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Autore: dracosapple    18/06/2015    1 recensioni
"Sei un uragano"
"Un uragano distrugge tutto quello che tocca, non è un gran complimento"
"Puoi non essere così bastardo per cinque secondi della tua vita?"
"Ma è questo che ti piace di me"
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“Sei un uragano”
“Un uragano distrugge tutto quello che tocca, non è un gran complimento”
“Puoi non essere così bastardo per cinque secondi della tua vita?”
“Ma è questo che ti piace di me”
 
Era vero, era anche quello che ti piaceva di lui, insieme alle sue iridi chiare e i capelli scuri sempre spettinati, al sorriso strafottente e l’aria pensierosa quando fumava. Ti piaceva che fosse cinico, bastardo e spesso anche un grandissimo stronzo, perché tu non lo eri. Eri tutto il contrario di lui, però vi eravate completati a vicenda, come i pezzi di un puzzle.
 
“Le vedi queste calamite?” ti disse guardandoti. “Sono opposte, però si attraggono”
“Un po’ come noi due” rispondesti.
“Esattamente come noi due Sam. Se mi devi fare un complimento la prossima volta, dimmi che sono la tua calamita opposta”
 
E’ a questo che ripensi mentre te ne stai seduto su quella scomoda sedia fuori dalla corsia. Lui era la tua calamita opposta e il tuo uragano. Quando gli avevi detto che era un uragano tu l’avevi detto in senso positivo, anche se suonava come un ossimoro, perché cos’ha di positivo un uragano? Però era così che lo definivi, un uragano. Perché ti aveva stravolto tutto. Prima di conoscerlo non avresti mai pensato che avresti dovuto tornare a casa sotto la pioggia battente perché nonostante il tempo orribile aveva voluto portarti lo stesso in quella libreria dove vi eravate incontrati per la prima volta, solo per farti una sorpresa perché ehi, era il vostro primo anniversario ma per colpa della pioggia tornare a casa in macchina era impensabile, o che avresti bevuto così tanto da stare male per due giorni consecutivi, o che avresti fumato un sacco di erba sul terrazzo di una vecchia casa insieme a un gruppo di musicisti di strada.
Ti fanno un sacco male tutti quei ricordi, e in quel momento capisci che aveva ragione. Un uragano distrugge tutto quello che tocca. Ha distrutto anche te, però non lo ha fatto apposta, perché, come un uragano, è capitato così, all’improvviso.
 
“Sei proprio un idiota” dicesti mentre cercavi di asciugarti.
“Adesso sei tu che fai il bastardo” rispose lui cercando di togliersi la maglietta bagnata che si appiccicava al suo corpo atletico. “Volevo solo fare qualcosa di carino, visto che è il nostro primo anniversario”
Si avvicinò a te e tu lo guardasti. Era più alto di te di almeno cinque centimetri ed era bello, così bello da farti male agli occhi ogni volta che lo guardavi. Avrebbe potuto avere chiunque, ma aveva scelto te. Il biondo, timido ed impacciato Sam.
“Perché mi guardi in quel modo?” ti chiese.
Non sapesti rispondere, o meglio, avresti potuto ma se l’avessi fatto ti sarebbe uscito un fiume di parole irrefrenabile.
Lui si avvicinò ancora di più e ti mise una mano dietro la nuca bagnata. E ti baciò.
Le sue labbra bagnate ti sfiorarono ogni centimetro di pelle, poi affondarono di nuovo nelle tue. E faceste l’amore su quel letto sempre disfatto, come avevate fatto tante volte. Sentivi le lenzuola che si inzuppavano per colpa dei vostri corpi bagnati di pioggia.
 
Quelle luci al neon sono così fredde e fastidiose. Speri che qualche medico esca dalla stanza e ti dica che puoi vederlo, ma non succede. Sei solo, non hai neppure voluto che i tuoi genitori venissero con te, volevi stare da solo con il tuo dolore, ti senti anche un po’ in colpa perché pensi a lui, che i genitori non li ha. Dovevano essere persone fantastiche, pensi, per aver messo al mondo un figlio del genere. Avresti voluto conoscerli, avresti voluto che lui te li avesse presentati e ora pensi che fra poco lui li raggiungerà. Pensi a un sacco di cose, tipo quella volta che te lo eri ritrovato in camera, quando ancora stavi dai tuoi, con un occhio nero e un labbro spaccato. Non ti aveva mai detto il perché e tu non glielo avevi mai chiesto, semplicemente gli avevi curato la ferita e lui ti aveva baciato con la bocca che sapeva di disinfettante. Ogni ricordo che ti viene alla mente è una pugnalata al cuore, e ti fa così male che senti di morire. Come se a ogni ricordo un pezzetto di te svanisse e sai che quando lui se ne andrà tutti i pezzetti di te che sono rimasti svaniranno per sempre, anche se non morirai. Pensi che forse è meglio se muori anche tu, almeno non dovrai soffrire. È una cosa un po’ egoista però almeno sarete morti tutti e due. Da quando stavano insieme avevano fatto tutto in due, da quando si svegliavano a quando andavano a dormire. Essere in due era molto più facile che essere uno solo. A volte ti chiedi come mai il bel tenebroso Nick avesse scelto proprio te. Eravate così diversi e incompatibili che alla fine vi siete irreversibilmente attratti l’un l’altro.
 
Era agosto e voi stavate insieme da febbraio, ed eravate sulla spiaggia in quella sera di fine estate. Era stato lui a proporti di restare a dormire lì, in una vecchia tenda ripescata chissà dove. Il salmastro entrava da tutte le parti e vi rimaneva nei capelli, sulla pelle. Sulla sua pelle chiarissima e sulla tua, più scura. Tirava un po’ di vento ma si stava bene.
“Facciamo il bagno Sam!” propose lui.
“Nick, è mezzanotte passata” dicesti.
Lui continuò ad insistere, come un bambino. Ovviamente alla fine cedesti e ti ritrovasti a fare il bagno a mezzanotte e venticinque con un Nick incredibilmente entusiasta che ti schizzava per convincerti a tuffarti.
Usciste dall’acqua e finiste nella tenda, abbracciati stretti l’uno all’altro. Venne tutto dal bacio, glielo desti tu quel bacio. Lui sapeva di sale e aveva della sabbia nei capelli. Ti aveva sfiorato con delicatezza, come a chiederti il permesso e in un muto accordo subito dopo lui stava sopra di te e la tenda si riempì dei vostri gemiti.
Alla fine crollasti, stremato, e dalla tua bocca uscirono quelle due parole.
“Ti amo”
Appena un soffio, un sussurro.
Nick si avvicinò al tuo viso e ti scostò un ciuffo di capelli dalla fronte. Le vostre bocche erano a un millimetro di distanza.
“Ti amo” aveva risposto lui.
E la mattina dopo ti svegliasti perché sentivi la sua mano che ti accarezzava le scapole e il suo respiro leggero sul collo.
 
Senti le lacrime che ti bruciano agli angoli degli occhi. È tutto così ingiusto. Stavate così bene, non avresti mai immaginato che dopo il vostro primo anno le cose sarebbero precipitate a quel modo. Cioè, all’inizio erano anche andate bene, avevi compiuto vent’anni e ve ne eravate andati a vivere insieme e per i primi due mesi era andato tutto alla grande. Poi Nick aveva cominciato a stare male. Vomitava di continuo, non mangiava più, era diventato magrissimo e pallido. E poi, come un uragano, ma non l’uragano bello che è il ragazzo che ami, era arrivata la notizia. E ti eri sentito cadere il mondo addosso.
 
 
“Ti devo dire una cosa Sam” disse serio accendendosi una sigaretta. Lo guardasti, aveva le occhiaie, le guance incavate.
Sapevi già che era una brutta cosa, ma il tono in cui lo disse ti spaventò. Intrecciasti la mano con la sua. Era scheletrica e fredda.
Finì la sua sigaretta e poi la schiacciò sotto la scarpa.
“Sto morendo Sam” ti disse.
La prima cosa che gli dicesti tu fu: ”No”
Fece un sorriso triste.
“Ho un tumore Sam. È qui” e si indicò sotto lo stomaco.
Fu schietto e sincero, come lo era sempre stato. Ma quando lo abbracciasti crollò. I singhiozzi gli scuotevano tutto il corpo in un tremito incontrollabile e tu cercasti di non piangere perché adesso eravate due e dovevi essere forte per due e in quel momento pensasti che essere due adesso era molto più difficile che essere uno.
 
-Vuole vederti-
La voce di un’infermiera interrompe il filo dei tuoi pensieri. Ti alzi dalla sedie ed entri nella stanza dove ormai lui sta da un po’. Da quando andava avanti ad antidolorifici. Da quando il dolore si era fatto così insopportabile una notte che avevi dovuto chiamare un’ambulanza che l’aveva portato all’ospedale e non era più tornato a casa.
L’infermiera se ne va e vi lascia soli. Nella stanza l’unico rumore è il continuo “bip” che fa la macchina che gli registra i battiti del cuore. Un cuore che ha ancora poco da battere. Gli aghi delle flebo entrano nelle sue braccia bianche. Ti guarda, senti le sue iridi azzurre che ti trapassano da parte a parte. Anche le sue labbra sono bianche ora.
Lo sai che sta soffrendo, non per il dolore fisico, perché è pieno di antidolorifici, ma gli fa male vederti a quel modo, e tu lo sai.
Ti siedi accanto a lui e gli prendi una mano. È fredda come il ghiaccio e la pelle è diventata talmente pallida che si vedono le vene azzurrine. Vuoi solo piangere ma non puoi, perché lui sta già abbastanza male così e non vuoi che soffra di più.
-Mi dispiace Sam- ti dice piano. –Vorrei…vorrei che avessimo avuto più tempo, per fare tutte quelle cose che ti avevo promesso-
Anche tu avresti voluto, perché adesso sai che senza di lui non farai più niente. Era lui quello avventato fra voi, prendeva al volo le decisioni. Come quella volta quando eravate andati a Londra e nevicava parecchio e vi eravate ammalati entrambi.
 
“Dio Nick, non potevi guardare le previsioni prima di portarmi qui?”
“Ma io volevo venire a Londra Sam. E volevo che tu venissi con me!”
Aveva la zip del giaccone tirata fin sotto il mento e una sciarpa che gli nascondeva naso e bocca. Spuntavano solo i suoi occhi azzurri e aveva i capelli pieni di fiocchi di neve.
Guardaste il Tamigi che scorreva sotto di voi e prendeste una cioccolata calda in un piccolo bar all’angolo di una strada. C’erano le luminarie di Natale ed era tutto così perfetto. Andaste in un parco, incuranti del freddo, e lui ti baciò sotto la neve. Spinse la sua bocca calda nella tua mentre i fiocchi di neve vi si posavano sulle spalle.
 
Cerca di tirarsi a sedere e fa una smorfia di dolore. Ti avvicini un po’ di più al suo viso.
-Volevo fare un viaggio con te Sam. Io, te e un’auto. Volevo girare tutta l’Europa in un’estate. Con te-
Cerchi di trattenere le lacrime ma non ce la fai. Lo abbracci e lo stringi forte, anche lui sta piangendo. Vi aggrappate l’uno all’altro come se ne valesse della vostra vita. Ma tu senti la sua vita scivolarti fra le braccia e per quanto tu la stringa con forza non riuscirai mai a trattenerla.
Ti asciughi gli occhi e lo guardi. Il suo sguardo è quello di sempre, tenebroso e impenetrabile. Ma tu piano piano ti eri fatto strada in quella corazza e avevi scoperto che era diverso.
-Sei la mia calamita opposta- gli sussurri.
-No, sono il tuo uragano- ti risponde.
Ti chini in avanti e lo baci. Sai che molto probabilmente quello è il vostro ultimo bacio e cerchi di farlo durare più a lungo possibile, perché forse così lui si salverà. Ma come puoi salvare qualcuno che non può essere salvato.
Vi addormentate insieme, mano nella mano in quella camera dalle pareti asettiche. Ma ti svegli. Senti qualcosa che non va, non hai più la sua mano nella tua. Un’infermiera ti dice che devi uscire dalla stanza e tu non vuoi. Non vuoi perché sai che lui sta morendo e non vuoi che muoia da solo. Perché siete due e anche questa cosa la dovete fare in due.
Gridi, batti contro i vetri mentre vedi medici e infermieri che si affollano intorno al suo corpo. Le lacrime ti rotolano sulle guance senza fermarsi. Ti arrendi e appoggi la fronte contro il vetro che vi divide. Lasci che i singhiozzi ti scuotano dalla testa ai piedi.
L’infermiera di prima esce dalla stanza.
-Mi dispiace- ti dice con espressione triste e tu pensi a quante volte ha detto quella frase a chissà quante persone e adesso la dice a te e tu non puoi sopportarlo.
È come se un artiglio ti avesse afferrato il petto e adesso lo stesse dilaniando. A ogni singhiozzo senti un pezzo di cuore che viene strappato via. È brutale, terribile. Piangi, piangi e gridi forte. Senti come se qualcosa dentro di te si fosse spezzato, per sempre.
Ti nascondi la testa fra le mani e senti il tuo corpo tremare. Una mano ti scende sulla spalla, è quella di tuo padre. Non sai cosa ci faccia lì e neppure chi lo abbia chiamato. Ma non ti importa, in fondo sei grato che lui sia lì. C’è anche tua madre. Ti abbracciano e tu ti senti affogare.
 
 
 
Al funerale c’era un sacco di gente. Tutti i vostri amici in comune, i tuoi familiari e qualche suo parente di cui non ti aveva mai detto nulla. E altre persone. Dicono di essere suoi amici e ti danno pacche sulle spalle dicendoti che gli dispiace. A loro dispiace. A loro.
Loro non hanno condiviso quasi tre anni della loro vita con lui. Non hanno vissuto insieme a lui. Non sanno niente di lui. Sono solo degli ipocriti.
Il tempo è nuvoloso e fa freddo quando ricoprono di terra il tuo cuore. Perché in quella bara ricoperta di fiori…c’è dentro anche un pezzo di te.
Alla fine non saluti nessuno, dici ai tuoi che adesso andrai a casa.
Prima di aprire la porta dell’appartamento fai un respiro profondo. Adesso sei solo lì dentro. Non c’è più un Nick da sgridare perché fumava dentro casa o perché lasciava aperto il frigorifero ogni volta che doveva prendere qualcosa. Entri nella vostra camera e ti metti nel letto. Ti arrotoli nelle lenzuola che sanno ancora di lui. Apri l’armadio e vedi la sua giacca di pelle, l’ultima volta che l’ha messa è stata il giorno stesso in cui ha cominciato a stare male. Non l’aveva più messa. La prendi e la stringi a te e in quel momento il dolore si fa così forte che non riesci a respirare.
Senti un rigonfiamento nella giacca. È nella tasca. Apri la zip e prendi un libro. Ma non è un libro qualsiasi, è il libro che vi aveva fatti incontrare quasi tre anni prima. Sulla strada di Jack Kerouac. Ne era rimasta una sola copia e la volevate entrambi, ma alla fine gliel’avevi ceduta perché non avevi potuto resistere a quel ragazzo pallido con la sigaretta infilata dietro l’orecchio e lui per ringraziarti ti aveva offerto un caffè. Non avevi fatto caso che quel libro non era più nel vostro scaffale in salotto. Ti ricordi di quello che ti aveva detto il primo giorno che eravate andati a vivere insieme, un anno e mezzo fa.
Non vedo l’ora di condividere tutto con te. Il letto, gli amici, la vita”
Anche tu volevi condividerla quella vita, che però non vi era stata concessa. O meglio, era stata concessa a te ma senza di lui.
Ti viene in mente quel viaggio che ti aveva accennato il giorno prima. Tutte le capitali d’Europa in un’estate. Una pazzia che solo Nick avrebbe saputo proporti. Però sarebbe stato così bello, sicuramente l’avreste fatto davvero quel viaggio se non fosse stato male. Chissà in che modo te l’avrebbe proposto. Con qualche assurdo indovinello dei suoi molto probabilmente e ci avrebbe messo secoli a convincerti sapendo che alla fine avresti ceduto. Ma adesso che Nick non c’era più...non volevi farlo quel viaggio da solo. Saresti tornato il goffo e timido Sam, che si limita a vivere nella sua routine quotidiana, nella sua vita normale perché ti è sempre mancato il coraggio di cambiare le cose, di stravolgere la tua vita. Poi alla fine, te l’aveva stravolta lui la vita.
C’è un’orecchia nel libro. Lui aveva sempre quel dannato vizio di fare le orecchie alle pagine dei libri dove c’erano delle cose importanti. Apri la pagina e trovi delle frasi sottolineate. E a quel punto tutto prende senso e sai cosa devi fare.
"Dobbiamo andare e non fermarci mai”
“Per andare dove, amico?"
"Non lo so, ma dobbiamo andare"
  
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