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Autore: Muse_on_Mars92    13/06/2015    3 recensioni
"C’è un arcobaleno di vita dentro di te, ma tu spesso scegli di non mostrarlo. E quelle poche volte che lo fai, liberi solo i colori più cupi. Forse cerchi di crearti un'aura di difesa dal mondo. Con me, non devi farlo. Mostrami tutto quello che sei, senza paura, lo apprezzerò e ne sarò felice. Perché è facile amare qualcuno, solo per i suoi pregi. Di te, voglio anche i tuoi difetti. Li pretendo e amerò anche quelli. Cosi non ci sarà nessuna maschera a nasconderti. Cosi saprò che per te non sono uguale al resto del mondo. Arrenditi alle tue difese, arrenditi a me, saprò accoglierti. "
Questa è una BellDom intesa come un viaggio. Un viaggio che parte dalla mente di Dom per concludersi in una sola, unica e dolce destinazione...Matt
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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 Suggerimento: se vi va, ascoltatela con Aftermath in sottofondo dato che è stata proprio quella canzone dolcissima ad ispirarmi l'intera oneshot e a renderla, anche un pochino, magica :) Buona lettura a tutti, spero possa piacere a qualcuno...cheers e pwopah fish! xD

 

WE'RE BOUND TOGETHER, NOW AND FOREVER!




Ti guardo. Quando parli, mentre gesticoli veloce. Ti guardo. E guardo le tue mani, immacolate, dalle dita lunghe e affusolate, che si muovono svelte per formulare pensieri e parole. La tua mente viaggia a 100 km/h. Troppo in fretta per riuscire a starti dietro, troppo geniale per un sempliciotto come me. Eppure, è proprio quella la parte che amo più del tuo essere. Non te l’ho mai detto, anzi ti ho fatto credere sempre il contrario. Quando litighiamo e dico che non ti capisco e mai riuscirò a farlo perché:
“Sei cosi complicato!” ti urlo delle volte, in verità sto mentendo spudoratamente. Se non fossi cosi come sei, non ti amerei! Non saresti tu. Tu con i tuoi momenti difficili, tu che ogni tanto mi escludi dalla tua vita per chiuderti in un limbo oscuro, fatto di sola solitudine.
“ Sei cosi radioso Dom, non meriti di perdere il tuo splendido sorriso per me!”
Mi dici.
E ancora:
“Tranquillo, poi mi passa”
Aggiungi sforzandoti di sfornare un sorriso rassicurante, falso.
Mi dici sempre questo quando pensi che nessuno ti possa aiutare. Che sciocco, io posso farlo se solo me lo permettessi. E sei ancora più sciocco perché credi d’essere riuscito a farmela bere, ogni volta. Ti conosc, Matt, più di quanto tu possa pensare. Conosco quello che potrebbe turbarti, prima che questo arrivi a tormentarti! Ma forse non hai ancora capito che per te perderei anche 100 anni di sorrisi, solo per tornare a vedere il tuo, su quelle labbra che non sono nate per essere imbronciate. Anche se mi tocca ammettere che quando sei imbronciato, forse, mi piaci ancora di più. Si, sono proprio cotto di te. Si, sono solo uno stupido frocio. Uno stupido frocio perso dentro di te. Perso in ogni sfumatura dai colori sgargianti, e tutti diversi tra di loro, che compone la tua fragile anima. C’è un arcobaleno di vita dentro di te, ma tu spesso scegli di non mostrarlo. E quelle poche volte che lo fai, liberi solo i colori più cupi. Forse, cerchi di crearti un'aura di difesa dal mondo. Con me, non devi farlo. Mostrami tutto quello che sei, senza paura, lo apprezzerò e ne sarò felice. Perché è facile amare qualcuno solo per i suoi pregi. Di te, voglio anche i tuoi difetti. Li pretendo e amerò anche quelli. Cosi non ci sarà nessuna maschera a nasconderti. Cosi saprò che per te non sono uguale al resto del mondo. Arrenditi alle tue difese, arrenditi a me, saprò accoglierti.
Ti guardo, mentre ti muovi per accavallare la gamba con scioltezza e disinvoltura. Ti guardo e penso a quanto sai essere bravo ad ingannare gli altri, con questo tuo fare da “Bello e tenebroso” che affascina e incanta tutti. Ti guardo e penso a quanto sei riuscito ad affinare la tecnica, in tutti questi anni. Ma no Matt, non con me. Non non mi prendi in giro. Ti mostri sempre cosi sicuro di te alle telecamere, ma il mondo non sa che dietro a quello sguardo blu ed incomprensibile, si nasconde un intero universo fatto d’insicurezza. Io sono l’unico a saperlo. L’unico che in quest’universo ha deciso d’avventurarsi senza timore. Ad occhi chiusi, senza fare domande, silenzioso mi ci sono buttato dentro a capo fitto, fregandomene delle conseguenze. Fregandomene delle mete dove avrebbe potuto portarmi, tanto ero sicuro che qualsiasi destinazione m’avrebbe portato solo a te. Te, quello che ho sempre voluto dall’inizio di questo lungo viaggio. E non mi pento di nulla, tutto quello che ho fatto, con te e per te, lo rifarei ancora senza esitare per più di un secondo. Perché, Matt, tu sei il viaggio più bello che la vita m’abbia mai regalato. Mi hai riservato sentieri tortuosi e momenti di sconforto, dove avrei voluto solo ingranare la retromarcia e tornare indietro. Ma per questi attimi di smarrimento hai saputo ricompensarmi suggerendomi la strada diretta al tuo cuore purissimo. Non potevo ricevere premio migliore. Non smetterò mai di ringraziare, e mai basteranno i ringraziamenti per avermi concesso questo privilegio. Per averlo concesso solo a me.
Ti guardo, adesso stai sorridendo lievemente. Sei imbarazzato, lo capisco da come ti pizzichi ripetutamente la punta del naso con due dita e ti stai appellando a tutte le divinità esistenti sulla terra, per non alzarti e scappare via a rifugiarti nel tuo porto sicuro. Ti agiti, sul divano. Le gambe scalpitano nervosamente ed eccolo li, quel piede che inizia a muoversi freneticamente in su e in giù. Sapevo l’avresti fatto. Guardandoti, cosi in difficoltà, che cerchi di non essere sopraffatto dalle tue stesse emozioni, prendo a sorridere anch’io. Non so che cosa ti ha chiesto questo tipo della tv che continua a blaterare e a farci domande su domande. Non gli sto prestando un minimo d’attenzione e penso l’abbia capito anche lui perché ha smesso di mettermi il microfono davanti alla bocca già dalla seconda domanda poco dopo l’inizio dell’intervista, e ora siamo quasi alla fine. E’ che non voglio perdermi nulla di te, Matt, nemmeno un battito di ciglia. Anche se conosco ogni tuo singolo lineamento del viso a memoria. Ogni tuo singolo lembo di pelle, quel tuo neo sul lato destro delle guancia, il rosa adorabile delle tue labbra sottili. Non mi basti mai. Non mi stancherei mai di guardarti e riguardarti. Se solo si potesse, resterei anche tutto il giorno ad osservarti. Mi hai rapito 20 anni fa con quel tuo sguardo magnetico quando mi hai detto:
“Piacere, sono Matthew, mi insegni a suonare la chitarra?”
E da allora mi hai preso in ostaggio, intrappolato nel blu senza fondo dei tuoi occhi e non mi hai lasciato più libero di andare via da li. Ma non ti preoccupare, anche se tu stesso mi dessi le chiavi per fuggire non lo farei. E’ proprio in quel blu, dalla morsa calda, che voglio stare. E lo so di per certo perché ce ne sono state già tante di occasioni dove volevi lasciarmi libero e io ho sempre rifiutato l’offerta, senza pentirmene nemmeno una volta. Non c’è rimorso che tenga, non c’è niente al mondo che possa farmi cambiare idea. Dopo tutto questo tempo che ho impiegato per conoscerti, per conquistarti, come potrei mollare la presa? Sei il tesoro più prezioso che io abbia mai avuto tra le mani, non me lo lascio scappare cosi facilmente! Sarò per sempre tuo prigioniero, anche quando non lo vorrai più. Ormai sei diventato il mio tutto, la mia parte mancante. Ci sei tu a completarmi, a rendermi migliore, a rendermi felice. Si, proprio tu che, adesso, con quei tuoi occhi che sanno leggere il mio corpo meglio di un libro aperto, mi stai scrutando con un’espressione interrogativa stampata su quel faccino da bimbo curioso.
E ne approfitto ancora una volta in più per guardarti.
Alzo lo sguardo e lo punto dritto in alto, li dove ci sono quei due zaffiri blu. La parte di te di cui vado più orgoglioso. Perché ne ho visti tanti di occhi chiari,ma nessuno ce li ha come i tuoi. Sei l’unico ad averli cosi belli. Con quelle ciglia lunghe ed arrotondate su sé stesse verso le punte, che mi sembrano cosi morbide e rendono il tuo sguardo (che altri giudicherebbero “ Glaciale” per via del colore che ricorda l’abisso dell’oceano) tanto dolce. Tra l’altro, poi, quei tuoi occhi non mentono perché dolce e romantico lo sei per davvero.
E mi manca un po’ il fiato, quando scopro che li stai puntando proprio dentro ai miei. In quel preciso istante, tutto il mondo intorno a noi viene annullato. Spariscono i rumori, la voce quasi irritante di quel tipo, che ci sta fissando aspettando l’ennesima risposta scontata probabilmente. Non esiste più nessuno, ci siamo solo io, tu e quei gioielli che sono i tuoi occhi. Mi succede sempre questo, quando mi guardi e abbiamo un contatto visivo cosi diretto. Te ne sarai mai accorto che riesci a stregarmi, ad incantarmi, con un solo sguardo? proprio come nelle favole. Mi sento un cretino, come una quattordicenne alle prese con la sua prima cotta. Ho provato l’effetto de tuo sguardo su di me proprio a quell’età, quando ti ho conosciuto e mi guardasti negli occhi la prima volta. Ricordo che, quando lo facesti, mi girò cosi forte la testa, che credevo di svenire proprio li davanti ai tuoi piedi. Per fortuna non è successo o:
“chissà che idea stramba ti saresti fatta sul mio conto!”
Pensai in quel momento. Ma, conoscendoti per come sono abituato a saperti ora, sono sicuro che in quell’occasione ti saresti fatto solo una grossa, rumorosissima e goffa risata delle tue. Realizzo dopo tutto questo tempo che mi ero fatto tanti problemi inutili quella volta e che, anzi, avrei dovuto lasciarmi cadere apposta solo per scoprire subito il suono della tua risata. Raramente mi è capitato di sentirne una cosi buffa e cosi sincera, spontanea, in questi quasi 38 anni di vita che mi ritrovo. E’ per questo che la maggior parte delle volte mi comporto da scemo. Lo faccio solo con l’intendo di farti ridere, perché voglio ubriacarmi del tuo sorriso. Perché quando ridi tu, scoppio dentro di gioia. Si, Matt, tu sei la mia gioia di vivere!
Te lo vorrei gridare in faccia, qui davanti a tutti, per farlo sapere al mondo che ho trovato una persona che mi regala ogni giorno un motivo sempre diverso per alzarmi dal letto e vivere fino in fondo. Viverti fino in fondo. Una persona che mi resta accanto e che con il suo essere un eterno bambino, fa diventare bambino anche me. Una persona che mi fa riscoprire emozioni che avevo quasi dimenticato, una persona che può essere descritta con sole due parole: MATTHEW BELLAMY.
Ci ho pensato diverse volte a quanto sono fortunato ad averti come compagno di viaggio in questa vita. E ci penso ancora. Forse in una vita precedente ero una specie di Madre Teresa di Calcutta, che realizzava opere di bene per l’umanità. E tutti quegli sforzi sono stati ripagati adesso, facendo si che un angelo mettesse te sulla mia traiettoria. Perché se non è stato il destino a portarti da me, allora sicuramente è merito del volere divino. Lo sospetto spesso. Se devo dirla tutta, qualche volta ho creduto che tu fossi un angelo. Quante mattine mi sono svegliato con la paura di non trovarti più e ho sempre pregato un qualsiasi Dio, di farti restare qui affianco a me sulla terra per il resto dei miei giorni. Tutto questo perché ormai non so più immaginare la mia vita senza di te. Il mio passato e il mio presente sono pieni di te. La maggior parte della memoria che possiedo è occupata da ricordi dove tu sei sempre presente. Al mio compleanno, per esempio, quando ho compiuto 15 anni. Tu c’eri. Mangiasti enormi pezzi di torta al cioccolato, senza riuscire a fermarti. Ti guardavo, anche allora, avevo sviluppato questa mania di osservarti in silenzio, senza farmi accorgere. TI cacciavi in gola grandi cucchiaiate di impasto, svelto. La panna strabordava dai lati della tuabocca. Ricordo che una goccia ti cadde sul jeans, sporcandotelo. Te n’eri accorto ma non avevi prestato molta attenzione. Hai continuato a mangiare imperterrito, in un angolino isolato della cucina affianco al frigo, mentre il resto degli invitati stava letteralmente demolendo la mia casa. Ti eri isolato, con il tuo piattino e continuavi ad ingozzarti non prestando attenzione al resto del mondo. Ad un certo punto hai iniziato a masticare lento, con difficoltà. La mandibola ti era diventata pesante quanto un macigno e improvvisamente i tuoi occhi ti si gonfiarono e per poco non ti uscirono fuori dalle orbite. Capii subito che c’era qualcosa che non andava. Venni da te per cercare di fermarti.
“Bells, basta! tutta quella torta ti farà male!” ti avevo avvisato io, provando a toglierti il piattino dalle mani. Ma tu dicevi di avere tanto appetito e che non dovevo preoccuparmi. Poi mi hai sorriso. A quel punto, invece, mi sono preoccupato per davvero. Avevo già iniziato a conoscerti meglio e quel sorriso non me la diceva giusta.
“No davvero, adesso basta!” e riuscii a strapparti il cucchiaio dalle mani appena in tempo, prima che te lo portassi in bocca. Mi hai guardato, con gli occhi gonfi e rossi, come se ti avessi appena conficcato un coltello nella schiena. Hai cercato di farfugliare qualcosa, una specie di rimprovero al sottoscritto, poi mi hai spostato con una certa urgenza e mi hai scansato. Hai tentato una specie di corsa cieca. Non avevo capito subito il motivo di quel gesto. Ti ho seguito con lo sguardo fino a quando sei arrivato nel salone. Mi davi le spalle. Ho udito due colpi di tosse. Le tue spalle hanno tremato una o due volte, diversi rantoli e ti sei ripiegato su te stesso, con un braccio a circondarti lo stomaco.
“ Matthew!” scattai a correre in tuo aiuto. Ma al mio arrivo era già troppo tardi. Avevi vomitato sul tappeto del salotto. Proprio quel tappetto, il preferito di mia madre. Ricordo che per un istante avevo pensato di ucciderti perché avevo già immaginato la ramanzina che mi avrebbe fatto mamma l’indomani. Ramanzina che poi è arrivata e aveva continuato quella cantilena per giorni perché la macchia sul tappeto non era sparita. Ora era irreparabilmente rovinato. Grazie a te e alla tua testardaggine, Matt.
“ Scus---scusa Dom, scus—ami” provasti a giustificarti, ma gli ultimi urti di vomito, ti scuotevano interrompendoti nel bel mezzo della frase ogni due per tre.
“ Hey Bells, tranquillo, tranquillo è tutto okay, è tutto okay..- vieni qui appoggiati a me” ti risposi cercando di mantenere la calma.
" No, non è tutto okay...ti ho rovinato la festa di compleanno! " continuavi a balbettare come un forsennato. Sentendoti in colpa, con lo stomaco che rischiava di uscirti di nuovo dalla gola se non avessi smesso di agitarti.
" Non dire idiozie, non mi hai rovinato un bel cavolo di niente, rilassati e vieni con me.." e ti offrii un braccio per permetterti di aggrapparti con le tue mani fredde e sudaticce che stressavano la mia pelle. Con l’altro ti afferrai saldamente da una spalla e quando fui sicuro che riuscivi a stare dritto sulle tue gambe, senza provare l’impulso di piegarti a vomitare di nuovo, ti trascinai con me in bagno. Nel frattempo il resto dei presenti si era accorto di quel che era successo e si era creata una folla di gente davanti allo stipite della stanza che ci guardava in silenzio. Li mandai via, la festa era finita. Dovevo pensare a te, avevi bisogno di me.
“Mi spieghi, di grazia, che cavolo ti è preso ?!” ti chiesi una volta rimasti soli, mentre ti sciacquavi il viso sotto al getto d’ acqua ghiacciata che scorreva giù dal rubinetto. Ero arrabbiatissimo con te e fulminavo il tuo riflesso nello specchio di fronte a noi.
“ Dom io---io---“ non riuscisti a terminare la frase che scoppiasti in un pianto che quasi ti mandò in apnea per quanto hai cercato di trattenerlo. Non seppi subito cosa fare. Tu piangevi e io me ne restavo come un idiota a guardarti immobile, non trovando nessuna parola di conforto da offrirti. Al posto dei piedi mi sembrò di avere due mattoni di cemento, che mi bloccavano nel venire verso di te ad abbracciarti forte. La lingua mi sembrò di gesso, incollata al palato. Ti lasciasti cadere lentamente a terra, restando con le spalle appoggiato al muro. Le braccia, poggiate sulle ginocchia, che ti coprivano il viso mentre i singhiozzi silenziosi, iniziavano ad essere più violenti e rumorosi. Non ce la feci più a vederti cosi. Mi buttai sulle ginocchia e ti getto ti circondai con le mie braccia. Tu eri rannicchiato su te stesso. Ti sei fatto ancora più piccolo tra le mie braccia e ti sei completamente lasciato andare contro il mio petto. Non una sola parola, ti ho lasciato piangere e sfogarti fino a quando non avevi più lacrime da buttar fuori.
“ Mio padre…” hai sussurrato, dopo che ti eri calmato.
“ Mio padre, oggi è andato via di casa” mi hai confessato con la voce rotta dal pianto e io mi ghiacciai di colpo. Mi sentii tremendamente in colpa per aver provato rabbia nei tuoi confronti che la prima cosa che feci fu quella di scusarmi. Scusami davvero Bells, ma io che ne potevo sapere.
“Posso dormire da te stanotte? per favore…” mi hai chiesto supplicandomi e quando piangi, il colore dei tuoi occhi diventa davvero impossibile. Ricordo che avrei fatto di tutto, quella volta, per riportarli al loro colore originale.
Non avevi il pigiama, cosi ti prestati una maglietta e un pantaloncino dei miei, al tempo avevamo quasi la stessa taglia, anche se tu eri un po’ più magro di me. Quella maglia non la lavai più. Tu non lo sai. Era impregnata de tuo odore di miele e non ti dico nemmeno quante volte l’ho tenuta stretta a me durante le notti solitarie di Teignmouth. Devo ancora averla, in un cassetto dell’armadio nella casa dove vivevo con i miei. Adesso per fortuna non ne ho più bisogno, quando siamo in tour mi rubi tutti i vestiti e ormai il piccolo armadietto che abbiamo nel bus, ha preso il tuo profumo, sostituendo il mio.
Quella fu la prima volta che dormimmo insieme, te lo ricordi Matt? Eri cosi stanco e sfinito dal pianto e dal vomito, che ti addormentasti subito con la testa appoggiata sulla mia clavicola perché
“ sei più morbido del cuscino!” mi dicesti giocosamente, dopo aver provato sia quello che la mia spalla. Pensavo non facessi sul serio e invece hai preferito il mio corpo per cullare i tuoi sonni agitati. Quella notte non mi facesti chiudere occhio. Il letto era stretto per due e sotto alle coperte sentivo caldo, avevi insistito per mettere doppio piumone. Sei sempre stato un tipo freddoloso, al contrario di me. Un po’ di odiai perché il girono dopo avevamo scuola e non so in che condizioni mi sarei presentato. Ma d’altro canto, mi avevi regalato un’occasione unica, quella di osservarti senza il timore che mi cogliessi sul fatto. Gli scatti nervosi delle tue iridi nascosti sotto alle palpebre, mi fecero constatare che eri nella fase REM, quella più profonda del tuo sonno irrequieto. Me lo chiedo ancora, cosa ti tormentava nei sogni quella notte. Ti agitavi, ti lamentavi, non sono mancati nemmeno i calcetti con i tuoi piedini congelati direttamente negli stinchi. Ebbi l’impressione di star condividendo il letto con un cavallo. Un risolino tra me e me a quel pensiero, anche quando dormi e non sei cosciente, sei capace di farmi ridere, Bells. Solo tu puoi avere questa capacità che ho imparato ad adorare nel tempo. Dormire affianco a te non è mai una garanzia, di sberle e di pugni, me ne prendo anche ora quando stiamo insieme, ma ne vale la pena. Con te ne vale sempre la pena.
A parte gli scherzi, mi dispiace tanto che da quella volta, sicuramente associ il giorno del mio compleanno alla tragedia più grande della tua vita. Non me lo dici per rispetto, ma so che lo pensi. Stronzo tuo padre, se proprio doveva andare via non poteva farlo in qualsiasi altro giorno? Proprio il giorno del mio compleanno ha dovuto scegliere. Lo detesto anche per questo, oltre per il fatto che ti ha fatto tanto male. Non te lo dico mai, per rispetto. Detesto tutti quelli che ti fanno soffrire e non te lo dirò mai, per paura. Se i miei veri sentimenti per te venissero scoperti, sparirei da questo pianeta su una di quelle navicelle aliene che a te piacciono tanto. Sei cosi perspicace, che per una sola parola detta o non detta, uno sguardo di troppo, potresti capire tutto e cristo, solo lui sa cosa potrebbe passarti nel cervello.
“ Dom ?” la tua voce mi riporta di scatto alla realtà. Sobbalzo impercettibilmente, ma cerco di camuffare il più possibile il mini infarto che la tua voce mi ha provocato.
“Si ?” Mi volto subito a guardarti sorridendo distrattamente. Ti ritrovo con un’espressione mista di curiosità e sospetto. Ecco appunto. Vorresti sapere a cosa diavolo sto pensando, te lo leggo in faccia. Ma decidi di salvarmi per questa volta, facendo finta di non aver notato nulla di strano e mi chiedi qualcosa riguardo ai prossimi concerti che terremo quest’estate. Rispondo meccanicamente, sorridendo cordiale e sento tuoi occhi fissi su di me, mentre parlo che mi trapassano la pelle, la cosa mi mette in difficoltà, ti prego Matt smettila. L’intervista finalmente finisce, siamo liberi di andare e tiro un sospiro di sollievo. Mi dileguo da Bells e dal resto della crew con una scusa da 4 soldi, vorrei starmene un po’ da solo per rigenerarmi. Sto per entrare nel mio camerino, credendo di essere solo. Ho parlato troppo tardi, mentre sto per chiudere la porta, un piede infilato nel bel mezzo la blocca. Riconosco subito quelle scarpe, le sue spuperga nere. Lui scosta di poco la porta e compare all’uscio, entrando e richiudendola veloce alle sue spalle. Sento un tonfo al cuore.
“ Matt, cosa vuoi ?” faccio finta d’essere il più indifferente e il più tranquillo possibile.
“ a cosa hai pensato durante tutto il tempo dell’intervista?” mi chiedi subito, senza giri di parole, schietto e diretto, come sei sempre. Merda. Ed io che credevo che me l’avrebbe fatta passare questa volta. E adesso come te lo spiego che il centro dei miei pensieri, per tutto quel tempo sei stato sempre e solo tu? Rido istericamente, afferrando una bottiglietta d’acqua ghiacciata sul tavolino, svito il tappo con le mani tremanti e ne mando giù qualche sorso rumorosamente.
“ fatti miei “ rispondo con sufficienza e mi stravacco sul divano con le gambe aperte una a penzoloni su un bracciolo e l’altra lasciata mollemente appoggiata sul tavolino. La testa pigramente rivolta all’indietro , poggiata sullo schienale. Tutta scena per cercare di sembrare rilassato ai tuoi occhi, la verità è che me la sto facendo sotto e ho deciso di sedermi perché sento le gambe molli come pasta frolla e non mi avrebbero retto per molto, fortuna che questa stanza non è molto spaziosa e non ci ho messo molto a raggiungere il divano o non so se ce l’avrei fatta ad arrivarci.
“ cioè ?” mi chiedi incrociando le braccia la petto e alzando un sopracciglio per rivolgermi un occhiata stranita. Concentro tutte le mie energie per ignorare quel sopracciglio inarcato, non puoi nemmeno sapere che effetto mi faccia, pls stop. Perché non mi lasci in pace ?!
“ storia lunga” ti dico semplicemente sudando 7 camicie per mantenere l’autocontrollo.
“ mi piacciono le storia lunghe, lo sai e ho sempre taaantissimo tempo a disposizione per ascoltarle!” mi fai presente tu. Mi metti in evidente difficoltà e sicuro, te ne sei accorto anche tu. Solo chi ti ha creato sa quanto ti piace mettermi in difficoltà.
“ Bells, te l’hanno mai detto che sei uno stronzo ?” mi lascio scappare in preda all’indignazione. Resti piacevolmente sorpreso dalle mie parole. Mi rendo conto solo dopo di quello che mi sono lasciato scappare e arrossisco violentemente.
“ Si, in molti” ammetti fiero ridendo, divertito.
Sei lo stronzo più bello che io abbia mai conosciuto, vorrei aggiungere. Ma questo lo tengo per me.
“ L’ascolteresti volentieri, anche se ti dicessi che pensavo ad una storia lunghissima, iniziata 20 anni fa ?” chiedo scettico.
“ certo che si!” rispondi entusiasta.
“ ma va! ti annoieresti dopo aver ascoltato le prime due parole”
“ le storie iniziate 20 anni fa mi affascinano, ne conosco una anch’io sai ?”
“ Ah si ?”
“ si”
“ e di chi parla ?”
“ Di due ragazzi, che si chiamano Dominic e Matthew”
“ proprio come noi due, guarda un po…’’ sorrido guardandomi la converse alla fine della mia gamba poggiata sul tavolino. Ma dov’è che vuoi arrivare ? penso ancora sorridendo tra me e me.
“siamo noi due, Dom” mi sottolinei evidenziandomi la cosa come se fosse ovvia.
Cos’è che hai detto ? Alzo di scatto gli occhi e li punto dritti nei tuoi, stanno ridendo di me.
“Allora, Vuoi sentirla?” mi chiedi, gustandoti il mio quasi soffocamento improvviso. Mi è andata di traverso la saliva.
“ mi sembra di conoscerla già…” affermo con voce roca, una volta che riesco a respirare senza tossire.
“ oh, ma di questo non avevo dubbi…solo che adesso conoscerai la stessa storia dal mio punto di vista, che ne dici?”
Annuisco impercettibilmente con gli occhi spalancati. Tu prendi una sedia, la porti davanti a me e ti siedi al contrario, le gambe aperte con lo schienale al centro e le braccia appoggiate sopra. Mi fissi per qualche secondo che a me sembra un eternità, poi ti decidi a parlare.
“ Partiamo dall’inizio: Mi piaci, Dom. Questo lo sai ?”
“ cos----?” sfiato sentendomi la testa girare all’impazzata. L’hai detto sul serio o ho le traveggole? Non può essere vero.
NON.PUO’. ESSERE.VERO.
“ MI PIACI, DOM…da quando ti ho visto la prima volta, mi sei PIACIUTO da subito e continui a farlo” mi ribadisce accentuando volutamente quelle due paroline magiche.
“ stai scherzan---?” cerco di dire, non mi lasci rispondere
“ E ti amo……ti amo da sempre e so che anche per te è la stessa cosa”
Gli occhi mi si aprono cosi tanto che da un momento all’altro penso che possano cascarmi a terra e rotolare fino alla porta d’ingresso.
Mi drizzo sulla schiena e lascio andare le gambe a terra, sul pavimento, incredulo e incapace di emettere parole di senso compiuto.
Hai capito tutto sin da subito. Sapevi tutto sin dall’inizio. Quando dicevo che non t’avrei mai conosciuto bene fino in fondo, avevo ragione Matt, non smetti mai di sorprendermi nemmeno quando avevo dato già tutto per scontato! Dimenticavo, tu sei la cosa più lontana dall’essere scontato. Come ho fatto per un momento ad illudermi di conoscerti almeno un po’ ?
Ebbene si, me l’hai fatta questa volta. Una volta che vale per tutte, hai fregato pure me!
  
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