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Autore: Cherolain    14/06/2015    1 recensioni
{ Gaio Giulio Cesare/Ottaviano Augusto}
L'uomo, inflessibilmente statuario, osserva con grande attenzione le movenze del giovane Ottaviano, seguendone la pallida e sinuosa linea della giugulare.
Il suo sguardo, pungente, trafigge con un minuzia il pronipote.
Il ragazzino, alzando il mento, per quanto il suo acerbo pomo sembri sussultare fin troppo, fa di tutto per sostenerlo.
Cesare, impercettibilmente, sorride.
[ !Pederastia! !Relazione omosessuale tra prozio e nipote! ]
Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest | Contesto: Antichità greco/romana
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Si vale bene est, ego valeo 

 
51 a.C
 
Le ciglia nere, incorniciate dalla candida luce del freddo mattino, riflettono uno sguardo determinato, e fiero, nonostante il cocente dolore.
Le  mani, diafane e sottili, per quanto piccole, si muovono con acerba determinazione.
Ottaviano è poco più di un bambino, ma rivela un carisma, per quanto delicato, particolarmente acuto.
Le parole, armoniose, chiare e ben cadenzate, continuano a fluire dalle sue labbra sottili, e nessuno non può non rimanerne rapito.
Azia, con gli occhi lucidi, ma con regale contegno, osserva il figlio con macerato orgoglio.
Gaio Giulio Cesare, a fianco della nipote, sembra l'unico a non essere impressionato dalle doti oratorie del ragazzino.
L'uomo, inflessibilmente statuario, osserva con grande attenzione le movenze del giovane Ottaviano, seguendone la pallida e sinuosa linea della giugulare.
Il suo sguardo, pungente, trafigge con un minuzia il pronipote.
Il ragazzino, alzando il mento, per quanto il suo acerbo pomo sembri sussultare fin troppo, fa di tutto per sostenerlo.
Cesare, impercettibilmente, sorride.

 
Roma, 10 Luglio 48 a.C
In questa assolata giornata, sta per essere eletto al Pontificio Collegio.
A quindici anni, appena iniziato il su glorioso percorso, assume drammaticamente consapevolezza del più grande ostacolo alla sua smisurata ambizione.
Il suo pensiero, infatti, vola lontano, fin troppo da Roma, fino a giungere in Macedonia.
Il giovane Ottaviano maledice più, e più volte Pompeo, sperando che lo sciagurato soccomba.
L'orgoglioso ragazzo, durante il suo primo, splendido trionfo, non prega gli dei per il suo destino.
Roma, Agosto 48 a.C
"Salutem" è scritto, nero su bianco, con caratteri misurati ed eleganti, all'inizio della missiva.
Il ragazzo, quasi febbrilmente, legge le dieci brevi righe.
" Si vale bene est, ego valeo" conclude, alla fine, Ottaviano, rispondendo alla lettera del prozio.
Il giovane ha perso il conto del numero delle missive scambiate con Cesare.
Munda, 45 a.C
L'interno della tenda, in penombra, appare debolmente rischiarato dalla luce lunare.
Il glabro corpo nudo del dittsatore, per quanto rilassato, mantiene sempre quella virilità, superba ed elegante, tremendamente disarmante.
"Avunculus?"
Le labbra di Cesare, pigramente, si incurvano leggiadre. Il giovane,  solo adesso, è certo di poter continuare.
" Pensi che gli dei siano con noi?”
“ Lo è Roma, Ottaviano.”
Roma, 15 Gennaio 44 a.C
“ Desideravi vedermi, Avunculus?”
L’uomo non da le spalle ad Ottaviano, ma non incrocia il suo sguardo, continuando, impassibile, a leggere una missiva.
“ Andrai nell’Illirico per contrastare l’avanzata dei Parti, solo gli dei sanno quanto si stiano ormai crogiolando in una tronfia vana gloria dopo la disfatta di Crasso.”
Il ragazzo, per un attimo, sembra gelare, colto impreparato dalla pragmatica affermazione del prozio.
Cesare inizia a osservare minuziosamente il pupillo e, la pungente occhiata che gli lancia, è inflessibile tanto quanto quella di sette anni prima.
Questa volta, dopo innumerevoli notti, passate a cercar di scorgere timidamente in penombra le iridi dello zio, il giovane pronipote riesce a sostenere il suo sguardo.
“ Farò il possibile per non deluderti.”
“ Hai quindici giorni, a partire da oggi, per andare, e un anno per ritornare.
 Tra dodici mesi, infatti, Roma aspetterà un trionfante Magister equites.”
“ Custodisco la tua fiducia come il mio più grande tesoro, Avunculus.”
Gli occhi di Cesare, solo per un instante, sembrano ammorbidirsi.

 
Apollonia, 25 Marzo 44 a.C
“Cesare è morto”, gli ha riferito, sconvolto, un messaggero
E, tale affermazione, rimbomba, ovattata, confusa, illogica, nella testa di Ottaviano.
Il giovane, davanti alle pressioni degli ufficiali di recarsi immediatamente con l’esercito in Macedonia, sembra quasi non ascoltare, come se non percepisse più la componente sensibile che lo circonda.
Ottaviano non ci crede, non può e, soprattutto, non vuole.
Le lacrime della madre, che lo scongiurano di tornare a Roma come privato cittadino, lo riportano, in modo disincantato, alla realtà dei fatti.
La sensazione di estraneità dal mondo che provava, inizia a constatare dolorosamente il giovane, era dovuta al suo cuore che sembra, ormai, essere stato smembrato, dilaniato.
 

 
Brindisi, 3 Aprile 44 a.C
 
La locanda, per quanto chiassosa e rumorosa, non ha impedito al giovane di sentire il nervoso parlottio di alcuni messaggeri.
Cesare, durante una seduta al Senato, è stato ucciso, da infami traditori, con ventitrè pugnalate.
Il dolore del giovane, come veleno, sembra paralizzargli gli arti e gravargli sul petto.
Ottaviano si scuote dal torpore che lo pervade quando, per quanto ormai con malcelata insofferenza, pur di cercare di ancorarsi ancora saldamente a se stesso e al luogo che lo circonda, continua ad ascoltare gli uomini poco distanti.
Il prozio, nel testamento, lo ha designato come figlio adottivo, lasciandogli il suo nome, e così la legittimità di prendere le redini del potere statale.

 
 
Brindisi, 5 Aprile 44 a.C
Ed ecco che, l’amaro cianuro che sembra corrodergli le membra, si tramuta, pian piano  in fuoco, che divampa, terribile, rabbioso.
Ottaviano non vuole fuggire e, per il solo fatto di aver ascoltato per un breve lasso di tempo la madre, e di essersi comportato come un codardo, si maledice.
Non è la smisurata ambizione, causata dal desiderio di potere, che lo spinge a tornar sui suoi passi, quanto la piena, chiara e drammatica consapevolezza, di quanto Cesare si fidasse, e lo amasse.
Il ragazzo, come un fulmine a ciel sereno, si rende conto che, nonostante non ci possa essere un rimedio al suo cocente e furioso dolore, causato da un sentimento così  profondo dal non essere probabilmente compreso, non avrà pace fin quando i Cesaricidi non soccomberanno nei più atroci dolori.
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" Si vale bene est, ego valeo"
E, tale formula di chiusura epistolare, non fu dal giovane più utilizzata dalle Idi di Marzo del 44 a.C.
Ottaviano Augusto, per questo, a soli diciannove anni, con disarmante coraggio, ritorna a Roma per vendicare quell’uomo che non era stato semplicemente un prozio, quanto un  maestro, un padre, un amante.
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ANGOLO AUTRICE
Mettiamola così, sono anni che volevo scrivere sul mio punto di vista riguardante Cesare e Ottaviano ma, al tempo stesso, avevo la chiara consapevolezza di dover ancora maturare tale visione ( accentuata, poi, dalle effettive “malelingue” messe in circolo da Marco Antonio riguardo la legittimità Augustea)
Sperando di non aver scandalizzato nessuno, spero che tale shot sia piaciuta, in quanto ci tengo davvero, davvero particolarmente.
Alla prossima,
Carol
 
   
 
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