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Autore: Elisir86    19/06/2015    1 recensioni
"C'è una strada piccola, affannosa e ripida che mi porta fino a te io vorrei percorrerla e senza rischi inutili, arrivare fino a te fino all'amore"
FINO ALL'AMORE - BIAGIO ANTONACCI
[No incesto]
[Coppie: Francia x Canada – Molte altre]
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome, Triangolo
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C'è una strada piccola, affannosa e ripida…


 


 

Prologo


 

Il sole colpiva il parabrezza riscaldando leggermente l'auto. Non c'era nulla da dire, per essere il venti novembre era veramente una giornata insolitamente calda.

Si sbottonò con nervosismo i primi bottoni del capotto nero.

Anche quel giorno faceva caldo.

Si, se la ricordava calda, di quel caldo torrido che sudi anche stando davanti a un ventilatore.

Lui e Feliciano stavano in giardino sotto un albero di fichi, suo fratello di appena cinque anni era seduto ad osservare una fila di formiche.

Portavano briciole di pane.

Era stata la loro merenda. Pane con burro e zucchero. Lovino ancora poteva sentire il dolce profumo del pane appena sfornato, la gonna ampia della nonna sporca di farina e il suo sorriso birichino “Mi raccomando, non ditelo al nonno, altrimenti lo vorrà anche lui.”

Nonno li vedeva sempre uscire in giardino ridendo. Faceva finta di leggere il giornale sportivo o di dormire.

Anche quel giorno li aveva visti, ne era sicuro, li aveva guardati con la coda dell'occhio e il giornale che gli copriva il viso.

Perché portano così tanto cibo?” era stata la domanda di Feliciano, e lui che di anni ne aveva sette si sentì il dovere di rispondere, infondo lui era grande e andava alle elementari...sapeva tutto!

Almeno così pensava. “Per mangiare, anche la mamma fa la spesa, no?”

Lovino sorrise lievemente al ricordo di quella conversazione. Era continuata per molto, con tante, moltissime domande di Feliciano.

Schiacciò sull'acceleratore con un moto di stizza. Aveva comprato quella stupida macchina da un vicino di casa. Era vecchia e scassata, ma almeno lo avrebbe portato dove gli interessava. Sua madre lo aveva pregato di non fare lo scavezzacollo e di tornare a casa sano e salvo.

Mamma ha i capelli di un castano scuro. Si disse mentre sorpassava un camioncino del latte.

Quel giorno aveva il sole sulla schiena, l'abito azzurro corto e la borsa del supermercato piena di verdura e frutta.

Lo aveva chiamato o forse no, Lovino non se lo ricordava, sapeva che aveva lasciato Feliciano in giardino ed era corso in casa.

Ah, no...mi ero fermato...

Si, il bagliore del sole contro il vetro colorato di una biglia. Quella mattina ci aveva giocato con suo fratello e il papà, una era ruzzolata giù per i tre scalini di marmo finendo nel prato. Lui, bambino, fu felicissimo di averla ritrovata, aveva sorriso e urlato di gioia richiamando l'attenzione di Feliciano che in un attimo lo aveva raggiunto.

Si erano entusiasmati per una stupidissima biglia.

Lovino accelerò ancora superando il limite, il rosario che portava appeso allo specchietto tintinnava pericolosamente. Non era molto religioso, ma sua madre si. Lei con quel rosario ci era cresciuta ed era certissima che l'avesse protetta per tutti quei anni e le aveva donato la cosa più bella della sua vita: lui.

Che cazzata! Sua madre era una brava donna, ma lui ben poco sopportava tutte quelle idee religiose.

Dov'era Dio quel giorno?

La risposta l'ingoiò come un boccone amaro. Si non era religioso, ma certe cose era meglio non imbrattarle...nemmeno con il pensiero.

Accelerò di nuovo con rabbia.

Il diavolo è ovunque!

E lui – cazzo!- lo sapeva. Lo sapeva benissimo!

Quel giorno probabilmente il demonio aveva adocchiato la loro casa. O forse era giorni che aveva perseguitato papà facendolo impazzire oppure mamma facendola peccare.

Non importava!

A Lovino non poteva fregare di meno di chi era la colpa originaria. Perché l'unica cosa certa era il ricordo di lui e suo fratello, il nonno che li aveva portati lontani, nonostante l'età…

…nonostante il sangue…

Di sangue, ce ne era tanto sulla camicia di nonno.

Lui, quello non se lo sarebbe mai scordato.

 

Carla sedeva nella propria macchina rossa, un bastoncino di liquirizia si muoveva tra le labbra e degli occhiali da sole calati sugli occhi chiari.

Aspettava da alcuni minuti in quella strada isolata il suo cliente. Si ricordava che era un ritardatario, anche al loro primo appuntamento era arrivato con ben trenta minuti di ritardo. E non aveva nemmeno chiesto scusa.

Lei lo aveva perdonato solo per quel faccino e per quel broncio, perché era affascinante anche se da quella bocca uscivano una marea di parolacce e veleno.

Si mosse leggermente, sistemandosi la minigonna gialla e lisciandosi il capottino bianco. Si guardò allo specchietto retrovisore, le labbra colorate di rosa si distesero in un sorriso. Con la mano destra si ravvivò i corti capelli biondi.

Sentì un motore avvicinarsi, guardò oltre il suo riflesso e vide la macchina del cliente. Correva e lei dubitava che si fermasse senza alzare un polverone.

Ragazzini!

Lo vede rallentare leggermente e parcheggiando accanto alla sua vettura, una nube di polvere si alzò e Carla ringraziò di avere i finestrini chiusi.

Dall'auto scese un ragazzo, capelli castani, capotto nero e pantaloni di jeans strappati sulle ginocchia. Bello e trasandato.

Peccato che avesse quindici anni in meno di lei. Certo, lui sembrava un tipo per cui l'età non aveva importanza, ma a lei quel particolare irritava e parecchio.

Abbassò il finestrino “Buongiorno!” sorrise ammaliante. Lui annuì abbassandosi, dai bottoni aperti si intravedeva la camicia bianca, “Sono tre mesi che non ti fai sentire...” lo vide guardare i vari fascicoli che stavano sul sedile del passeggero.

“Vuole entrare nell'auto?” mosse il bastoncino di liquirizia con fare maliziosa, “Preferisco stare all'aperto.”

Lei alzò un sopracciglio scettica, ma se a lui andava bene parlare di certe cose senza preoccuparsi degli altri, “Ma se lei vuole farmi qualche servizietto extra...”

Bello e senza il minimo di buone maniere.

Lei schioccò la lingua sul palato prima di prendere il primo fascicolo. Era leggero, molto meno grosso rispetto a quelli che riguardavano i tradimenti.

Sorrise ancora mentre rovistava tra le varie carte, “Ho trovato suo fratello!” gli allungò una busta “Qui ci sono tutte le informazioni a riguardo.”.

Lui allungò la mano ma subito Carla gli tolse la busta e la ritirò nell'auto. “Ricorda quando la volta scorsa l'avevo avvertita che era probabile che suo fratello non la cercasse?” il ragazzo annuì “È così.”

 

Non c'era da stupirsi. Lovino lo aveva messo in conto dal momento in cui aveva deciso di chiamare un detective privato.

Un ghigno si disegnò sul suo viso e allungando la mano per la seconda volta verso il finestrino riuscì finalmente a prendere quella dannata busta.

“Per quel che mi frega!” e si era messo l'involucro di carta in una tasca del capotto mentre dall'altra tasca fece uscire un plico di euro ripiegati.

“Con questi abbiamo chiuso.” Carla li prese contandoli con velocità. “A mai più signor Vargas.” e rise richiudendosi nel veicolo.

Lovino rimase fermo a guardarla mentre si allontanava.

Anche la macchina che gli aveva portato via Feliciano era rossa. Lui l'aveva guardata dalla finestra della stanza da letto con le lacrime agli occhi e le mani strette in pugno.

Feliciano se ne era andato dopo solo qualche mese che erano finiti in quel orfanotrofio e lui era rimasto solo per molto tempo.

Ci aveva pensato ogni giorno a quella macchina rossa che si allontanava con suo fratello. A diciott'anni aveva lasciato la scuola e aveva iniziato a lavorare, l'idea era racimolare i soldi per poi andare di persona a cercarlo.

Che idea assurda!

Scosse la testa entrando le proprio veicolo. Si sedette e prese una sigaretta dal pacchetto abbandonato sul sedile accanto.

A vent'anni aveva visto un articolo di questi detective privati, si era informato sui costi e dopo un paio di anni era riuscito a rimediare abbastanza...

Il fumo della sigaretta riempì l'abitacolo e lui decise finalmente di aprire la busta.

Lesse alcune righe dove c'era la vita di Feliciano.

Studiava all'università di belle arti a Venezia. La famiglia che lo aveva adottato era molto ricca e gli aveva comprato un appartamento tutto per lui.

E che cazzo!

Lui a ventidue anni era obbligato ad abitare con sua madre nonostante facesse di tutto per essere indipendente.

Poi vide l'invito a una festa privata: Un party per la vendita di qualche dipinto di suo fratello. Il ricavato sarebbe andato in beneficenza.

Io non capisco un cazzo di arte!

Carla probabilmente aveva pensato che era stata un idea per fargli rivedere Feliciano.

Sospirò lanciando i fogli sul sedile insieme alla sigarette.

Se lui non vuole vedermi, io non andrò a trovarlo!

 

 

Angolo dell'autrice:

Premetto che non conosco molto ne l'anime ne il manga, ma spero di non andare troppo nel occ.

Questa fanfic è una long e spero di portarla a termine in poco tempo. Vi prego di essere clementi se la trovate troppo lenta nell'esporre le varie situazioni e i personaggi.

Devo dire che Axis Power Hetalia mi sta facendo superare i miei limiti sulla descrizione di alcune scene.

Il Rating è arancione ma penso che lo alzerò a rosso. Chiedo scusa in anticipo.

Perdonate anche il mio lessico disordinato e i miei errori di scrittura e punteggiatura.

Grazie anticipatamente a tutti coloro che decideranno di seguire questa storia.

  
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