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Autore: Adrjane    18/06/2015    6 recensioni
La storia è ambientata negli ultimi minuti del diciannovesimo (19°) episodio. (Anime.)
Dal testo:
“Usui le prese una mano e gliela poggiò sul suo petto.
«Toccami…», la pregò quasi, muovendole inizialmente la mano, per poi lasciare che fosse lei a toccarlo dove più desiderasse.[…]
«Non resisto più Misaki…», le confessò Usui guardandola dritto negli occhi, «Neanche io.», gli rispose lei, poi avvicinandosi al suo orecchio gli sussurrò: «Voglio essere tua, Usui.».
L’atmosfera intorno a loro si fece sempre più rovente; e senza aspettare altro i due si spogliarono degli unici indumenti che gli erano rimasti.[...]”.
"Io verrò a salvarti ogni volta che vorrai, ti farò innamorare di me come desideri." Cit. Usui.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Misaki Ayuzawa, Takumi Usui
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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IN HIS APARTMENT.
SINGOLO ATTO.

 



Misaki si rigirava tra le mani quel pezzetto di foglio, ormai tutto spiegazzato, dove vi era scritto, in una calligrafia abbastanza chiara, l’indirizzo di Usui.
Palazzo grigio. Stanza No.000, ultimo piano.
Così recitava quel piccolo foglio di carta.
Si sentiva in colpa per avergli causato quelle ferite alle braccia, non l’aveva fatto volontariamente questo è certo, ma rimaneva sempre lei la motivazione del suo “dolore fisico”.
Sì, era questa la motivazione per cui voleva andarlo a trovare; non c’entrava nulla il fatto che in fondo sentiva solamente il bisogno di vederlo, di stargli accanto. E…
Forse
era talmente agitata che non sentiva neanche il suo cuore che le batteva così forte nel petto.
Forse era talmente agitata che non capiva che quando lui non c’era o se ne andava lei si sentiva sola.(*)
Facendo un respiro profondo, e inghiottendo un po’ di saliva, avanzò di un paio di passi trovandosi davanti al portone dell’edifico.
Stava per citofonare, pigiando un piccolo bottoncino nero vicino alla scritta: “Takumi U.”, quando il portone si aprì mostrando la figura di una signora minuta seguita da un gattino.
La signora la guardò con curiosità mista a tenerezza, chiedendole: «Cosa ci fa qui una bella ragazza come te?», a Misaki le si imporporarono le guance, «Io… Beh, sono venuta a trovare un… Amico.», rispose con una nota di incertezza all’inizio e alla fine.
Per cercare di terminare quella breve, ma imbarazzante situazione si scusò, per poi mormorare un “arrivederci.”, e sorpassarla.
«Oh, sicuramente sta andando a fare visita a quel bel giovanotto di nome Usui, che dici Gypsy?», domandò l’anziana donna rivolgendosi al suo gatto, che mugolò come a risponderle, la donna si voltò a guardarla, e Misaki sentì quello sguardo bruciarle la schiena, «Starebbero bene insieme.», disse tra sé e sé la donna, «Ah, l’amour.», sospirò subito dopo, uscendo definitivamente dal palazzo insieme al suo micio.
Quella donna l’aveva resa nervosa, così Misaki preferì salire le scale che prendere l’ascensore, in modo da rimandare almeno per un po’ il momento in cui avrebbe avuto davanti Usui.
Di sicuro, non si sarebbe mai immaginata l’ “Usui” che si sarebbe ritrovata davanti una volta finite quelle interminabili, secondo lei, scale, pentendosi ancora una volta di averle preferite all’ascensore.
«Gasp.(**)», Misaki si piegò su se stessa appoggiando i palmi delle mani sulle ginocchia respirando affannosamente. Dopo essersi ripresa e aver fatto un respiro profondo, fece altri due passi ritrovandosi di fronte alla porta dell’appartamento di Usui.
Oramai, era ridicolo pentirsi di essere andata fin lì, d'altronde lei, in fondo, voleva vederlo.
Così alzò la mano e fece una leggera pressione sul campanello a lato della porta.
L’attimo seguente la porta si aprì.

***

Stava preparando, o meglio, cercava di preparasi -come meglio poteva- qualcosa da mettere sotto i denti, aveva un leggero languorino, ma il braccio sostenuto dalla benda e le ferite al braccio destro non l’aiutavano di certo.
Aveva cominciato a innervosirsi, e alcune goccioline dei sudore gli scorrevano sul collo.
Così rinunciò all’impresa, lasciando ciò che aveva uscito dagli stipetti sul tavolo della cucina, uscendo poi da questa stanza per andare a sdraiarsi sul divano.
Una volta sdraiato sul divano si crogiolò nei suoi pensieri, che riguardavano, da un po’ di tempo a questa parte lei. Misaki.
L’ultima volta che l’aveva vista era stato il giorno delle audizioni, quando subito dopo lei l’aveva accompagnato in ospedale per fargli medicare quelle ferite.
Pensò alla sua espressione quando lo pregò di fermarsi a suonare quel violino.
Nel momento in cui i suoi pensieri stavano sbiadendo dando spazio al sonno il campanello suonò.
Chiedendosi chi fosse aprì la porta, ritrovandosela davanti.

***

L’espressione di entrambi era un misto tra imbarazzo e sbigottimento, lui per la sorpresa di trovarsela davanti, lei per la grandezza dell’appartamento che intravedeva dalle spalle di Usui.
«Cos’è questo posto?», chiese la mora –sempre col pezzetto di carta in mano- alzando di poco la voce, e cambiando colore in viso, «Casa mia.», rispose Usui.
«Già, lo sembra proprio.», disse lei con lo stesso tono di voce, per poi pensare nella sua testa: “Cos’è questa grande entrata?!”, e subito dopo un piccola e brave analisi dell’aspetto di Usui, accorgendosi solo allora degli occhiali, “Perché indossi quegli occhiali?!”.
Dopo una manciata di secondi Usui divenne serio, «Perché sei qui? Per venirmi a trovare?».
“Maledetto lui, e le sue domande dirette!”, lo maledì mentalmente Misaki, per rispondere poi rossa dall’imbarazzo un «Esatto.», guardando da tutt’altra parte.
Sempre con la sua espressione seria Usui, le fece un cenno facendola entrare in casa, gli aprì la porta che separava l’entrata dal salone.
«Dove sono i tuoi genitori?», domandò la ragazza col capo chino mentre lo seguiva, «Non stanno qui. Io vivo da solo.», le rispose tenendole aperta la porta con la spalle che gli faceva meno male.
Imbarazzata Misaki fece dei piccoli passi superandolo, «P-permesso.», pronunciò tremante all’inizio; una volta entrata notò un micio seduto che la guardava.
Spostando lo sguardo dietro il gatto Misaki notò la grande vetrata che si affacciava sulla città, facendo vagare lo sguardo notò un divano grigio a due posti, un tavolino poco distante da quest’ultimo, e una piccola cuccia rossa per il gattino; la poca presenza di mobili la spinse a chiedere: «Ti sei appena trasferito qui… O no?», dandosi della stupida quando si ricordò che da quando gli aveva dato l’indirizzo era passato un po’ di tempo.
«Vivo qui fin da quando ho iniziato le superiori.», le rispose lo stesso Usui.
Passarono qualche secondo in totale silenzio, e il gattino li guardò curioso piegando la testolina da un lato.
«Perché sei venuta qui da sola?», gli chiese Usui rompendo il silenzio, muovendosi velocemente e bloccandola al muro, sbarrandogli un lato con il braccio fasciato, guardandola negli occhi, «A te va bene il fatto che io possa farti qualsiasi cosa?», continuò.
Per rompere il momento imbarazzante Misaki gli appoggiò una mano sulla fronte prendendolo di sorpresa e facendolo indietreggiare di un passo.
«Hai la febbre altissima!», constatò urlando assumendo un’espressione arrabbiata, «Allora è vero che sei uscito dall’ospedale con la forza!», lo sgridò sempre più incavolata.
«Comunque, va subito a dormire!», gli ordinò continuando ad urlare.
Usui la guardò serio, da dietro le lenti degli occhiali, mentre lei continuava a blaterare con un tono di voce abbastanza alto, cose del tipo: «Andrò a prendere del ghiaccio e delle asciugamani!».
«Sto bene. Io-», tentò di dire Usui, venendo interrotto da Misaki, che gli ordinò per la seconda volta di andare a dormire.
Usui chinò leggermente il capo, «Ayuzawa, veramente…», ma anche questa volta lo interruppe, ma in maniera più dura urlandogli: «Non fare nulla, va a dormire, idiota!».
Una volta completata la frase Misaki fece un verso imbarazzato per poi arrossire lievemente quando si rese conto di aver esagerato.
Abbassò il capo e la frangia le coprì di poco gli occhi, e lui la guardò senza dire nulla.
Schiarendosi di poco la voce, quasi in maniera impercettibile, sussurrò: «Per favore… Cerca di riposarti… E guarire.».
Mentre Usui si distendeva sul divano coprendosi con una coperta, Misaki andò in cucina riempiendo una piccola bacinella con dell’acqua fredda e del ghiaccio, immergendovi poi delle bende.
Diede una sistemata veloce alla cucina, sistemando secondo una logica le varie cose che Usui aveva lasciato sul tavolo.
Tornata nel salotto notò Usui respirare profondamente, capendo che si fosse addormentato.
Facendo il più piano possibile si inginocchiò vicino al divano, e strizzò la prima benda; quando stava per poggiarla sulla fronte del ragazzo, questo si svegliò.
«Hai contattato i tuoi genitori?», gli chiese a bassa voce, visto che si era appena svegliato, «Non ce n’è bisogno.», gli rispose Usui con voce ferma, guardando il soffitto.
«Perché sei uscito dall’ospedale?», domandò curiosa, «Perché mi annoiavo lì.».
Sospirando Misaki si alzò e tornò in cucina preparandogli il pranzo.
Una volta tornata gli chiese se sembrasse buono il cibo, lui guardò la risottiera che gli aveva portato, analizandola.
«Il riso è stracotto, e sembra una zuppa bianca e melmosa.», disse, «Presidente, certo che a cucinare…», commentò subito dopo.
«Mi dispiace di non essere brava a cucinare!», urlacchiò quasi disperata, «Non lo mangiare se non lo vuoi! Lo finirò io!», continuò imperterrita.
«Lo voglio.», disse Usui interrompendo il suo monologo, facendola voltare versò di lui, «Ma non riesco a tenere in mano il cucchiaio, imboccami per favore.», riprese la parola, facendola imbarazzare e colorare le gote.
«Comunque non posso mangiare cibo caldo.», aggiunse, facendole raggiungere un colore scarlatto in viso.
Misaki si ritrovò, così, nuovamente inginocchiata a soffiargli il riso e imboccarlo, perdendo un battito ogni volta che le labbra di Usui si avvicinavano al cucchiaio.
«Sono impressionato.», disse ad un certo punto catturando la sua attenzione, «Pensare che riesci ad uccidere addirittura il sapore dei cibi…».
La ragazza respirò profondamente per poi esplodere in un «Sta zitto!Mangia e stai buono!».
Poi cambiando completamente espressione gli disse: «Se mangerai starai meglio.», «Non ne posso far avanzare nemmeno uno, giusto?», gli chiese lentamente e con gli occhi chiusi, «E’ il primo piatto che cucini per me.»,continuò lui facendole scintillare gli occhi marroni.
«S-sei tutto sudato, è meglio che ti cambi.», disse Misaki smorzando l’aria d’imbarazzo, con il capo voltato verso destra.
«Credo sia difficile sbottonarti con quelle mani…», rifletté l’attimo dopo lei avvicinandosi a lui ancora con le guancie arrossate, Usui si mise seduto sul divano, e la mora cominciò a uscire dall’asola il primo bottone, sentendosi osservata sollevò lo sguardo trovando a pochi centimetri di distanza dal viso di lui.
Si guardarono negli occhi si e no qualche secondo, ma sembrava fossero infiniti.
Al solito Misaki per evitare di continuare a guardarlo in quei profondi occhi verdi, che al momento si nascondevano dietro le lenti degli occhiali da vista, urlò: «Che stai guardando?!», «Mi guardi come se fossi un delinquente.», gli rispose lui con il suo solito tono, «Sta zitto! Guarda fuori!», gli intimò.
“Gli devo un favore.”, cominciò a riflettere mentre continuava a sbottonargli la camicia,“Pensavo fosse un ragazzo che oziasse sempre, sempre a dire stupidate…Ma viene sempre in mio soccorso quando sono nei guai. Io, invece, non riesco a combinare nulla…”.
«Mi spiace.», la voce di Misaki ruppe il silenzio.
«Mi sento come se facessi troppo affidamento su di te.», prese nuovamente parola, parlando col capo chinato, «Volevo restituirti i favori che ti dovevo, ma non ce la faccio. Alla fine riesco a combinare poco e niente.», continuò, alzando leggermente il capo una volta finita la frase.
«Sono davvero inutile.», sussurrò per finire.
Usui per tutto il tempo la osservò con le labbra rosee leggermente dischiuse, a quell’ultima frase scivolò sempre di più sul bordo del divano e la tirò a se in un abbraccio, incastrando il suo volto tra il collo e la scapola di lei.
Era imbarazzato, ma lei non poteva vederlo, così come non notò il rossore di lui quando le disse: «Cavolo, questo non è vero, Ayuzawa.».
A quelle parole Misaki sentì uno strano calore dentro il petto e come per difendersi lo respinse facendo pressione sul petto di Usui, «C-cosa vuoi dire-?», gli chiese confusa.
«Anche io faccio affidamento su di te.».
«Stai mentendo.», ribatté lei immediatamente, «Non è vero.», gli disse il ragazzo continuando a guardarla.
Ad un certo punto il verde degli occhi di Usui si fece più scuro, più profondo: «Tu sei giusta per me, Ayuzawa.».
«Tu chi ti credi di essere? Sei un ritardato!», fu la risposta di Misaki, cercava di proteggersi, difendersi ogni volta che lui gli diceva una frase del genere.
Lui la guardò senza più dirle nulla, e Misaki si ritrovò a chiedersi cosa fosse quello sguardo.
Ma non poté trovare una risposta perché le labbra di Usui si poggiarono sulle sue, offuscandole la ragione.
Usui si separò da quel lieve contatto per guardarla in faccia, e vedere la sua reazione.
Entrambi si persero uno negli occhi dell’altra, senza emettere parola per rompere quella strana, ma eccitante, atmosfera che si era
creata.
Inaspettatamente fu Misaki a riavvicinarsi per prima e baciarlo nuovamente.
Fu un altro bacio casto, ma il piccolo ansito della ragazza spinse Usui ad osare di più, leccandole lievemente il labbro inferiore. Così il bacio si fece più profondo e inteso.
«U-usui.», gemette la ragazza, passando e intrecciando le mani dietro il collo del ragazzo e tirando ogni tanto piccole ciocche di capelli biondi.
«Vieni qui.», le sussurrò Usui, facendole capire di mettersi a cavalcioni sulle sue gambe.
Non appena Misaki si sedette su di lui, un brivido le percorse tutta la schiena, non aveva mai provato un sensazione tanto intensa.
Quella posizione dava ad entrambi maggior agio nel muoversi e nel potersi toccare.
Usui prese ad accarezzarle la schiena da sopra la maglietta, scendendo lentamente verso l’orlo di questa e alzarla scoprendole una porzione di pelle che cominciò a stuzzicarle in punta di dita.
Misaki si inarcò sospirando, scontrando così il suo bacino con quello di lui.
«Misaki.», ansimò Usui, alzandole anche sul davanti la magliettina verde fino a sfilarla del tutto, mostrando il sobrio reggiseno in pizzo che portava, il quale fece perdere la testa ad Usui, che posò un leggero e quasi inesistente bacio sul solco tra i seni.
Misaki era imbarazzata non sapeva cosa e come fare, capendolo Usui le prese una mano e gliela poggiò sul suo petto.
«Toccami…», la pregò quasi, muovendole inizialmente la mano, per poi lasciare che fosse lei a toccarlo dove più desiderasse.
Dopo quell’incoraggiamento la ragazza cominciò a far scivolare la mano su tutto il torace di Usui, che era rimasto scoperto per via della camicia ancora aperta, della quale poi lo privò.
Spinta da una scarica di adrenalina chinò il capo e gli deposito un bacio sul petto, vicino al capezzolo destro.
Usui rabbrividì di eccitazione come non mai.
«Misaki, ti prego.», la supplicò mentre con mani tremanti si avvicinò al bottone dei jeans che lei indossava, come a chiedergli il permesso, senza dire una parola ella annuì.
Dopo aver sospirato, con un solo colpo esperto gli sbottonò i jeans, e gli abbassò la cerniera, stava per fare lo stesso con i suoi ma la mano della mora lo fermò, «Vorrei farlo io…», gli chiese con voce bassa, quasi impercettibile.
L’eccitazione di Usui crebbe a dismisura, e fu capace solo di annuirle, così Misaki con le sue piccole mani meno esperte indugiò sulla patta dei suoi pantaloni, provocando in lui un desiderio quasi doloroso.
Senza farle pressioni aspettò, ma una volta che lo liberò la baciò passionalmente.
Voleva, cercando di non fare troppa forza sulle braccia sollevarla quel poco che bastava per farle scendere i jeans, ma fu preceduto da lei che si alzò e se li fece scivolare sensualmente addosso.
Usui la imitò alzandosi e superandolo di una spanna.
Dolcemente la baciò e poi la fece sdraiare sul divano, posizionandosi subito dopo tra le sue gambe aperte solo per lui.
Ancora coperti solo dall’intimo si scambiarono altre carezze e stuzzicamenti.
«Non resisto più Misaki…», le confessò Usui guardandola dritto negli occhi, «Neanche io.», gli rispose lei, poi avvicinandosi al suo orecchio gli sussurrò: «Voglio essere tua, Usui.».
L’atmosfera intorno a loro si fece sempre più calda; e senza aspettare altro i due si spogliarono degli unici indumenti che gli erano rimasti.
L’eccitazione dei due era talmente tanta che Usui scivolò subito in Misaki, mozzando il fiato ad entrambi.
Usui si muoveva con costanza dentro il corpo di Misaki, la quale gemeva e si inarcava sotto di lui, finché non vennero contemporaneamente urlando l’uno il nome dell’altro.
Stremati rimasero abbracciati, ancora uniti sul quel divano, complice del loro amore.
«Usui…», sussurrò dopo un po’ di tempo Misaki, «Mmh?», mugugno il ragazzo stringendola a sé, «Sei uno stupido.», proseguì lei, ad Usui scappò una breve risata per poi allungare il collo e depositarle un baciò sulla fronte.
La sua Misaki non sarebbe mai cambiata.
Loro non sarebbero mai cambiati.

 

 

 

(*) “Perché il mio cuore batte così forte? Perché mi sento così sola quando te ne vai?”; ho messo l’asterisco poiché con quei due “forse” mi rifaccio alla frase detta da Misaki nella ventiseiesima (26°) puntata.

(**) “Gasp.” suono onomatopeico che indica stupore, timore e/o affanno, deriva dal suono del prendere fiato o restare senza fiato. In questo caso si tratta di affanno, per via delle scale.

 

 

 

 

 

Note d'Autrice.
Come scrivo sempre all’inizio di una nota d’autore, spero che chiunque sia arrivato a leggere fin qui sia rimasto soddisfatto e non pensi di aver perso tempo.
E’ la prima volta che scrivo su Misaki e Usui, anzi è la prima volta che scrivo su una coppia d’anime per l’esattezza.
Ne ho visti di diverse, anime, ma questi due mi hanno davvero colpito, tanto da ispirarmi questa one shot; che ho scritto un po’ di tempo fa, ma che pubblico solo ora.
A proposito, ringrazio anche la persona che mi consigliato di vederlo, Tayesha!
Evidenzio nuovamente che la storia si ispira agli ultimi minuti del diciannovesimo (19°) episodio.
Non appena ebbi finito di guardarla, vi giuro, la mia mente ha subito elaborato questo finale.
E così l’ho scribacchiato.
Spero di poter leggere qualche vostro commento, per sapere cosa ne pensate di questa storia e ovviamente del mio modo di scrivere; critiche e/o consigli sono ben accetti, essendo alle prime armi con questo genere!

Grazie, e a presto!

Adriana.

  
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