Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: HannibalLecter    12/06/2015    1 recensioni
Londra, Regno Unito. Cecilia, quasi medico, soprannominata Voldemort, a causa del suo gatto Draco e dei suoi comportamenti a volte aggressivi e psicotici, sopravvive grazie alla scorta di gelato nel suo freezer, alle serie Tv che le fanno trascorrere notti insonni e ai suoi amici, tutti più sciroccati di lei. C'è Noel, suo coinquilino gay, isterico e vanesio, batterista chiassoso e commercialista da strapazzo che tiene sotto controllo le spese di tutti tranne le sue, la sua amica Sienna, logorroica e fashion victim senza speranza di guarigione, i fratelli Adam, egocentrico e mono neuronico, dotato però di una voce stupenda, e Hannah, ecologista, vegetariana, animalista, femminista e qualsiasi cosa finisca con -ista e implichi cortei di protesta, incatenamenti ai cancelli del parlamento, scioperi della fame o incursioni notturne per liberare le foche dello zoo, Sebastian, cugino altolocato e insopportabilmente saccente e poi c'è Ezra che non somiglia per nulla a Derek Shepherd, Jon Snow o Matthew Crawley eppure fa ballare lo stesso il flamenco agli ormoni di Cece con le sue fossette e i suoi accordi di chitarra.
Di che cosa parla veramente questa canzone? Di tutto ciò e di niente di tutto ciò.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

Faceva freddo, un freddo becco qualcuno avrebbe detto, di quelli che trapassano maglioni e cappotti e penetrano fin nelle ossa lasciandoti scie di gelo per tutto il corpo.

Le strade erano deserte, avvolte nella luce spettrale ed intermittente dei vecchi lampioni che costeggiavano il lungo fiume, lastricate da uno spesso strato di neve trasformata in una lamina di ghiaccio dalle migliaia di passi che aveva sorretto. Il fiume scorreva silenzioso poco più in basso e in lontananza si udiva l'eco di una sirena.

Affrettai il passo cercando di non rompermi l'osso del collo scivolando sulla superficie lastricata del marciapiede ghiacciato. La mia pesante sciarpa di lana a righe non bastava a ripararmi dalle folate di vento gelido che soffiavano nella mia direzione rendendo la pelle del mio viso insensibile.

Sospirai di sollievo nel vedere poco più avanti la debole luminescenza verdastra prodotta dall'insegna del pub verso cui ero diretta. Sbattei rapidamente i piedi per scrollare via la neve rimasta adesa ai miei stivali e spinsi la porta di legno cigolante adornata con una ghirlanda, ricordo del periodo natalizio appena passato.

Un sorriso nacque spontaneo sulle mie labbra non appena entrai nel locale e un meraviglioso tepore mi avvolse e una dolce musica mi diede il benvenuto.

Mi sfilai rapida la cuffia e scrollai i miei lunghi capelli castani. Rivolsi un veloce saluto a Sally mentre sistemavo il mio cappotto su una gruccia libera nel guardaroba.

Nessuno aveva mai capito veramente quale fosse il ruolo effettivamente svolto da Sally all'interno del locale. Ogni sera, martedì escluso, tu la trovavi appollaiata sullo sgabello nell'atrio del locale, tra la porta che conduceva alle toilette e quella per il guardaroba. Era sempre intenta a scribacchiare su un quadernino dalle pagine gialle e smetteva solo quando lo scampanellio della porta d'ingresso annunciava un nuovo arrivato, allora, in quel caso, distoglieva per pochi secondi la sua attenzione dalle pagine riempite da fitto inchiostro giusto il tempo per rivolgere loro un sorriso assente prima di perdersi nuovamente nel suo mondo di carta e parole.

La sua chioma bionda fu la prima cosa che vidi non appena sbucai nell'ampia stanza che ospitava il locale vero e proprio. Stava parlando in modo concitato con Will, il cameriere del weekend, e lo si poteva capire dal continuo gesticolare delle sue mani e dal lieve ma frenetico dondolio del suo piede.

Sienna era tutto tranne che inglese. Terribilmente impicciona, adorava le battute volgari, parlava sempre ad alta voce, era perennemente in ritardo e parlava. Sempre. Non era capace di stare in silenzio per più di due minuti, riusciva a trovare validi argomenti di conversazione con chiunque: dalla trisnonna sorda del suo vicino di casa al neonato di due settimane della sua parrucchiera. In assenza di un interlocutore umano non disdegnava il relazionarsi e il discorrere con gatti, api, gerani o pacchetti di biscotti.

«Cecilia! Sei in ritardo!», mi apostrofò non appena il suo iperattivo cervellino decise, per mia sfortuna, di lasciare un attimo di respiro al povero Will, visibilmente provato dalla chiacchierata a senso unico con Sienna, per dedicarsi ad una vittima fresca fresca, ovvero io.

Sorvolai sulla sua allusione al mio ritardo e mi limitai ad alzare gli occhi al cielo esasperata.

«Vederti è sempre una gioia», commentai dandole un veloce bacio sulla guancia ricoperta di fard, «Will, oggi è giovedì, che ci fai qui?».

Ovviamente il diretto interessato non fece in tempo a rispondere perché Radio Sienna lo aveva battuto sul tempo iniziando a raccontarmi dell'infortunio del povero Jim, che era caduto mentre scaricava dei bancali e si era slogato una caviglia. Il medico era stato categorico: riposo assoluto per una settimana.

«Come avete fatto a convincerlo a restare nel suo appartamento senza scendere quanto meno a supervisionare?», domandai divertita.

Quel pub esisteva solo se esisteva Jim, l'anima di questo locale. Lui lo aveva aperto nel lontano 1991, lui preparava i cocktails, lui aveva gli agganci giusti per procurarsi birra Guinness per veri intenditori, lui da anni tramite il suo spirito di iniziativa e la sua totale fiducia nella gioventù piena di talento musicale che popolava scantinati e garage di Londra promuoveva nuovi gruppi e cantanti emergenti ospitando i loro concerti.

Probabilmente avevano dovuto sedarlo o legarlo al letto per assicurarsi che non rischiasse di peggiorare la situazione della sua già malandata caviglia ruzzolando giù per le scale nel vano tentativo di fare un salto a controllare che il suo bar fosse ancora in piedi.

«C'è Karen che riveste il ruolo di cane da guardia per questa settimana», mi spiegò Will mentre sciacquava un paio di boccali da mezzo litro.

«Direi che assomiglia più ad un mastino...», specificò Sienna riferendosi al carattere dispotico della madre di Jim, che, a quarant'anni suonati, era ancora terrorizzato dalla sua genitrice e le obbediva come un agnellino.

Balzai giù dallo sgabello facendo attenzione a non ammazzarmi nel tentativo di mostrarmi agile, «Allora andrò a fargli un salutino così lo salvo per qualche minuto dalla sua adorabile mammina».

Quella sera il palco nell'angolo era vuoto, solo un ragazzo con un maglione verde se ne stava in un angolo, intento ad accordare una chitarra acustica di legno scuro, a testa china. Non sembrava curarsi delle poche persone sedute nella stanza attorno a lui o della musica jazz che riecheggiava a basso volume dalle casse. Aveva i capelli più spettinati che avessi mai visto nella mia breve vita, e detto dalla sottoscritta, campionessa nella lotta contro nodi e capelli ingarbugliati nemici della spazzola, era davvero una cosa insolita. Fu solo in quel momento che mi accorsi che aveva sollevato lo sguardo e mi stava rivolgendo uno sguardo interrogativo. Avvampai imbarazzata perché lo avevo fatto di nuovo. Avevo il brutto vizio di perdermi nei miei pensieri e mentre lo facevo mi ritrovavo, inconsapevolmente, a fissare la mia attenzione su qualcosa, e quando quel qualcosa era una persona il tutto risultava abbastanza imbarazzante per la sottoscritta che agli occhi dei poveri sconosciuti, sottoposti ad un esame non gradito, probabilmente mi davano mentalmente della stalker o della psicopatica.

Feci una rapida piroetta per dargli le spalle nel più breve tempo possibile e mi diressi quasi correndo verso la porticina rossa che conduceva al magazzino e alla scala dell'appartamento di Jim.

Come tutti i cani da guardia degni di  questo nome la Signora Karen mi intercettò non appena feci per abbassare la maniglia della porta di vetro smerigliato sul pianerottolo delle scale. La sua testa, con relativa pettinatura fresca di parrucchiere, fece capolino sulla soglia e mi ritrovai addosso due occhietti vispi che mi squadravano inquisitori.

«Mi sembra di essere la madre di Elton John», esclamò facendosi di lato per farmi entrare, «Ha avuto più visitatori Jimmy in un solo giorno di convalescenza che Michael Jackson quando è morto!».

Non sapendo come replicare mi limitai ad un sorriso d'assenso. Jim diceva sempre che le madri non andavano contraddette se non si voleva andare a caccia di guai e che questa primaria regola per la sopravvivenza e la serenità domestica valeva nel caso di Karen.

«Tu saresti?», mi domandò poi mentre mi faceva strada.

«Cecilia, un'amica di Jim», risposi rapida senza specificare il fatto che sapevo benissimo dove fossa la camera di Jim dato che era successo più di una volta che, a causa della troppa Tequila, restassi a dormire da Jim, che oltre ad essere un bravo barista ed un ottimo amico era anche il rifugio di tutti i suoi avventori affezionati ed ubriachi.

«Un'amica eh?», ripeté sospettosa scrutandomi ancora una volta.

Un esasperato «Mamma!» giunse da dietro la porta socchiusa che dava sulla stanza di Jim. La signora mi dedicò un ultimo sguardo ammonitore prima di darmi le spalle e, ticchettando dall'alto di un paio di stivaletti dal tacco a spillo, tornarsene in cucina.

Jim era sdraiato al centro del suo grande letto matrimoniale ricoperto dalla solita trapunta patchwork dai mille colori. La caviglia era fasciata da un candido bendaggio, probabilmente opera dell'amorevole madre.

«Ehi Cece!», mi salutò felice facendomi cenno di avvicinarmi e sedermi vicino a lui.

Mi sfilai rapida gli stivali e salii sul letto facendo attenzione a non colpire inavvertitamente il piede già malandato. Mi sedetti appoggiandomi alla testiera di legno chiaro del letto e mi chinai a dargli un affettuoso abbraccio.

«Ah Jim cosa mi combini insomma?», lo rimproverai scherzosamente, «Perché non mi hai avvertito? Sarei venuta prima», gli feci notare.

«Primo, sapevo benissimo che oggi avevi un esame, secondo mamma chioccia mi ha ritirato il telefono perché sostiene che tutti quei messaggi e quelle chiamate mi impedivano di riposarmi», mi spiegò stropicciandosi pigramente un occhio, «Averla qui ventiquattr'ore mi sta facendo impazzire: vuole rassettare, pulire, buttare tutto ciò che trova. È inarrestabile...».

Ridacchiai immaginandomi la Signora Karen che spolverava le centinaia di cd e vinili, che erano il fiore all'occhiello del figlio, invertendo l'ordine cronologico precisissimo secondo cui Jim li aveva sistemati sugli scaffali. Probabilmente Donna Summer sarebbe finita accanto ai Blur e i The Who avrebbero fatto compagnia a Simon & Garfunkel.

«Pensa positivo; almeno per questa settimana potrai mettere in pausa la tua dieta basata su bistecche mal cotte e fagioli in scatola», lo presi in giro.

«Magari! Mi propina solo brodini e purè come se fossimo in una casa di riposo»

«Devo quindi dedurre che mangi alle cinque e mezza e vai a dormire alle sette?»

«Sì! Infatti ho già fame. Non è che potresti portarmi...»

«Nonono, non oserei mai contraddire le disposizioni di mammina», lo fermai prima che potesse chiedermi ciò che sapevo già benissimo.

Una porzione take away di ali di pollo e patatine con salsa piccante dal messicano all'angolo della strada.

Jim campava grazie alla pizza da asporto, il take away, il cinese a domicilio, i surgelati e i prodotti in scatola. I muffin e le torte deliziose che facevano spesso bella mostra di sé sull'alzata in cristallo, regalo di mia madre che avevo bellamente sbolognato a Jim, erano creazioni di Sally e l'unico contributo da lui offerto era il mangiarne la metà nel tragitto cucina-bar.

«Ho fame!», protestò mettendo il broncio come fanno i bambini a cui viene negata l'ennesima caramella.

«Niente cibo fino a domattina! E non fare i capricci», una voce lo ammonì all'istante. Non una voce ma La voce, un attimo dopo seguita dalla sua legittima proprietaria.

Dovetti fingere di sbadigliare per nascondere il sorrisetto che mi si era stampato in volto nel vedere il povero Jim alzare gli occhi al cielo esasperato mentre la Signora Karen gli rimboccava amorevolmente le coperte.

Capii che l'incursione della mamma di Jim era stata studiata ad hoc per farmi capire che era ora levassi le tende e lasciassi dormire il malato. In fondo era tardissimo: la radiosveglia sul comodino segnava le 8.47 p.m.

Mi rinfilai gli stivali e, dopo aver salutato velocemente madre e figlio, con particolare ghigno irrisorio rivolto a Jim alle spalle di sua mamma, ridiscesi al piano di sotto.

Ero ancora sulle scale quando il mio telefono nella tasca posteriore dei jeans iniziò a vibrare insistentemente.

Noel.

Sbuffando scorsi il dito sullo schermo per accettare la chiamata. Il mio amato coinquilino aveva il brutto vizio di chiamarmi per ogni sciocchezza. Purtroppo era una persona che non si perdeva d'animo facilmente perciò non rispondergli portava solo ad avere 117 sue chiamate perse.

«Cos'è successo stavolta? Ti sei scordato dove hai messo la crema idratante? Ti dei dimenticato di registrare l'ultima puntata di Pretty Little Liars? Sono finiti i mirtilli con i loro preziosissimi ed irrinunciabili antiossidanti?», domandai prendendolo in giro.

«Questa volta è una cosa seria: Draco si è mangiato una vaschetta maxi di gelato e ora ha una strana tonalità verdastra...», mi informò preoccupato.

Mi sedetti sull'ultimo gradino della scale e mi passai una mano tra i capelli.

«La vaschetta da tre chili?», domandai cercando di restare calma.

Era impossibile. Draco era un gatto dall'appetito piuttosto generoso ma se neanche io e Hannah eravamo riuscite a finire da sole la vaschetta da tre chili mentre ci struggevamo e rischiavamo la disidratazione a forza di piangere guardando uno stupido filmetto di Nicholas Sparks non poteva avercela fatta un gatto grasso.

«Sì! Io...io non so come sia potuto succedere...cioè sono stato in doccia per pochissimo tempo. Cinque minuti...dieci forse...ok un quarto d'ora ma...»

Interruppi i suoi farfugliamenti confusi non appena il mio cervello elaborò la notizia appena ricevuta.

«Vuoi dirmi che sei appena uscito dalla doccia?! Noel, testa di broccolino che non sei altro, quando sono uscita di casa un'ora fa tu eri già da mezz'ora sotto l'acqua calda a gorgheggiare cercando di imitare George Michael!»

Quel ragazzo mi avrebbe resa pazza. Oltre che povera a forza di consumare un terzo del patrimonio idrico mondiale ogni volta che si faceva una doccia. E lui si lavava molto molto spesso. Molto più spesso di qualsiasi normale persona pulita e amante dell'igiene presente sul globo.

«Cece, non succederà più te lo prometto ma ora ti prego torna a casa a salvare Draco! Io non so che fare e non vorrei vomitasse sulle mie pantofole nuove...»

Picchiettai nervosamente le dita sulla superficie di legno del gradino pensando ad una rapida soluzione. Storsi il naso, c'era odore di fumo in quella stanza.

«Guarda nel cassetto sotto al bollitore; dovrebbe esserci un'agendina con la lista dei numeri da chiamare per le emergenze: cerca il veterinario. Nel frattempo ti metto in vivavoce e cerco nella mia rubrica...»

Mentre scorrevo rapida tra i mille nomi che figuravano come miei contatti Noel iniziò ad elencarmi i nomi presenti sull'agendina.

«Tua madre no, mia madre no, padri, nonni, zii vari no, bisnonno Samuel? Tu in caso di emergenza chiameresti il tuo bisnonno centenario?!», la sua voce incredula riecheggiò in tutta la stanzetta buia.

«Noel, datti una mossa!»

Dustin Day

Dylan

Edith

Elliott Mitchell

Ernest Fray

Eva Kline

Eve

Felicity Dust

François Truffat

Trovare quel benedetto veterinario si stava rivelando più complicato del necessario.

«Hannah no, Adam pfff, Oliver men che meno, Sienna come se potesse mai aiutarci in qualcosa, Keira nah, estetista direi di no...», Noel continuava a borbottare imperterrito, «Sai almeno come si chiama?»

«Mark Qualcosa...»

«Sicura? Qui non c'è alcun Mark ma in compenso c'è un Eric con tanto di cuoricino scribacchiato accanto...»

«Certo che si! Io mi ricordo sempre i nomi! Comunque lascia stare l'ho trovato. Lo avevo salvato sotto il nome Veterinario, ci sarei potuta arrivare prima...»

Due minuti più tardi stavo ringraziando il veterinario prima di chiudere la chiamata.

Mandai un rapido messaggio a Noel intimandogli di non muoversi che il veterinario stava arrivando e io con lui.

Mi alzai dal gradino su cui ero seduta e proprio in quel momento sentii un trambusto e un'imprecazione provenire dalla mia destra.

«Chi è?», domandai cercando la torcia tra le mille funzioni inutili del mio smartphone.

Quando alzai il telefono il fascio di luce bianca incorniciò il viso del ragazzo con la chitarra, che si riparò gli occhi di fronte a quella luminosità fastidiosa ed improvvisa.

Abbassai il telefono e mi avvicinai all'angolo della stanza dov'era lui.

Vidi che la finestra era socchiusa e che la fievole luce arancio di una cicca di sigaretta non ancora spentasi faceva capolino dal posacenere che Jim teneva sul davanzale.

Ecco spiegato l'odore di fumo.

Feci qualche passo indietro e tastai il muro alla ricerca dell'interruttore della luce, che sapevo essere accanto alla prima scaffalatura sulla destra.

La stanza diventò improvvisamente chiara, nonostante la lampadina che pendeva solitaria dal soffitto scrostato fosse una di quelle a bassa intensità luminosa.

Non appena i miei occhi si abituarono alla luce ebbi finalmente la possibilità di guardare il ragazzo in volto.

Era indubbiamente carino. Sì, proprio carino. E credo che ciò che lo rendeva tale fossero quei capelli così spettinati e l'aria un po' persa.

«Da quanto tempo sei lì?», gli domandai sospettosa.

«Dall'inizio della tragicomica...», mi rispose tranquillo abbozzando un sorriso.

Oh cazzo. Non era lo sguardo perso. Non erano i capelli spettinati. Erano quelle deliziose fossette che gli si erano appena formate ai lati della bocca a renderlo maledettamente carino.

«Il mio gatto sta male e il mio coinquilino starà male dopo che sarò tornata a casa e gli avrò dato una bella lezione», gli spiegai cupa.

Lui scoppiò a ridere e quelle stupende fossette tornano e io per un attimo mi scordai di essere nel magazzino del bar di Jim, di Draco e di Noel l'idiota e mi persi nel guardare le fossette di quel ragazzo sconosciuto.

Mi riscossi rapidamente, mi diedi mentalmente della sciocca ragazzina che va in iperventilazione alla vista di due stupide fossette e feci per andarmene ma mi fermai quando lo sentii parlare: «Anche io tengo la mia bisnonna di 102 anni tra i contatti d'emergenza...»

Mi voltai nuovamente e lo squadrai, incerta su cosa ribattere.

«Ezra», esclamò all'improvviso porgendomi una mano e corredando il tutto con una fugace apparizione delle fossette gemelle.

Proprio in quell'istante il nome di Noel iniziò a lampeggiare sullo schermo del mio telefono.

Rivolsi ad Ezra uno sguardo di scuse e risposi alla chiamata: «Dimmi»

«Ha iniziato a fare dei miagolii strani ed è da un minuto buono che se ne sta immobile spanciato sul parquet...sono un po' preoccupato. Quanto ci impiega Mark il veterinario ad arrivare?», mi domandò concitato il mio coinquilino.

«Arrivo immediatamente», lo rassicurai avviandomi verso la porta, «Lascialo tranquillo ma continua a tenerlo d'occhio», mi congedai rapida.

«Ezra...», lo salutai velocemente prima di uscire e lanciare un ultimo sguardo al ragazzo dalla belle fossette.

Non appena tornai nella sala principale del locale mi venne da piangere alla vista di Hannah e Adam seduti accanto a Sienna, intenta a trattenerli con uno dei suoi monologhi. Non sarei mai riuscita a raggiungere casa.

«Cecilia!», strillò quel cretino biondo di nome Adam.

Mi precipitai ad abbracciare alla svelta Hannah, riservai al suo fratellino una rapida tirata di capelli e borbottando delle scuse mi avviai al guardaroba.

Mi ero appena imbacuccata per bene, pronta ad uscire per affrontare il gelo invernale, un gatto con indigestione da gelato e un coinquilino gay isterico, quando un affannato «Aspettaci!» mi fece fermare.

Sienna, infagottata in un pellicciotto color viola con tanto di paraorecchie abbinato, mi sventolò di fronte al naso il suo cellulare.

Le bloccai il polso per evitare che mi facesse venire il mal di mare e guardai la foto del mio povero Draco spiaggiato sul pavimento con un colorito cadaverico.

Quello scemo di Noel invece di confortare il mio povero gattone lo fotografava e inviava la foto a tutti i nostri amici.

Maledetti gruppi di Whatsapp!

«Forza andiamo!», ci esortò Hannah, avvolta nel suo cappotto giallo limone.

«Andiamo dove scusa?», le domandai stranita.

Io andavo. Loro restavano.

«A salvare il gatto di Voldemort!», esclamò Adam spuntando alle spalle di sua sorella trascinandosi appresso Belle Fossette.

«Per carità! Già dovrò contenere un idiota non mi servite anche voi!», esclamai spalancando decisa la porta d'ingresso.

Porta che richiusi dopo una frazione di secondo. Come era potuto succedere che nell'ora in cui ero stata nel pub si era scatenata una tempesta di neve?

«Io ho un'auto trallalero trallala...», mi canticchiò in un orecchio Adam.

Lo afferrai per un orecchio e gli sibilai: «Sarà meglio per te che neanche il più piccolo dei fiocchi di neve sfiori la mia persona...»

Un minuto dopo eravamo tutti e cinque pigiati nell'utilitaria color puffo della Signora Spencer, madre di Hannah e Adam.

«Spiegatemi cosa ci fa lui qui», feci notare dal sedile posteriore, dove ero stata schiacciata tra Hannah, il pulcino, e Sienna, il Teletubbies viola.

«Ezra ti presento l'adorabile e svitatissima Cecilia Lawrence, Voldy ti presento Ezra Cunningham», mi introdusse il simpaticissimo ed irritante Adam.

«Cecilia...», ripeté Ezra sorridendomi.

Chi aveva creato quelle perfette fossette sulle sue guance?

«I ragazzi stanno pensando di far entrare Ezra nel gruppo», mi spiegò Hannah tranquilla.

Ecco spiegato l'arcano.

Dopo mille frenate e accelerate a casaccio di Adam, centinaia di imprecazioni di Sienna e ventitré chiamate perse da Noel arrivammo finalmente a destinazione.

Io e il cretino condividevamo un quadrilocale in una palazzina un po' vecchiotta, di quelle in mattoni con le scale anti-incendio. Ognuno aveva la sua stanza ma purtroppo il bagno era da condividere e Noel era peggio di dieci donne messe insieme: ore e ore a pettinarsi, lavarsi, spalmarsi addosso ogni sorta di intruglio e poltiglia e rimirarsi allo specchio e fare la ruota tutto tronfio. La terza stanza era La Terra di Mezzo detta anche cabina armadio. In quei quattro metri quadrati scarsi, separati in due metà perfette da una linea invisibile, erano stipati abiti, cappotti, borse, scarpe, cinture, cappelli ed ogni sorta di accessorio di moda inutile ed assurdo miei e di Noel. I suoi ovviamente superavano di gran lunga i miei.

La povera Hannah rischiò di trovarsi stampata in fronte la porta d'ingresso dell'appartamento tanta era la foga con cui Noel la spalancò all'improvviso.

«Grazie a Christian Dior siete qui!», ci accolse esagitato, «Secondo me è morto...»

Gli tirai uno scappellotto prima di precipitarmi al capezzale di Draco. Poveretto, aveva davvero una brutta cera.

«Una volta il gatto della mia vicina si bevve un intero bottiglione di ammorbidente...», iniziò a raccontare vaga Sienna mentre si liberava del suo topo viola peloso.

«E...?», la incoraggiò Hannah.

«E morì», concluse sorridendo.

«La vicina o il gatto?», si informò Adam.

Oddio frequentavo sul serio gente così idiota?

Noel iniziò a piagnucolare perché la sua vita sarebbe stata più buia se Draco non ne avesse più fatto parte.

Bugiardo. Bugiardo. Bugiardo.

Se solo avesse saputo come farlo e avesse avuto lo stomaco per farlo davvero avrebbe scuoiato vivo il mio povero gatto per poi utilizzare il suo pelo come decorazione per il suo cappotto di puro cashmere.

In quel momento un bussare deciso alla porta mise fine, almeno per il momento, a quel circo.

Noel smise immediatamente di frignare e corse di fronte allo specchio che capeggiava all'ingresso e si assicurò di essere in ordine, nei suoi pantaloni super aderenti e nel suo maglione dolcevita, che lo faceva assomigliare ad un bohémien parigino.

Sienna, nel giro di tre secondi, riuscì a pescare dalla sua borsa lillà che ricordava un trolley per le dimensioni uno specchietto e una trousse e ad imbellettarsi.

Il veterinario si rivelò essere un uomo sui trent'anni, molto alto ed abbronzato.

Con la coda dell'occhio vidi Sienna drizzare le antenne, iniziare a passarsi le dita tra i capelli e fare gli occhi languidi. Tutto ciò non sfuggì a Noel che le rivolse uno sguardo assassino.

Scambiai un'occhiata esasperata con Hannah e accompagnai il bel veterinario accanto alla quasi salma del mio animaletto domestico.

Lo visitò rapidamente, rigirandolo come un calzino, e poi si rialzò in piedi decretando che si trattava di un'intossicazione e che avrebbe dovuto portarlo con sé alla clinica per quella notte.

Noel cercò in ogni modo di convincerlo a restare per un caffè, per una partita a scarabeo, per raccontargli di come il suo canarino morì di crepacuore ma quello declinò cortesemente ogni invito.

Noel e Sienna furono così costretti a dirgli addio mentre io accarezzavo e rassicuravo il mio povero Draco.

«Arrivederci Mark e grazie ancora. Ci vediamo domani quando verrò a riprendere il mio tesorino», tubò il mio coinquilino.

Il suo tesorino?

«Va bene, a domani», poi aggiunse, «Io mi chiamo Eric però...»

Opsss.

Noel mi fulminò con lo sguardo: «Allora il cuoricino era per lui! Imbrogliona!», mi accusò offeso.

Eric ci guardò perplesso: «Cuoricino?»

«Lasci stare. A domani!», lo congedai spingendo lui con il mio gatto tra le braccia fuori dalla porta, prima di chiudermela alle spalle e voltarmi per picchiare quel cretino di Noel.

«Credo comprerò anche io un gatto e lo rimpinzerò ogni giorno di gelato...», asserì Sienna che tra un po' aveva gli occhi a cuoricino.

«Partitone a Monopoli?», domandò Hannah.

«Sì! Voglio lasciarti in mutande per la milionesima volta cara sorellina», esclamò entusiasta Adam.

«Come vedi qui non ti puoi annoiare», sussurrai ad Ezra, che fino ad allora se ne era rimasto in disparte, passandogli accanto per andare a recuperare la scatola del gioco e i biscotti al cioccolato.

 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: HannibalLecter