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Autore: DreamBook    18/06/2015    1 recensioni
Rivide la treccia ondeggiante a settembre, alla fine di una giornata di scuola. Stava allacciandosi la stringa quando qualcuno gli passò accanto correndo. Alzò lo sguardo e la vide andare verso la macchina di suo padre. Quella ragazza corre sempre, pensò, ma forse se afferro la treccia riesco a fermarla.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La prima cosa che notò furono i suoi capelli. Era luglio, arrivava in bicicletta a tutta velocità in oratorio e scartò di lato per evitare lei che si era chinata a prendere la palla caduta fuori campo. Frenando, puntò il piede facendo mezzo giro su sè stesso per dirle stupida! guardati intorno!, ma vide solo la sua schiena e una lunga treccia che ondeggiava. 

Rivide la treccia ondeggiante a settembre, alla fine di una giornata di scuola. Stava allacciandosi la stringa quando qualcuno gli passò accanto correndo. Alzò lo sguardo e la vide andare verso la macchina di suo padre. Quella ragazza corre sempre, pensò, ma forse se afferro la treccia riesco a fermarla. 

 

E l'occasione si presentò durante l'ora di educazione fisica il giorno dopo. Dodici giri della palestra, fu l’ordine perentorio dell’insegnante. Sbuffando, tutti si misero a correre. Intravide l'inconfondibile treccia ondeggiante che correva, in mezzo a un gruppo di ragazzi di un’altra classe, davanti agli altri. Non ci pensò due volte e, lasciando il gruppo, si mise a correre il più velocemente possibile. A pochi passi di distanza allungò la mano e l'afferrò bruscamente. 

"Ahia!" si voltò con il viso imbronciato. "Si può sapere cosa ti è saltato in testa?" continuò lei, mentre gli altri li sorpassavano e li guardavano curiosi. 

"Volevo raggiungerti per fare una gara con te. Mi hanno detto che sei la più veloce della classe. Facciamo un giro completo fin qui, voglio vedere se riesci a battermi" 

"C'era bisogno di tirarmi i capelli per dirmelo? E chi ti dice che io voglia gareggiare con te?" Ma lui stava già partendo. Lei si mise a correre con tutto il fiato che aveva in corpo per superarlo. In fondo, una gara è una gara, che la si sia voluta oppure no. 

Thomas si voltò e si accorse che lo stava già raggiungendo. Volontariamente rallentò, voleva mantenere le energie per lo scatto finale.  Lei, senza accorgersi di nulla, lo superò guardando sempre davanti a sè. Di nuovo si ritrovò a guardare la treccia ondeggiare e quello scricciolo di ragazzina mettere tutte le sue forze per vincere. Quando furono quasi vicino al traguardo, Thomas aumentò l'andatura e vinse. 

La ragazzina era furiosa. "Voglio la rivincita!" 

Ma il suono del fischietto l'avvisò che l'ora era terminata, doveva rientrare in classe. 

"La prossima volta!" le urlò.

Da quel giorno, ogni volta che lo incrociava all'uscita di scuola, lei gli riproponeva la sfida. Correvano con lo zaino in spalla fino al parcheggio delle biciclette. Per entrambi era diventato un rito, così, prima di salutarsi, si ripetevano "Voglio la rivincita" e "La prossima volta". 

 

Thomas stava seduto solo sull’altalena. Ogni tanto strappava ciuffi d’erba con i piedi. Nel frattempo, da lontano, scrutava la ragazzina dalla lunga treccia che stava seduta insieme alle sue amiche alle panche del bar dell’oratorio. Thomas vide che la ragazzina si stava alzando dirigendosi verso l’altalena lasciata vuota. Vi si sedette e iniziò a dondolarsi. La lunga treccia dondolava ritmicamente avanti e indietro con lei. Continuando a muoversi si girò verso Thomas e domandò: "Perchè sembra che tutti abbiano paura di te?" 

"Non lo so" rispose senza guardarla. 

"Io non ho paura di te" 

"Bene" disse lui voltandosi finalmente verso di lei. 

Lei puntò i piedi. Il cigolìo dell'altalena si fermò. "Ti piacciono i cani?" 

"Sì", rispose Thomas "ho un pincher" 

"Anche il mio è un pincher! Una femmina" disse. 

"Il mio è un maschio, potremmo farli incontrare" disse Thomas sorridendo e premendo gli occhiali sul naso. 

Lei annuì e riprese a dondolare. 

“Thomas” disse lui 

“Si chiama così il tuo cane?” 

“No, io sono Thomas” 

“Anna” 

 

Alcuni giorni dopo Anna si presentò a casa di Thomas con il cane al guinzaglio. Lui non la stava aspettando, in realtà non sapeva nemmeno che lei sapesse dove abitava. Thomas fu molto sorpreso, di una sorpresa stranamente piacevole. 

“Ho portato il mio cane, visto? Dov’è il tuo?” 

“E' legato laggiù”  rispose Thomas indicando con la testa un punto del giardino. 

“Dai, andiamo a fare una passeggiata e facciamoli conoscere” 

Come era accaduto per la sfida, anche questa divenne un'abitudine. Nei pomeriggi dopo la scuola Anna si recava da Thomas con il cane al guinzaglio. Non c’era nemmeno bisogno che lei suonasse, già l’attendeva. Percorrevano sempre la stessa strada, per un muto accordo, e Thomas si ritrovò a pensare che quella ragazza era una delle poche, forse addirittura l’unica, la cui compagnia non gli procurava fastidio. Poteva forse considerarla un’amica? 

 

"Vuoi venire a vedere la mia collezione di coltelli?" 

Era stato Thomas a palare ma si era pentito subito. Pensò che probabilmente lo credeva un futuro criminale. 

"Perchè collezioni coltelli?" 

"Mi piacciono" rispose con un'alzata di spalle.  

"Non avevi mai detto che ti piacesse qualcosa" 

Per la prima volta Anna entrò nella stanza di Thomas.  

"Questo è il primo, me l'ha regalato mio nonno" disse Thomas. Il pensiero di come era facile parlare con lei l'attraversò come un lampo. Pian piano Anna si ritrovò a far parte della vita di Thomas. 

 

"Mi piacerebbe sapere cosa si prova a baciarsi" 

In quel momento Thomas realizzò che erano soli nella sua camera. 

"A te non interessa?" disse, fissandolo con quei grandi occhi azzurri. 

Gli stava forse chiedendo di farlo con lei? 

"Scema" le disse "Ora devo fare i compiti" 

Anna non capì il suo improvviso cambio di argomento ma lasciò perdere. 

 

"L'anno prossimo andrò alle superiori" disse Thomas alzando la testa dal libro di storia. 

"Quindi?" 

Lei non vedeva mai le implicazioni delle affermazioni, bisognava sempre spiegare i sottintesi. 

A Thomas spendere delle parole in spiegazioni sembrava sempre uno spreco. 

"Scema" rispose. 

"Scema non è una risposta" disse pungente. 

Lui scrollò le spalle: "Fa niente. Vieni, andiamo a vedere se c'è qualcosa per fare merenda" 

Thomas si chinò sul frigorifero aperto. 

Prese il salame e richiuse il frigo. 

"C'è del salame, possiamo farci un panino, ti piace?" disse mostrandoglielo. 

Lei si avvicinò e, alzatasi in punta di piedi, gli si appoggiò sul petto. 

Misurò la sua altezza con la mano e disse: "Tra un anno anche io andrò alle superiori" 

Il seguito fu questione di pochi secondi: il salame per terra e le labbra di Thomas su quelle di Anna. 

 

Poi vennero gli esami di lui, l’adattamento alla nuova scuola scuola, altri amici, l’ultimo anno di lei e le visite si diradarono. 

Infine arrivò l’estate. Anna correva, come sempre, sulla strada sterrata lungo il del Serio e lui la rivede dopo tanto tempo. Potè osservare di nuovo quella treccia illuminata dal sole di giugno ondeggiare al ritmo del passo.  

Un anno di più. 

La rincorse, la raggiunse. 

“Facciamo una gara fino alla panchina” le disse 

Di nuovo vinse. 

“Voglio la rivincita” disse lei con il sorriso sulle labbra e le guance rosse. 

“Mi hai già vinto” rispose prima di baciarla. 

“Lo sapevo, aspettavo che te ne accorgessi anche tu” 

 

Questo ed altro pensava un Thomas ormai adulto mentre, mettendo i fiori sulla tomba di Anna, ripeteva “Lo sai Anna, mi hai vinto 

  
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