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Autore: Kira Eyler    18/06/2015    17 recensioni
Questa è una storia creata per una sfida contro PettyVeggySayan!
Fare il lavoro della baby-sitter, è davvero un lavoro 'tranquillo'? Questo dipende dal bambino di cui ci si deve prendere cura...
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve ragazzi! Sono tornata con una storia (che, sinceramente, non so se spostarla in un'altra sezione o no). Questa è una storia che partecipa ad una sfida contro PettyVeggySayan: avevo già in mente di scriverla, ma non di pubblicarla... la sfida mi ha fatto venire questo coraggio xD Questa storia è completamente inventata da me: se esistono altre storie simili alla mia, è un fatto casuale.
Buona lettura!

                                             Children

Stava tramontando il Sole. Il cielo e le nuvole erano color arancione, mentre l’aria cominciava a diventare fresca. Adoravo ancora il tramonto per i suoi colori. Parcheggiai la mia auto, una Ford rossa, vicino un marciapiede giallastro formato da mattonelle rettangolari.
Presi la mia borsa nera e uscii dall’auto. Mi fermai a guardare la casa di due piani situata dopo il marciapiede: aveva  i muri bianchi, sembrava essere stata imbiancata da poco, e  il tetto rossastro. Mi avvicinai camminando su una specie di sentiero,  fatto di un materiale liscio e grigio.
Arrivai al portone di legno e suonai il citofono.  Non mi aprirono subito e passai quei minuti ad arricciarmi una ciocca bionda con un dito. Dopo quei minuti venne ad aprirmi una donna.
-Scusate se vi ho fatto aspettare qui fuori!- disse di fretta, afferrando un cappotto rosso e facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli  ricci e mori.
-Non si preoccupi!- risposi sorridendo.
La donna, che di nome faceva Rosaria, mi mandò un sorriso di rimando: -Luca! Vieni qui, dai!- esclamò voltandosi verso le scale.
Vidi correre un bambino ad abbracciarla. Il colore dei suoi capelli era lo stesso di quello della madre, solo  gli occhi erano castani mentre  quelli della madre azzurri.
-Lui è Luca, mio figlio.- lo presentò sorridendo -Luca, lei  è la tua baby-sitter: Asia.-
Mi piegai per arrivare all’altezza del piccolo e gli scompigliai i capelli. Lui sorrise e sussurrò un ‘sei simpatica’.
-Va bene, ora vado. Arrivederci Asia! Ciao Luca, fai il bravo!- disse infine Rosaria, allontanandosi veloce.
Entrai in casa con Luca, che subito mi fece vedere il salotto e la cucina. Il salotto aveva un divano rosso al centro e davanti al divano c’era il televisore attaccato alla parete in alto abbastanza per farci essere un camino sotto di lui. Dietro il divano c’erano alcuni mobili di colore marroncino, con sopra qualche foto. La finestra era situata alla sinistra del televisore.
La cucina aveva un tavolo marrone, con sopra una tovaglia rossa. C’erano poi i vari mobili da cucina, compreso forno e lavandino.
Mi sedetti su una delle sedie, marroni come il tavolo, e Luca mi venne vicino con due fogli in mano.
-Io disegno, tu vuoi disegnare con me?- mi chiese, speranzoso,  mettendo i fogli sul tavolo e salendo su una sedia accanto alla mia, dopo un po’ di difficoltà.
-Va bene. Prendo i colori, dove sono?- risposi con un’altra domanda, alzandomi e posando la borsa su un’altra sedia.
-Lì nel mobile!- rispose felice, indicando un mobile in alto sul lavandino.
-Grazie.- aprii il mobile e presi un scatola di colori insieme a due matite.
Tornai a sedermi e iniziammo a disegnare. Io stavo disegnando dei bambini in un prato: non mi piaceva disegnare e nemmeno mi andava, quindi disegnai persone a caso.
Dopo aver riempito il mio foglio di stupidaggini, posai lo sguardo sul foglio di Luca: c’era una macchina dalle forme squadrate. Dietro essa c’erano uomini, disegnati come un normale bimbo di otto anni disegna, e davanti a essa c’erano degli scheletri.
Rimasi stupita da ciò: quel disegno mi faceva orrore, anche se non sapevo il perché. Lo guardai stupita e Luca si accorse del mio sguardo.
-Non ti piace?- chiese dispiaciuto, mettendo la matita sul foglio.
-No, cosa dici! Mi piace tantissimo!- mentii, sperando di risultare credibile  -Ma cos’è?- continuai.
-Una macchina  che fa gli scheletri.- mi rispose sorridendo -Entrano le persone e poi diventano scheletri.-
Sperai vivamente che fosse fantasia, ma quale bambino può immaginare questo? Altri bambini avevano disegnato una macchina che creava oggetti o scheletri, ma non avevano mai disegnato uomini che entrando nelle macchine perdessero pelle e carne.
Mi stavo preoccupando per nulla? Uscii dai miei pensieri quando vidi l’ora sull’orologio: le otto di sera.
Luca aveva fame e quindi mi sono alzata. Presi una fetta di carne e iniziai a cucinarla canticchiando. Luca era stranamente silenzioso.
Dopo averla cucinata e messa in un piatto azzurro, mi voltai verso il piccolo che quasi mi fece sobbalzare.  Faceva  strane espressioni con la  faccia che in  tutta la mia  vita  non avevo mai visto. L’ultima che fece, mi impressionò tantissimo:  era l’espressione di una persona che soffoca.
Finì con una risata. Veloce gli misi il piatto davanti e, con i pugni chiusi sui fianchi, lo guardai.  Luca mi guardò con un’espressione confusa e stranita, come se non avesse fatto nulla.
-Che cosa stavi facendo?!- esclamai adirata e, devo ammetterlo, anche un po’  terrorizzata.
-Io… stavo imitando la signora lì…- rispose spaventato dalla  mia  reazione, indicando il lampadario.
-Non c’è nessuno lì.- dissi più calma.
Non mi ero del tutto calmata. Quel bambino mi terrorizzava. Faceva cose che un normale bambino non fa… era diverso e, secondo me,  non in positivo, ma in negativo.
Dovevo passare lì ancora qualche ora: quando Rosaria mi telefonò,  disse che sarebbe tornata per le dieci. Dovevo mettere a dormire Luca alle nove quindi dovevo  aspettare pochissimo. Ero sul divano a guardare la televisione, mentre Luca giocava dietro  esso. Lo vidi correre di corsa verso di me, spaventato  e con le lacrime agli occhi. Lo abbracciai forte mentre mi sentivo bagnare la maglia bianca. Cosa gli era successo? Stava bene fino a qualche minuto fa, giocava tranquillamente.
-Ehy, piccolo,- sussurrai dolcemente prendendolo in  braccio -va tutto bene.-
-No! Non va tutto bene!- esclamò,  terrorizzato, stringendo la mia maglia. Per fortuna, avevo i capelli medi, altrimenti mi avrebbe fatto male.
-Perché? Cos’hai?- gli chiesi,  spaventata e preoccupata.
-Ha detto che vuole ucciderci!-
Sgranai gli occhi. Qualcosa non andava. Aveva fantasia o c’era qualcuno con noi? Non lo sapevo. Mi alzai del divano e chiusi la finestra: avevo paura che fuori ci fosse qualcuno. Corsi verso la porta  trascinando con me un piccolo mobile, e alla fine lo posizionai di fronte ad essa sperando di bloccarla.
Andai in cucina e chiusi la finestra anche lì. Non poteva entrare nessuno attraverso il secondo piano. Diedi la mano a Luca, che sembrava essersi calmato, e lo portai in camera sua: volevo metterlo a letto  prima, in modo da controllare le stanze.
Si mise il pigiama, voleva farlo da solo, e alla fine si infilò sotto le coperte azzurre. Gli diedi un bacio  sulla fronte e feci per andarmene, ma mi bloccò un braccio. Mi fece segno di avvicinare un orecchio vicino la sua bocca e quando lo feci mi sussurrò una frase che ricorderò per  sempre: -C’è qualcuno dietro di te.-.
Detto questo, chiuse gli occhi. Io, lentamente, mi voltai: non c’era nessuno. Dovevo difendermi, dovevo prendere un coltello in cucina. Chiusi la porta alle mie spalle una volta uscita e iniziai a scendere lentamente i gradini grigi delle scale.
Sentivo una specie di “Tik” per ogni gradino che scendevo: il mio cuore accelerò i battiti; dovevo arrivare in  cucina per prendere uno stramaledetto coltello!
Scesi l’ultimo gradino, ma il rumore non si fermava. Presi un bel respiro  e guardai sulle scale: persi un battito e caddi a terra per la paura. Una donna stava scendendo dalle scale: i capelli lunghi e castani, sporchi di rosso su alcune ciocche,  scendevano lungo un vestito bianco. All’altezza del petto c’era uno squarcio e il vestito era in alcuni punti sporco di sangue. Al collo, invece, aveva legata una corda.
Ero paralizzata: lei si avvicinava a me sempre di più.
Non riuscivo a muovermi, né a urlare. Quando si avvicinò a me aprì la bocca, piena di sangue al suo interno, e io vidi solo il buio...

Testo di un giornale:
Una donna è stata trovata uccisa con uno squarcio nel ventre nella casa dove lavorava come baby-sitter; la polizia è sulle tracce del colpevole.


Parole: 1 264 (tranne titolo e angolo autrice)

   
 
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