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Autore: OfeliaMontgomery    17/06/2015    2 recensioni
[IN REVISIONE]
«Il libro delle Lune narra che diciassette anni dopo la morte di ogni Guardiano della Notte, quest'ultimi verranno reincarnati nel corpo di cinque ragazzi che compieranno diciassette anni nel giorno di Halloween. I cinque ragazzi che verranno prescelti per la reincarnazione si ritroveranno con un marchio a forma di Luna Crescente sul dorso della mano destra nel giorno del loro compleanno e saranno i discendenti delle cinque famiglie di Guardiani stessi.»
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero lì da circa venti minuti – per colpa delle mie amiche che mi ci avevano trascinato – e già non ne potevo più. L’odore di alcool e fumo mi stavano penetrando le narici facendomi venire il voltastomaco e la musica assordante mi stava trapanando le orecchie. Avevo un forte mal di testa e avevo un dannato bisogno di prendere una boccata d’aria. Non si respirava in quella discoteca di merda! Le mie migliori amiche erano riuscite a trascinarmi in quel dannato posto solamente perché si erano giocate la carta del “mio compleanno”, dato che a mezzanotte avrei compiuto diciassette anni.
Le mie amiche erano tutte in pista a ballare mentre io era seduta al bancone e fissavo annoiata il mio bicchierino di vodka ancora pieno – che tra l’altro non avevo intenzione di bere – e pensavo a quanto sarebbe stato bello tornare a casa a dormire nel mio dolce lettino, invece che stare in quel postaccio.
«N…evi?» il barista ammiccò un sorriso dalla mia parte mentre puliva, con uno strofinaccio, un bicchiere di vetro.
Alzai un sopracciglio, «Come scusa?» chiesi confusa perché non avevo capito la sua domanda. La musica assordante mi faceva capire la metà delle parole che la gente mi diceva. Capivo si o no due sillabe in croce.
«Ho detto: Non bevi?» il barista mi rifece la domanda e questa volta capii. Scossi la testa, «No» risposi annoiata mentre fissavo il liquido trasparente e i cubetti di ghiaccio sciogliersi nel bicchiere. Mi alzai con svogliatezza dal bancone e facendomi spazio fra le persone cercai di uscire da quel inferno. La gente mi tirava gomitate, ginocchiate e spintonavano come se non ci fosse un domani. Avrei tanto voluto fulminarli tutti, ma ahimé non avevo superpoteri né tanto meno poteri magici. Arrivai davanti la mia via di fuga con le braccia indolenzite e le gambe a pezzi, ovviamente per via delle botte ricevute da quel ammasso di asini.
Appena uscii dalla discoteca una folata di aria gelida si infranse contro il mio corpo, facendomi rabbrividire dal freddo e scompigliare i capelli biondo fragola.
Mi guardai in giro; non c’era anima viva nel retro della discoteca, a parte io e una strana sagoma poco lontana da me e immersa nella nebbia. Rabbrividii e un senso di angoscia e paura mi invase. Perché se ne stava fermo lì immobile a fissarmi? Cosa voleva?
Feci un profondo respiro per calmarmi e una nuvoletta di vapore mi si formò davanti al viso. Sarà sicuramente frutto della mia immaginazione, d'altronde la musica assordante che si trovava in quella discoteca mi aveva scombussolato il cervello. Avevo le orecchie che fischiavo e quell’incessante mal di testa che continuava a martellare nella mia scatola cranica peggio di picchiarello.
Cercai di scrollarmi di dosso quella sensazione di angoscia che mi pesava sulle spalle poi estrassi il cellulare dalla mia borsa rosa confetto e scrissi un messaggio alla velocità della luce alle mie amiche.
A: Mostriciattole
- Ragazze vado a casa perché mi sto annoiando. Ci vediamo domani. Baci A.
Rimisi il cellulare in borsa poi lanciai un’ultima occhiata veloce verso il tizio nell’ombra ed infine iniziai ad incamminarmi a passo svelto verso la parte opposta alla sua.
Continuai a camminare velocemente mentre mi guardavo in giro spaurita. La strada era buia e quei pochi lampioni che c’erano, emettevano un leggero pallore giallastro che illuminava parzialmente la strada. Mi fermai un secondo per riprendere fiato perché senza rendermene conto avevo iniziato quasi a correre per tornare a casa, ero come terrorizzata da qualcosa o meglio qualcuno, e in quel momento percepii la presenza di un’altra persona alle mie spalle. Mi girai con il cuore in gola ma non vidi nessuno, però riuscii a percepire che quella persona mi stava seguendo. Mi sembrava di essere in uno di quei film horror in cui la prima ad apparire crepava sempre, ma magari io non ero la sua prima vittima e forse aveva già ucciso qualcun altro quindi io potevo ancora salvarmi. Dio, ma cosa andavo a pensare! Meglio tornare a casa e anche il più in fretta possibile.
Ricominciai a camminare, anzi a correre, anche se non riuscivo quasi nemmeno a vedermi i piedi dalla tanta nebbia che in quel momento stava circondando la città, ma soprattutto quella via. Sentivo che ad ogni mio passo, lui si avvicinava sempre di più e il mio cuore prese a pompare sempre più velocemente e il mio respiro farsi sempre più affannoso. Corsi nell'oscurità, senza vedere dove mettevo i piedi e con le lacrime a bagnarmi gli occhi. Affannata, sudata e con la vista appannata dalla lacrime mi fermai per riprendere nuovamente fiato, purtroppo non feci in tempo a ripartire che una mano enorme mi afferrò con forza il polso. Gridai dalla paura mentre cercavo di liberarmi dalla sua presa. Mi girai verso quella persona, ma non vidi altro che una sagoma scura immersa nella nebbia.
«Chi sei?» gridai spaventata mentre cercavo di divincolarmi dalla sua presa ferrea che sembrava starmi segando il polso. Lui strinse ancora più fortemente il mio polso nella sua grande mano facendomi gridare dal dolore. Sembrava volesse spezzarmelo in due con la sola forza delle mano. Sentivo le lacrime calde bagnarmi le guance arrossate e umide. Non riuscivo a smettere di piangere. E non sapevo come e cosa fare per salvarmi. Non volevo morire poche ore prima del mio diciassettesimo compleanno. No, non volevo morire in generale. Ero ancora troppo giovane per andare incontro alla morte. Che cosa avevo fatto di male per meritarmi questo?
All’improvviso nella penombra vidi scintillare qualcosa nella mano destra dell’uomo. Mi asciugai, con la manica del cappotto, i residui delle lacrime ancora incastrate nelle ciglia poi assotigliai gli occhi per mettere bene a fuoco l’immagine che mi si trovava davanti e capii che quello che teneva nella mano non era altro che un pugnale. L’uomo strinse fortemente il pugnale nella sua mano e velocemente lo mosse verso il mio petto. Gridai terrorizzata  e con tutto il fiato che avevo in gola. Non volevo morire, no.
Mancavano pochi centimetri e mi avrebbe colpita, quando sentii un rumore di uno sparo nell’aria. Le orecchie iniziarono a rimbombarmi e il mio corpo tremare dalla paura di essere stata colpita. Strinsi fortemente gli occhi poi con uno strattone abbastanza forte riuscii a liberarmi dalla presa del mio assalitore. Quando riaprii gli occhi vidi che all'altezza della spalla del mio assalitore c'era il proiettile, completamene circondato da una chiazza di sangue scarlatto.
«Corri» gridò una voce maschile alle spalle del mio assalitore. Non me lo feci ripetere due volte ed iniziai a correre, senza però una meta precisa. E come succedeva nei film horror anche io fui salvata da qualcuno (perché ovviamente non era stata io la prima vittima; non so perché ma mi sentivo sollevata da questa cosa), magari da un affascinante ragazzo in motocicletta che alla fine della fiera muore per salvarmi nuovamente. Speriamo di no!
Correvo velocemente, correre più veloce che potevo e senza mai guardarmi indietro. Sentivo i muscoli delle gambe bruciare, i piedi pulsare di dolore dentro a quei tacchi alti, il respiro farsi sempre più affannoso e irregolare e il cuore pompare all’impazzata nel mio petto come se da un momento all’altro sarebbe scoppiato.
In pochi minuti una moto rosso fiammeggiante mi raggiunse e mi si piazzò davanti, lasciandomi senza via di fuga.
«Forza, sali!» gridò quello che doveva essere il mio salvatore. Un po’ titubante salii sulla moto poi strinsi le braccia intorno al suo petto, ricoperto solamente da una leggera maglietta scura ed infine partimmo. So che avevo fatto un’enorme cazzata a salire sulla moto di quello sconosciuto, ma che altro avrei potuto fare? E se non mi avesse lasciata andare se prima non fossi andata con lui? Poi tra l’altro avevo anche predetto che il mio salvatore aveva la moto, quindi forse potevo fidarmi?
L'aria fresca mi scompigliava i capelli e mi penetrava attraverso il mio vestito facendomi rabbrividire dal freddo. La nebbia era fitta, quasi tangibile e avvolgeva le case del paese rendendole quasi invisibili alla vista, ma il mio salvatore sembrava sapesse esattamente dove andare.
Arrivammo davanti ad un edificio abbandonato. La nebbia ci aveva abbandonati, ma il freddo no, quello c’era. Scesi dalla moto e i miei boccoli color biondo fragola si adagiarono in modo scomposto sulle mie spalle. Sospirai rumorosamente e una nuvoletta di vapore mi si formò davanti alla bocca.
Infine anche il mio salvatore scese dalla moto e si tolse il casco, mostrandomi due sottili occhi verdi accesi dallo sguardo giudicatorio e una folta e spettinata chioma bruna.
«Grazie» mormorai timidamente mentre mi guardavo in giro in cerca di qualche indizio, anche uno piccolissimo per poter capire dove ci trovavamo. Ma non trovai nulla che potesse aiutarmi. Dove diamine ci trovavamo? E se questo era stato tutto un piano per uccidermi? Magari lui e quel tipo lavoravano insieme ed io c’ero cascata come una pera cotta, però nei film horror gli unici che complottavano con gli assassini erano i poliziotti e lui non sembrava esserlo, anche perché non indossava nessuna divisa, ma forse l’aveva lasciata a casa per fregarmi. Mi passai le mani tra i capelli nervosa poi feci un profondo respiro per calmarmi, sentendo l’aria gelida di ottobre entrarmi nei polmoni.
Dopo essermi calmata vidi il ragazzo incominciare ad avvicinarsi a me con passi lunghi e decisi, la bocca in una linea dritta, senza alcuna traccia di un sorriso e gli occhi seri che mi fissavano con un’espressione dura. «Stammi lontano!» strillai terrorizzata, puntando le mani in avanti per tenermelo lontano e indietreggiando di qualche passo. Cazzo, era un fottuto poliziotto! Lavorava sicuramente per quell’assassino ed io ci ero pure cascata! Che cretina!
Il ragazzo emise una risata divertita mentre scuoteva la testa poi senza darmi tempo di reagire, fece uno scatto in avanti e lo vidi sparire dietro alle mie spalle per poi sentire le sue mani affermarmi saldatamene i fianchi e stringermi contro il suo petto caldo. Mi sentii immediatamente accaldata e le guance si imporporarono facendo sembrare il mio viso un enorme peperone.
«Tranquilla, non voglio farti del male» mi sussurrò con voce calda all’orecchio, provocandomi brividi lungo tutta la spina dorsale.
«Allora staccati da me» mormorai con voce flebile e tremolante. Lo sentii ridacchiare vicino al mio viso poi staccò le sue mani dai miei fianchi e mi lasciò andare. Emisi un sospiro di sollievo, forse avevo scampato la morte, ma dovevo stare in allerta perchè non si sa mai a quale gioco giocano gli assassini.
«Grazie. Ora se vuoi scusarmi, devo cercare un modo per tornare a casa» dissi con tono freddo e distaccato poi imboccai un sentiero sterrato che andava ad immergersi in un bosco dall’aria tetra e spaventosa. Sentii il ragazzo alle mie spalle sbuffare seccamente poi borbottare qualcosa che non riuscii a capire né tanto meno a percepire.
Di colpo si sentirono i rintocchi delle campane echeggiare nel bosco. I rintocchi delle campane della chiesa di Saint Marie segnarono la mezzanotte. Esattamente dodici rintocchi forti e acuti. Era ufficialmente il mio diciassettesimo compleanno e non sapevo nemmeno se sarei sopravvissuta a quella notte.
Improvvisamente sentii una fortissima e dolorosa scossa percorrermi tutta la spina dorsale quasi come se fossi stata centrata in pieno da un dannato fulmine o magari il tizio alle mie spalle mi aveva scagliato contro un coltello o sparato, però non avevo sentito nessuno sparo quindi la prima opzione era quella più sensata. Riuscii a stento a trattenere un urlo. Sentivo che le forze lentamente mi stavano abbandonando come prosciugate da qualcosa. Le gambe cedettero ed io mi accasciai al suolo, ritrovandomi con una guancia fredda e arrossata a contatto con il terreno umido del bosco. Sarei morta in quel dannato bosco proprio il giorno del mio diciassettesimo compleanno. Che fine di merda!
L'ultima cosa che sentii prima di svenire fu il ragazzo dagli occhi color smeraldo che mi chiamava allarmato e i suoi passi pesanti correre verso la mia direzione poi venni avvolta dal buio e non percepii più nulla, nemmeno il mio corpo.

 

  
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