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Autore: FRAMAR    13/06/2015    34 recensioni
Salì le scale fino all'ultimo piano, aprì la porta che non era mai stata chiusa a chiave ed ebbe un tuffo al cuore nel notare quei cari oggetti...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Linda
 




Non era più il momento di indugiare. Mancavano solo tre giorni al trasloco, oggi doveva essere la volta della soffitta, il luogo in cui in trent’anni di vita nella stessa casa si erano raccolti gli oggetti, quelli ritenuti inutili, che però non si era voluto eliminare.

Mentre si legava un foulard sui capelli, che erano ancora belli benchè fossero striati di grigio, sentì nelle orecchie le parole che l’avevano accompagnata per tutta la sua vita:

“La nostra Linda è sempre stata pratica, sapete!”.

Anche quel giorno avrebbe agito così, come d’altronde aveva sempre fatto. Sapeva che nella nuova casa non c’era molto posto. Doveva quindi eliminare qualcosa. Una parte destinata ai rifiuti, un’altra avrebbe potuto fruttare qualcosa svenduta quale merce usata. Altri effetti infine sarebbero stati messi in un angolo in attesa di essere esaminati dai rispettivi proprietari… Francesco, Giuseppina, Giancarlo che avevano ormai una vita loro.

Proprio loro l’avevano convinta a trasferirsi.

“Cosa ve ne fate di una casa così grande, tu e papà da soli?”.

“Un piccolo cottage moderno, ecco di cosa avete bisogno”.

“Arriverà il giorno in cui non riuscirete più a fare tutte queste scale”.

Si guardò attentamente dentro lo specchio. Una volta era stata molto bella ed il suo viso ne portava ancora le tracce, anche se i contorni stavano cadendo leggermente. Ma cosa si poteva pretendere da una donna che era già nonna quattro volte. Non era un ritiro, colmo di solitudine, il tramonto della vita?

Passò qualche minuto a domandarsi se lei e Filippo avrebbero resistito a questo inevitabile incalzare del tempo. Con le labbra serrate, salì con passi fermi le scale fino all’ultimo piano, aprì la porta che in quei giorni non era mai stata chiusa a chiave e fece un balzo nel notare il mucchio polveroso che le stava davanti.

“La nostra Linda è la più pratica di tutti!”.

Non poteva abbandonare il suo tipico atteggiamento, attribuitole da sua madre dalle sue sorelle e più tardi dai suoi figli quando erano in difficoltà.

“Chiediamolo alla mamma, lei sa sempre cosa fare”.

Si scorgeva la ruota di una bicicletta… chiedendosi se fosse di Francesco oppure di Giancarlo. Poi un bastone di hockey, una scatola di Monopoli ormai a pezzi, un vaso rotto, un paio blue-jeans sporchi di vernice.

In fretta, le sue mani capaci misero tutto al rispettivo posto. Il lavoro che aveva evitato fino all’ultimo si dimostrava fin troppo facile. Mentre altre donne si sarebbero messe a sognare sull’onda dei ricordi,  lei mise ordine tra tutti quegli oggetti ormai inutili.

Giuseppina avrebbe voluto ancora quella bambola rotta che una volta adorava? E Giancarlo si sarebbe ricordato che aveva posseduto un aquilone? Francesco, poi, provava ancora interesse verso il suo primo orsacchiotto? Con gesti teneri, mise tutto in un angolo. I suoi figli avrebbero deciso cosa farne, ma dentro di sé era convinta che erano pratici come lei.

L’unico a sognare era Filippo. Era stato Filippo a insistere che la sua vecchia poltrona doveva essere ricoperta per adattarsi nella nuova casa. La sua testardaggine aveva portato come risultato una lite come non ne avevano mai avute prima.

“Ti costerà di più farla ricoprire che comprarne una nuova…”

“Pagherò quello che chiederanno”.

“E cosa ti rimarrà alla fine? Solo una poltrona antiquata…”.

“Proprio quello che desidero”.

Per la prima volta le era stato contro. Osservandolo, si era chiesta se era stato felice con lei, ma non aveva osato chiederglielo. Non si era mai preoccupata di sondare il suo animo. Era o non era un tipo pratico?

Scacciò il pensiero e si dedicò alle sue pile che stavano diventando sempre più alte. Allungò una mano verso alcune scatole che parevano vuote. Mentre prendeva l’ultima, questa sembrò disintegrarsi fra le sue mani, il contenuto cadde con un tonfo ai suoi pedi.

Una rosa avvizzita si trasformò in un pugno di polvere quando toccò il pavimento, insieme a un programma teatrale, un pacchetto di lettere, una bottiglia di profumo, alcune fotografie… si trovò ad un tratto inginocchiata per terra. Il presente, la casa silenziosa, il futuro immediato si stavano perdendo in una struggente nostalgia.
Con dita tremanti sciolse il brutto nastrino blu che tratteneva le lettere, tutto quello che era riuscita ad avere da quel ragazzo partito lontano per lavoro e che un incidente lo aveva portato via. Le buste erano poche, nessun indirizzo:

“Amore, tesoro, amore mio, tesoro mio…”.

La chiamava sempre “tesoro mio” il ragazzo della fotografia sbiadita. Era completamente l’opposto di Filippo… biondo, affascinante ed allegro. Quando era partito aveva portato via con sé anche il cuore di Linda. Ricordò il suo sorriso, guardando la fotografia. Si rammentò anche la commedia che avevano recitato insieme, qualcosa di bello per quei momenti tristi. Le venne in mente anche la rosa che le aveva dato acquistata da un fioraio, già sciupata prima che la comprasse.

Ricordò anche quando era in coma, i giorni terribili che erano seguiti sino a quando la speranza era stata tragicamente cancellata. Le lacrime che aveva versato, la disperazione al pensiero che non lo avrebbe rivisto più.

E per tutto quel tempo Filippo era rimasto accanto a lei, nell’ombra, un uomo che disegnava aerei per far volare i più coraggiosi.

Filippo era sempre stato un uomo tranquillo, ma in quei giorni lo era ancora di più. Pareva che provasse un senso di colpa perché non era lassù con loro su quegli aerei da lui ideati.

Posò le mani su quelle reliquie ed il passato fu con lei nella soffitta. La voce di Filippo sembrava scusarsi.

“So che non posso essere che un sostituto ma…”.

Era uscita con lui perché le era parso di capire sin dall’inizio che poteva essere un buon amico e forse un marito, anche se nel suo cuore era racchiuso un ricordo che non poteva cancellare. Si erano alla fine sposati perché lei era il tipo che doveva per forza sposarsi e costruirsi una famiglia.

“Sempre pratica la nostra Linda”.

Era stato un matrimonio semplice, con pochi invitati e nessun festeggiamento. Come si poteva essere allegri quando il cuore desiderava qualcun altro?

La luna di miele era stata un fine settimana sulla costa… un luogo sbarrato da cavalletti di filo spinato di fronte a un mare orribile. Rivide i gabbiani che volavano sulle onde e provò invidia per la loro libertà priva di paure e di complessi.

Filippo era stato molto caro con lei, gentile e comprensivo. Quando lei era scoppiata a piangere tra le sue braccia, l’aveva esortata ad addormentarsi.

“Andrà tutto bene”, le aveva detto rassicurante. “Un giorno…”.

Sapeva quello che voleva dire Filippo, in un modo o nell’altro aveva avuto ragione.

Quando aveva tenuto Francesco per la prima volta tra le braccia, un bambino piccolissimo, non si era sentita veramente felice? Filippo le aveva portato una dozzina di rose rosse. Doveva aver girato tutta la città per trovarle perché erano fuori stagione.

“Per la migliore moglie del mondo”, le aveva mormorato e lei aveva premuto il viso contro di lui solo per un momento senza staccarsi da suo figlio.

Poi quella terribile volta in cui Giuseppina stava quasi per morire. Erano rimasti in piedi tutta la notte aspettando per interminabili ore e lui le aveva tenuto sempre la mano… per tutta la notte l’aveva tenuta stretta tra le sue.

“Non ti preoccupare, amore. Riuscirà a cavarsela. Sono sicuro!”.

Il suo tono era tranquillo, adatto completamente al suo carattere quieto, ma le sue parole possedevano una forza interiore ed erano riuscite a fugare tutte le sue paure, dettare dall’immaginazione.

Quando lei stessa stava per perdere la vita alla nascita di Giancarlo, e il dottore le disse che non avrebbe potuto avere altri bambini, lui rimase seduto al suo capezzale per ore, confortandola ed accarezzandole i capelli con tenerezza.

“Due maschi ed un femmina, cosa potremmo desiderare di più”, le aveva detto e poi le aveva bisbigliato con il viso premuto contro il suo. “E poi ho te. Questo importa di più. Tu sei mia”.

Aveva sentito delle lacrime sulle guance, non erano le sue però, ma di Filippo. Si sentiva troppo esausta per dire qualcosa e giacque con gli occhi chiusi.

“Non lasciarmi mai” le disse quella volta ed allora lei si rese conto che suo marito viveva nel timore di perderla.

Però era stata una buona moglie… certo lo era stata. Aveva cucinato, lavato, cucito e non lo aveva mai fatto indebitare. Solo all’inizio del matrimonio aveva pensato che la vita avrebbe potuto avere un corso diverso… ma ora non c’era nessuna amarezza nella convinzione che la vita era fatta per viverla.

“La nostra Linda è sempre stata pratica, sapete?”.

Avevano avuto i loro screzi, ma questi erano ovviamente una particolarità della vita in comune. Lorenzo le era parso sempre felice, però non glielo aveva mai chiesto.

Ora, dalla finestra della soffitta, poteva vedere il cielo che si stava oscurando. Si stava facendo tardi e Filippo sarebbe ritornato a casa. Raccolse le lettere e le fotografie e le tenne in mano. Distruggerle sarebbe stato come rinnegarle, seppellire una parte della sua vita in cui aveva sofferto molto.

Con estrema lentezza, mise tutto in una busta e la mise accanto al vaso ritto, alle scatole vuote. I petali rimanenti della rosa li spazzò via. Aveva quasi finito il suo lavoro quando udì la porta d’ingresso e la voce di Filippo:

“C’è qualcuno?”

Faceva sempre questa domanda. Si chiese quante volte in trent’anni aveva avuto paura di non avere una risposta… Quante volte l’aveva chiamata con il cuore in gola? All’inizio doveva essere veramente terrorizzato di non trovarla più.

Si tolse il foulard, si ravviò i capelli ed uscì fuori.

“Sto venendo” disse, come faceva sempre e poi corse giù per le scale per incontrarlo.

“Ciao”, lo salutò e fu nelle sue braccia.

Con il viso contro la sua giacca, stava pensando che la sua vecchia poltrona sarebbe andata dal tappezziere il mattino dopo… questi non avrebbe impiegato molto tempo a ricoprirla… e non sarebbe stata poi tanto male nella nuova casa.

Tramonto della vita? Che sciocchezze! Erano solo agli inizi. Le era occorso un bel po’ di tempo per capirlo, ma era una donna pratica ed il suo cuore le aveva finalmente detto a chi apparteneva.
 







 
 
 
Ringrazio tutti i lettori che hanno letto e apprezzato il racconto “Nascerò con te” dedicato a Brian e Justin di Queer as Folk e alla madrina Mindyxx, colei che giudico la madre di Britin.
 
Un ringraziamento speciale a chi ha recensito il racconto (per ordine di arrivo) perceus_Jackson0397, Lisitella, Stevan, Yrayaid. Dinda91, Serenoa, Plainac, Santhy, Wladimir, Drytec, Totalip, Enapril, Mindyxx, Happylove, Cristina qaf,  e Larryshvgs e _White7_ per altri racconti.
Grazie, senza di voi non sarei andato da nessuna parte.
 
 

 
 
 
 
   
 
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