occhi dei presenti erano tutti puntati su di loro e Anthea si sentì a disagio, soprattutto dopo ciò che aveva fatto.

Fu Tony, come al solito, a rompere il ghiaccio.
“La gemella cattiva?”
“Lei è di nuovo rinchiusa nel mio inconscio. Ma è giusto che sappiate che io non sono più quella di prima.”
“Cosa intendi?” chiese Steve, rivolgendole uno sguardo preoccupato.
Lei sorrise per rassicurarlo.

“Adesso so chi sono. Conosco ciò che accadde al mio popolo e quale fu il destino dei miei genitori. L’anima di mio padre si è fusa con la mia e sono finalmente completa, nonostante l’Altra proverà ancora a prendere il controllo.”
Fece una piccola pausa.
“Mi dispiace di avervi ferito. Se deciderete di rinchiudermi da qualche parte o vorrete uccidermi, io lo capirò ed accetterò la decisione che prenderete. Ma prima …”

Anthea allungò la mano libera e, un istante dopo, Aima era nel suo palmo.
Sussurrò un grazie alla donna amata da Azael, perché sapeva che era merito suo se Steve era vivo, e strinse con orgoglio l’elsa di quella candida spada.

“Devo concludere ciò che avevo iniziato.”

Affidò Rogers a Thor, che le lanciò un sorriso confortante.
“Tienilo stretto, Thor.”




Gli avvenimenti successivi accaddero troppo velocemente e nessuno fu davvero consapevole di quello che si ritrovò a vivere.

Prima che qualcuno potesse dire anche una sola parola, Anthea aveva squarciato la cella di vetro con la spada, che poi aveva abbandonato a terra.

Il corpo di Daskalos riprese a brillare pericolosamente.
L’oneiriana affondò le mani nel petto del demone, sentendole bruciare, ma sapendo che sarebbe guarita velocemente.




Poi ci fu una luce accecante, seguita da una potente onda d’urto.



                                           ***



“Ben svegliato, Rogie!”

“Ti prego, Stark, non urlare. Mi sembra di avere delle campane dentro la testa.”

Steve afferrò il cuscino e se lo spiaccicò in faccia, mugugnando parole insensate e disconnesse.
“Ehi, mi stai insultando per caso?”
Tony cercò di portargli via il suddetto cuscino, ma il super soldato non voleva mollare la presa.
“Non capisco come Anthea faccia a sopportarti.”

Anthea!
I suoi compagni!
Daskalos, la luce, l’onda d’urto!
Poi? Il vuoto.


Steve si mise a sedere improvvisamente e Stark, investito da quel brusco movimento, si ritrovò con il sedere per terra e il povero cuscino maltrattato stretto tra le braccia.

“Sei per caso diventato matto? Avresti potuto uccidermi.”
Non ricevere un’adeguata risposta a quell’ennesima idiozia che si era lasciato sfuggire per puro caso - Tony Stark amava stuzzicare Steve Rogers -, lo fece preoccupare.
Si rimise in piedi, lisciandosi la felpa grigia che indossava, e notò lo sguardo perso del biondo, improvvisamente divenuto più pallido.
Stark si sedette sul bordo del letto e poggiò delicatamente una mano sulla spalla nuda del ragazzo, attirando il suo sguardo su di sé.

“Tranquillo, stanno tutti benissimo. Io ancora non ci credo, ma ti assicuro che siamo sopravvissuti. Siamo vivi, tutti.”

Gli occhi cerulei di Steve tornarono ad illuminarsi.
“Cos’è successo?” chiese, incontrando gli occhi ambrati del compagno.

“La ragazzina ha assorbito tutta l’energia del demone, rinchiudendola nel suo corpo, e ciò ha provocato un’onda d’urto abbastanza forte da regalarci un volo di alcune decine di metri, ma ci avevamo fatto l’abitudine, quindi non è stato molto traumatizzante.”

Steve sorrise, constatando di aver fatto parecchi voli indesiderati negli ultimi giorni.

“Ci siamo ripresi abbastanza velocemente, anche tu a dire il vero. Fury ha fatto inviare dei jet dall’Helicarrier per il nostro recupero e intanto ci siamo riuniti ad Anthea. Lei stava meglio di noi tutti messi assieme, paradossalmente.”
“Non credo di ricordare oltre la luce accecante ed il volo, sinceramente.”
Tony si portò una mano sotto il mento, con fare pensoso.
“Effettivamente non eri molto in te. Comunque la ragazzina ti è corsa in contro e ti ha baciato appassionatamente. Scena davvero interessante, se non contiamo il fatto che dopo il bacio tu abbia detto ‘Okay, adesso posso svenire’ e sei svenuto davvero!”

Steve sentì il viso andare a fuoco.

“Non devi vergognarti, Rogie. In fondo, eri appena tornato in vita. Mi raccomando, però, non dire a Fury di essere morto, perché non lo sa ancora e non credo ci sia bisogno di metterlo al corrente di una cosa, a mio parere, poco importante.”
Stark strizzò un occhio, dando al biondo piccole pacche dietro le spalle, poi continuò.
“Abbiamo passato tutti un giorno in una specie di ospedale SHIELD per controlli vari e quando dico tutti, intendo davvero tutti. Loki con il camicione da ospedale è qualcosa di incredibilmente divertente. Ho fatto delle foto che ti farò vedere, a patto che tu non dica niente allo psicopatico. Il giorno dopo, cioè ieri, ci hanno dimesso. A dir la verità, Fury voleva tenerti in quel postaccio, perché non ti eri ancora svegliato, ma il sottoscritto lo ha convinto a riportarti alla Tower. Contento?”

Steve incrociò le braccia al petto e sollevò un sopracciglio, con fare scettico.

“Okay, diciamo che ti ho rapito e portato qui, inizialmente all’insaputa dello SHIELD, ma poi ho messo le cose a posto. Saperti qui ci ha fatto stare più tranquilli. I tuoi parametri vitali erano buoni. Il tuo fisico aveva solo bisogno di recuperare, hai una certa età, in fondo. E adesso eccoci qui. Sono le tre del pomeriggio, è una bella giornata e facciamo in tempo ad organizzarci per fare bisboccia stasera. Che ne dici, ce la fai, nonnetto?”

“Assolutamente sì” affermò il biondo, divertito.

“E prima che tu me lo chieda, Anthea sta benone. Per la squadra la ragazza è okay, soprattutto dopo ciò che ha fatto per il pianeta. Sì, ci ha picchiati e ci ha minacciati di morte, ma non si è spinta oltre, fortunatamente. Ovvio che Fury avrebbe voluto rinchiuderla ad Alcatraz, ma alla fine ha deciso di accettare il fatto che sarebbe venuta anche lei con noi, in cambio di un piccolo aiuto.”
“Che tipo di aiuto?”
“Porre definitivamente fine ai Demoni della Notte. Con i poteri che possiede, è stata una passeggiata per lei rintracciare e distruggere le ultime basi compromesse, affiancata dallo SHIELD. Dovrebbe tornare a momenti. Questa mattina hanno catturato Adam Lewis, l’ultimo rimasto dell’organizzazione e destinato ad essere spremuto per bene da Fury.”
“Se lo merita.”
“Dove è andato a finire San Rogers?”

Steve rise talmente forte che si formarono piccole lacrime agli angoli degli occhi.
Tony, guardandolo, non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere allo stesso modo.

Poi Stark tornò serio.
“C’è una cosa che devi sapere, Steve. Tu mi sei morto letteralmente tra le braccia e, in quel momento, ho capito davvero quanto per me, tu e gli altri siate importanti. Perciò ho intenzione di dare il via ad un grande progetto, con il fine di realizzare una barriera intorno al mondo, capace di proteggere voi e la Terra da minacce come quella che abbiamo appena affrontato.”

Steve non capì fino in fondo a cosa Tony si riferisse con  barriera intorno al modo, ma le sue parole lo colpirono profondamente.
“Grazie” disse solamente, sfoggiando il più bello e sincero dei sorrisi che possedesse.

“Non abituarti a tutta questa sdolcinatezza, Rogers. Hai appena potuto intravedere uno sprazzo del cuore di Tony Stark, dovresti esserne onorato.”

Il biondo scoppiò a ridere, di nuovo, felice di essere vivo e di essere proprio lì dov’era.
Finalmente, il rimpianto per la passata vita perduta venne completamente oscurato da una felicità nuova, diversa, ma bellissima.




“Vi avevo detto che questi due ci nascondevano qualcosa. Da quanto va avanti questa relazione, eh?”
Natasha cercò di non ridere alla vista delle facce sconvolte dei due, mentre entrava nella stanza, seguita dal resto della squadra, con annesso un Loki trascinato dal fratello.

“Oh no! Ci hanno scoperto, Rogie” cantilenò Tony, muovendo le mani in modo tragicomico.

Ci furono altre risate. Perfino Loki non riuscì a trattenersi.

Natasha raggiunse il letto ed abbracciò Steve con trasporto, appoggiando il mento sulla spalla del giovane.
“Non farlo mai più” gli sussurrò nell’orecchio, prima di lasciarlo andare, dopo svariato tempo.

“Romanoff, so che stai approfittando del fatto che Rogers sia in mutande, ma almeno evita di farlo davanti a Barton.”
Stark si beccò uno scappellotto poco gentile sulla nuca.

Bruce strinse la mano del Capitano e poi gli circondò le spalle con le braccia.
“Anche l’Altro è molto contento di saperti fuori pericolo” gli confessò il dottore, sorridendo gentilmente.

Clint si lasciò andare ed abbracciò il biondo, ricordandogli che gli doveva da bere per la paura che gli aveva fatto prendere.

Thor, invece, fu Thor.
Steve lanciò un gridolino sorpreso, nel momento in cui il dio lo prese per i fianchi e lo sollevò dal letto, in un impeto di pura gioia.

Super Abbraccio di gruppo!” urlò Stark, saltando a sua volta sopra le spalle di Thor, che perse l’equilibrio e cadde sul letto, schiacciando il Capitano sotto di sé.
Clint prese la rincorsa e saltò su Tony. Il letto emise cigolii preoccupanti, ma fortunatamente non collassò.

Super Panino” precisò Barton.

“Che Idioti.”
Natasha scosse il capo, sorridendo alle parole di un Loki stranamente divertito.
“Questa cosa del Super Panino è parecchio inquietante” constatò la donna.
“Già” asserì Banner, ma gli fu difficile non ridere.

“Ragazzi, non respiro.”
Steve - da ricordare che era in mutande - si trovava schiacciato tra il letto ed il petto di Thor, sulle cui spalle c’era Tony, sulla cui schiena c’era Clint.
Probabilmente, in un film, quella sarebbe stata una scena vietata almeno ai minori di diciotto anni.



“Perché diavolo state violentando il mio ragazzo?”

Tutti riconobbero quella voce, senza nemmeno doversi voltare per guardarne la fonte.
Steve sentì il cuore accelerare di colpo.

Bambinoni si ricomposero, demolendo il Panino e salutando uno ad uno la nuova arrivata.
Tony e Clint si misero in ginocchio, sotto lo sguardo divertito di Thor e quello sconvolto di Steve, mentre Loki, Natasha e Bruce scuotevano il capo all’unisono con rassegnazione.
“Non ucciderci, ti prego, non lo faremo più” piagnucolarono Iron Man e Occhio di Falco.
“Ci penserò. Ed ora fuori di qui!”
“Sì, signora.”

Tony e Clint corsero fuori dalla stanza, salutando Rogers con la mano.
Loki si avviò dietro di loro, dopo aver rivolto un cenno con il capo al Capitano.

“Alle sette nella Sala Comune. Siate puntuali” avvertì la Vedova, prima di trascinare un ancora euforico Thor fuori dalla stanza, aiutata da Bruce.




Steve e Anthea si ritrovarono soli.
La ragazza aveva i lunghissimi capelli sciolti e le ricadevano in boccoli sulle spalle e dietro la schiena. Indossava un paio di jeans, abbinati ad una canotta blu.
Era più bella di quanto il biondo ricordasse.

“Vedo che ti trovi davvero bene con gli altri. Sono contento che ti abbiano perdonata.”
“Merito tuo, che non hai mai smesso di credere in me.”

Anthea scivolò sul letto e si posizionò a cavalcioni sul bacino del ragazzo, sorridendo nel vederlo arrossire.
“Sei bellissimo.”
Sì, anche con i capelli arruffati, gli occhi lucidi e le gote arrossate, Steve Rogers era bellissimo.
Il giovane Capitano prese a balbettare qualcosa di insensato e la ragazza gli tappò la bocca con le proprie labbra, baciandolo con passione.

Presto i vestiti vennero abbandonati sul pavimento e i due giovani furono, ancora una volta, pelle contro pelle.
Fecero l’amore, instancabilmente per ore, forti della loro resistenza fuori dal comune.

                                                                *

“Steve.”
Erano distesi l’una di fianco all’altro e Anthea aveva poggiato l’orecchio sul bel petto di lui, godendo del dolce suono del suo cuore.
“Si?”
“Credo di amarti.”
Il ragazzo si tirò suoi gomiti, per guardarla meglio.
“Anthea, io-”
“Aspetta. Devi ascoltarmi, prima di dire qualsiasi cosa.”
Il biondo annuì.
Si misero seduti, coperti solo dal leggero lenzuolo bianco.

“Ho saputo che Thor vi ha parlato di Oneiro e di Daskalos, il demone scappato da Hel. Io sono la figlia di Azael, ultimo re di Oneiro. Quando ho preso la spada di Daskalos, sono entrata in possesso della verità.”
Anthea prese un respiro profondo.
“Non è stato il demone a distruggere il pianeta, ma mio padre.”
Steve percepì il sangue gelarsi nelle vene.
“Azael lo fece per proteggere il suo popolo, Steve. Sapeva che non avrebbe potuto evitare la condanna che Daskalos aveva dato al pianeta. Quel demone era troppo forte a quel tempo e lui troppo inesperto, nonostante fosse in possesso di uno dei poteri più grandi presenti nell’universo. Prima che Daskalos giungesse sul pianeta, Azael trasportò segretamente gli oneiriani in altri regni, disperdendoli, con la promessa che un giorno sarebbe tornato a riprenderli, per costruire insieme a loro una nuova casa. Quando tutti gli abitanti furono al sicuro, Azael lasciò che il suo immenso potere distruggesse Oneiro. In quel modo, Daskalos, ignaro di tutto, non avrebbe potuto fare del male agli oneiriani creduti morti. Dopo secoli passati a vagare nello spazio, spostandosi da pianeta a pianeta, mio padre raggiunse la Terra e ritenne la razza umana degna del suo seme. I sentimenti, le emozioni, la morale, l’amore, avrebbero incatenato il mostro dell’inconscio che lui aveva liberato, superando i limiti stabiliti. Così nacqui io. Mia madre morì durante il parto e mio padre perse la vita nel donarmi la sua anima, espediente necessario per tramandarmi la conoscenza della storia di un popolo creduto scomparso. Azael, però, mi donò qualcosa di più importante della sola conoscenza. Egli si riteneva ormai debole per mantenere fede alla promessa fatta agli oneiriani, perciò ha passato a me il compito di cercarli, riunirli e costruire con loro una nuova casa.”

Ci furono lunghi istanti di silenzio.

“Adesso che conosco la verità, non posso ignorarla, Steve. Devo accettare il mio destino e mantenere la promessa che mio padre fece agli oneiriani.”

Steve abbassò il capo.
“Andrai via?”
“Sì.”
La ragazza lo strinse forte a sé.
“Ma tornerò, per te, se mi aspetterai.”
Il biondo le prese il volto tra le mani e la baciò.
“Sempre.”
La baciò ancora, ancora e ancora.
“Ti aspetterò sempre.”





Quella sera, i Vendicatori festeggiarono la loro vittoria tra brindisi alla vita e risate sincere.


Due giorni dopo, Thor e Loki tornarono ad Asgard.
Anthea andò con loro, pronta a cominciare un viaggio che avrebbe richiesto tempo e fatica.
Il dio del tuono le aveva promesso che avrebbe avuto il suo aiuto e quello di un certo Heimdall per ritrovare gli oneiriani scomparsi, mentre il Bifrost avrebbe reso più facili gli spostamenti da un pianeta all’altro.
Questa prospettiva l’aveva resa più ottimista, senza contare che ancora non sapeva che Odino le avrebbe offerto un posto nel suo Regno, per poter dare asilo al popolo di Oneiro.

Il giorno della partenza, ci furono solo “Arrivederci”, nessun “Addio”.

Sarebbe tornata, come promesso.
E Steve l’avrebbe aspettata, come promesso.
 


“Sta’ lontano dai guai, Steve.”






                                                       ***






Epilogo

Due anni dopo.

Steve faticò a salire ogni singolo gradino che portava al suo posto sicuro.
Arrivò davanti la porta dell’appartamento e inserì la chiave nella toppa, ascoltando il suono dei piccoli usuali scatti.
La porta si aprì e Rogers respirò l’aria di casa.
Avrebbe voluto trasferirsi lì dopo la partenza di Anthea, ma su ordine di Fury era stato costretto a spostarsi a Washington, dove, quasi due anni prima, aveva iniziato a lavorare per lo SHIELD.

Poi lo SHIELD era stato compromesso, aveva scoperto di essere morto vanamente perché l’Hydra non era morta con Teschio Rosso, come non era morto Bucky, il suo migliore amico.
Aveva anche creduto che Fury fosse morto, prima di ritrovarselo di fronte, vivo, anche se non del tutto vegeto.

Cosa era successo dopo?
Aveva distrutto lo SHIELD, ecco cos’era successo, e il Governo lo odiava parecchio adesso.
E non ce l’avrebbe mai fatta a uscirne vivo senza Natasha e Sam, quello stesso Sam che, d’ora in avanti, lo avrebbe aiutato a cercare Bucky.
Morale della favola?
Steve Rogers era mentalmente distrutto e anche fisicamente in realtà, dato che lo avevano dimesso dall’ospedale quello stesso giorno.

Così aveva sentito l’irrefrenabile voglia di tornare a casa.
Scappare per un po’ dalla nuova realtà in cui si era ritrovato a sguazzare, lo avrebbe aiutato a mantenere i nervi saldi.

Poggiò lo scudo sul tavolino del salotto e si diresse in camera da letto.
Fuori era buio, ma la luce della luna era abbastanza intensa da permettergli di distinguere vagamente i diversi mobili ed oggetti tutt’intorno.

Notò troppo tardi la finestra aperta.

Venne sbattuto contro la parete, vicino la testata del letto, e un gemito di dolore abbandonò le sue labbra nell’impatto.
Due mani piccole gli inchiodarono la schiena al muro, premendo sulle sue spalle, e, nonostante ce l’avesse di fronte, non riuscì ad identificare l’aggressore a causa dell’oscurità.
Cercò di divincolarsi, inutilmente.
Fece per dire qualcosa - un insulto forse -, ma la bocca gli venne tappata.

Erano labbra quelle che premevano con forza sulle sue.
Rogers smise di opporre resistenza.

“Ti avevo detto di stare lontano dai guai, Steve, non di cercarli.”
“Sono loro che trovano me, veramente.”

Un altro bacio, questa volta più profondo.

“Sei davvero tu?”
Perché Steve non poteva crederci.
L’aveva aspettata tanto.

“Guarda con i tuoi occhi.”

La luce della stanza si accese, senza che nessuno avesse toccato l’interruttore.
Sì, era lei, decisamente.
Dopo due anni, Steve poté di nuovo affondare in quei grandi occhi bui.
Anthea era lì, schiacciata contro di lui. Bellissima.

“Mi sei mancato, Idiota.”

Anthea lo strinse forte, circondandogli il collo con le braccia. Immerse le dita in quei corti capelli biondi che tanto le erano mancati.
Lo baciò ripetutamente, gustandosi il suo tanto amato sapore.
Affondò il naso nell’incavo della sua spalla e inspirò forte, beandosi del buon odore di Steve Rogers.
E quanto le era mancato il suo calore, invece? Troppo.

“Anche tu mi sei mancata, tanto.”
Steve la strinse di più, facendo aderire al massimo i loro corpi.

“Sono tornata. Per sempre.”
Per sempre” ripeté lui.

“Steve.”
“Sì?”
“Ti amo.”
“Anch’io, Anthea.”



Fine





 

Note
Sto piangendo e non riesco a smettere.
Non ci credo di aver scritto la parola Fine proprio qui sopra.
È passato quasi un anno dalla pubblicazione del primo capitolo. All’inizio l’avevo pensata come una storia di massimo un decina di capitoli, con una trama abbastanza semplice. Poi invece si è complicato tutto. Oneiro, Azael, Aima, Daskalos, Anthea, sono cresciuti giorno dopo giorno nella mia mente insana e hanno deciso di stravolgere ogni cosa. Quindi è colpa loro se vi siete ritrovati a leggere questo capitolo infinito.
Sinceramente, queste ultime pagine sono state davvero un parto, soprattutto perché non sapevo nemmeno io quale sarebbe stata effettivamente la Fine.
Forse un po’ sdolcinata, lo ammetto, ma dopo tutto quello che Steve e Anthea hanno passato, si meritavano un po’ di tranquillità, no?
Spero davvero che le vostre aspettative non siano state deluse.
Adesso voglio ringraziarvi, ve lo devo, perché questa storia ci ha tenuti virtualmente uniti per un anno, ci pensate? Che cosa fantastica!

Grazie a:
acator
Calliope82
crazyapple
Elle85
giuly_dramione
jamiesmile
Kat_Winchester
kenner
martinact
Mumma
Portuguese D Rogue
Siria_Ilias
queensan
StevenRogers
The_Warrior_Of_The_Storm
Viola Banner
 _Alesia_
winterlover97
julya_95
Kyem13_7_3
Sofy_Candy
DalamarF16
fredfredina
gleencester
happyfun
Shaunee Black
Ragdoll_Cat


Per aver seguito, ricordato o preferito (o anche più cose insieme *.*) la storia.

Mi avete sostenuto per tutto questo tempo e non so davvero cosa dire.
Solo voi potete dirmi se è valsa la pena leggere questa storia fino alla fine ed io ho maledettamente bisogno di sapere cosa ne pensate, voi che ci siete sempre stati.

Grazie a coloro che hanno recensitoSiria_Ilias, Helen Black, Mumma, Viola Banner, Mina damn stars, _Alesia_ , winterlover97 (che negli ultimi capitoli è sempre stata presente e che ci era tanto rimasta male per la morte di Steve. Hai visto? È vivo!), DalamarF16 (sai, ricordo ancora che la tua è stata la primissima recensione, e le ultime che mi hai lasciato erano davvero poemi troppo dolci *.*).

Adesso voglio assolutamente ringraziare Ragdoll_Cat.
Accidenti, tu c’eri ad ogni capitolosemplicemente sempre. Mi hai dato idee quando ne ero a corto, mi hai corretto quando ho sbagliato, mi hai coperto di commoventi, divertenti e dolcissimi complimenti quando l’ho meritato. È anche grazie a te se sono arrivata alla fine di questo lungo percorso.
Quindi semplicemente grazie.

Che dire ancora?
Godetevi ogni istante della vostra vita e passate una buona estate.

Mi rifarò viva, questo è certo, perché non sono ancora stanca di scrivere sugli Avengers, li amo troppo.
E Steve lo amo troppissimo.

Quindi questo è un arrivederci, niente addii *.*
Lieta di aver giovato alcune delle vostre giornate, anche solo per qualche minuto.
Un abbraccio immenso <3

La Vostra Ella
   
 
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