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Autore: justhevidence    14/06/2015    4 recensioni
Era sempre stata quel genere di persona che si suol definire “impulsiva”, nel prendere decisioni. Poteva pensare per ore, addirittura giorni, riguardo una questione, ma solo arrivati al momento di agire avrebbe fatto la sua scelta definitiva. Senza alcun ripensamento.
Genere: Drammatico, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vernice color cremisi.


Le spalle rivolte alla finestra, gli occhi a guardare la porta della sua stanza.
L’odore di vernice fresca invadeva i suoi sensi.
Quando aveva preso la decisione di ridipingere la camera da letto aveva subito pensato ad un rosso vivido, scarlatto. Solamente al momento dell’acquisto, però, aveva cambiato idea, optando per un bordeaux denso e pieno.
Era sempre stata quel genere di persona che si suol definire “impulsiva”, nel prendere decisioni. Poteva pensare per ore, addirittura giorni, riguardo una questione, ma solo arrivati al momento di agire avrebbe fatto la sua scelta definitiva. Senza alcun ripensamento.
Ed ora, in una tiepida notte della prima estate, rischiarata dalla flebile luce di una giovane luna, si era ritrovata in piedi, volto al muro e schiena al vuoto.
In bilico.
Nel più precario equilibrio che si può ottenere con due piccoli piedi poggiati sul bordo del davanzale di una stanza, al terzo piano di una modesta villetta.
Non una luce accesa, in nessuna delle abitazioni che circondavano la sua. Non un rumore, se non il battito del suo cuore e il grido dei suoi pensieri.
Quelli, la vernice, non poteva certo coprirli. Erano molto simili, per lei, alle crepe scure e fastidiose che aveva voluto eliminare dalle candide pareti, l’unica differenza era la loro profondità. I pensieri scavavano, avevano sempre scavato. Né uno, né molteplici lievi strati di colore sarebbero serviti a mascherare quelle malformazioni scandite dal tempo.
Provò, a quel punto, un immenso fastidio.
Era debole.
Ed esserne consapevole senza far nulla a riguardo rendeva il tutto ancor più insopportabile.
Tirò un lungo sospiro e si abbandonò ad un fugace sorrisetto. Forse in modo troppo sconsiderato si voltò, viso al panorama esterno.
Si sporse lievemente, giusto il tanto utile a scorgere lo stretto marciapiede, chiaro nell’oscurità. 
Le paure non sono nulla finchè non ti ritrovi faccia a faccia con loro, dovendole fronteggiare.
Si rese conto di star trattenendo il respiro e, quasi costretta, riprese il precedente ritmo costante.
Doveva solo svuotare la mente, mettendo a tacere tutte quelle voci. L’unico tassello mancante alla soluzione dell’intricato puzzle che era stato, fino a quell’istante, la sua vita.
Un’afosa brezza iniziò a colpirla in pieno volto, ma tentò comunque di resistere all’impulso di difesa di calare le palpebre. Il cemento sempre più vicino. Il corpo sempre più veloce.
Il protrarre le braccia in avanti, il richiedere aiuto, in quel momento, non avrebbero avuto alcun senso. Quindi non mosse un muscolo.
Così doveva andare, in quanto così aveva deciso in quella scaglia di impulsività che, a differenza delle altre, viaggiava all’unisono con l’idea che la tormentava ormai da tempo.
Poi, d’improvviso, un’immagine. Tanto vivida e reale da fare impressione.
Due grandi occhi, color del chiaro e fresco muschio. Folte, corvine ciglia e rughe di riso. Sguardo pieno, delineato da folte sopracciglia femminili.
 
Buio. 
 
La ragazza si svegliò di soprassalto, sgranando gli occhi per poi serrarli velocemente alcuni secondi dopo.
Prese fiato, come appena uscita da un’apnea prolungata, e si portò a sedere.
I capelli scuri quasi incollati alla schiena umida. La fronte grondante umido.
Si portò le mani al viso, tirandone la pelle umida.
Dischiuse nuovamente gli occhi, volgendosi alla finestra aperta, dalla quale entrava una lieve brezza notturna.
L’ennesimo incubo incalzante.
Quasi arresa alla previsione di un’ulteriore nottata insonne, si alzò e si diresse in cucina per un bicchier d’acqua. Aveva la sensazione di non aver mai avuto la bocca secca a quel modo.
Tornò presto nella sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle e accertandosi di non fare alcun rumore.
Poggiò le spalle al liscio e robusto legno e si lasciò scivolare al suolo. La testa abbandonata tra le ginocchia adunche.
Le tormentate sere precedenti non le lasciavano alcuna tregua. Non un minuto di respiro per assaporare la semplicità di un sonno piacevole.
Si accorse, dal riflesso sul parquet che era distinguibile attraverso la fessura tra le sue gambe, che una luce all’esterno si era accesa.
Il lieve rumore di alcuni passi la raggiunse, poi silenzio. A malapena poteva udire il suo respiro.
D’un tratto, un grido, maledettamente familiare sebbene deformato dall’inquietante acutezza. Ricolmo di lancinante dolore. E terrore.
Lo sgomento era chiaramente percepibile, una vena enfia e scura su di un esile e chiaro braccio.
Si alzò rapidamente, il battito sempre più veloce bussava petulante tra le costole.
Mosse un passo in direzione della finestra, le gambe indebolite dall’ansia. Si costrinse ad accelerare per raggiungere il davanzale e poggiarci le mani, così da sostenersi.
Si sporse in avanti, i denti esageratamente serrati, tanto da causarle dolore.
Abbassò lo sguardo in modo repentino.
Un pallido corpo giaceva al suolo. Gli scuri capelli che ne incorniciavano il capo erano intinti di denso, scarlatto liquido, il quale ricreava un umido lenzuolo, sempre più ampio sul terreno.
Una donna le sedeva a fianco, raggomitolata su se stessa. Tremava, dondolandosi avanti e indietro, e mugugnava parole incomprensibili a tale distanza.
Un agglomerato di persone sempre più grande prendeva forma attorno ai due corpi, facendoli sembrare solo piccole forme indefinite in confronto alla chiazza brulicante che pian piano le raggiungeva.
Indietreggiò.
Le mani tremavano, ormai incontrollabili, e il respiro era irrimediabilmente scostante, dominato dai singhiozzi.
Cadde a terra, seguita da un tonfo leggero. La folta chioma la circondò. Ciò che le si formò di fronte fu, però, ancor più agghiacciante della visione precedente.
Un colloso fluido le ricopriva i capelli, colando sul pavimento di legno chiaro.
Si portò una mano alla bocca per impedirsi di urlare. Raccolse a fatica, poi, le ultime forze che possedeva per alzarsi in piedi e dirigersi nuovamente alla finestra.
Respirò profondamente e guardò giù.
La carcassa era stata voltata in posizione supina. A guardarla così, dava l’impressione che si fosse semplicemente poggiata al suolo, addormentandosi pacificamente. Non fosse stato per l’orrendo ghigno teso ed informe che il suo volto portava e quei grandi e verdeggianti occhi, spalancati nel fissare il cielo, circondati da rughe innaturali.
E quel sangue.
Giovante, tiepido e dall’odore acre.
Esageratamente simile a quella fresca e scura vernice, color cremisi.




One-Shot; 999 words |


Author's Corner:
Buonasera, cari lettori. 
In questo mio angolo, oggi, voglio semplicemente dirvi che questa è la mia prima pubblicazione dopo oltre un anno. Avevo già scritto su efp, ma poi per svariate ragioni mi ero fermata, cancellando tutto quello che avevo pubblicato in precedenza. Con questa One-Shot, dunque, segno il mio nuovo inizio i ìn questo sito. Spero vi piaccia,
buona serata e, spero, buona lettura.

justhevidence.

 
  
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