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Autore: Letsneko_chan    16/06/2015    2 recensioni
[Storia partecipante al contest "It's too cliché" indetto da rhys89 sul forum di EFP]
Marco e Lucio sono due giornalisti dalla personalità completamente opposta. E se in genere gli opposti si attraggono, nel loro caso si respingono: fin dalle elementari si sono odiati e la loro rivalità sfocia in una guerra senza quartiere. Costretti dal capo a partecipare a una serie di convention sul riscaldamento globale, si trovano a trascorre molto tempo insieme. Il premio per chi scriverà il miglior articolo è - semplicemente - la dirigenza del giornale.
***
«Siamo mai andati d'accordo? Non mi pare».
«Tu non hai mai dimostrato una certa propensione verso il conoscere le persone».
«E con ciò?»
«Niente... Volevo solo provare a fare amicizia con te. D'altra parte ci conosciamo da anni... eppure non siamo mai diventati amici».
«Non vedo il perché di doverlo diventare adesso. Non è che una convivenza forzata di una settimana può farci innamorare l'uno dell'altro!»
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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L’amore e l’odio sono le facce della stessa medaglia
 
 
 
«Lucio!»
Alzi la testa di malavoglia, non appena senti quell’odiosa voce che ti chiama.
Lui, Marco, la persona che odi di più al mondo, è fermo davanti a te. I suoi occhi azzurri brillano di una strana luce: cerchi di capire cosa gli stia passando per la testa, ma non ti viene in mente niente.
«Muoviti, il capo ci ha convocato».
Quelle parole sciolgono tutti i tuoi dubbi: qualsiasi cosa voglia il capo, sai già che Marco la prenderà come una sfida.
Sbuffi, lasciando a metà l'articolo e ti alzi, afferrando la giacca. Cammini in silenzio, dietro di lui; lo segui come un’ombra, unico comportamento che hai usato fin dal giorno in cui vi siete conosciuti.
Rimanete in silenzio per tutto il tragitto: c’è solo odio tra voi, nient’altro.
Dai tempi delle elementari, per uno strano scherzo del destino – che tu ritieni solo una coincidenza – avete condiviso lo stesso banco, finché questo non è diventato la scrivania di un ufficio. E le sfide tra voi, se dapprima erano guidate dai voti, dal giorno in cui avete cominciato a lavorare assieme in quella redazione, si presentano sotto forma di articoli.
«Santo cielo, sei impresentabile».
«Davvero?» sbuffi sarcastico ma lui non sembra accorgersene e inizia a sistemarti il collo della camicia.
Non appena finisce, gli rivolgi un'occhiataccia, lo precedi nell’entrare nell'ufficio del direttore e ti siedi sulla prima sedia che ti capita a tiro.
Marco entra con calma, mettendo in mostra tutta la sua sicurezza.
Odi quella sua sfacciataggine, ma non puoi fare a meno di ammirarlo.
Odi quel suo egocentrismo, ma non riesci a staccare gli occhi da lui.
Forse sarà per il suo fisico invidiabile: capelli biondi e occhi azzurri, il sogno di ogni ragazza. Ma no. C’è dell’altro: è anche il suo comportamento che ti porta ad ammirarlo.
Sei ben consapevole delle tue contraddizioni ma ogni volta che ci pensi, scuoti la testa, ritenendo che sia solo dovuto al fatto che la luce di Marco getta ombra su qualunque cosa tocca.
Ti rivolge un'occhiata di sfida, sicuro che qualsiasi cosa voglia da voi il capo, lui l'avrà vinta.
Ripensi velocemente agli ultimi articoli, elencandoli uno per uno: cerchi con cura quasi maniacale un possibile errore che possa aver scatenato le ire del capo. Niente, non trovi niente: hai ricevuto solo complimenti per quegli articoli.
«Ho sempre ammirato entrambi sia come persone sia come giornalisti. Come sapete, tra poco tempo andrò in pensione e volevo affidare la direzione a uno di voi».
Mentre il direttore parla, noti che Marco si passa – teatralmente – una mano tra i capelli.
Nel tuo animo si agitano tanti pensieri ma dall’esterno non trasparisce: mantieni la tua solita calma, limitandoti ad annuire alle parole del capo.
Marco si pavoneggia, certo di essere lui il successore.
«Voglio che voi due andiate alla convention sul riscaldamento globale. Chi scriverà il migliore articolo, sarà il nuovo direttore».
Annuite entrambi e Marco ti guarda con aria di sfida.
Potessi cavargli gli occhi!
Ti trattieni dal fargli una smorfia – d’altra parte, certi atteggiamenti sono da evitare davanti al capo.
«Ah dimenticavo. Questi sono i biglietti per il treno. E la prenotazione dell'albergo».
Vi allunga una busta che Marco afferra subito. Te la sventola davanti agli occhi mentre un sorriso strano gli taglia in due il volto.
«Conti su di noi!»
Noi, certo. Potevi anche dire “me”, saresti sembrato meno ipocrita, pensi mentre desideri urlargli in faccia tutto ciò che pensi di lui.
 
***
 
Il trillo della sveglia ti riscuote dal mondo dei sogni e subito realizzi che l'incubo peggiore della tua vita è sul punto di realizzarsi.
Accarezzi distrattamente il gatto addormentato sul letto prima di alzarti.
Ti sei appena seduto a tavola quando senti il campanello suonare.
«Buongiorno Lucio!»
Marco ti saluta scompigliandoti i capelli mori, appena pettinati. Rimani fermo, appoggiato alla porta. Vorresti scacciarlo ma lo inviti a entrare, dicendogli che stai per fare colazione.
Un'altra incongruenza si aggiunge alla lista – infinita – di quelle che hai già fatto o detto.
«Be'? Che hai da guardare?»
«Hai un gusto nel vestire assolutamente pessimo» sghignazza Marco. Lo geli con lo sguardo mentre finisci di fare colazione. Gli chiedi se vuole qualcosa da mangiare e subito Marco afferra un muffin: i suoi complimenti per come li hai preparati non ti scalfiscono.
Rimani in silenzio, lanciandogli occhiatacce di tanto in tanto e spiando le sue mosse.
«Potresti anche essere più loquace» borbotta Marco.
«Cosa ci fai qui?» gli chiedi con astio.
«Sono passato a prenderti».
«Il treno parte tra un'ora» gli rispondi secco.
«Volevo essere sicuro di non fare tardi».
«La stazione dista cinque minuti da qui. Lo dovresti sapere, visto che abiti nell'isolato qui accanto!»
Cala il silenzio tra voi: ogni volta che Marco cerca di instaurare una conversazione, rispondi a monosillabi, distruggendo sul nascere ogni tentativo.
Un gatto salta sulla tavola e miagola, ricercando cibo e coccole.
«Lascerai da soli i gatti?» ti chiede Marco mentre lo accarezza sulla testa.
«No, l'idea era di metterli in valigia!»
Marco ti guarda stupito.
«Idiota, certo che li lascio a casa! È già capitato altre volte e mio fratello sa già come fare. Non mi preoccupo per loro, ho più paura per me».
«E mica ti mangio!» esclama Marco ridendo.
«No, ma sopportare una settimana a stretto contatto con te è una prova di resistenza!»
«Lo stesso vale per me. Sai quanta voglia ho di starti vicino per tutto questo tempo?» lo sguardo di Marco si assottiglia, finché i suoi occhi azzurri non sono ridotti a due fessure.
«Vediamo... meno di zero?»
«Oh, ma che bravo!»
Quella piccola litigata continua per tutto il tragitto verso la stazione. Nonostante il treno parta tra un’ora, non riesci ad aspettare seduto a quel tavolo: la vicinanza di Marco rischia di far impazzire il tuo sistema nervoso.
Fortunatamente non dovete aspettare molto prima dell’arrivo del treno: vi sedete ai vostri posti, attendendo in silenzio che parta.
Lanci occhiate a Marco di soppiatto, sicuro che anche lui stia facendo lo stesso.
Vi studiate a vicenda, cercando di capire chi sia la preda e chi il cacciatore.
Non una parola vola tra voi: ti dedichi alla lettura mentre lui ascolta la musica.
 
«Sei il solito insopportabile» sbotta Marco poco dopo che siete scesi dal treno. «Dovemmo cercare di andar d'accordo per questa settimana».
Mugoli in segno di assenso, convinto soprattutto dalla mano che si stringe sulla tua spalla.
 «Lucio, ascoltami».
«Che c'è?»
«So quanto mi odi e cosa pensi di me ma fidati. Deponiamo le armi per questo periodo».
No.
Rimani fermo nelle tue posizioni: se fai un passo falso, Marco se ne approfitterebbe subito. Troppe volte sei stato ingannato così, non succederà ancora.
«Perché dovremmo?» scuoti le spalle. «In fondo, è pur sempre una sfida quella cui stiamo andando incontro».
«Io non dico di collaborare per l'articolo: è ovvio che vincerò io!»
«Crogiolati pure nel tuo brodo, idiota!» gli urli per poi aumentare leggermente il passo. Marco ti raggiunge subito ma non lo ascolti minimamente mentre blatera quanto sia importante che due colleghi vadano d'accordo al di fuori dell'ambito lavorativo e così via.
«Ma mi stai ascoltando?!» ti urla afferrandomi per le spalle.
«Secondo te?» alzi un sopracciglio.
Marco scuote la testa: speri che abbia capito che non t’interessa niente di ciò che va dicendo. 
Non avete mai parlato molto e quelle rare volte sono state per motivi di lavoro.
 
 
A cena siete seduti allo stesso tavolo: pensi che forse il destino abbia deciso di giocare ancora con la tua vita.
«Lucio».
«Cosa vuoi?»
«Perché fai così?»
«Siamo mai andati d'accordo? Non mi pare».
«Tu non hai mai dimostrato una certa propensione verso il conoscere le persone».
«E con ciò?»
«Niente... Volevo solo provare a fare amicizia con te. D'altra parte ci conosciamo da anni... eppure non siamo mai diventati amici».
«Non vedo il perché di doverlo diventare adesso. Non è che una convivenza forzata di una settimana può farci innamorare l'uno dell'altro!»
Marco scuote la testa, ritornando a mangiare. Alza un attimo lo sguardo prima di allungare una mano per spettinarti i capelli.
«Domani ti porto a fare shopping. Hai un abbigliamento a dir poco ridicolo».
«E con ciò?»
Marco ride, iniziando poi a elencare una lista interminabile di negozi. Ma sotto sotto sai bene che ha ragione: hai proprio bisogno di rinnovare un po' il guardaroba. In ogni caso, per principio, non gliela darai mai vinta.
Dopo cena decidete di passare un po' di tempo sulla terrazza dell'albergo. Parlate per poco della serie di conferenze che si svolgeranno nei giorni successivi: leggi velocemente il programma, iniziando a pensare ad alcune cose da fare per passare quei momenti liberi da incontri a tema “Riscaldamento globale”.
Tuttavia, quella conversazione cade ben presto nel nulla e solo il rumore delle macchine che sfrecciano lungo i viali illuminati vi raggiunge e rompe il silenzio che vi avvolge. Siete soli su quella terrazza e, nonostante il buio, sembra più grande di quello che è in realtà.
Marco ti offre una sigaretta che rifiuti elegantemente con un cenno del capo e la fiammella dell'accendino illumina, per un attimo, il suo viso.
«Lucio...»
«C'è qualche problema?»
«No... Stavo ripensando alle tue parole... Perché sei così ostico nei miei confronti?»
«L'odio vale come motivo?»
«Ma se di me sai solo nome e cognome!»
«È abbastanza per odiarti».
«Che idiozia».
«E cosa dovrei fare allora?»
«Io un'idea l’avrei...»
Ti chiedi se sia il caso di preoccuparsi ma, per una volta, decidi di mettere da parte le tue ferme posizioni.
«Sentiamo l'idea».
«Siccome ci conosciamo così poco, perché non ripartire da capo?»
«Che vuoi dire?»
«Ripartiamo dall'inizio. Come se non ci fossimo mai conosciuti e stasera fosse la prima volta che ci siamo incontrati. Che ne pensi?»
Pensi che, per una volta, lui, il solito egocentrico insopportabile, abbia dannatamente ragione.
«Va bene».
Marco sorride tendendoti una mano.
«Marco Passanti».
«Lucio Vannucci» gli rispondi stringendogliela.
«Lucio...»
«Eh?»
«Sei sicuro di non voler un tiro?»
«Sì».
Rimanete in silenzio, appoggiati alla balaustra.
«Insomma, che ti piace fare nel tempo libero?»
«Be', gioco con i gatti...»
«Quanti ne hai?» chiede curioso Marco.
«Ho cinque palle di pelo che girano per casa» rispondi non senza una punta di orgoglio in quelle parole.
«Che fortuna... Vivi da solo?»
«Già. E tu?»
«No. Abito con mio fratello e lui odia i gatti. Ha preferito comprare un chihuahua che abbaia a ogni ora del giorno e della notte».
Ridi, immaginandoti la scena e Marco ti fulmina con lo sguardo.
«Non penso che tu non faccia nient'altro» esordisce non appena finisci di ridere.
«La domenica vado allo stadio» scuoti le spalle: è una tradizione di lunga data. Ogni domenica la famiglia si riunisce o allo stadio o davanti alla televisione ma non perdete mai una partita.
«Davvero? Tu? Allo stadio?»
«In curva».
«Da te proprio non me lo aspettavo» mormora sconcertato.
«Cosa vorresti dire? Che ti aspettavi un tipo tutto casa e chiesa?» gli chiedi alzando un sopracciglio e mettendo le mani sui fianchi mentre Marco ti squadra da capo a piedi.
«Be'... Se devo essere sincero, sì».
Scuoti la testa e ridi.
«È incredibile quanto poco ci conosciamo».
Lui ti guarda stupito, limitandosi ad alzare un sopracciglio.
«L’hai capito ora?»
«Be’… sì. E tu? Che cosa fai nel tempo libero?»
Un velo di malinconica copre per un attimo gli occhi azzurri di Marco: si appoggia alla balaustra sospirando.
Alza gli occhi al cielo, iniziando a parlare.
«Fin da quando ero piccolo, i miei genitori sono sempre stati poco presenti. Poi, un giorno, si separarono. Mia madre ci prese con sé e qualche mese dopo si era già risposata. Peccato che il nuovo marito fosse uno stilista. Iniziò quasi per gioco ma ben presto mi costrinsero a fare da modello. Non l'ho mai sopportato quel lavoro. Così, appena compiuti i diciotto anni, io e mio fratello ce la siamo svignata, affittando quell'appartamento. È piccolo, ma molto più accogliente di quell'immensa casa. Una prigione dorata, ecco cos'era».
Lo guardi incredulo e quando nota la tua espressione confusa, Marco si scusa per averti raccontato in tre parole la sua vita.
Gli metti una mano sulla spalla, abbassando gli occhi.
«Scusami tu. Hai ragione, sono io l'insopportabile. Se... se avessi saputo cosa stavi provando forse... forse ti avrei aiutato...»
«Non ho mai avuto veri amici e vedendoti sempre così in disparte pensavo di poter trovare in te un amico...»
«Perdonami... Io... io non pensavo fossi così solo... Ti ho sempre visto circondato dalla fama e tutti ti ammiravano. Lo ammetto, t’invidiavo. Io non riuscivo a eccellere in niente...»
Marco ti sorride.
«Non è vero. Se non fosse stato per te, non sarei mai riuscito a passare a giugno a latino».
Scuoti la testa ridendo, appoggiandoti alla balaustra accanto a lui.
«Sonno?» gli chiedi notando che sbadiglia.
«Un po'... Io vado a letto. Buonanotte Lucio».
«A domani».
Rimani da solo, appoggiato alla balaustra. Il venticello fresco non ti dà tanta noia: pesano molto le parole che Marco ti ha detto. Mai e poi mai avresti pensato che la sua vita fosse costellata di tanto dolore.
Una volta disteso a letto, non puoi fare a meno di ripensare a ciò che ti ha detto.
In fondo è vero, di lui conosci solo il nome e il cognome: e se non fosse stato per quel racconto, non conosceresti davvero nulla, ad eccezione dell’aspetto fisico.
Ti rigiri sotto le coperte: dicono spesso che domani sarà un altro giorno.
«Staremo a vedere» dici fra te e te prima di cadere addormentato.
                                                                                                               
***
 
Ormai sono passati due giorni dal vostro arrivo e il rapporto si è leggermente addolcito: non l’avresti mai detto, ma Marco nasconde un triste passato.
Bussi nuovamente alla porta della sua camera.
Avete deciso di andare al cinema: un po' di riposo dopo due giornate di conferenze è più che meritato. Per quanto l’argomento sia interessante e importante, non ne puoi più di sentire parlare quegli esperti. Quale occasione migliore per mettere alla prova i due migliori giornalisti della testata e vedere chi scrive l’articolo migliore, se non quella settimana di conferenze sul riscaldamento globale?
Ce ne sarebbero tante ma forse il capo vuole solo andare in pensione il prima possibile.
Tuttavia se lui non si sbriga, rischiate di arrivare in ritardo e perdere il film. Dopo aver insistito tanto, sei riuscito a convincere Marco ma lui ha posto una condizione, dicendoti quale film andare a vedere.
Peccato che non sia andato lui a comprare i biglietti.
«Ti vuoi muovere?» gli dici spazientito quando ti apre la porta.
«Un po' di pazienza, Lumino» risponde tranquillamente mentre ti spettina i capelli. È facile intuire che ha passato ore a prepararsi davanti allo specchio: ma cosa crede? Di avere il tappeto rosso steso sotto i piedi?
«Uno. Non chiamarmi Lumino. È imbarazzante. Due. Sto aspettando sua signoria da venti minuti».
«Sai, Lucio... assomigli proprio a una moglie bisbetica».
Marco inclina la testa di lato, sorridendoti beffardo. Lo guardi con astio per poi ghignare.
«Tranquillo, Marcuccio. Mi sono appena preso la rivincita».
Marco guarda confuso prima te poi i due biglietti che gli sventoli davanti al viso, al pari di un trofeo.
«No. no. E no. Niente film sdolcinati».
«Mi dispiace tanto, ma i biglietti per il film che mi avevi detto non erano disponibili».
«Sei un bastardo».
«Solo una vendetta contro sua signoria».
A dir la verità, nemmeno a te interessa più di tanto il film. Le tue speranze di un film diverso dai canoni sono andate presto in fumo. Anche quello parla della solita, banale storia d'amore.
Sbadigli annoiato, allungando poi una mano verso i popcorn. Marco ha voluto tenerli tutti per sé, dicendo che non esiste guardare un film senza di quelli.
Tasti il vuoto e subito fulmini Marco con lo sguardo.
Eccolo, quello che non voleva andare a vedere il film.
Lacrima sul ciglio dell'occhio, bocca mezza aperta e popcorn sulla mano a mezz'aria.
«Potevi anche lasciarmene un po'» gli sussurri sarcastico mentre gli chiudi la bocca.
«Sta' zitto. Non vedi quant'è commovente il film? Che pathos, che storia strappalacrime!»
Ti batti una mano sulla fronte, ripetendo almeno dieci volte tra te la parola “idiota”.
Quando uscite dal cinema, Marco ha le lacrime agli occhi e va decantando la profondità del film.
A dirla tutta, però, ti è sembrato una storia usata già mille altre volte.
Insomma, com'è possibile che dopo anni di odio e concorrenza, quei due siano finiti sullo stesso altare insieme?
Scuoti la testa, pensando che, forse, una minima corrispondenza tra il vostro cambiamento nel rapporto e il film ci sia.
Ridi, nel ripensare che mai il cuore ti è battuto così forte mentre eri vicino a Marco.
Solo una stupida coincidenza. Un'altra.
Marco ti guarda stupito, prima di metterti un braccio sulle spalle.
«Ti va un bicchierino di birra?»
«So che con “bicchierino” intendi un calice da un litro, come minimo».
«Allora?»
«E va bene, prendiamo 'sta birra».
Nemmeno con quel boccale davanti riesce a smettere di parlare del film.
Ti batti una mano sulla fronte: perché ogni volta che sei a un passo da prenderti una rivincita su Marco, lui manda all'aria tutto?
Senti la testa girare leggermente e ti dici che non è stata una buona idea bersi tutta la birra, nonostante tu sappia che non riesci a reggere l'alcool.
«Lucio... Sei astemio?»
«Sì... O almeno lo ero fino a cinque minuti fa».
Marco ti batte una mano sulla spalla.
«E bravo, il mio Lumino!»
«Non mi chiamare in quel modo!»
«Sei tanto tenero quando ti arrabbi».
«Sta zitto!» gli sibili mentre senti le guance in fiamme.
 
Le giornate passano in fretta: riesci a ritagliare davvero pochi momenti per scrivere una bozza per l’articolo.
Quando non assistete a una conferenza, Marco ti trascina su e giù a fare shopping. Hai provato a fargli cambiare idea ma niente, Marco rimane fermo nelle sue idee e niente può farlo distogliere dall’impresa “rinnovo guardaroba di Lucio” – o almeno così l’ha ribattezzata lui.
Tuttavia, seppur carico all’inverosimile di sacchetti recanti i marchi più costosi non puoi fare a mano di sorridere.
Marco chiacchiera allegramente del più e del meno, lasciandosi andare anche a discorsi sconclusionati.
«Allora, Lucio… stasera posso vederti finalmente con un abbigliamento più decente del solito?»
«Perché il mio abbigliamento non ti andava bene?»
«Perché era troppo… come dire… serio».
«Pensi che mi stiano bene tutte queste… cose che mi hai fatto comprare? Detto fra noi, l’unico risultato che hai ottenuto è stato quello di alleggerirmi il portafoglio».
Marco ride, passandoti un braccio intorno alle spalle. Non sembra curarsi del leggero rossore che ti colora le guance.
Da quanto stargli così vicino ti fa quest’effetto?
Cerchi di scacciare l’idea di esserti innamorato di lui ma da un paio di giorni quel pensiero ti ronza in testa.
«Che ti va di fare? Abbiamo ancora tutto il pomeriggio libero».
«Non saprei…»
«Be’, io una mezza idea ce l’avrei. Hai un costume?»
«Sì ma… perché?»
«Non molto distante dall’albergo c’è un parco acquatico. Potremmo sfruttare l’occasione e farci un tuffo. È anche una bella giornata oggi».
«E va bene, in fondo un po’ di riposo non può farci male. Sono giorni che andiamo avanti a forza di conferenze sul riscaldamento globale».
 
Ripensi al pomeriggio trascorso in allegria e sorridi appena. Marco ti nota e ti chiede quale sia il motivo del tuo sorridere; scuoti la testa, sussurrando: «Niente».
Eppure, quella semplice parola – niente – nasconde tante cose: non riesci a toglierti dalla testa quei momenti passati in spensieratezza tanto che sembravate quasi due bambini. Ma in quel pomeriggio così perfetto, c’è qualcosa che ti ha turbato. Non puoi fare a meno di arrossire, ripensando a quanto ti sentivi in imbarazzo ogni volta che Marco era vicino a te. Da quando in qua vedere lui a petto nudo ti fa quest’effetto?
Rimani in silenzio, osservano le stelle ma non ti sfugge il bagliore fugace dell’accendino di Marco. Aspetti che finisca di fumarsi quella sigaretta prima di parlare.
«Sai... Ho sempre desiderato imparare le costellazioni ma puntualmente fallisco...»
Marco non dice niente, limitandosi ad annuire.
Senti una mano che ti afferra all’improvviso il braccio, trascinandoti in terra.
Un attimo dopo sei disteso sopra il biondo mentre le sue mani s’intrecciano sulla tua schiena.
Sciogli in fretta l'abbraccio, ringraziando il buio mentre senti le guance in fiamme. Non vuoi che Marco fraintenda tutto: la situazione si è compromessa già abbastanza nel pomeriggio, non vuoi rischiare che succeda qualcosa di peggio. Ripensi istantaneamente a quella domanda: già, cosa provi per lui? Forse dovresti mettere un po’ d’ordine tra i tuoi sentimenti, non credi?
Perché? Perché fa quest’effetto?
Quella semplice domanda non ha risposta: non sei capace di dartela.
Le spiegazioni di Marco riguardo alle costellazioni ti scivolano addosso: la tua mente vaga mentre ti sforzi di non pensare a quanto vicini eravate un attimo prima.
Marco ti scuote leggermente la spalla e tu sussulti. Non ti eri nemmeno accorto di esserti addormentato.
Il biondo ti stringe a sé, coprendo entrambi alla bene e meglio con la sua giacca.
«Non è proprio il massimo starsene distesi in terra a guardare le stelle coperti da una misera giacca, sai?»
Marco intreccia un dito tra i tuoi capelli, limitandosi ad annuire con la testa.
«Stai davvero bene vestito così».
Rimani interdetto un attimo quando senti quel complimento.
«Be’… grazie...»
«Non vergognarti dei complimenti, Lucio. Te lo dico dal cuore. Siamo amici ora, vero?»
Annuisci, sistemandoti meglio accanto a lui.
«Marco…»
«Dimmi».
«Hai mai provato qualcosa verso un certo… un certo sentimento verso qualcuno?»
«Tante volte, Lucio. Ma sai, sono state più le volte in cui sono rimasto deluso che altre… perché mi chiedi questo?»
«Niente… un dubbio così».
«Lucio. Sicuri che tu non mi nasconda nulla?»
«Come potrei?»
«Puoi. Semplicemente puoi».
Un attimo dopo Marco è disteso sopra di te. Senti il suo respiro sfiorarti le labbra e non riesci a formulare un pensiero coerente.
Le tue braccia sono abbandonate lungo il corpo mentre il cuore palpita troppo velocemente.
Marco ti accarezza il viso e socchiudi gli occhi, abbandonandoti a quel contatto.
«Ho aspettato fin troppo. Lucio... Io... Io non ce la faccio più. Giulia aveva ragione a dire che secondo lei gli uomini mi attraevano più delle donne…» ti sussurra un attimo prima di posare le labbra sulle tue.
Per un attimo ti abbandoni alla sua mercé ma – spinto da cosa? L’imbarazzo forse? – ti scosti all’improvviso, allontanandoti di qualche metro.
Marco ti guarda confuso, allungando una mano verso di te.
«Lasciami stare!» gli urli prima di correre via.
Ti lasci cadere sul letto, fissando con aria assente il soffitto.
Nascondi il viso tra le mani, iniziando a piangere. Ti abbandoni a un pianto disperato, incurante di Marco che bussa alla tua porta, implorandoti di lasciarti entrare.
Nella notte non riesci proprio a prendere sonno: tra l’imbarazzo e il rimorso, addormentarti è impossibile.
La sera dopo, ti siedi sul letto, rigirandoti la chiave tra le mani.
Non hai scambiato una parola con Marco per tutta la giornata: entrambi vi siete concentrati anima e corpo sulla redazione di quell’articolo. Nuovamente, l’odio è subentrato tra voi, facendovi apparire distanti come non mai. Hai notato solo astio nel suo sguardo e sei consapevole che è solo colpa tua.
Il tuo sguardo, incapace di fissarsi in un punto, guizza dalla finestra alla valigia ormai quasi pronta: non l'avresti mai detto che la settimana finisse in questo modo, vero?
Ripensi alla sera prima, il culmine di tutto. Ti dai dello stupido, mentre non riesci a non pensare a quel bacio.
Ti passi una mano tra i capelli, nascondendo poi il viso tra le mani.
Una lacrima riga il tuo volto, facendoti apparire come un bambino indifeso.
In fondo, con quanta forza ti sei opposto a quel contatto?
Nessuna.
Lo volevi, lo desideravi già da alcune sere: eppure, sei riuscito a rovinare tutto.  Ancora una volta è colpa tua.
Ma stavolta solo tu puoi rimediare ai tuoi errori: basta alzarsi da lì, andare da Marco e dirgli tutto.
Facile?
No, per niente: è difficile aprire il proprio cuore, figuriamoci dire a quello che fino a due sere fa era il tuo nemico numero uno che adesso provi per lui quel nobile sentimento decantato in ogni periodo della letteratura.
Afferri il telefono: di andare là e parlargli a viso aperto non se ne parla, preferisci avere un intermezzo elettronico.
Suona a vuoto, il cellulare.
Stringi le dita sul telefonino, scaraventandolo poi sul cuscino.
Linea occupata.
Di nuovo. Di nuovo il destino ha deciso di giocare con la tua vita.
Sospiri, decidendo poi di alzarti.
Bussi piano alla sua porta, temi di rompere qualcosa forse?
O è il vostro rapporto quello che, probabilmente, è spaccato?
Non udendo risposta, decidi di entrare.
Una visita a sorpresa ha mai ucciso nessuno?
No.
Allora che aspetti? Che arrivi un aiuto provvidenziale dal cielo?
Con tuo grande stupore, la porta cede sotto la tua leggera pressione.
Marco è in terrazza ma pare agitato mentre parla al telefono.
Gesticola con una mano, si stringe la camicia per poi intrecciare una ciocca di capelli sull'indice.
Lui non sembra averti notato: o se l'ha fatto, non vuole darti peso.
Chiudi la porta, facendo il meno rumore possibile e ti fermi nel mezzo della stanza.
Una mano indugia sulla spalliera della sedia.
«No, no e no! Giulia, te l'ho già detto. Non m’interessa. Bene, cosa vuoi fare adesso? Le ripercussioni sui giornali che avrà la notizia? Be', sappi che non m’interessano. Vuoi sapere il perché? Te l'ho già detto, Giulia. Non è assolutamente colpa tua, è che mi sono innamorato di un altro. No, non un'altra. Un altro».
Ti senti le guance in fiamme mentre ascolti – per quanto involontariamente – quelle parole. Ti siedi sul letto: non sei sicuro che le gambe riusciranno a reggerti.
Marco si volta improvvisamente e senti il respiro mozzarsi in gola.
Non riesci a decifrare la sua espressione: sembra incredulo ma forse un pizzico di rabbia la nasconde.
Chiude la chiamata, troncando a metà il discorso.
«Che ci fai qui?»
Abbassi lo sguardo: non te la senti di guardarlo negli occhi.
«Volevo... volevo chiederti scusa... Per quello che ti ho detto ieri sera, per come ti ho scacciato... Vedi... Io...»
Marco t’interrompe, o meglio, il suo abbraccio ti toglie le parole.
Non riesci a capire come, ma un attimo dopo sei disteso sul letto, lo sguardo incollato a quello di Marco.
Le sue dita ti accarezzano i capelli, scendono lungo il profilo del viso e si fermano ad accarezzare le tue labbra.
«Marco... Io...» balbetti, incapace di formulare un discorso di senso compiuto.
«So cosa pensi. Sono solo un idiota... un idiota che ti ama…»
«No, l'idiota sono io...»
«Ora non me ne può importare di meno. Ho lasciato quella specie di fidanzata che avevo, adesso possiamo essere solo Marco e Lucio».
Ti accarezza nuovamente il viso e non puoi fare a meno di arrossire.
Rimanete a lungo a fissarvi negli occhi, ricercando cosa? Una risposta alle mille domande che vi agitano il petto?
Senti caldo – troppo caldo – e il viso di Marco, così vicino al tuo, t’impedisce di formulare un pensiero coerente mentre le mani si abbandonano tra le sue ciocche bionde.
Mentre Marco copre la distanza tra voi, socchiudi gli occhi, abbondandoti ai suoi baci che, da veloci e leggeri, diventano sempre più lenti e profondi.
«Siamo solo due idioti» ti sussurra prima di stringerti forte. «E stanotte rimani qua. Non mi farò respingere ancora, caro il mio Lumino».
«Non chiamarmi in quel modo» sbuffi.
Marco ti bacia la fronte, scostando un ciuffo ribelle.
«Ma è tanto dolce come soprannome» ridacchia Marco.
«Mi sembra ridicolo».
«A me piace. Quindi ti chiamerò così».
«Fa’ come vuoi».
Marco si lascia sfuggire una risata, alzandosi dal letto per andare a frugare in uno zaino.
«Che cerchi?» gli chiedi curioso, piegando la testa su un lato per cercare di sbirciare.
«L’avevo preso per il compleanno di quella ma credo che sia meglio se lo tieni tu adesso» ti risponde mentre t’infila al dito un anello.
Guardi stupito prima la tua mano, poi Marco: è felice e quel sorriso sincero che gli illumina il volto non può che provarlo.
«Aspetta un attimo, vado a mettermi il pigiama» è tutto ciò che riesci a balbettare.
Gli scocchi un veloce bacio sulla bocca, prima di inoltrarti lungo il corridoio con le guance in fiamme.
Appena torni, Marco ti fa cenno di distenderti accanto a lui e tu subito obbedisci, affondando la testa tra le pieghe della maglia del suo pigiama.
«Guardami».
Scuoti la testa.
«Lucio, non fare il bambino. Sei il mio fidanzato, voglio osservarti per bene!».
Di nuovo scuoti la testa.
Senti Marco sospirare.
«Non vale! Usi le maniere forti!» ansimi appena dopo che Marco ha ottenuto ciò che voleva, semplicemente facendoti capitolare con il solletico.
Marco sorride, lasciandoti un piccolo bacio.
«Sta zitto, Lumino».
«E basta con questo soprannome!»
Marco ti zittisce con un altro bacio, continuando a tenerti stretto a lui.
Chiudi gli occhi, lasciandoti coccolare. Tremi appena, quando le sue labbra si posano sul tuo collo.
«Non ti facevo così sensibile...» ti soffia a fior di pelle Marco.
«Non… non ho mai avuto una fidanzata… tanto meno un fidanzato» dici tutto d’un fiato, stringendo il suo pigiama.
«Significa che avrò l’onore di essere il primo. E poi, sono anni che aspetto questo momento».
«Che vuoi dire?»
«Voglio dire che ho fatto di tutto pur di starti vicino fin dalle elementari».
«Quindi non è stata solo una stupida coincidenza?»
«Assolutamente no».
Sorridi, intrecciando le mani dietro il suo collo e posi le tue labbra sulle sue.
«Ho incolpato sempre il destino…»
«Hai fatto male».
Ti sistemi meglio, abbracciandolo stretto. Marco ti posa un braccio sulle spalle, accarezzandoti dolcemente i capelli.
«Lucio…»
«Dimmi».
«Per… per quell’articolo…»
«Non mi interessa. Come va, va. L’importante è stare con te».
«Due giorni fa mi avresti tirato dietro qualcosa dandomi dell’egocentrico».
«Due giorni fa. Non oggi».
«Sei strano talvolta».
«Parla Mister Normalità».
«Vuoi litigare fino a domattina?»
«Guarda che sei tu quello che ha cominciato».
Marco ti zittisce nuovamente con un bacio, stringendoti a sé.
«Buona notte, Lumino».
«Perché ti piace così tanto questo soprannome?».
«Perché mi ricorda che m’illumini le giornate».
«Allora ti darò fuoco per illuminartela per bene. Buonanotte».
«Lucio…»
«Che c’è ancora per impedirmi di dormire?»
«Ancora non mi hai detto una cosa…»
Avvampi, mugolando qualcosa.
«Dimmelo. Non ho capito nulla».
«È così importante?»
«Per me sì».
Sospiri, scuotendo la testa: nonostante tutto, rimane il solito testardo.
«Ti odio».
«Ti amo anch’io, Lucio».
Appoggi la testa sul suo petto e chiudi gli occhi, cullato dal suo profumo.
 
***
 
«L’avresti mai detto che sarebbe finita così?»
Scuoti la testa mentre fai intrecciare le vostre mani. L’odio dei vostri sguardi è stato rimpiazzato dalla tenerezza.
Marco ti stringe a sé e tu appoggi la testa sulla sua spalla.
«Sicuro che ti vada bene così?»
«Meriti quel posto, Marco. Va benissimo, non preoccuparti per me».
«Eccome se mi preoccupo per te! Sei il mio fidanzato, Lucio! Ma toglimi una curiosità. Sei capace di scrivere articoli notevolmente superiori a quello… l’hai fatto apposta?»
«Chissà. Forse sì, forse no».
«L’hai fatto apposta».
«Era così evidente?»
«Sì. Ma in tal caso non posso far altro che ringraziarti».
Marco ti bacia dolcemente, spingendoti contro un muro. Ti tiene il viso tra le mani, continuando a darti baci sulle labbra. Dapprima fugaci, diventano sempre più profondi. Si prende un momento per ammirarti: dice che trova adorabili le tue guance rosse e le labbra gonfie per i morsi.
Lasci scorrere una mano tra i suoi capelli, senza opporre resistenza ai suoi baci. Inutile, ti dici, tanto Marco ottiene sempre ciò che vuole.
«Vuoi salire da me?»
«Va bene. Posso sapere il perché?»
«Possiamo festeggiare in privato la tua promozione».
«E va bene. Sarai una brava segretaria, ne sono certo».
«Fino a prova contraria sono un maschio» sbuffi mentre inserisci la chiave nella toppa.
Marco ti abbraccia da dietro, lasciandoti un succhiotto sotto l’orecchio.
Mugoli appena, inclinando la testa di lato per lasciargli più spazio.
«Mi presenti i tuoi gatti?» ti chiede notando che quelli si avvicinano.
Glieli indichi uno per volta, dicendo qualche caratteristica su ciascuno.
«Non vedo Cozza! Sarà a dormire, quel pigrone!»
«Perché questi nomi?»
«Nuvolina perché è morbida, Stellina l’ha scelto mia mamma, Muffin perché… Be’, vedi, sono piuttosto goloso, Titti perché da bambino adoravo quel cartone e Cozza perché è un gatto nero e molto… molto affettuoso, diciamo».
«Sei negato a dare nomi».
«Grazie tante!»
«Sto scherzando, Lucio. Dai, non fare quella faccia e vieni qua!»
Ti trascina sul divano, bloccandoti con il suo corpo.
Lo senti sussurrare qualcosa.
«Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris».
«Nescio, sed fieri sentio et excrucior»1 concludi boccheggiando.
Lo guardi negli occhi: lui sorride, facendo intrecciare le vostre mani.
Marco sbatte le palpebre stupito, volgendo poi lo sguardo in terra. Istintivamente fai lo stesso.
Cozza, il gatto nero, gli sta soffiando contro e non riesci a trattenere una risatina.
«Che hai da ridere?»
«Facendo il giornalista se ne vedono di tutti i colori, ma un gatto geloso non è cosa di tutti i giorni».
Si avvicina pericolosamente al tuo viso, sussurrandoti: «Be', allora dì ai tuoi gatti che tu sei solo mio» prima di baciarti nuovamente.
Sorridi: in fondo, se ogni cosa si genera dal suo contrario, era inevitabile che il vostro odio mutasse in amore.
 
 
 
  1. Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile; non so, ma è proprio così e mi tormento. (Catullo, carme 85)
   
 
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