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Autore: NIKELMANN    12/06/2015    0 recensioni
Questa serie di racconti è una sfida di scrittura con ezuccanigra (http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=743097); a turno usiamo un personaggio ispirato all'altro autore per un racconto breve, a cui l'avversario risponde con la stessa ambientazione; chi desidera può fare da giuria, recensendo di volta in volta chi crede stia facendo il lavoro migliore... non preoccupatevi di seminare zizzania, è solo un gioco!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ely aveva appoggiato quello specchio al pavimento, inclinato quel tanto che bastava a non farlo cadere a terra. Il suo vecchio specchio non andava bene, ovviamente. Sdraiata sul letto, con il torcicollo, non poteva guardarlo per intero, ma non aveva voglia di muoversi. Non aveva un valido motivo per muoversi.
Però gli altri la aspettavano, così, morbidamente, si mise a sedere. Ora poteva vedere fuori dalla finestra da quello specchio. Un piccione frullò le ali nel suo angolo in alto a destra. Forse era un corvo. Il sole continuava ad abbassarsi, sia fuori dalla finestra, che dentro nello specchio.

Si mise un lungo vestito ad un solo pezzo, con quei pois, che a lei piacevano tanto. Per mettere in evidenza la propria vita stretta, ci abbinò una catenina dorata. Doveva solo mettersi il trucco, ma lo specchio era già troppo buio. Una cosa doveva fare e non la faceva. Indossò dei sandali con pesanti ed alte zeppe.

Prese i propri trucchi e fece per avviarsi al bagno, dove si sarebbe truccata. Esitò sulla porta, per un secondo le balenò per la testa il pensiero che non ci fosse un mondo oltre la porta, che l'universo si fermasse a quella soglia. Ritornò sui propri passi e fissò lo specchio. Si abbassò in modo da poterlo fissare dritto negli occhi, quello specchio opaco, patetico, buio e silenzioso. Si sollevò in piedi e, dall’alto della propria superbia, innalzata dai tacchi, sollevò un sandalo, per poi abbatterlo violentemente nel centro dello specchio.

Mentre stava uscendo dalla stanza, come vetri rotti dal gelo, le crepe continuavano ad estendersi lungo tutto l’oggetto, finché non fu altro che un pannello di compensato, intento a guardare i frammenti di sé sparsi sul pavimento, con aria rassegnata. In quella stanza, ora quasi completamente buia, non brillavano poi nemmeno tanto.
   
 
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