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Autore: Aoboshi    19/06/2015    6 recensioni
Chissà cosa rende davvero una vita degna di essere vissuta. Dopo anni ad architettare la fine di Gaya a comporre il suo requiem per quel mondo vibrante per tutte quelle anime, Kuja è arrivato agli ultimi accordi della sua struggente melodia. Eppure, tra le note del basso continuo, poco alla volta, un motivetto perduto si fa strada, un canto dimenticato si alza coinvolgendo con la sua dolcezza gli ultimi momenti dell'angel della morte. Il sipario non si è ancora abbassato sul jenoma e suo fratello gli ricorderà qualcosa, una battuta d'uscita capace di cambiare il finale.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gidan Tribal, Kuja, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Frammenti perduti di Gaya'
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Kuja socchiuse appena gli occhi, non sentiva più il suo corpo, se mai l’avesse sentito. Gli sfuggì un sorriso mesto, si era sempre illuso di essere un attore, quando in realtà era sempre stato solo uno spettatore delle vite altrui. Adesso il sipario si abbassava su di lui, per l’ultima volta, senza che avesse mai davvero recitato. Aveva temuto la morte e la temeva ancora, era così stupido, cosa poteva togliergli la morte, se praticamente lui non aveva mai realmente vissuto. L’amaro in bocca sapeva di rame, gli sfuggì un rantolio. Attorno a lui tremava tutto, magari una radice di Iifa l’avrebbe presto travolto mettendo fine a quel tormento. Si sorprese ad avere gli occhi lucidi, come era patetico, si era lasciato illudere dalle grandi avventure, delle grandi passioni umane, ma lui era incapace di capirle e di viverle, si odiava per questo e odiava Garland per questo.
-Kuja, mi senti, sto venendo a prenderti!-
Fu un grido, troppo familiare per essere vero. Kuja sgranò gli occhi. Era impazzito, suo fratello era semplicemente impazzito. Sentiva la sua voce rimbombargli nella mente.
-Non hai abbastanza tempo- biascicò –Dimenticami e vattene!-
Dimenticami…sussultò sentendo un’eco lontana, era così triste quella parola.
-Oh, sta zitto e dimmi dove sei!- era sempre così impulsivo quel ragazzo. Kuja non aveva la forza di ribattere, era stanco, tremendamente stanco.
-.. non credo ti capirò mai…-
Il frastuono delle radici impazzite coprì il resto. Kuja sentì l’albero tremare, le lunghe propaggini del velenoso Iifa si stavano smembrando l’un l’altra. Un rombo lungo e continuò avvolse tutto, come il secolare ruggito del mostro Iifa ormai prossimo alla fine.
Due mostri, un solo destino…
Poi lo vide, una scia bionda, sfrecciare tra le radici tentacolari. Un tonfo. Passò qualche minuto.
-Ehi, ci sei ancora?- sempre così, sempre lo stesso tono allegro, anche in un momento simile. Perché quel ragazzo era così incosciente, così stupido, così…
-Ti avevo detto di andare… cosa ci fai qui…- non riusciva neanche a muoversi, che affronto per la sua bella voce essere ridotta a un verso roco e indistinguibile.
-Non hai fatto lo stesso per me, quando stavo per morire?-
Calò il silenzio, si, lo aveva fatto, non sapeva bene il perché ma lo aveva fatto, alla fine dei conti era uno stupido anche lui, non meno degli altri… Anche se, non era poi così brutto, fare gli stupidi.
-Non ci pensare…- Gidan si lasciò cadere accanto a lui, con un piccolo tonfo secco. Kuja voltò piano il volto, quel ragazzo accanto a lui, non poteva essere più diverso da un jenoma, aveva gli occhi vispi, un sorriso inestinguibile, una personalità folgorante. Era incredibile ed era suo fratello e non lo aveva abbandonato.
-I tuoi amici sono riusciti a scappare?- La tua Garnet, non vuoi rivederla?
Kuja si sorprese di quella domanda affiorata tra i suoi pensieri. E lui, se anche lui avesse avuto una “Garnet”, avrebbe voluto rivederla ad ogni costo!?
-Si!- il sorriso gli si allargò sul volto un po’ da bambino – Ce l’hanno fatta, ma sapevano che avevo qualcosa da fare, qui!
-…Sono felice che ce l’abbiano fatta…- strano ma vero, non stava più recitando, quella stramaledetta maschera, quella dell’angelo della morte, finalmente non ce l’aveva più addosso, finalmente aveva smesso quei panni così stretti e dolorosi. Ora era semplicemente un moribondo, ma almeno non era solo.
-… Già, be’, adesso è il nostro turno di andare!- perché era tutto così semplice per lui, Kuja non riusciva a capirlo. Non solo era lì, ma era come se gli stesse dicendo di avere un’altra possibilità, un nuovo spettacolo
Un nuovo ruolo… magari…L’idea si fermò assieme al suo groppo in gola.
-Non merito di vivere, dopo quello che ho fatto…- già, finalmente lo vedeva, tutto il nulla attorno a lui.
-Sono inutile per questo mondo…- era un’amara verità.
-Nessuno è inutile!- lo rimbeccò Gidan severamente, era così buffo quando veniva contraddetto, quando qualcuno diceva qualcosa che non gli scendeva - Ci hai aiutato a scappare, ricordi?-
-Dopo che mi avete sconfitto… non avevo niente da perdere… nulla da salvare… finalmente ho capito cosa volesse dire vivere- gli scappò una risata mesta -…m a credo sia troppo tardi…-
Gidan lo stava fissando intensamente, aveva in mano qualcosa, sembrava un medaglione, Kuja riusciva a vedere le catenelle argentee scendere alla stretta, gli ricordava qualcosa, ma era troppo stanco per ricordare cosa.
Il fratello aprì la mano con dentro il pendaglio
-Mentre eravamo a memoria… mi è stato detto di dartelo…- Gidan gli prese una mano, era strano sentire il tocco del fratello, così imbarazzato e un po’ goffo. Kuja lasciò che il medaglione gli scivolasse nel palmo, era abbastanza pesante, ma piacevolmente caldo. Alzò a fatica la mano per vederlo meglio. Un ciondolo grande come un pugno di un neonato, in argento, tutto decorato e impreziosito da fini catenelle. Era molto femminile, come suggeriva la fascetta di velluto del girocollo. Qualcosa turbò il jenoma, un ricordo fugace gli attraversò la mente, troppo veloce per poterlo afferrare, ma non così tanto da passare inosservato.
-Chi te lo ha dato!?-
Gida scosse la testa – Era uno spirito di memoria, non sono riuscito a vederlo bene… mi dispiace…-
Kuja guardò deluso quel medaglione. Uno spirito di memoria… avvertì una fitta al cuore, chissà perché lo rendeva così triste. Kuja vide la piccola scanalatura sul lato del pendaglio, era debole, ma provò ugualmente ad aprirlo . Non appena ci riuscì, lui e Gidan furono avvolti in un nucleo di luce, calda e pura. Rimasero entrambi sorpresi. Nelle mani di Kuja scivolò una piccola treccia di capelli, era formata da due ciocche, una argentea e l’altra mogano, sembravano due nastri intrecciati. Il mago sussultò, si voltò verso Gidan, per dirgli che una delle ciocche gli apparteneva, ma il fratello stava fissando l’essere di luce davanti a loro.
-Tu…- la vista di quella creatura lo lasciò senza fiato.
-Kuja-
Il mago aveva ascoltato l’orchestra di Toleno un’infinità di volte, ma mai aveva sentito qualcosa di più dolce di quella voce, sembrava il sottile tintinnio degli scaccia pensieri. Il mago trasalì, lo conosceva, l’anima davanti a loro, lo conosceva. La figura si fece poco più nitida, gli occhi buoni erano scuri, così come i capelli ondulati avvolti sul lato destro, Kuja sentì l’irresistibile desiderio di scostarle un ciuffo dal viso. Lo spirito probabilmente se ne accorse e sorrise.  Kuja sgranò gli occhi, una lacrima gli bagnò le ciglia
- Credevo… di averti perduta…- i ricordi lo travolsero come un torrente –Cassandra…-
Lo spirito sorrise radioso, alzò la mano per sfiorare Kuja. Il jenoma sorrise stancamente, nonostante quella luce così avvolgente, il suo corpo non ce la faceva più, ma comunque sfiorò il palmo di lei con la punta delle dita, incredibilmente ne avvertì il calore, come quando era viva. Le dita di Cassandra si intrecciarono in quelle di Kuja, il jenoma non riuscì a frenare il flusso di lacrime.
-Grazie… - Cassandra si voltò verso Gidan.
Il ladro avvampò, ma sfoggiò uno dei suoi soliti sorrisi, vedeva Kuja felice, nonostante le lacrime. Gidan si inchinò e prese l’altra mano delle spirito, come per baciarla
-Incantato “passerotto”!- disse strizzando l’occhio a Kuja.
-Oh…- mormorò stancamente Kuja- Non fare lo stupido… Gidan …-
Cassandra rise, si abbassò verso Kuja. Il jenoma poté rivedere meglio i lineamenti di lei, era ancora più bella di quanto ricordasse.
-Non volevo dimenticarti…- gemette mentre nuove fitte ripresero ad affaticargli il respiro. Cassandra gli accarezzò il viso.
- Garland aveva bisogno di un perfetto emissario di morte… Uno che non conoscesse abbastanza la vita da comprenderne il valore-
Gidan serrò i pugni, era vero, se le cose fossero andate diversamente, se Kuja non lo avesse lasciato su Gaya, probabilmente ci sarebbe stato lui al suo posto. Suo fratello gli aveva regalato la vita che a lui era stata negata, preoccupandosene anche in punto di morte.
-E in qualche modo, tu non mi hai dimenticata… -
Kuja tossì, il respiro era affannoso. Gidan si precipitò verso il fratello, si voltò verso lo spirito.
-Cassandra c’è speranza…-
La dama d’Olviert alzò lo sguardo su di lui e sorrise.
-Sì, grazie a te… C’è sempre speranza, Gidan!- lo spirito di memoria si chinò su Kuja, appoggiò le labbra splendenti su quelle del jenoma. In quel momento le radici dell’albero si lanciarono su di loro, affamate di luce e di vita, desiderose di assorbire l’inarrestabile anima del messaggero di Tera.
La barriera di luce si alzò contro le radici tentacolari.
-Torna da Garnet, Gidan, prima che l’albero di Iifa si chiuda su di te!- la voce di Kuja risuonò altezzosa come sempre, ma più leggera . Gidan si voltò, Kuja era in piedi, in forma perfetta, stringeva al petto la mano di Cassandra, la quale era  rannicchiata a lui, luminosa per la felicità. Il ragazzo osservò la stretta salda del fratello a testimonianza di non volerla mai più lasciare, non riuscì a non sorridere.
-Posso trattenere il flusso di anime per  qualche minuto ancora, Gidan, per favore, va’!- lo avvisò trasportata Cassandra. Gidan guardò Kuja e Cassandra, gli occhi del fratello finalmente vividi e vivaci per qualcosa che non fosse guerra o distruzione, aveva gli occhi che brillavano di vita.
-Non badarci cara, è un po’ tardo, gli piace far preoccupare follemente gli altri!- lo rimbeccò Kuja ridendo.
Cassandra si voltò verso di lui – Oh, deve essere un difetto di famiglia…-
Gidan fece una smorfia divertita. Saltò oltre la barriera, la luce lo avvolse mentre le energie di Cassandra lo guidavano verso la libertà. Le radici saettavano fameliche per bloccarlo, ma agilmente, il ragazzo riuscì ad eluderle. Vide uno spiraglio, lo attraversò, l’aria gli entrò fresca e prepotente nei polmoni. Gidan si voltò verso l’albero di Iifa. La pianta di Garland stava crollando com’era stato per il suo creatore. Dalla folta chioma dell’albero vide saettare due grandi scie di luce, le quali si avvolgevano l’un l’altra mentre si dirigevano sinuose verso il sereno.
Gidan sorrise, guardando quelle due stelle comete sfrecciare vibranti verso il cielo, pronte a raggiungere una nuova vita, insieme, come doveva essere.
-Ciao fratello, vai e stai bene!- 


NdA: Grazie per chi si arrischierà a leggere, scusate per gli errori. Il dialogo tra Gidan e Kuja è tratto integralmente dal gioco, ho cercato di adattarlo poi al mio racconto.
L'ultima frase di Gidan, per chi fosse interessato è la traduzione di "Ave atque vale" una delle mie preferite dell' "Addio al fratello" di Catullo (leggetela è una poesia eccelsa), ripresa poi anche da Foscolo. :) spero vi piaccia e spero di non avere troppi computer sulla coscienza.  
Persiste il problema delle "o"
   
 
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