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Autore: Danya    20/06/2015    9 recensioni
-Sono occhi e capelli di tuo padre e del padre di tuo padre- disse Pai, con uno strano tono che doveva sembrare solenne –Tra la mia gente è un colore nobile.
-Ma qui siamo sula Terra.
Storia partecipante al contest Un prompt per le Mew Mew 
http://freeforumzone.leonardo.it/d/11058880/Un-prompt-per-le-Mew-Mew/discussione.aspx
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pai Ikisatashi, Retasu Midorikawa/Lory
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nick su EFP: Danya
Titolo: Strage like me
Protagonista/i: Pai Ikisatashi, Retasu Midorikawa
Prompt scelto: #29 Ametista
Altri personaggi: Kisshu Ikisatashi, Ariel Ikisatashi (inedito), Tadashi Ikisatashi (inedito)
Coppie: Paitasu, accenni Kishinto, Tarupurin
Generi: Romantico, Fluff, Slice of life.
Rating: Giallo
Avvertimenti: What if?
Eventuali note: One-shot (11725)
 
Strange like me
 
-Orecchie a punta, occhi strani, cervello che funziona male!
Ariel avrebbe voluto urlare contro i suoi compagni, ma si impose di stare zitta.
“Finiranno da soli” si disse per farci coraggio, sorpassando il gruppetto di tre compagni che la stavano infastidendo.
Appena fu vicina ad uno, quello le strappò via gli occhiali dal naso, gettandoli a terra –Sei un mostro, Ikisatashi!
Ariel arrossì di rabbia. Lei non era un mostro! Era normale, normale!
Sentì ribollire la frustrazione e la rabbia e abbassò il capo, mortificata.
-Lasciate stare mia sorella!
Come un cavalier servente dei suoi romanzi, suo fratello Tadashi comparve da dietro l’angolo del corridoio.
I suoi bulletti lo squadrarono male, ma non osarono muovere un dito contro l’Ikisatashi maggiore.
Ariel tirò sul col naso e si rimise gli occhiali sul naso, nascondendo poi lo sguardo sotto la frangetta.
Tadashi le si avvicinò –Tutto bene? Cosa è successo?
Ariel si mordicchiò il labbro e scosse la testa –Ho… io…- si sfiorò l’orecchio destro e Tadashi non capì. La sorella scappò via, lasciandolo da solo nel corridoio.
 
Quella sera a cena la tensione era alle stesse.
Tadashi era tornato a casa e aveva raccontato l’episodio alla madre che lo aveva guardato con apprensione.
-Forse dovremmo parlare con gli insegnanti…- aveva proposto a Pai, parlando a bassa voce.
L’alieno aveva puntato lo sguardo scuro sulle scale, dove poco prima era scomparsa Ariel –Prima cerchiamo di capire cosa è successo.
 
I due figli erano differenti, sia fisicamente che caratterialmente.
Tadashi era alto per la sua età, veloce e nei suoi dodici anni di vita aveva accumulato trofei sportivi e scolastici non indifferenti.
Era del tutto umano, fatta eccezione per la sfumatura violacea dei suoi occhi. Aveva una zazzera verde tanto indomabile che Retasu aveva abbandonato l’idea di sistemarli. Tadashi era un tipo sicuro, taciturno ma amichevole e le uniche doti alieno/mutante che avesse dimostrato erano l’incredibile velocità in acqua (dove rimaneva in apnea molto più dei suo compagni) e col tempo era riuscito a sviluppare la levitazione.
Ariel era diversa. Aveva dieci anni, era molto magra, bassina e i suoi colori erano gli stessi del padre: lunghi capelli viola e occhi color ametista nascosti da lenti rotonde simili a quelle della madre. Aveva manifestato diverse capacità: non solo in acqua sembrava un pesce, non solo riusciva a levitare più del fratello, ma aveva la capacità di manovrare l’acqua come Retasu.
Non era per nulla propensa agli sport (come la madre) ma molto intelligente e otteneva sempre il massimo dei voti in tutte le prove scolastiche. Il carattere fin troppo mite e docile non l’aveva aiutata a socializzare con i compagni e forse era quello il problema, o così aveva pensato inizialmente Retasu.
I bulli prendono sempre di mira il più debole e quello che non reagisce e sua figlia era una succulenta preda.
La figlia non si era presentata a cena e Retasu si era scambiata un’occhiata con Pai, che aveva stretto le spalle.
-Parlaci tu- aveva suggerito la verde –Forse parlare con te gli farebbe bene.
-Sei tu la diplomatica in casa- aveva debolmente protestato: Ariel stava entrando in una fase delicata e stava diventando un enigma per lui, mentre con Tadashi era stato tutto più facile.
-Sei un papà. Tocca a te.
 
Pai aveva bussato alla porta della camera e sbirciò dentro.
Ariel era seduta sul pavimento e sfogliava un album di fotografie –Oggi abbiamo parlato con Tadashi- iniziò, rimanendo in piedi sulla porta –Tua madre è preoccupata.
Ariel alzò lo sguardo contrito –Non dovete preoccuparvi- rispose con quella vocina piccina da topolino –Non è successo niente.
Pai sentì il cuore stringersi nel petto e si sedette accanto alla figlia, guardando l’album fotografico
–Che cosa vedi?
Ariel indicò le foto del gruppo di amici: Corinne, Megan, Luke, i gemelli.
Rimasero in silenzio per svariati minuti e Pai cercava di elaborare un discorso di incoraggiamento alla figlia, ma Ariel si decise a parlare per prima –Sono tutti normali.
-Uh?
Ariel indicò gli amici: Corinne aveva i capelli scuri di Minto e gli occhi ambrati di Kisshu, Luke i capelli rossi della madre e gli occhi azzurri di Shirogane, Megan lunghi capelli marroni con occhi magnetici, i gemelli assomigliavo molto a Taruto, ma coi capelli biondi e spettinati.
-Non oserei definire i tuoi cugini “normali” - azzardò.
Ariel alzò un ciuffo di capelli all’attaccatura delle orecchie -Oggi in classe mi sono fatta una coda- disse Ariel e si sfiorò l’orecchio affusolato –E i miei compagni lo hanno notato.
Pai vide l’orecchio della figlia. Non erano pronunciate come le sue ma neanche piccoline come quelle umane, ma avevano una forma un po’ più affusolata, a punta.
-Sono solo un po’ affusolate- le disse, sorridendo intenerito –Non si notano.
-Ma loro hanno cominciato a prendermi in giro- mormorò –Anche per il colore di occhi…. E di capelli…
-Sono occhi e capelli di tuo padre e del padre di tuo padre- disse Pai, con uno strano tono che doveva sembrare solenne –Tra la mia gente è un colore nobile.
-Ma qui siamo sula Terra.
Ariel si pentì subito della risposta brusca e incassò il capo tra le spalle mordendosi l’interno della guancia. L’ultima cosa che voleva era fare arrabbiare il padre, così orgoglioso del suo popolo e severo con chiunque ne parlasse male.
Tuttavia, Pai le accarezzò la testa –Tua madre dice sempre che è felice di vedere che sia tu e che Tadashi abbiate i miei occhi- le disse –Anche se quelli della mamma sono belli.
-Nessuno prende in giro Tadashi- borbottò Ariel.
Pai le alzò il viso verso il proprio –Perché tuo fratello è un teppista, come zio Kisshu.
La battuta la fece sorridere e Ariel si accucciò al petto di Pai –Veramente alla mamma piacciono tanto? Occhi, orecchi e tutte?
Pai annuì –Sai, quando siamo tornati sulla Terra…
Il viola cominciò a raccontare alla figlia di prima che lei nascesse, quando erano poco più che ragazzi e ferite della guerra erano ancora un po’ fresche.
 
 Flash Back.
 
Viola.
Nella sua descrizione fisica aveva sempre messo 'viola' sia nei dei capelli che negli occhi: un colore banale tra la sua gente ma che risultava straordinario tra gli esseri umani, vista la sua rarità.
Per lui erano assurdi gli occhi di Shirogane (troppo azzurri) e altrettanto strani quelli di Retasu.
Eppure la ragazza gli aveva detto 'ametista'. Cosa fosse l'ametista poi, non lo sapeva e timidamente la ragazza gli aveva mostrato un libro di geologia facendogli leggere della pietra citata.
 
-Secondo me... Pai-san i tuoi occhi sono del colore ametista. Spero tu non ti sia... offeso
-No. È solo curioso.
 
Tornare sulla Terra era stato difficile, ma il team Mew era stato fin troppo caloroso nell'accoglierli (specie Purin che trotterellava intorno a loro scrutandoli con attenzione e con una curiosità che faceva pensare che non avesse sedici anni, ma sei).
Erano ormai passati due mesi dal loro ritorno e quelle esagitate non facevano che coinvolgerli nelle loro piccole avventure quotidiane.
Ryou a malincuore li aveva accolti nella buffa struttura rosa, lasciando liberi di poter entrare e uscire a loro piacimento e abbandonando dopo un po’ l’epiteto ‘alieno’ e cominciando a chiamarli per nome e Keiichiro (aveva dovuto fare uno sforzo enorme per non chiamarlo “l’altro umano”), li stava aiutando nel raccogliere i dati necessari alla loro ricerca, ovvero raccogliere campioni da inviare sul loro pianeta, così da poter riprodurre fauna e flora terrestre.
Pai e Retasu non avevano mai avuto modo di parlarsi a quattr'occhi da quando era tornato sulla Terra. Si limitavano a squadrarsi da lontano e mentre lei sorrideva amichevole, Pai non mostrava alcuna particolare emozione, ricambiando i saluti con brevi frasi o cenni veloci del capo.
La storia della pietra era uscita una sera, quando Retasu aveva smontato dal suo turno al Caffè ed era rimasta indietro rispetto alle compagne, già sparite dietro il grande portone di legno.
-Ametista! - l'aveva sentita borbottare, dopo che l'aveva scrutato di soppiatto e lui, pazientemente aveva finto di non accorgersene, continuando a leggere il libro prestato da Keiichiro.
-Come? - si era trovato a chiedere, rendendosi conto troppo tardi di averle posto la domanda.
Retasu era diventata bordeaux e aveva incassato la testa tra le spalle, fissandosi i piedi con tanta intensità.
-Retasu? - l’aveva chiamata con un tono fin troppo dolce, guardandola divertito.
-E’… una pietra- deglutì, rossa di vergogna e con una voce piccola da far stringere il cuore –È....è molto bella. Si dice abbia proprietà magiche. - continuò prendendo un po' di coraggio.
Pai era rimasto in silenzio ad osservarla, non sapendo bene come dovesse dirle qualche cosa o se fosse meglio lasciar cadere l’argomento, ma poi aggiunse –Mi trovi impreparato sulle pietre terresti, mi dispiace.
Retasu lo guardò per un po’, dondolandosi sul posto e poi aveva cacciato una mano dentro la borsa dell’Università, uscendo un libro pieno di segna-libri colorati e fogli svolazzanti tra le pagine di carta plastificata.
Si era seduta accanto a lui, sfogliando con dita tremanti il libro e poi aveva fermato la sua ricerca su una pagina precisa, indicando con in dito la pietra e poi aveva preso un foglio diligentemente piegato e lo aveva aperto, rivelando una calligrafia minuta ma chiara.
 
“- L'ametista è una varietà violacea di quarzo, spesso associata a rocce basaltiche subalcaline.
Il nome deriva dal greco améthystos che significa "non ebbro".
I cristalli di ametista si rinvengono essenzialmente all'interno di geodi sviluppatisi nelle rocce basaltiche a causa di una attività idrotermale successiva, ma spesso prossima, all'evento magmatico stesso. I geodi sono cavità presenti entro le rocce ignee, che rappresentano, di fatto, bolle di gas variamente modellate dallo scorrimento maggiore o minore del liquido magmatico. Sulle pareti interne dei geodi si possono sviluppare raggruppamenti di cristalli "cresciuti" grazie alla particolare composizione chimica e alla temperatura relativamente alta (da 850 a 50 °C) dei fluidi idrotermali percolati attraverso la roccia.”
 
Retasu smise di leggere i suoi appunti, meno imbarazzata di prima–E poi è la pietra della consapevolezza, sia spirituale che materiale- asserì –E tante altre cose… insomma.
Si portò una ciocca dietro l’orecchio -Secondo me... Pai-san i tuoi occhi sono del colore ametista… Spero che tu non ti sia... offeso- disse imbarazzata.
-No. È solo curioso- le rispose senza alcuna inflazione nella voce.
Pai era rimasto in silenzio, attento ascoltatore della spiegazione della ragazza e aveva sbirciato la composizione chimica della pietra e lentamente aveva annuito, non aggiungendo altro.
Retasu aveva timidamente chiuso il libro –Mi spiace se… ti ho annoiato- mormorò con un timido sorriso –Se non avessi saputo del tuo ritorno, sono sicura che ti avrei riconosciuto per … questa tua caratteristica- sorrise –Forse se avessi avuto un paio di occhiali da sole avrei avuto un po’ di difficoltà.
-Quindi…- Pai schioccò un attimo la lingua, a disagio: non si era mai ritrovato a parlare così tanto con lei –Credi che le pietre abbiano delle proprietà magiche?
Retasu arrossì ancora una volta, cosa che accadeva spesso aveva notato, e l’aveva vista scuotere la testa –No, no, no! Io cioè… sono cose simpatiche che… che… mi aiutano a memorizzare meglio, ecco! - si aggiustò gli occhiali con un gesto nervoso –Certo, sicuramente tu sei una persona calma e ben attento a… a non far capire quello che pensi ma… ma non dipende dal colore degli occhi o da… una pietra. Solo un…tuo modo di essere.
Le sopracciglia di Pai si alzarono verso l’altro, divertito dalla buffa espressione della ragazza e dalla piega presa dalla conversazione –L’ametista è una pietra che serve a celare le emozioni?
-P…più o meno- Retasu tossicchiò –E’ che… mi arrovellavo il cervello cercando di ricordarmi il colore dei tuoi occhi. Credevo fossero neri, ma sapevo che non lo erano e qualche mese fa, prima che voi tornaste, mi è capitata questa pagina e allora mi sei tornato in mente e.... quando ti ho rivisto è stata una illuminazione! - Retasu si zittì, impallidendo e poi arrossendo di nuovo.
Ho parlato troppo!” si disse, coprendosi la bocca con una mano.
-…come? – Pai rimase a fissarla con la bocca semi schiusa, nel vano tentativo di capire se avesse sentito bene e Retasu strinse il libro al petto imbarazzata più che mai.
-Io… mi chiedevo se stesse bene- ammise, abbassando tanto il capo e lasciando che la frangetta coprisse gli occhi –Se… era andato tutto bene.
Pai tamburellò con le dita sulla coscia –Sì, tutto bene- ripesò al loro ritorno con la Mew Aqua –E’ stata dura, ma alla fine ce l’abbiamo fatta.
Retasu sorrise –Ne sono felice! - si prese una ciocca, rigirandosela tra le dita –Sai, Pai-san, non ho mai potuto ringraziare per… quello che hai fatto.
Pai si irrigidì e fissò un punto non ben precisato davanti a sé e Retasu continuò –Se tu non ci avessi aiutato, non avremmo mai potuto aiutare Ichigo-chan contro Deep Blu e a quest’ora i nostri pianeti sarebbero succubi di lui, o peggio.
Pai fece passare una mano dietro la nuca, a dissimulando il disagio. Le parole di Retasu erano sincere e intrise di buoni propositi che non sentiva di meritare.
-Avrei tanto voluto sdebitarmi con te- ammise la ragazza –Ma non lo sapevo sei anni fa e non so neanche ora come fare.
-Non dovete ringraziare nessuno- le disse –Siamo pari, direi.
Retasu sorrise e strinse il libro ancora di più –Grazie mille.
Si porse verso di lui e gli posò un bacio sulla guancia.
Pai rimase imbambolato mentre la ragazza si affrettava ad alzarsi -Si è fatto tardi. A domani, Pai-san- e se ne scappò, lasciando l’alieno con la fronte aggrottata e sempre più convinto che Retasu fosse un po’ impazzita nel corso di quegli anni, o forse lo era sempre stata e lui non ne aveva mai preso atto.
 
Il giorno dopo la vide entrare al Caffè con un passo allegro ma veloce.
-Buongiorno- mormorò sorridendo verso di lui, con le gote accaldate per la probabile camminata.
Pai ricambiò con un gesto della testa e la ragazza sembrò soddisfatta del suo saluto.
-Sei un cafone!
Pai si girò verso la fonte della voce, vedendo Kisshu svolazzare sopra Minto con in mano il nastro per capelli della ballerina –Lo vuoi, colombella? - l’apostrofò, tenendolo fuori la sua portata.
Minto arrossì per l’epiteto e cercò di afferrare Kisshu che sgusciò via.
-Ridammelo!
-Prima devi dire “Kisshuuuu sei il miglioreeee” - fece il verde, scimmiottando una voce stridula e femminile.
-Mai! E ora ridammelo!
Retasu si era affacciata sulla porta, attirata dalle voci e la vide ridere –Li trovi divertenti? - domandò Pai, schioccando la lingua infastidito.
Retasu annuì –Sì. Sono due persone molto spontanee che... fanno prevalere i loro diritti- disse, non senza un accenno di ironia.
-A me sembra che la tua amica sia dispotica.
-Chi sarebbe dispotica? - Minto, il viso rosso e arrabbiato si girò verso Pai, arrabbiata più che mai
–Non bastava questo debosciato, ora anche tu! Io vi accoppo a tutti voi alieni!- disse con voce stridula troppo simile a quella che Kisshu aveva imitato.
Pai aggrottò la fronte nel vedere Minto così arrabbiata per un semplice commento che neanche si allontanava dalla realtà, ma stranamente ebbe un aiuto inaspettato da Ichigo che si accasciò su una colonna a ridere –Aaaah! Minto hai rivelato la tua vera natura! - le puntò contro lo spazzolone –E’ inutile fingere: sei una dispotica, una tiranna, una…
Splash.
Minto le aveva lanciato addosso una pezza bagnata, che era finita sulla maglia della ex leader.
-No! La mia maglietta nuova! - protestò la rossa con gli occhi sbarrati dallo stupore.
Minto esibì un sorriso maligno –Magari chiedi a Ryou di prestartene una delle sue.
In tutta risposta Ichigo arrossì come un peperone e Pai scostò gli occhi da quel ridicolo teatrino, notando allora che Retasu non aveva smesso di fissarlo.
La ragazza era rimasta come imbambolata e aggrottò le sopracciglia –Che c’è? - sbottò infastidito.
Retasu arrossì come un peperone e borbottò delle scuse, scomparendo dentro lo spogliatoio.
 
A Pai cominciava un po’ a snervare quella situazione: bastava che fosse nelle vicinanze per vedere Retasu arrossire o agitarsi tanto che gli aveva fatto pensare che la ragazza non avesse solo un interesse amicale nei suoi confronti, ma che si fosse presa proprio una bella cotta, cosa che Kisshu non faceva che ripetere, punzecchiandolo fino a fargli venire voglia di folgorarlo sul posto.
-Hai un’ammiratrice, eh? - lo schernì una delle tante sere, dopo che si erano congedati dal gruppo.
Pai aveva alzato gli occhi al cielo, cacciando le mani in tasca –Dillo davanti a lei, così magari le viene un infarto.
Kisshu sghignazzò, portandosi le mani dietro la testa –Minto-chan mi ha detto una cosa.
“Minto-chan” pensò Pai, esasperato e ormai rassegnato nel sapere che il fratellastro non avrebbe mai trovato alcuna ragazza che non avesse voglia di picchiarlo o spiattellarlo contro qualche muro.
-Non vuoi sapere cosa mi ha detto la colombella?
-Non credo parlaste anche- disse acido, ma Kisshu non si fece intimidire
- Retasu ha ammesso che le piaci... e pure tanto- Kisshu lo guardò con la coda dell’occhio -E non è una cosa recente, Pai.
Forse il tono di Kisshu, forse l’affermazione spiattellata così su due piedi, ma qualche cosa lo fece fermare, interrompendo la loro camminata e lasciando avanzare Kisshu avanti di qualche passo.
-Embè? Che sei sorpreso? - chiese il verde, fintamente annoiato mentre si grattava un orecchio.
Pai fissò un attimo il suo interlocutore.
Nonostante la faccia da schiaffi, lo sguardo dorato del fratellastro indagava dentro il suo, attento a cogliere una minima sfumatura.
“Non è una cosa recente” … che intendesse durante la guerra?
Quante volte si erano trovati a scontrarsi era stupido chiederselo o contare le volte che si erano feriti a vicenda –era quello il loro compito e dovere – ma le parole della ragazza, pronunciate sere prima, gli sembrarono avere un altro senso.
 
E’ che… mi arrovellavo il cervello cercando di ricordarmi il colore dei tuoi occhi. Credevo fossero neri, ma sapevo che non lo erano e qualche mese fa, prima che voi tornaste, mi è capitata questa pagina e allora mi sei tornato in mente…
 
“Tornato in mente”.
Pai si accorse di aver contratto troppo la mascella e Kisshu aveva continuato a fissarlo tutto il tempo.
Scosse il capo e poi sospirò –Andiamo al Caffè, sono stanco.
Kisshu attese che Pai fosse di nuovo al suo fianco prima parlare –Dovresti fare un po’ di chiarezza- azzardò dopo averlo squadrato bene
–Lasciare quella poveretta a cuocersi nel suo brodo è crudele, anche per uno come te- ironizzò
–Oppure…- lo sguardo gelido di Pai fece desistere Kisshu da intraprendere quel tortuoso discorso e il verde sospirò ancora –Sei un caso senza speranza.
 
I giorni e le settimane passarono, lasciando che gli alberi rifiorissero per riprofumare l’aria inquinata della città.
Retasu si era un po’ tranquillizzava, non scappava più quando gli era vicino né balbettava senza sosta, dandosi un certo contegno e riuscendo anche a parlargli senza abbassare lo sguardo e guardarlo in viso, cosa che invece cominciò a mettere a disagio lui perché a specchiarsi in due occhi tanto grandi, rischiava di finire imbambolato come uno stupido.
Seguiva la chioma verde in tutte le direzioni, attento a non perderla troppo di vista e, quando capitava che una scoppiettante Ichigo ed una esuberante Purin imploravano di uscire insieme, cercava il suo posto al fianco della ragazza perché stava bene.
Camminare al suo fianco, moderando il passo e la cadenza lo faceva rilassare, forse un po’ troppo visto le battute maligne di Kisshu che non faceva che dirgli “Hai una faccia rintronata”.
Eppure non c’era motivo di prendersela o di fare il sostenuto e Retasu sembrava sempre fin troppo felice di camminargli accanto.
 
Fine Flash Back.
 
-La mamma era proprio cotta- ridacchiò Ariel.
Pai trattenne la propria risata nel petto –Forse.
-Pa’…
-Mh?
-Come vi siete messi insieme tu e la mamma?
Pai ringraziò la propria posizione che gli diede modo di nascondere il rossore improvviso in volto
 –Un’altra volta, eh…
-Sono ancora triste per oggi- disse Ariel, guardandolo con finta aria triste.
Pai scosse il capo –Va da mamma. Così potrete parlare. Sciuro le sta venendo una sincope.
Vide la figlia trotterellare fuori dalla stanza e si mise in piedi.
Prese una foto sul comodino di Ariel, dove c’era Retasu neo-mamma con la bimba tra le braccia.
Vagò nei ricordi, alla ricerca del momento esatto in cui aveva messo a fuoco i proprio sentimenti e il sorriso gli nacque spontaneo.
 
Inizio Flash Back.
 
Era la festa del Hanami(***) e le ragazze avevano insistito per portarli a vedere i ciliegi in fiore.
Armati di cestino da pic-nic, si erano recati al parco di Ueno.
Pai dovette ammettere che lo spettacolo presentatosi davanti era veramente affascinante: gli alberi del parco erano in fiore, e quella tonalità di rosa e quel petali che vorticavano nell’aria davano un senso di pace.
Ichigo aveva subito individuato un albero libero e avevano sistemato la loro tovaglia e sia lei che Purin vi si erano gettate di sopra, ridendo come matte mentre i petali dei fiori stuzzicavano i loro nasi.
-Sembrate due bambine- le apostrofò Minto –Mi fate vergognare!
Ichigo rise –Le signorine di buona famiglia non festeggiano l’Hanami?
Minto alzò il suo nasino all’insù –Le signorine di buona famiglia non ridono in modo sguainato né tanto meno urlano come se fossero al merca…AH!
Pai alzò gli occhi al cielo nel vedere Kisshu gettare addosso alla blu una coperta, coprendole la testa, busto e lasciando scoperte le gambe magre e bianche. Le proteste di Minto, decisamente colorite e di poca classe furono soffocate dal tessuto pesante, ma Pai poté ben immaginare il loro senso.
Kisshu rise, afferrando la ragazza per la vita e disse, con aria ghignante –Vado a far fare un bagno alla colombella! Chi viene con me? - e indicò con la testa il lago.
Pai percepì il movimento di Retasu accanto a sé e quando la guardò, la vide con la macchina fotografica in mano.
-Pai-san- lo chiamò dolcemente –Vorresti venire a fare delle foto con me? - domandò, mentre le guance si imporporavano un po’.
Kisshu stava per dire qualche cosa che avrebbe fatto prendere un infarto a Retasu, ma Ichigo fu più veloce, tappandogli la bocca e trascinandolo via, con ancora Minto in spalla.
Pai ringraziò mentalmente la rossa (per una volta si era rivelata utile) e annuì a Retasu.
Le sfilò dalla spalla la borsa e si fece guidare all’interno del parco.
-Non avete mai visto i ciliegi durante la fioritura, vero? - domandò dopo un po’, rompendo il silenzio.
-Mai. Non da vicino, almeno- asserì.
-E’ una delle mie celebrazioni preferite- ammise Retasu, puntando il quadrante verso il lago dove alcune coppie remavano sulle barche affittate.
-Ti piace molto quello strumento, vero?
Retasu guardò “lo strumento” e sorrise –Molto. Mi è costato un occhio della testa, ma vale fino all’ultimo yen. È bello fotografare…catturi il presente e non cambierà mai, almeno non nella foto.
La riflessione fatta da Retasu aveva uno strano gusto malinconico, ma frenò di domandarle altro, lasciando vagare lo sguardo attorno a sé.
Nonostante fosse relativamente presto, il parco era pieno di famiglie, scolaresche e passanti vari che ammiravano i grandi alberi e raccogliendo i petali.
-Sarebbe bello avere una panoramica più vasta- disse Retasu, guardando Pai da sotto le lenti e sorridendo imbarazzata.
L’alieno capì –Intendi dall’alto?
La ragazza annuì e quello scosse la testa, divertito –Non potevi domandarmelo prima? - si guardò attorno –Da lì possiamo teletrasportarci in alto- disse indicando dei bagni chimici accanto a dei cespugli.
Retasu lo seguì, trotterellandogli di lato e quando Pai fu sicuro che nessuno li avrebbe visti, le mise un braccio intorno alla vita e con un altro afferrò la borsa con la macchina fotografica –Tieniti- raccomandò, avvertendo una scarica piacevole quando la ragazza gli cinse le braccia al collo.
-Chiudi gli occhi. Le prime volte può essere fastidioso- aggiunse e Retasu obbedì.
Pai fissò il viso così vicino, percependo l’odore dello shampoo e calcolando che, se si fosse piegato un po’ in avanti le avrebbe potuto sfiorarle la fronte.
Si teletrasportarono sopra la grande struttura del parco, un edificio in stile Giapponese antico del quale Pai ignorava la funzione e non mollò la presa su Retasu fino a che non la vide stabile e sicura.
-Qui va bene?
Retasu ammirò il paesaggio sotto di loro, sporgendosi appena –Un mare rosa- disse sorridendo allegra.
Pai lasciò la presa sulla ragazza e le diede la borsa. Retasu si acquattò per non perdere l’equilibrio e mentre metteva a fuoco con la lente, disse –Deve essere comodo teletrasportarsi.
Pai, che sembrava a proprio agio lì in piedi, rispose –Veramente da noi non lo possiamo fare. Solo in alcune aree. Non possiamo usare nessuna delle nostre abilità, in città.
Retasu ci pensò su, scattando delle foto –Come mai? Questioni di ordine pubblico?
Pai sbuffò –Se tutti potessero teletrasportarsi dentro gli edifici del potere, avremmo sempre rivolte. Noi dobbiamo tenere sotto controllo la situazione e solo quando siamo in servizio attivo c’è permesso utilizzare le nostre capacità.
Retasu si spostò un po’, attenta a non scivolare e rimanendo sempre acquattata –Sapete tutti fare le stesse cose?
Pai scosse la testa –No. Non tutti sanno volare e tetrasportarsi. Alcuni hanno capacità come Taruto di manovrare la flora, alcuni sanno usare un elemento… alcuni non sanno fare niente.
Retasu lo guardò in viso –Deve essere un privilegio, per voi.
Pai ci pensò un attimo –Forse. Ma credo di dover ringraziare i miei antenati se so fare queste cose.
Retasu sorrise, non sapendo cosa altro domandare all’alieno e continuò con alcuni scatti.
Pai si sedette e la osservò bene mentre cambiava angolazione, scattava e si girava. Aveva il viso concentrato e ogni tanto si aggiustava le lenti che scivolavano dispettose sul naso. Le si era formata una piccola ruga sulla fronte e si mordicchiava il labbro inferiore, staccandosi le pellicine. Nel suo complesso risultava buffa ma tenera.
-Finito- disse dopo un paio di minuti –Spero tu non ti sia annoiato.
Retasu appoggiò la macchina fotografica tra le gambe e si tolse gli occhiali, pulendoli con la maglia. Era la prima volta che la vedeva senza occhiali: gli occhi erano leggermente più piccoli e il colore grigio-blu risaltava di più e notò le lunghe ciglia arcuate.
Retasu si sentì osservare tanto intensamente che non poté ignorarlo a lungo –Ho… ho qualche cosa in faccia?
Pai, senza smetterla di fissarla, disse –Sulla Terra avete varietà di colori di occhi e capelli non indifferenti. Mi domandavo come si fossero trasmessi tra i due ceppi genetici evolutivi.
La ragazza infornò gli occhiali sul naso –In…intendi tra i nostri due popoli?
Pai annuì –Da noi è rarissimo che qualcuno abbia gli occhi blu o verdi. Sono comuni quelli viola, dorati, castani e arancio.
-A…arancio? - domandò curiosa e desiderosa di sapere altro su quel popolo lontano quanto affascinante.
Pai annuì –Molto scuro, in realtà- spiegò laconicamente.
Retasu sembrò pensare a qualcosa di buffo perché arricciò le labbra –Potrei dire la stessa cosa. Persone col colore tuo di occhi sono rarissime. Dorato o… arancio non si sono mai viste, o almeno io non ne ho mai viste.
Pai strinse le spalle –Punti di vista.
Retasu stropicciò le mani e fissò il mare di ciliegi sotto di sé –Sono contenta di poter parlare così con te-  ruotò gli occhi verso di lui, cercando di capire cosa stesse pensando, ma l’alieno continuava a fissarla senza esprimere alcunché.
-Non sarebbe mai stato possibile, lo sai- disse solo dopo un attimo di riflessione.
Lei annuì, sempre imbarazzata –Lo so.
-Ma non dispiace neanche a me.
Retasu incassò la testa fra le spalle, cambiando in faccia varie tonalità di rosso.
-Do…dovremmo tornare dagli altri- borbottò a disagio.
Pai annuì, alzandosi e porgendole una mano per aiutarla.
Retasu la prese con troppa titubanza. Mise un piede in fallo e una tegola sotto il piede scivolò via, facendole perdere l’equilibrio.
La macchina fotografica rischiò di cadere di sotto e istintivamente Retasu la strinse al petto, sbilanciandosi ancora di più e per un attimo il mondo per lei fu sottosopra.
Pai fu veloce, agguantandola e spingendo entrambi verso l’alto, levitando sopra il tetto di mezzo metro.
La ragazza aveva strillato un attimo, spaventata e si era aggrappata a Pai nascondendo il volto tra la spalla e il collo mentre quello l’aveva stretta per il busto, lasciandole le gambe a penzoloni.
Pai era irrigidito, sentendo quel corpicino tanto stretto al suo e borbottò –Mai più su un tetto, con te.
Retasu rimase paralizzata non sapendo se allontanarsi da lui o rimanere in quel modo. Pai la strinse un po’ più forte e i battiti cardiaci aumentarono a dismisura. Si scostò leggermente, trovandosi a un palmo dal viso serio e inespressivo di Pai.
Riuscì a specchiarsi negli occhi violacei che non sembravano turbati o infastiditi.
Si vide riflessa e si chiese se veramente non fossero fatti di ametista, tanto erano inespressivi, esattamente come una pietra. Eppure sapeva che si potevano animare e in quelle lunghe settimane ne aveva avuto la prova, vedendo l’alieno in un contesto diverso dalla guerra e dalla rigidità dei rapporti.
“L’ametista è la pietra della consapevolezza e veniva usata per celare le proprie emozioni”, si ricordò.
Si chiese se in qualche modo gli dei non avevano voluto favorire Pai, dandogli la possibilità di celarsi dietro quello sguardo scuro e impenetrabile che la mandava solo in confusione.
-Dovremmo scendere- mormorò Pai, a voce troppo bassa.
Retasu non si fidò di annuire, temendo di poter inclinare troppo la testa verso di lui.
Aveva chiuso gli occhi nel momento in cui aveva capito di essere risucchiata nel passaggio del teletrasporto e non li aprì quando piedi sfiorarono il selciato, rimanendo ermeticamente serrati.
Sentì qualche cosa appoggiarsi alla sua fronte e per poco non andò in iperventilazione: sbirciò con un occhio e vide che Pai aveva appoggiato la propria fronte alla sua, inclinando il capo verso destra.
Retasu chiuse gli occhi, rossa come un peperone… Pai era così vicino che…
-Retasu-chaaan?!- la voce stridula di Purin li riportò alla realtà e Retasu guardò oltre l’alieno, notando che Purin e Taruto li stavano cercando.
L’alieno la mollò con decisione ma senza essere scortese e lasciò che le braccia ricadessero sui fianchi.
Pai non le disse niente e Retasu lo superò, impacciata e col capo basso e gli occhiali appannati dall’imbarazzo.
Non si parlarono per tutto il resto della gita e Retasu evitò accuratamente il suo sguardo.
 
Il giorno dopo, l’usanza prevedeva fare un giro per i templi e la cosa non entusiasmò per niente l’alieno maggiore.
-Si può sapere che hai?
Kisshu guardò di sbieco Pai, talmente rigido da sembrare un manichino –Ti ha morso una tarantola?
-Kisshu, morditi la lingua.
Il mezzano aggrottò la fronte: che Pai fosse sgarbato e desse risposte taglienti non rea una novità, ma addirittura che lo aggredisse verbalmente senza alcun motivo (perché strano ma vero ancora non lo aveva infastidito) non era certo da lui.
-E’ successo qualche cosa?
Kisshu vide che Pai batteva il piede con movimenti veloci e nervosi e più volte si era passato la mano fra i capelli, come a scacciare via qualche pensiero –Fratello, cosa accade in quel tuo cervello macchinoso e noioso?
Pai si chiese se fosse il caso di parlare con Kisshu e raccontargli quello che era successo il giorno prima con Retasu.
-Dovresti risolvere i tuoi problemi anziché aggredire le persone, sai?
Pai gli scoccò un'occhiata in tralice -A quanto pare, Aizawa ti ha inculcato le buone maniere- rispose acido.
Kisshu alzò gli occhi al cielo -Non è che se nomini Minto io desisto dal darti fastidio.
Pai non rispose, puntellando il pavimento con la punta del piede.
-Non credo sia una cosa saggia- disse dopo un po', a voce talmente bassa che Kisshu credette di esserselo immaginato.
Il verde non capì bene di cosa stesse parlando Pai ma guardandolo in viso, vide gli occhi talmente seri e turbati che non osò prenderlo in giro -Magari è solo una sensazione- azzardò.
Pai sospirò -Forse è un azzardo.
-Gli azzardi mi piacciono.
-Tu sei un azzardo.
-E guarda come sono venuto bene! - rise. Gli batté una mano sulla spalla -Senti, qualsiasi sia il problema, magari lo risolvi affrontandolo.
Pai storse la bocca -Magari sì... o magari no.
Peccato che il cuore del problema non sembrava intenzionata a rivolgergli parola.
Purin trascinava il fratello minore a destra e sinistra e provò un moto di invidia, strano ma vero, per quel contatto fisico.
Anche Kisshu aveva preso coraggio, arrischiandosi di stare al fianco della Aizawa e di posarle casualmente una mano intorno alle spalle, contatto che la ragazza snob non rinnegò.
Retasu era dall'altra parte del gruppo e non si arrischiò ad avvicinarsi a lei, fino a che l'occasione non si prospettò propizia e sicura.
Era ormai il crepuscolo e nel programma della serata i fuochi d'artificio erano l'ultima attrazione della festa e quella poteva essere la sua occasione.
Si avvicinò a lei e la vide tenere ostinatamente gli occhi al cielo, mirando quei fiori luminosi che sbocciavano in cielo con quel rumore fastidioso che strappava urletti ai bambini meno coraggiosi.
-Retasu.
La verde roteò un attimo gli occhi verso di lui, arrossendo -Pai-san.
L'alieno sentì la voce di Purin che trillava allegra -Oh, guarda! Il tempio! Il tempio! È illuminato a giorno!
Il dito della ragazza indicava il cielo che si illuminava di verde, rosso, blu, giallo, inondando i visi delle persone. Purin aveva stritolato tanto forte Taruto da farlo diventare rosso peperone e ciò strappò un timido sorriso a Retasu.
-Un giorno lo vedremo in un angolo a piangere- commentò divertita Retasu, guardando Purin a braccetto con un rosso Taruto.
-Tanto qui sulla Terra avete gli psicologi, no?
La battuta di Pai la fece sorridere ancora un po’ di più.
I fuochi durarono molto e, quando ormai lo spettacolo si avvicinava alla fine, la mano di Retasu afferrò quella di Pai. Le dita della ragazza erano fredde e sudate e Pai titubò un attimo a stringere le dita fra le proprie.
Quando i fuochi terminarono il gruppetto decise di ritirarsi ognuno a casa propria.
Pai non disse nulla a Kisshu o a Taruto e quelli non gli chiesero se avesse intenzione di tornare con loro: semplicemente, quando arrivarono alle scale del tempio, ognuno andò per la propria strada, augurandosi una serena notte.
Né Pai né Retasu avevano accennato a staccare le proprie mani, lasciando che i palmi un po’ sudaticci si accarezzassero a vicenda e camminarono in tondo, senza una meta precisa per una ventina di minuti.
Però più passava il tempo, più la vedeva irrigidirsi e infine, impuntando i piedi e tenendo lo sguardo basso, Retasu disse –Io ti devo dire una cosa!
Era talmente rossa e impacciata da sembrargli fin troppo tenera.
-Ti ascolto.
Retasu si massacrò una ciocca di capelli e si aggiustò gli occhiali un paio di volte –Tu…mi…mi…- balbettò parole sconnesse e più volte tentò di guardarlo in faccia, calando subito dopo lo sguardo.
Non era così stupido da non capire le intenzioni di Retasu e quasi ne apprezzò il coraggio, massaggiandole il palmo con un pollice.
Le poggiò una mano sulla spalla e la scosse leggermente –Senti…- avrebbe voluto dirle qualche cosa per tranquillizzarla, ma Retasu scattò con la testa in alto e cercò di sostenere lo sguardo magnetico di Pai che con le luci della sera aveva preso una sfumatura diversa dal solito, più scura e quasi tetra. Deglutì.
Non poteva essere l’unica sulla faccia della Terra a non riuscire a dichiararsi. Assolutamente no.
Pai continuava a fissarla e si ricordò una delle tante cose che aveva cercato sull’ametista.
L’ametista è una pietra che allontana gli incubi facilita il sonno.
“Baggianate, tutte baggianate!” si disse in quel momento, sentendo uno strano moto di stizza.
Perché Pai la fissava in silenzio, con quello sguardo sempre serio e impassibile, come se nulla lo toccasse? Lei era lì, che si arrovellava e lui… lui…!
–La smetti di fissarmi in quel…modo! Sto cercando di…parlare! - disse col fiatone, assolutamente nel pallone e confusa.
Pai aggrottò la fronte, non aspettandosi certamente quel tipo di reazione –Come ti starei guardando? - domandò, cercando di nascondere il sorriso che minacciava di muovere le labbra verso l’altro.
-In quel modo! - sbottò ancora Retasu, frastornata –Fissi sempre la gente… la metti a disagio- ammise, incassando la testa tra le spalle –Mi metti a disagio.
Pai scrollò le spalle, divertito e chiuse gli occhi –Così va bene?
La bocca di Retasu si aprì per lo stupore, fissando l’alieno che rimase impassibile e con gli occhi chiusi, ignorando la gente che passava loro accanto, sfiorandoli appena -Mi stai… prendendo in giro?
Pai non rispose più e Retasu mirò il viso rilassato, le lunghe ciglia immobili e il leggero sorriso dipinto sulla bocca.
Retasu prese fiato e fissò concentrata quel viso marmoreo e imperscrutabile.
Aprì la bocca per parlare ma non emise alcun suono e si maledì per l’ennesima volta. Pai non aveva ancora lasciato la sua mano e si chiese se quella fosse il massimo del suo coraggio.
Insomma, era stata una Mew Mew, una paladina della giustizia che aveva proprio affrontato l’alieno che ora aveva davanti… poteva fare di meglio.
“Mannaggia a me, mannaggia!”
La mano libera si appoggiò sul collo dell’alieno e, alzandosi sulle punte, raggiunse le labbra di impeto, chiudendo gli occhi e sperando di essere inghiottita dalla terra.
Pai ispirò a fondo sentendo una forte calore che partiva dal centro del petto e si diradava in tutto il corpo come una scarica elettrica.
Mollò la mano e le prese il viso tra le mani e le fece piegare indietro la testa.
Quando si allontanarono (e a Retasu girava parecchio la testa), Pai rimase a guardarla diritto negli occhi. L’aria le mancò ancora nei polmoni e fissò gli occhi ametista.
-Lo stai facendo ancora- mormorò imbarazzata.
Pai rise discretamente –Tu mi baci e io ti metto a disagio. Molto logica, come cosa.
La verde arrossì ancora e cercò di fare due passi più in là, ma Pai la tenne stretta a sé, ridacchiando.
Retasu si appoggiò al petto, beandosi del rumore che faceva il cuore di Pai.
-Devi andare a casa, Retasu.
La ragazza annuì e tenendola per mano, si teletrasportarono insieme a casa Midorikawa.
Sul cancello della casa, Pai le diede un bacio sulla tempia –A domani.
Retasu pensò che non sarebbe arrivata al giorno dopo a causa di un infarto, ma tenne per sé le considerazioni.
-Forse doveva proprio finire così- le disse aggiustandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
La verde sorrise, appoggiando la guancia sulla mano calda –Buonanotte, Pai.
-A te.
 
Il cellulare di Retasu aveva squillato per tutto il giorno seguente: le sue amiche non facevano che chiederle cosa fosse successo con Pai e Retasu lo ignorò tutta la mattina, sapendo bene che quando si sarebbero giunte al Caffè non avrebbe avuto scampo.
 
L’incontro al Caffè fu abbastanza teso ma Retasu non mancò di sorridergli -Ciao- lo aveva timidamente salutato lei.
Retasu riuscì a stento a guardarlo negli occhi e Pai aggrottò appena la fronte.
Doveva avvicinarsi a lei?
Per tutto il pomeriggio, Retasu non gli aveva rivolto la parola ed era riuscito a strapparle un timido bacio dietro una colonna e si chiese se non fosse infastidita o troppo intimorita.
-Se continui a fissarla così la consumi- gli mormorò Kisshu malizioso all’orecchio.
Il punto era che probabilmente tutti e due erano imbarazzati alla stessa maniera, solo che Pai era più bravo a dissimulare.
Però aveva il desiderio di baciarla ancora e di tenerla stretta come la sera precedente, il che era del tutto irrazionale e fuori dall’ordinario.
Quando arrivò sera riuscì ad intercettarla in giardino.
Pai l’aveva abbracciata a baciata e Retasu aveva sospirato sulle sue labbra, nascosti nel giardino.
La verde gli prese il colletto della maglia e lo tirò verso sé quando capì che Pai stava per interrompere il bacio e l’alieno sbarrò gli occhi dalla sorpresa.
Da dove veniva questo impeto?
Respirò col naso quando la sentì emettere un mugugno e…
-Dio mio, trovatevi una stanza!
Retasu saltò indietro, allontanandosi di colpo da Pai e tappandosi la bocca con le mani.
Kisshu era appoggiato al muro che li guardava con un ghigno malefico –Ah però, bravo il mio fratellone, eh?
- Idiota- ringhiò Pai.
In tutta risposta, Retasu scappò via, talmente rossa che si poté pensare fosse scottata.
Kisshu si aggrappò ad un albero, ridendo –Ma porca misera! - rise tra le lacrime –Aveva una faccia tremenda…AHI!
Una scossa elettrica lo aveva preso ad una gamba e Pai lo trapassò da parte a parte con lo sguardo di fuoco –La prossima volta che hai in mente una genialata simile, avverti, idiota! - gli ringhiò contro, teletrasportandosi via.
Dopo quel giorno, Pai e Retasu sembravano stare con la guardia alzata, attenti ad occhi indiscreti e alle incursioni di Kisshu: Pai era sempre gentile e premuroso con lei, anche se non aveva grosse manifestazioni di affetto davanti agli altri e Retasu faceva finta di non cercarlo con lo sguardo o cercava di non arrossiva quando le sorrideva.
Le settimane che passarono furono dolcissime dove Pai la trattò con infinita grazia e gentilezza, ma c’era un ma un po’ fastidioso che tormentava la povera Retasu.
Non avevano mai affrontato un vero e proprio discorso, chiarito la loro situazione e quel precario equilibrio fu rotto da una semplice e innocente domanda.
-Pai?
L’alieno alzò lo sguardo dal proprio libro. Quel pomeriggio avevano cercato rifugio in un piccolo parco e si erano appartati su una solitaria e nascosta panchina. L’alieno aveva ripreso a leggere uno dei tanti libri umani prestategli mentre Retasu si godeva (almeno in apparenza) il fresco pomeriggio di fine Primavera.
-Io… cosa ti piace di me?
L’aveva detto tutto d’un fiato, arrossendo e stropicciandosi le mani.
L’alieno aggrottò la fronte, preso alla sprovvista –In che senso?
-Beh…- Retasu incassò la testa fra le spalle –Cosa… ti piace.
Pai la osservò bene: aveva il viso imbronciato, imbarazzato e si vedeva che era a disagio.
-Credo...il complesso.
“Il complesso?”
Retasu lo guardò di sbieco –Cosa vuol dire?
-Beh, sì- le pettinò con le dita un ciuffo ribelle –Sei… tranquilla e pacata. Onesta, gentile, bella- la scrutò, cercando di capire del perché le avesse posto quella domanda –Perché me lo chiedi?
Retasu deglutì –Sembra… insomma…
I suoi occhi bruciavano e la passavano da parte a parte e si chiese se esistesse tortura peggiore dell'essere sotto inquisizione di Pai.
-Cosa?
–Io … credo che tu mi sia sempre piaciuto…- disse col cuore in gola, parlando come stesse confidando un peccato.
Pai saggiò quelle parole con attenzione, capendo il loro peso.
Da sempre…
-Non dire sciocchezze- disse atono, abbassando lo sguardo sulle pagine sul libro.
-Come?
-Da sempre… intendi da un paio di mesi a questa parte. Prima cosa sapevi di me? - la squadrò con biasimo
Retasu sentì la gola secca e gracchiò - Parlavo di sei anni fa… quando…
-E allora è una sciocchezza- la interruppe -Stai sicuramente confondendo le cose- le disse duro.
Si sentì infastidito: cosa le veniva da dire, a quella ragazza?
Retasu lo fissò con la bocca aperta –Perché pensi questo?
Sospirò stizzito –Perché non ha il minimo senso, Retasu.
Retasu strinse le spalle, imbarazzata –Non saprei. Ho sempre ammirato il tuo modo di fare.
Per un attimo Pai parve sorpreso, ma tornò serio e imperscrutabile.
-Io… Pai, mi sento confusa- ammise –E’ passato tanto tempo e… è come se non fosse passato, ecco.
Retasu chinò il capo mortificata, sentendosi attraversare da parte a parte –Mi piaci veramente tanto. Ora che sono…Retasu e prima… quando ero Mew Retasu.
Pai continuò a fissarla senza dire nulla e Retasu sembrò sempre più rattristata –Non volevo darti fastidio- disse, pigolando come un uccellino.
Pai si risedette, pensoso e con quel senso di fastidio che lo tormentava.
-Non è una cosa… sana- disse dopo un po’.
-Che intendi?
- … eravamo nemici.
La vide stringere le spalle –Eppure non è una cosa che… ho potuto controllare- ammise –Se… se ci fossimo trovati a confrontarci senza scontro, forse… avrei voluto parlarti tanto.
Pai si voltò a guardarla e ripensò a quando avrebbe voluto vedere le Mew Mew perire sotto i loro attacchi, non avvertendo però un minimo senso di colpa perché, infondo lo sapeva che era stato un suo dovere e non un capriccio del momento.
Eppure…
Ci rifletté, mentre la Retasu del presente lo guardava circospetta e timida, intrecciando le dita delle loro mani.
Mew Retasu sarebbe sempre stata la sua nemesi, ne era certo e ogni tanto sbucava fuori durante le loro conversazioni e, non lo avrebbe mai ammesso, si sentiva leggermente infastidito perché Retasu non poteva incarnare la sua ragazza ideale e la sua peggior nemica.
Lo scontro con lei era sempre inevitabile, intercettava i suoi attacchi e blaterava su una fine della guerra in modo pacifico, dove le due razze si capivano e si aiutavano a vicenda (cosa che infine si era avverata a metà) e di come, fosse sicura, avendo tutti e due delle persone da difendere non erano poi tanto dissimili.
Se ne avesse avuto la possibilità avrebbe preso la mew mew dai capelli verde brillante e l’avrebbe chiusa da qualche parte, in una dimensione creata a posta per lei dove lasciarla marcire così da non doverla più sentire parlare.
Invece Mew Retasu era entrata in contatto con lui, arrivando perfino ad affermare di capirlo, cercando una breccia nel suo nemico ed era entrata, piano piano nei suoi incubi.
Ricordò lo scontro contro Deep Blu. Non era certo di potersi definire un traditore: Kisshu aveva voltato le spalle a metà missione e aveva affrontato Deep Blu direttamente, mentre Taruto aveva favorito Mew Ichigo durante il loro scontro. Lui si era frapposto fra quella colonna di luce e le Mew Mew per…
… per che cosa?
Si sarebbe potuto teletrasportare da qualche parte e lasciarle al loro destino, eppure aveva sentito che qualche cosa non andava, che Deep Blu ci stava mettendo troppo tempo, che quella grande fonte di energia era Mew Aqua e che…
…se anche Taruto gli aveva voltato le spalle, qualcosa di certo l’aveva calcolata male. Era tutto per un fine più grande, non per aiutare le Mew Mew. Taruto non si era fatto ammazzare per salvare Mew Ichigo, ma per fermare Deep Blu, un falso Dio che non aveva alcuna intenzione di salvarli. Era stato Taruto l’eroe, non lui, non Kisshu.
Quando aveva lanciato il Fuu rai sen aveva voluto controllare che le Mew Mew fossero insieme e che Mew Retasu fosse al sicuro, il che era del tutto irrazionale, se ne dava atto.
Ma di certo non poteva dirsi attratto dalla Mew Mew dall’ora.
O sì?
-Ti sei imbambolato.
La voce divertita di Retasu lo riportò alla realtà e sbatté gli occhi un paio di volte –Scusami. Pensavo.
-Lo immaginavo- rispose lei, appoggiando la testa sulla sua spalla.
Pai le cinse la vita, sospirando –Non ho mai fatto nulla per favoreggiarvi- disse Pai –Né per aiutarvi.
Retasu rimase in silenzio, appoggiata alla sua spalla –Eppure, quale sia il motivo, ci hai aiutato. Tu, Kisshu, Taruto. Tutti e tre.
Le sfiorò una tempia con un bacio e rimasero in silenzio.
La sentì irrigidirsi un attimo e studiò il viso, sempre rosso e dopo un po’ domandò –Veramente mi trovi…- prese un profondo respiro -…bella?
-Non dovrei?
Retasu sorrise compiaciuta e si sistemò meglio.
-Sono un uomo anche io, Retasu- le disse, accarezzandole il fianco –Ovvio che trovi la mia ragazza bella e desiderabile.
“Desiderabile?”
Retasu rimase attonita e questa volta fu Pai a riportarla alla realtà –Non pensi di esserlo?
Rigida come un manico di scopa, Retasu scosse il capo freneticamente e Pai sorrise. Le prese il mento e le alzò il capo fino a guardarla negli occhi, cosa che la fece andare in iperventilazione e le diede un bacio in bocca.
Retasu chiuse gli occhi, rilassandosi sulle labbra.
Ora che ci pensava, però… Pai non aveva mai... avuto particolari slanci, nei suoi confronti. Si limitava a quei baci tanto dolci da far venire il diabete a Kisshu, come apostrofava sempre il verde, e qualche carezza che sì, la imbarazzata, ma la faceva sentire amata e coccolata.
Prese coraggio e cinse il collo all’alieno, tirandolo più verso di sé. Schiuse le labbra e percepì l’alito di Pai mischiarsi con il proprio e sentì una vampata di calore percorrerla da parte a parte.
La mano di Pai accarezzò la schiena e scese fino al fianco, passando sulla coscia e solleticandola con le punte delle dita che compievano piccoli giri. La mano di Pai era timida, attenta a non fare nulla che potesse infastidirla o intimidirla.
Era una cosa molto da Pai, non provare a fare un altro passo in un terreno poco sicuro, dove non aveva possibilità di calcolo ulteriore. Retasu stese un attimo una gamba, e poi la posò sopra quelle di Pai e la mano del giovane rimase ferma, non andando oltre la carezza mentre la ragazza scivolava seduta su di lui, abbracciandolo più forte e superando di una spanna la sua testa.
Si allontanarono un po’, rimanendo ad occhi chiusi e riprendendo lentamente fiato –Non… provocare troppo, Retasu- esalò a bassa voce.
Retasu sbriciò da sotto le ciglia, vedendo che Pai aveva aperto gli occhi e la fissava contrito.
-Non ti ho provocato- mormorò, sentendosi come una bambina beccata a rubare cioccolata.
-Ah no?
Pai studiò divertito la posizione di Retasu –Sederti di sopra non è un tentativo di seduzione?
Retasu arrossì e rimase a specchiarsi negli occhi di Pai.
Era stata audace, non da lei e già cominciava a pentirsene quando quello e sfiorò il collo con la bocca –Molto provocatoria, Retasu.
-Io… volevo abbracciarti…di più- tentò di difendersi, sentendo i lievi baci che le procuravano brividi e un dolce formicolio.
-Sono un uomo anche io, Retasu- le ripeté fin troppo calmo –Non rimango indifferente, se è questo che temi.
Con una frase, Pai sembrava aver centrato il dubbio di Retasu e spazzato via quella piccola insicurezza della ragazza.
-Andiamo a casa?
In realtà, Retasu avrebbe voluto rimanere abbraccia a Pai tutta la sera, continuando a scambiarsi effusioni tutto il tempo, ma Pai era tornato serio e atono.
“Tentare…”
-E se… rimanessimo insieme? - tentò cauta.
-Siamo stati insieme un pomeriggio.
Retasu nascose il viso tra la spalla di Pai e il collo muscolo –E se volessi… stare con te?
Pai aveva smesso di accarezzarla –Tu cosa?
Retasu si mordicchiò il labbro –Vorrei stare con te, ancora un po’.
Pai scosse la testa, spingendola di lato e lacciandola sedere –Non dire sciocchezze, Retasu. È la situazione che ti fa parlare così.
Retasu aprì la bocca per protestare, ma Pai fece un gesto secco con la mano, zittendola –Andiamo a casa.
Retasu rimase ferma seduta, guardandolo alzarsi e fissarla con cipiglio seccato.
-Possibile che qualunque cosa io dica sia “una sciocchezza”? - sbottò, infastidita.
Pai alzò un sopracciglio e avrebbe ribattuto, se Retasu non fosse stata più veloce, parlando in maniera concitata e col viso rosso di vergona –Insomma, è così poca la… la… la considerazione che hai di me?
-Non è che io…
-Potevi essere più gentile- lo riprese, turbata
Retasu si alzò, stringendo la borsa e si incamminò verso il sentiero che conduceva all’uscita del parco.
-Ti posso teletrasportare subito.
Retasu si voltò a guardarlo.
Aveva le mani in tasca e la fissava senza realmente guardarla, con lo sguardo perso nel vuoto. I begli occhi erano fissi su un punto, freddi e atoni. Non aveva intenzione di accompagnarla, ma di assicurarsi che arrivare a casa in tempo per la cena.
-Vado da sola, grazie.
 
Non sapeva esattamente perché si fosse arrabbiata tanto, o forse sì ma il suo cervello tentava di convincerla che era giusto e basta, senza capire il perché focale.
Dentro la vasca da bagno, nel silenzio della stanza, però, dovette fare i conti con se stessa: Pai le aveva detto che era bella, anche desiderabile (arrossì nel ripensare alla bocca di Pai che pronunciava quella parola) eppure il fatto che l’alieno le avesse dato implicitamente della sciocca la mandava in bestia: non era una stupida, essere attratta da un nemico poteva essere sicuramente una cosa da romanzo rosa, di quelli che le piacevano tanto, e il fatto che il sentimento fosse stato covato per anni, fino ad esplodere al ritorno di Pai poteva non essere capito, ma… tanto stupida la faceva?
“Non è colpa mia se mi sono innamorata” pensò, calandosi nella vasca fin sotto il naso.
Elaborò il pensiero dopo averlo formulato.
Si era forse… innamorata?
Quando aveva rivisto Pai il suo cuore aveva perso a battere come un forsennato, come un uccellino che batte ali in modo frenetico e quando era riuscita a parlargli, con la pessima figura della ricerca sulla pietra, si era sentita… leggera.
Pai era piacevole, discreto, non parlava troppo ed era bello, intelligente e determinato.
Parlando con le amiche, Ichigo le aveva dato della pazza.
-Ma parliamo dello stesso Pai?
-Non credo ce ne siano molti in giro.
Aveva ribattuto ridendo alla frase di Ichigo, eppure la rossa era rimasta basita perché non riusciva a vedere in Pai altro che un “antipatico menefreghista pallone gonfiato”, come lo aveva apostrofato più volte, ma per amor di Retasu non aveva fatto altro che aiutarla ad avvicinarsi al giovane.
Pai, paragonandolo seriamente al mondo delle pietre, era come quei geoidi del suo libro: orrendi all’esterno ma dentro celavano cristalli meravigliosi e ricchi di luce.
Sicuramente se avesse fatto a Pai quella similitudine del geoide, se la sarebbe presa (non era brutto all’esterno. La difficoltà era nel trovare la luce)
Guardò l’orologio a muro: l’ora di cena era passata ormai e forse era il caso di prepararsi per andare a dormire, ma si sentiva inquieta. Avrebbe voluto chiamare Pai e farci pace, magari (anche se era certa che per l’alieno non avevano litigato, perché infondo, aveva fatto tutto da sola) ma Pai nona aveva un cellulare e per contattarlo avrebbe dovuto chiamare Keiichiro o Ryou e non le andava proprio.
-Pazienza- si disse –Ci parlerò domani.
 
Il giorno dopo, però, non ci parlò.
Pai rimaneva sulle sue, salutandola appena e scomparendo quasi subito.
“Che sia arrabbiato?”
Strinse la scopa in mano, spazzando il pavimento con forse troppa foga “Non può essere arrabbiato” si disse “E’ stato lui a insultarmi, ieri” pensò agitata.
Eppure si fece sera, e Pai non tornò.
In comune accordo, il gruppetto aveva deciso di uscire per prendere un po’ di aria e Retasu si era fatta coinvolgere, anche se avrebbe declinato l’invito con piacere.
Mentre passeggiavano per le vie del centro, Kisshu le si avvicinò, prendendola per la vita e facendola rallentare, in modo da appartarsi con lei –Che è successo? - domandò a bruciapelo, squadrandola con gli occhi grandi e dorati.
Retasu arrossì sotto lo sguardo del verde –In… che senso?
-Non fare la finta tonta, Retasu. Pai è nero, ieri sera ci ha maltrattato tutti facendo il tiranno- le disse ma non era serio visto il tono sarcastico.
Retasu abbassò il capo, mortificata –Abbiamo… litigato. Credo.
-Credo. È fantastico. Anche io vorrei credere di non litigare con Minto ogni giorno- la schernì, facendola arrossire ancora.
Kisshu ridacchiò e mollò la presa –Senti, qualunque sia il problema, lascialo. È un manichino, rigido e formale.
-La…lascialo?
-Ma sì. Se il problema è che non riesce a gestire il rapporto, non ha senso continuare, credi?
Retasu sbatté gli occhi, incredula -Non riesce a… Kisshu, ma hai parlato con lui?
L’alieno assunse una finta aria contrita –Oh, miseriaccia. Ho parlato troppo- le batté una mano sulla spalla –Vedi, Retasu-chan, Pai è… contorto- questa volta la guardò con più serietà –Non è entrato nei particolari ma qualunque cosa tu gli abbia detto lo hai spiazzato, e alla grande. Lo hai prevaricato.
-Io non ho prevaricato nessuno- protestò, pensando che Kisshu esagerasse.
 Kisshu mosse l’indice in segno di diniego –Ts ts ts ts. Tu credi. Pai è un maniaco del controllo, lo è sempre stato fin da lattante. Scommetto che ha le mutande ordinate per colore, sempre che non le abbia tutte a tinta unica.
Retasu arrossì per il commento e sbuffò –Io volevo solo… parlare.
-Forse è più un tipo fisico- scherzò, facendole appannare gli occhiali dall’imbarazzo. Ghignando, Kisshu concluse –Retasu, Pai prima di fare una mossa ci pensa una vita. Dagli tempo, magari si calma- le diede un buffetto sulla fronte –E non fare quella faccia che ti vengono le rughe.
-Kisshu, la smetti di infastidire Retasu? - la voce di Minto arrivò tirannica e Kisshu sospirò, rassegnato
-Quale magro destino mi attende… arrivo colombella!
-Kisshu- Retasu bloccò il ragazzo e disse –Io… vado a casa… dillo agli altri…
Retasu fissò il verde arrivare dalla ballerina ghignando. Le diede una botta del sedere che gli assicurò un pugno in testa e sospirò.
Per tutti sembrava facile. Ovviamente, il ragazzo psicolabile capitava a lei.
 
In realtà non era proprio sua intenzione andare a casa. Sperava di trovare Pai al Caffè così magari avrebbero parlato e recuperando la chiave di riserva sotto una mattonella del retro, entrò nel locale buio e deserto, sentendo il ticchettio dei suoi passi riecheggiare fra le pareti.
Sapeva che le stanze erano nella parte ovest del Caffè, al secondo piano e si diresse incerta.
Arrivata davanti alla stanza di Pai prese un respiro profondo, e bussò.
Non ricevette alcuna risposta e riprovò, chiamandolo ma ancora niente.
Abbassò le spalle “Sarà da qualche parte” pensò sconfitta.
Rimase un attimo dondolante sul posto e decise di tornare indietro, ma avvertì un fruscio alle sue spalle e una mano e un braccio le bloccarono il passaggio, posandosi sul muro davanti a lei.
-Non dovresti andare in giro da sola- sentì dire da quella voce monocorde e piatta –Né tanto meno si va nelle stanze dei ragazzi senza il loro permesso.
Retasu si voltò solo con la testa e vedendo Pai serio e diritto dietro di lei le fece perdere un paio di battiti.
-Ti stavo cercando.
L’altro non rispose, fissandola con i sottili occhi felini.
–Mi hai un po’ spaventato- rise nervosamente –Non è bello apparire alle spalle delle persone.
Il viola rimase sempre zitto, insistendo nel fissarla diritto in faccia, cosa che la mandò in confusione -Pai, vorrei…parlare con te.
Quello non si mosse e Retasu pensò che la stesse studiando con quegli occhi dal taglio esotico che tanto la mettevano in agitazione –Tu mi piaci tanto- disse, con poca convinzione –Ma non so mai cosa pensi tu… non ti capisco, se non mi parli. Ieri mi hai detto che… che sono… bella. E anche l’altra cosa- disse d’un fiato per l’imbarazzo –E… se non te lo avessi chiesto, non me lo avresti mai detto…
-E’ per compiacere la tua vanità o cosa? - ribatté, sempre atono.
Retasu sospirò, sistemandosi gli occhiali –Non sono vanitosa… lo sia. Ma… fa piacere. Ma non è quello il punto. - Si stropicciò le mani –E che tu mi piaci talmente tanto e da talmente tanto tempo che sento… tante cose. Mi… mi piace quando… siamo soli e…- si sforzò di non abbassare lo sguardo, cercando di studiare il viso di Pai per poterne cogliere dei cambiamenti -…Non sono sempre sicura che tu… magari provi quello che provo io.
-La stai buttando sul fisico, allora- concluse Pai e Retasu scosse la testa, sempre più imbarazzata e sentendosi nuovamente stizzita –Non intendevo quello! - protestò con la voce un po’ più stridula –Il punto è che io vorrei stare tutto il tempo con te, stare insieme e… e tu invece no. Ecco.
Pai si massaggiò una tempia –Che devo fare con te- lo sentì dire a voce appena udibile.
-Perché credi che io non voglia stare con te?
Retasu abbassò lo sguardo, sentendosi rimproverare come una bambina e non rispondendo alla domanda, fissando il pavimento.
Pai studiò la ragazza.
Lui non sapeva veramente cosa fare con lei –E se facessi qualche cosa che ti dia fastidio? - le disse d’un tratto.
Retasu lo guardò timidamente, ma si sentì un po’ confusa perché non capiva esattamente dove volesse andare a parare Pai –Te lo direi…
-Sei troppo buona, non lo faresti per non ferire i miei sentimenti- disse, storcendo la bocca in una smorfia.
-Lo farei, invece perché… dobbiamo stare bene in due, no? - domandò sorridendo timidamente.
Retasu giocherellò con la sua maglia –Se tu mi dicessi quello che pensi, magari potrei capirti meglio… sei bravo a non dire le cose.
Pai si prese il suo tempo, guardandola in viso per almeno un minuto buono e poi disse -Mi sento confuso quando sono con te.
La frase di Pai le fece alzare il capo, incrociando lo sguardo serio e indagatore dell’altro
–Con…fu…so?
Pai annuì –Non esattamente come comportarmi con te- ammise –Non l’ho mai saputo.
Retasu gli afferrò una mano e si scambiarono uno sguardo –Ma… è una confusione che… va bene, credo…
Pai la baciò con veemenza, stringendola a sé e Retasu mugugnò contro la sua bocca.
Si allontanarono quando non ebbero più fiato e Retasu rimase con gli occhi chiusi qualche attimo.
-Vuoi andare dagli altri? Uscire?
C’era tensione nella voce di Pai, che Retasu riuscì a percepire lievemente grazie alla stretta soffocante dell’abbraccio del ragazzo.
-No. Vorrei stare con te.
La frase presentava tante sfaccettature che era impossibile non perdersi nei suoi significati più vari.
Pai le accarezzò una guancia e il suo cervello ci mise un po’ ad elaborare la nuova informazione.
Era sempre Retasu, quella timida che arrossiva ad ogni bacio o commento stupido, quella che gli parlava con quei grandi occhi?
Retasu aveva il viso congestionato ma non abbassava lo sguardo e lo fissava diritto negli occhi con la stessa sicurezza che l’aveva marchiata nella sua mente anni addietro, quando scontrarsi con lei era peggio che subire l’ira di Deep Blu.
Pai la baciò ancora, un contatto più lieve e tenendola sempre stretta.
-Ti porto a casa quando vuoi- mormorò sulla bocca ma Retasu gli cinse il petto, puntellando le dita sulle spalle e rispose baciandolo con più slancio.
Lasciando la mano appesa alla maniglia della stanza solo un attimo, e poi entrò. Pai le sfilò gli occhiali dal naso, li poggiò sul comodino e la guidò verso il letto, stringendola a sé e lasciando che le carezze si facessero più lunghe e lente.
Retasu boccheggiò –A…aspetta- annaspò contro la sua bocca.
Pai non sembrò averla sentita e Retasu si scostò un attimo.
-Non… io….- divenne talmente tanto rossa da fargli pensare che le stesse per venire un colpo.
E si diede subito un idiota.
Retasu era troppo… troppo timida per pensare a quello.
-Non... intendevi?
Retasu scosse la testa, abbassando lo sguardo –Scusami, io…. Sono stata… non ...ooooh che vergogna! - Si coprì il viso con le mani, e Pai sentì varie sensazioni invaderlo.
Imbarazzo, vergogna, ilarità.
Pai rise, coprendosi la bocca con una mano e sentendo le spalle scosse dalle risate forti.
-E io che mi sono arrovellato il cervello una notte!
Retasu si sentì sprofondare nella vergogna, ma Pai la strinse a sé, ridendo ancora e baciandole la testa.
-Mi hai fatto prendere un colpo, ieri.
-Non pensavo avessi… frainteso- mormorò –Cioè, non che tu non sia… che io non… però…però…
Pai scosse la testa divertito –Ho capito, ho capito- la rassicurò –Dicevo io… troppo avventata la ragazza- le fece sarcastico, massaggiandosi gli occhi con indice e pollice e trattenendo una risata.
-Non prendermi in giro ora- protestò debolmente lei.
-Scusami- le disse dopo un po’ di silenzio –Ma tu mi dici che vorresti stare con me, che non vuoi andare a casa e…
-Va bene! Va bene! – Retasu gli poggiò una mano sula bocca, zittendolo e guardandolo con stizza –Da oggi starò attenta a tutti i possibili doppi… sensi!
Pai scosse la testa ridendo e l’abbracciò con dolcezza e Retasu si lasciò cullare, mentre pian piano l’imbarazzo passava.
-Non può essere stato per tanto tempo- le sussurrò dopo tanto tempo.
Retasu lo guardò in viso, non sentendosi molto lucida e stringendo lo sguardo per poterlo osservare bene.
Gli occhi di Pai erano come pozze profonde e inesplorate. Aveva desiderato poter parlare con lui, capire cosa lo tormentasse e perché fosse più aggressivo dei suoi fratelli verso la razza umana.
Era un soldato, una macchina da guerra mandato per riportare il proprio popolo alla gloria e lei per quello lo aveva ammirato, prima.
Poi la cosa era cambiata, il sentimento nei confronti di quell’alieno erano mutati tanto da farla stare male perché, lo sapeva, non era giusto: c’era di mezzo la salvezza di due popoli e lei che faceva? Si prendeva una cotta per il nemico.
Lo aveva dimenticato, ci aveva sperato, ma i tre Ikisatashi erano tornati nelle loro vite e con loro, i sentimenti repressi.
Retasu gli cinse il volto con le mani chiuse a coppa e lo studiò in viso.
Gli occhi ametista la scrutarono, toccandola più in profondità di quanto avrebbe potuto fare fisicamente.
Pai… era una pietra grezza. Era tutta una facciata, la sua, un modo di essere.
Era sicuro, intelligente, paziente, forte. Il team Mew Mew aveva visto quanto potesse essere spietato (uccidere il proprio fratello era un gesto inumano), cattivo, inarrestabile.
Eppure c’era altro. Se si fermava a scrutare dentro quegli occhi color tempesta, certamente avrebbe visto altro, doveva solo sforzarsi un po’ di più.
Insicurezze, dubbi, ansie.
Amore per la patria, per la propria gente. Rimorso.
Pai era umano tanto quanto lei ed era fatto di carne, sangue ed ossa. Non era spietato, non era cattivo. Era stato solo un ragazzo gettato dentro qualche cosa che non era riuscito a gestire, come lo era stato per le e le sue amiche.
-Ti sei imbambolata- le disse, scimmiottandola.
Retasu gli accarezzò le guance ruvide di barba non fatta e sorrise timida.
Pai si era rilassato e gli occhi avevano una sfumatura diversa, più… viva.
-Cosa c’è? - domandò Pai con voce piatta.
Retasu scosse la testa e sorrise timida –Pensavo a… come sei.
Piegò la testa di lato –Come sono?
Retasu arrossì, sentendo l’eccitazione sfiorarla e boccheggiò –Sei… umano. In senso lato.
Pai sbarrò gli occhi, non sicuro di aver capito bene.
“Umano in senso lato”.
Si morse l’interno della guancia, palesemente divertito e Retasu lo fissò confusa –Che… cosa ho detto?
L’alieno le sfiorò la tempia con le labbra e trattenendo una risata roca e bassa.
-Pa…Pai?
-Non… non ti capirò mai, Retasu.
La ragazza avvampò –Ho detto qualche cosa di stupido?
Pai scosse la testa –No. Non lo fai mai.
 
Fine Flash Back
 
Pai si affacciò alla porta della camera da letto, vedendo Ariel seduta accanto a Retasu che le parlava con voce sottile e dolce mentre le accarezzava la testa.
Lui e Tadashi sbirciavano curiosi di sapere cosa stesse dicendo Retasu, ma percepivano solo qualche parolina.
-Pa’…
-Sì, Tadashi?
-Perché la gente prende il giro Ariel?
Pai gli scompigliò i capelli –Perché la gente ogni tanto è un po’ cogliona. E se ripeti la parolaccia, ti stacco la lingua.
Tadashi ridacchiò divertito –Mia sorella è bella- disse orgoglioso –Sai che devo spaventare i ragazzi che si vogliono dichiarare a lei? – lo informò, con sguardo serio e duro molto simile al suo.
Pai studiò il figlio –Cosa fai?
Tadashi annuì –Sì. Se non stessi attento, Ariel avrebbe almeno una dichiarazione a settimana.
Pai si chiese se il figlio fosse assolutamente geniale o incredibilmente stupido.
Tadashi era un fratello affettuoso, nonostante fosse dispettoso e irruento e si sentì solidale al figlio che difendeva la sorella anche dagli ammiratori, ma vedendo la cosa dal punto di vista razionale, sapeva che probabilmente l’isolamento di Ariel era dovuto anche al comportamento di Tadashi.
Pai si inginocchiò davanti al figlio e cominciò con voce piatta –Da oggi in poi aiuta Ariel contro i bulli, non gli ammiratori. Intervieni solo se vedi che assomigliano a… zio Kisshu. Va bene?
Tadashi lo fissò confuso –Perché come zio Kisshu?
-Fidati.
Furono interrotti dalle due donne di casa che aprirono la porta della camera –Che fate qui? - domandò dolcemente Retasu.
-Niente…- Tadashi aveva assunto una espressione contrita e prese la sorella per mano –‘notte… andiamo a finire i compiti- e la trascinò nella loro stanza.
Pai si alzò e Retasu gli cinse il petto –Come è andata? - domandò il marito.
Retasu strinse le spalle –E’ un po’ spaventata. Domandi chiamo la scuola.
-Bene.
Pai pensò se svelare a Retasu gli intenti protettivi del figlio maggiore, ma desistette.
-Ariel ti somiglia molto- disse dopo un po’ Retasu.
-Stavo per dirlo io a te.
Retasu scosse la testa –No. È molto giudiziosa ma se non ha il controllo della situazione va in panne.
Pai storse la bocca –E’ una specie di insulto, signora Ikisatashi?
-No, signor Ikisatashi. Ti sto solo descrivendo- rispose divertita.
-Mh.
-Tadashi è dispotico, calcolatore, presuntuoso come te, mentre Ariel ha la tua stessa mania del controllo e adora tutte le cose macchinose.
-Mi pare ci fossi pure tu quando li abbiamo fatti, i figli.
Retasu arrossì appena, sorridendo divertita –Ho sbiaditi ricordi del parto, ammetto.
Pai sospirò e ricordò uno stralcio di conversazione tenutasi dieci anni prima.
 
Inizio Flash back.
 
Non credeva potesse essere così felice. Era una sensazione strana, come fosse stato trasportato col corpo altrove. Eppure teneva in braccio quell’esserino dalla pelle chiara, radi capelli viola e i pugnetti vicino al viso.
-A chi somiglia, secondo te? – Retasu.
Pai studiò attentamente la creaturina –Ancora è presto- le disse –Ma spero a te.
La bimba aprì gli occhi e sorrise a Pai, mostrando le gengive e mostrando i suoi occhi ametista.
-Meno male che non abbiamo perso il colore dei tuoi occhi- disse la madre –Sarà più facile leggerla.
Pai sbuffò divertito –Povera figlia. Si ritroverà una moralista per mamma- si aggiustò Tadashi piccolo sulle gambe –Già lui mostra i primi cedimenti al male grazie a zio Kisshu.
-Per questo devo intervenire prima- scherzò lei.
-I nostri figli passeranno al lato oscuro per disperazione.
Retasu gli diede un buffetto sul braccio –Spiritoso.
 
Fine Flash Back.
 
Pai tornò alla realtà quando Retasu era già in camera da letto.
Studiò la moglie con attenzione e richiuse poi la porta dietro di sé mentre cominciava a spogliarsi –Per essere corretti- cominciò –Ariel è pratica nelle relazioni umani tanto quanto te- l’apostrofò con sarcasmo –E Tadashi mostra spiccate qualità nel mettersi nei guai.
Retasu gli schiacciò l’occhio –Quello lo prende da zio Kisshu.
Pai rimase con la maglia in mano, pensandoci un attimo –Sì, hai ragione.
 
Note
(*) Storia ambientata ovviamente post guerra, quattro anni dopo il progetto.
(**)http://www.angolopsicologia.com/2011/06/memoria-eidetica-un-caso-straordinario.html
(***) è la festa della fioritura dei ciliegi
 
**

Un parto.
Questa os è nel mio pc da quasi un mese, ormai, da quando mi ero prenotata nel forum X°D
L’ho tipo letta e riletta decine di volte, aggiungendo e togliendo pezzi e non ero mai molto soddisfatta (chi lo è mai di ciò che crea?) e poi ho pensato seriamente a come “ametista”, inteso da me come il colore di occhi di Pai, potesse essere una differenza. Dall’alto dei miei anni, ricordo che Tokyo Mew Mew è stato un anime/manga basato molto sua ecologia (salviamo il pianeta, ok Masaya sta sulle scatole a quasi tutti, ma non aveva torto) e sul pregiudizio, razzismo, xenofobia (guardatela con gli occhi di una vecchiaccia, ve ne prego. Ho la mia età).
La figurina di Ariel, già usata in un’altra mia os, mi sembrava “perfetta” come “vittima di bullismo”, un po’ come la madre da giovane (ricordiamoci il trio di amiche di Retasu a inizio stagione).
Le nostre debolezze partano da noi, da un nostro cruccio e poniamo tanto l’accento sul problema che gli altri lo notano (Magari Ariel dava troppo importanza alle caratteristiche non umane che sono risaltate più del dovuto), un po’ come nella metafora di Uno, Nessuno e Centomila (per chi non lo abbia letto… correte!).
La ficcy non voleva solo mostrare come sarebbe potuto essere una storia romantica fra Retasu e Pai (ormai penso che chiunque sappia il mio amore per questi due XD), ma appunto un superamento di barriere, un accettarsi, amarsi, che parte prima da se stessi e poi dagli altri (e fra tutte le Mew Mew, Retasu è quella con meno preconcetti, siamo sinceri, che piaccia o meno come pesonaggio XD).
Tutto è nato “grazie” alla lista di
Merion Selene in Un prompt per le Mew Mew, e fra tutte le paroline, questa è stata quella che mi è saltata più all’occhio, portandomi a pensare forse un po’ troppo (il criceto del mio cervello protesta XD tra esami, ff e altro mi sta per abbandonare).
Credo che il contest possa aiutare a smuvoere un po’ la situazione del fandom =3 forza ragazzuole, una volta era pienissimo X°D
Bene, ho blaterato abbastanza, dopo 20 pagine di os e tutto questa conclusione/spiegazione.
Un abbraccio, 

 
Danya
   
 
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