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Autore: Drunk on Love    16/06/2015    3 recensioni
«Se è uno scherzo non è divertente» mormora Saul, senza girarsi.
Axl non capisce a cosa si riferisce Saul, ma sta perdendo la pazienza.
«Che diavolo significa?» domanda, sbuffando.
Saul finalmente si gira e guarda Axl.
Lo fissa per qualche secondo, poi si strofina gli occhi e riprende a fissarlo.
«Si può sapere che ti prende?» ringhia Axl spazientito.
«Tu sei morto»
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Axl Rose, Duff McKagan, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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A Mik, che odia Sluff.

Sometimes your friends are your lovers,
or have been at one time.
-Axl Rose.


Parte prima- Il sonno.

 

Saul non sa se è giorno o notte. Non sa neanche dove si trova. Sa solo che è buio. Tutto intorno a lui è spaventosamente buio. Inizia a camminare. Non vede dove va, sa solo di stare camminando.
A un tratto una scintilla brilla davanti a lui, ma solo per pochi secondi. Non è un tempo sufficiente ad illuminare l'ambiente.
Poi la sente. Una scarica elettrica.
Gli percorre tutto il corpo e il cuore gli sembra rimbalzare fuori dal petto. Avverte un formicolio agli arti, poi sente un suono insistente e penetrante, poi più nulla.

«Saul, sveglia. È tardi.» Axl è in piedi di fronte al divano su cui è sdraiato Saul, e lo guarda. 
Saul borbotta qualcosa di incomprensibile e si gira dall'altra parte, tirandosi su il plaid. Axl incrocia le braccia e inarca nervosamente un sopracciglio.
«Devi alzarti» gli dice, senza distogliere lo sguardo da lui.
«Se è uno scherzo non è divertente» mormora Saul, senza girarsi.
Axl non capisce a cosa si riferisce Saul, ma sta perdendo la pazienza.
«Che diavolo significa?» domanda, sbuffando.
Saul finalmente si gira e guarda Axl.
Lo fissa per qualche secondo, poi si strofina gli occhi e riprende a fissarlo.
«Si può sapere che ti prende?» ringhia Axl spazientito.
«Tu sei morto» sussurra Saul con un filo di voce.
Axl rimane interdetto.
«Devi smetterla con l'eroina.»
«Ma cosa dici, Axl? Ho smesso da anni, guardami: ho quasi cinquant'anni ormai!» Saul non sa nemmeno perché dice queste cose, forse sta ancora sognando.
«Cinquant'anni?! Da come parli ne dimostri ottanta. Peccato però che tu ne abbia venticinque!» Axl sospira, poi riprende: «Cominci a sognare un po' troppo spesso la mia morte, cominci a inquietarmi.»
Saul non capisce; era davvero convinto di avere cinquant'anni e che Axl fosse morto.
Senza dire nulla, si alza e va in bagno. Raggiunge il lavandino e vi si appoggia con le mani. Alza lo sguardo e incontra il proprio riflesso nello specchio: in effetti ha l'aspetto di un venticinquenne eroinomane.
Ritorna un po' barcollante nel salotto dove ha dormito e guarda Axl.
«Devo smetterla con l'eroina» ammette.
Axl annuisce.
«Decisamente.»
Saul si siede sul divano, stavolta però non vuole riaddormentarsi.
«Che giorno è oggi?» chiede ad Axl, il quale scrolla le spalle.
«Domenica, credo» risponde.
«Allora domani inizio la disintossicazione. Ora mi faccio una pera» dice, poi si alza e va in cucina.
Apre il frigorifero quasi vuoto in cerca di un limone. Quando lo trova, prende un cucchiaino dal mobile accanto al lavandino, dove ci sono tutte le posate e gli utensili da cucina che nessuno ha probabilmente mai usato.
«Ti ricordi dove ho lasciato la mia siringa?» chiede ad Axl.
Lui non risponde. Non solo perché non ne ha la più pallida idea, ma perché vorrebbe che Saul non si bucasse più, che iniziasse da ora.
«Trovata» dice Saul, raccogliendo la siringa da terra, «deve essermi caduta ieri.»
Il desiderio di Axl va in fumo. In fondo sa che non smetterà neanche l'indomani. Poi ricorda.
«Non ti è caduta. Tu eri caduto. Eri a terra e avevi ancora l'ago nel braccio. Te l'ho tolto e ti ho portato sul divano; mi sarò scordato di prenderla da terra» racconta.
Saul si sente uno schifo: prova ribrezzo per sè stesso, ma è una sensazione di breve durata, perché presto inizia a non persare ad altro che al suo buco. Fa tutto naturalmente, come se fosse nato per fare solo ed esclusivamente questo: apre la bustina e riversa il quartino nel cucchiaino, sniffando i residui rimasti sulla plastica; poi prende il limone e lo strizza, facendo cadere delle gocce nel cucchiaino, dopodiché apre il suo accendino e aspetta che l'eroina si sciolga.
Axl lo osserva impassibile mentre tira la sostanza con la siringa e se la inietta nelle vene.
«Hai un buco in trombosi» gli dice poi, «Dovresti fartelo vedere.»
Saul non risponde, probabilmente nemmeno lo sente. L'unica cosa che avverte è la potenza della pera che si è appena sparato. Axl sa che sverrà di nuovo e che di nuovo sopravviverà. Sa anche che non smetterà di bucarsi.

La strada è larga e lunga, e Saul sta correndo. Sta scappando in realtà, ma non sa da cosa.
È di nuovo buio, ma ora sa che è notte. Lo sa perché la strada è all'aperto e ogni tanto incontra dei lampioni che emanano una luce giallognola.
A un tratto si ferma. Vorrebbe girarsi, ma qualcosa glielo impedisce. Sente qualcuno chiamarlo.
Sono voci familiari. Sente qualcuno chiamarlo addirittura 'papà'.
Sente anche qualcuno piangere. Qualcun altro urla.
Eppure è solo. Non c'è nessuno in quella strada. Un momento, ora vede qualcuno.
È fermo davanti a lui, e Saul corre per raggiungerlo. È un uomo; ha i capelli lunghi.
È magro e ha la pelle molto pallida. Per quanto Saul corra, però, l'uomo rimane irraggiungibile.
Continua a sentire quelle voci. Poi, di nuovo, una scarica elettrica, e il buio totale.

«Sveglia!» Axl ha dato un forte schiaffo a Saul e questo sembra aver ripreso conoscenza.
«Axl, ma che..» 
«Sei di nuovo svenuto. Prendi troppa roba alla volta. Finirai per ucciderti» fa Axl.
Saul è ancora intontito e le pupille sono assolutamente inespressive.
«Se domani non smetti come hai detto, io non ti soccorro più. Ti ho già aiutato abbastanza, ma evidentemente vuoi morire.» dice Axl, completamente esausto.
«Axl, ma noi non eravamo in tour?» chiede dopo un po' Saul. Axl ride sarcastico.
«Cristo, non ti ricordi nemmeno che l'abbiamo finito due mesi fa!» dice esasperato.
«Due mesi fa?» Saul è confuso. Si strofina gli occhi e guarda la stanza, ma appare tutto molto distorto. Scuro e accecante allo stesso tempo. La testa gli esplode.
«Basta. Io me ne vado. Non ti reggo più. Se vuoi spararti il buco finale, fa pure. Io ci ho provato» dice Axl, poi prende il suo giubbotto di pelle, un mazzo di chiavi ed esce di casa.
Saul continua a non capire nulla, ma sa che non vuole stare solo. Improvvisamente quella casa gli mette un'angoscia e una paura bestiale.
Avverte un forte calore al petto, poi tutto sembra diventare bianco, di un bianco abbagliante, fastidioso. Sbatte le palpebre e rimpiange di essersi bucato di nuovo.
Ho mandato tutto all'aria un'altra volta. Perfino Axl si è stufato di me.
Questi furono i suoi ultimi pensieri, prima di perdere i sensi.
 

Parte seconda- I sintomi.

 

È in un letto d'ospedale.
Si alza a sedere e si guarda intorno. Intorno al suo letto ci sono delle persone, ma non ricorda chi siano.
Non sa se le conosce, eppure quelle persone piangono per lui.
Non sembrano accorgersi che lui è sveglio.
Ci sono due donne, due bambini e alcuni uomini. Le loro facce sono tutte abbassate.
C'è una finestra. Si alza e vi si avvicina. Anche fuori, il sole è accecante.
Si gira a guardare il letto e non si sorprende vedendo sè stesso steso lì sopra.
All'improvviso un monitor inizia a fare un suono, lo stesso suono insistente che aveva sentito spesso nei suoi ultimi sogni.
Ora sa che cos'è: il beep elettronico che segnala un attacco cardiaco.
All'improvviso molti medici circondano il letto e provano a rianimarlo con le piastre.
Lui vede la scena come se fosse un'altra persona, ma avverte le scosse con molta intensità. Quando il beep si ferma, cala il buio.

Saul si è svegliato da solo, stavolta. È ancora a terra, nel punto esatto in cui era caduto. Si alza piano e si massaggia le tempie.
Poi ricorda. Prova a chiamare Axl, per vedere se è tornato. Nessuna risposta.
Se n'è andato davvero.
Si trascina in cucina, dove c'è il telefono e impiega letteralmente poco meno di dieci minuti per comporre un numero.
«Pronto?» la voce dall'altra parte del telefono è roca e assonnata.
«Ciao Duff» fa Saul.
«Slasher, sei vivo! Ma perché chiami a quest'ora di notte?» Duff, il suo migliore amico, è preoccupato.
Saul guarda fuori dalla finestra e si accorge che è buio.
«Scusa, non me ne ero accorto. Se vuoi richiamo domani mattina.»
«Oramai hai chiamato. Allora, cosa c'è?» gli chiede Duff.
«Sai per caso dov'è Axl?»
«Axl? No che non lo so. Dovresti saperlo tu. Voi due piccioncini non vivete insieme?» dice Duff, ridacchiando.
«Noi piccioncini vivevamo insieme fino a questa mattina. Credo di aver fatto un casino» ammette Saul, passandosi una mano fra i capelli.
«Non è una novità. Che hai fatto stavolta?» domanda allora Duff, rassegnato a dover ascoltare l'amico. Dopotutto è questo che fanno gli amici, ascoltano.
Saul gli racconta della mattina, dello svenimento dopo la pera, della rabbia di Axl. Gli racconta anche della perdita di conoscenza e dei sogni.
«Concordo con Axl, amico. Devi smetterla con l'eroina» dice Duff, quando Saul ha finito di parlare.
«Grazie, a questo ci ero arrivato anche io. Solo che Axl non crede che lo voglia fare davvero. Pensa che non ce la farò» risponde Saul.
«Allora tu dimostragli il contrario. Fagli vedere che ce la puoi fare» gli suggerisce Duff, sbadigliando. Saul annuisce.
«D'accordo. Se senti Axl fammelo sapere. Ora torna a dormire.» Non saluta prima di riattaccare e non lascia il tempo di farlo neanche a Duff.
Saul è sfinito. Non ho fatto assoultamente niente tutto il giorno,ma era rimasto incosciente per quasi tutto l'arco della giornata ed ora è psicologicamente, morlamente, emotivamente e anche fisicamente a terra.
Il suo sguardo cade sul tavolo di legno al centro della cucina. Sopra c'è ancora una bsutina e una siringa con del sangue raggrumato sulla punta dell'ago: è inutilizzabile.
Potrebbe sniffare la bustina, ma non ne ha per niente voglia. Ne ha abbastanza di tutto questo. Prende la bustina ed esce fuori al balcone.
Fa freddo, ma Saul non lo soffre più: il suo corpo è abituato a ben altro. Apre la bustina e lascia cadere la polverina bianca nel nulla. Il vento se la porta via.
Gli sembra polvere di stelle. Polvere di stelle. Stardust. D'improvviso pensa all'ultima persona a cui avrebbe mai immaginato di pensare: David Bowie. Non pensa a quando era piccolo e a come l'aveva conosciuto. Pensa a lui come uno che ce l'ha fatta. Lui aveva smesso di drogarsi parecchio tempo addietro. Sospira, poi guarda la città dormiente sotto di lui. Crede di essere a Londra, ma non se lo ricorda. Forse è a Los Angeles. Forse a Berlino.
Alza gli occhi al cielo, ma non vede null'altro che il nero della notte. Non ci sono stelle e non si vede nemmeno la luna. È tutto coperto, il cielo.

Quando Axl torna a casa, è pomeriggio inoltrato. Non aveva intenzione di ritornare, ma la preoccupazione e il senso di colpa gli avevano fatto cambiare idea. Entra in casa titubante, spaventato dall'idea di trovarvici un cadavere.
«Axl.. sei tornato..» mormora Saul appena sente la porta aprirsi. In realtà non sa per certo che è Axl, non l'ha ancora visto. Spera solo con tutto il cuore che sia lui.
«Saul, che diavolo hai fatto?» Axl gli corre incontro.
Lo trova nel salotto, steso per terra, completamente fradicio di sudore. Per terra ci sono delle bottiglie di vino vuote.
«Ti avevo detto.. che avrei.. avrei smesso» riesce a biascicare. Sta tremando.
«Riesci ad alzarti?» gli chiede Axl. Saul scuote velocemente la testa.
«Qui sto meglio. Sul divano fa troppo.. troppo caldo..» risponde, poi allunga la mano verso un'altra bottiglia di vino e fa un lungo sorso.
Saul vuole bucarsi. Ne ha un disperato bisogno. Lo urla, implora Axl di comprargli un quartino, beve.
Axl non si spaventa e resta impassibile. Gli porta dell'acqua e ogni tanto gli tampona la fronte con una pezza umida.
A notte tarda, finalmente Saul reisce ad addormentarsi.

Intorno a lui non c'è più quel bianco accecante, ma non c'è più nemmeno il nero spaventoso.
C'è solo una luce argentea sopra la sua testa, che illumina candidamente il nulla in cui si trova.
Comincia a camminare e la luce lo segue.
Ad un tratto si accorge di essere in un tunnel. Lo capisce perché vede una luce alla fine.
Uscito dalla galleria si ritrova sul tetto di un palazzo. Un grattacielo.
Dev'essere alto una quarantina di piani, e lui è in piedi sul cornicione. Sta guardando giù, ma non ha paura.
Qualcuno lo chiama da dietro. Lui si gira velocemente ma non perde l'equilibrio.
È di nuovo quell'uomo magro dai capelli lunghi. Ora è giorno e riesce a vederlo meglio.
I suoi capelli sono color cenere, eppure lui sa che un tempo erano rossi.
L'uomo gli dice di tornare indietro, che deve svegliarsi.
Lui non capisce. L'uomo gli si avvicina, ma i suoi tratti si fanno distorti e non si riesce a capire chi sia.
Allunga una mano verso di lui e lo spinge nel vuoto.

Saul si sveglia di soprassalto. È ancora fradicio e sa di puzzare come una bestia. Ha ancora voglia di bucarsi, ma cerca di non pensarci. Il peggio è passato. Va in cucina, dove sa di trovare Axl.
«Buongiorno» mormora.
«Buongiorno. Prima di qualsiasi cosa, vai a farti una doccia perché puzzi come una bestia.»
Saul non dice niente e fa quello che ha detto Axl.
Uscito dal bagno, si dirige di nuovo in cucina in accappatoio.
«Che eleganza» fa Axl, sorridendo. Saul si siede di fronte a lui e gli prende una mano fra le sue.
«Scusami per tutto quello che ti ho fatto passare, ma ho ancora bisogno del tuo aiuto,» inizia, lasciando Axl senza parole: «devi portarmi in una clinica. Portami in un ospedale, da un dottore, non lo so. Fammi curare la trombosi. Aiutami a tornare indietro
Axl non sa cosa dire. È serio, però, e annuisce.
«D'accordo. Allora vestiti, che ci andiamo subito.»
 

Parte terza- La rivelazione.

Saul è su un ponte. Non ci passano macchine, sembra abbandonato.
Dall'altro lato, lontano, intravede la sagoma di un uomo. 
È sempre lo stesso uomo che perseguita ogni suo sogno. Ma non vuole raggiungerlo.
L'ultima volta l'ha spinto giù da un grattacielo.
Gli urla di dirgli chi è e cosa vuole.
Vede la sua bocca muoversi, ma non escono suoni. O forse sì, ma è troppo lontano e non riesce a sentirlo.
Sbuffa.
Inizia a correre e stavolta riesce a raggiungerlo. Gli pone nuovamente la domanda.
Il suo viso non è più contorto, ma Saul ugualmente non riesce a riconoscerlo.
Ricorda, dice l'uomo.
Ricordare cosa? chiede Saul, esasperato.
Torna indietro.
Poi l'uomo lo butta giù dal ponte con una spinta.
Saul avverte l'acqua gelida sulla pelle e dentro la gola, nei polmoni. Annegherà.
L'ultima cosa che sente è di nuovo quel fastidioso beep, poi più nulla.

Si sveglia in quella che sembra una stanza d'ospedale. In realtà, quella è una clinica di riabilitazione, per essere precisi.
Axl è ancora accanto a lui, come lo è stato nelle ultime due settimane. Erano andati a trovarlo anche gli altri membri della band, perfino Izzy, anche se aveva lasciato da tempo.
Lo aveva invidiato, perché lui era riuscito a vedere il limite e non l'aveva superato; aveva abbandonato prima di rovinarsi completamente. E ce l'aveva fatta.
Axl sta dormendo, e Saul non riesce a smettere di guardarlo. Ha un viso perfettamente liscio e i capelli gli ricadono candidamente sulla fronte. D'un tratto si ricorda di quando, un po' di anni prima, Axl era solito cotonarsi i capelli. Gli viene da ridere. Certe volte aveva provato ad aiutarlo, ma si era rivelato una vera frana.
Si ricorda anche del loro primo incontro, perfettamente. Lui aveva diciassette anni, Axl diciannove. Erano due ragazzini scatenati e ora sono due anime in pena l'uno per l'altro.
Il suo flusso di pensieri è interrotto dalla porta che si apre, dalla quale entra uno dei dottori che sta seguendo il suo caso.
«Devo darle questo,» dice, mostrandogli una sacca di flebo, «è per la trombosi, non è ancora guarita.»
Saul non risponde e si lascia applicare la flebo. Appena sente la medicina entrargli dentro, si rende conto che è impossibile che quella cosa gli serva per la trombosi: un buco non poteva certo guarire un altro buco. Prima di poter proferire verbo, però, era già caduto addormentato.

Ti ho detto di tornare indietro, non puoi stare qui.
La voce dell'uomo lo raggiunge alle spalle, facendolo spaventare.
Perché no? Questo è il mio sogno, dopotutto, risponde lui.
L'uomo gli si para davanti e scuote la testa, poi gli fa cenno di voltarsi.
Saul si gira automaticamente e davanti a lui la scena è alquanto tetra.
Vede di nuovo sè stesso su un letto d'ospedale, circondato di volti scuri.
Si guarda. È più vecchio, è ingrassato e ha un volto stanco.
Che significa? chiede all'uomo.
Devi tornare indetro, tu puoi stare qui, ripete quest'ultimo.
Che vuol dire? Stavolta Saul ha urlato.
L'uomo scuote la testa dispiaciuto e abbassa lo sguardo. Sembra come se qualcosa gli impedisse di dire altro.
Non è il tuo posto qui, risponde sconsolato, poi svanisce nel nulla.
Anche la stanza d'ospedale scompare e tutto cala nuovamente nel buio.

Quando si sveglia, posa gli occhi sulla sedia dove poco prima c'era Axl. Al posto suo, ora, c'è una donna. Un donna? Sbatte di nuovo le palpebre e rivede il volto di Axl, che lo guarda preoccupato.
«Va tutto bene?» gli chiede, prendendogli una mano. Saul continua a confondere il volto di Axl con quello di una donna, una donna già vista, solo che non ricorda dove.
«Sì, sono.. solo stanco» risponde.
«Stanco? Ma se hai dormito tutto il giorno» la voce e la risatina che ne segue sono decisamente quelle di una donna. Infatti al suo fianco c'è una ragazza dai capelli neri e gli occhi leggermente a mandorla. Sorride.
«Dov'è Axl?» chiede Saul, allarmato. La donna lo guarda tristemente e il sorriso sparisce dal suo volto.
«Tesoro, Axl è morto.. Da quasi un anno, ormai» risponde.
Saul è ancora più confuso.
«Ma cosa dici? Era qui un attimo fa, mi teneva la mano! E poi tu chi sei?» domanda allarmato. L'aria gli manca, non riesce a respirare. Gli sembra di non avere i polmoni.
«Saul, tesoro, sta' calmo. Io sono Meegan, come fai a non ricordare?» dice la donna, tanto preoccupata quanto ferita.
All'improvviso nella stanza appaiono delle figure, sagome umane. Saul riconosce Duff, ma è diverso dal solito: è infinitamente più magro e ha i capelli corti.
Poi anche il suo viso si confonde a quello delle altre figure. Perfino Meegan, la donna, diventa solo un'ombra.
Poi, al centro della stanza, di fronte al letto, appare un uomo. Lo stesso uomo dei suoi sogni. Ora lo riconosce.
È invecchiato e stanco, esattamente come lo sarebbe un cadavere.
«È impossibile..» mormora Saul. L'uomo scuote la testa.
«Ti avevo detto di tornare indietro. Ti ho avvertito tante volte. Ti ho fatto vedere la realtà nei tuoi sogni, ma tu non mi hai ascoltato.»
«Axl..»
L'uomo lo guarda come un anziano che ripensa alla sua vita.
«Axl, sì. Questo è stato il mio nome. Ma ora non ha più importanza.»
«Che significa?» chiede Saul, senza capire.
«Sono morto, Saul. Devi andare avanti» dice l'uomo che Saul non riesce a credere sia Axl.
«Ma non è possibile. Mi sei stato accanto così tanto tempo, mi hai aiutato con la disintossicazione, viviamo insieme!»
«Da quanto tempo viviamo insieme?» chiede allora Axl. Saul ci pensa su un attimo, poi risponde.
«Da quasi un anno, ormai..» non riesce a dire altro che immediatamente si ricorda di quello che gli ha detto Meegan poco prima.
«Io sono morto da quasi un anno» dice Axl.
«Ma non capisco. Sei tu sei morto allora perché io ti vedo? E perché ricordo che fino a prima di addormentarmi tu eri qui ed eri reale?» domanda Saul, non riuscendo a capacitarsi della situazione.
«Perché tutto questo è successo davvero. Abbiamo davvero vissuto insieme e ti ho davvero aiutato. Sono stato reale, ma ora non lo sono più. Questi sono solo vecchissimi ricordi» risponde Axl, rimanendo fermo al suo posto. Il suo sguardo era triste.
Saul inzia a piangere, è disperato.
«Devi tornare indietro» dice Axl, prima di svanire nel nulla.
 

Parte quarta- Il risveglio.

Axl se n'è andato. E anche le figure sono sparite. Ora è solo, completamente.
Prova a dormire ma non ci riesce. Gli sembra che passino ore, giorni, ma fuori c'è sempre il sole. C'è sempre luce, anche quando non dovrebbe esserci.
Si guarda le braccia, ha ancora delle flebo attaccate. Si chiede cosa sia successo.
La trombosi è guarita.
Chiama il nome di Axl, ma lui non appare più. 
Non sa che fare, si sente perduto. Prova a cercare conforto nel cielo fuori dalla finestra, ma ora è coperto e minaccia di piovere.
Piange, come non ha mai pianto in vita sua, e prova a ricordare.

«Mamma! Sta piangendo!» la voce di Cash desta tutti i presenti, che puntano istintivamente gli occhi sull'uomo disteso nel letto.
Il dottore sorride, mentre guarda un monitor accanto al letto.
«C'è attività!» esclama. Perla e Meegan si abbracciano, chi l'avrebbe mai detto. London e Cash guardano speranzosi il letto sul quale è steso il loro amato padre, in attesa.
Aspettano invano, però, perché Saul non si sveglia.
Continua a dormire.
 
È nel tour bus. 
Ci sono Myles e Todd seduti di fronte a lui, mentre Brent e Frank probabilmente dormono.
È un tranquillo pomeriggio, quando arriva la chiamata.
Pronto?
Saul, sono Duff.

Saul si chiede il motivo di tale chiamata, visto che è da un po' che non si sentono. E si chiede anche come mai l'ha chiamato per nome. Di solito lo chiama 'Slash' o 'Slasher'.
Ciao Duff, come va?
Devo darti... un brutta notizia, dice Duff, scoppiando a piangere.
Duff, ci sei? Che è successo? chiede Saul preoccupato.
Axl... Axl... non riusciva a dire altro.
Che diavolo è succeso ad Axl? urla allora Saul, facendo spaventare Myles e Todd.
Lui..è..è... morto.
Su di lui cala il buio totale, e ora ricorda.

Come prima cosa muove due dita. Un movimento leggero, quasi impercettibile. Infatti nessuno lo nota. 
Poi, inizia a muovere le palpebre. Dopodiché, non ha più bisogno del respiratore.
Ora riesce a respirare, e anche se fa un male cane, non riesce ad urlare dal dolore.
«È sveglio!» è di nuovo Cash a dare l'annuncio. Non ha staccato gli occhi da suo padre neanche un secondo negli ultimi due giorni.
«È stupefacente,» inizia il dottore, incredulo, «è molto raro che delle persone si risveglino dopo un anno di coma. È pazzesco!»
Meegan non riesce ancora a crederci, è paralizzata. London e Cash invece saltano sul letto e abbracciano il loro papà.
Anche Perla è felice e grata che il padre dei suoi figli ce l'abbia fatta.
Saul apre gli occhi e vede i suoi figli piangere di gioia, ma non li riconosce subito. Non riconosce ancora nessuno.
Solo quando il suo sguardo cade su Meegan, ricorda.
Lei c'era nel mio sogno, pensa.
«Saul..» mormora lei, fra i singhiozzi. 
Saul ha la gola secca, non riesce a parlare. Quando ci prova, il dottore gli porge un bicchiere d'acqua e gli dice di non sforzarsi.
Senza dargli ascolto, lui riprova a formulare una domanda. Ci riesce a malapena.
«Cosa è successo?» sussurra. Cash e London non riescono a parlare e Meegan non smette di piangere. È Perla a spiegare tutto.
«Quando hai saputo della morte di Axl, sei corso a casa sua e hai preso delle vecchie foto. Poi sei andato al funerale. Ti hanno trovato il giorno dopo Myles e Brent, per terra, con le foto in mano e l'ago nelle vene. Sei stato in coma per quasi un anno» conclude, cercando di trattenere le lacrime.
Proprio in quel momento, Duff e Myles fanno irruzione nella stanza e restano entrambi a bocca aperta.
Anche a Saul viene da piangere. Ha fatto stare in pensiero tante persone, le ha fatte soffrire senza dare spiegazioni. E non ha ancora nemmeno avuto il tempo per smaltire il dolore per la morte di quello che era stato il suo migliore amico e anche più.
Non riesce a guardare nessuno negli occhi, si sente in colpa verso tutti quanti, verso il mondo.
Stringe i suoi figli, per quanto i suoi muscoli atrofizzati gli permettono, e guarda fuori dalla finestra.
Mi dispiace, dice ad Axl, volevo seguirti, ma non potevo. Grazie per avermelo fatto capire.
Il dolore fa un po' meno male, ora che può stringere i suoi cari, ma continua a sentirsi in colpa, perché in fondo al cuore, avrebbe preferito rimanere nei suoi ricordi, in quel mondo dove Axl era ancora vivo, e ancora lo amava.
Questo però, Saul non lo dirà mai a nessuno.


-Angolo Autrice-

Salve, sono tornata. So che sembra strano che io scriva due storie nell'arco di tre giorni, ma lo dovevo ad una mia amica, a cui è dedicata questa one-shot. Anche se scommetto che vorrebbe solo uccidermi, dato che le ho fatto morire Axl :))
Mik, ti voglio bene, sappilo.
Grazie a chi è arrivato fin quaggiù, spero che la storia vi sia piaciuta.
Un abbraccio,

-Drunk on Love-
  
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