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Autore: Girasolerossofuoco    20/06/2015    3 recensioni
L'accademia di Pandora non è una normale scuola superiore, il suo obiettivo è creare persone capaci di ottenere un contratto colle Chain e di diventare così guardiani della città. Nel cammino che porta gli studenti a diventare difensori della città, la vita e le passioni si intrecciano. C'è Gil che è sempre stato convinto di amare il suo padroncino, ma qualcosa lo sorprenderà. Xerxes e Sharon che si amano, ma non osano dichiararsi a causa della loro differenza di classe. Elliot che odia se stesso per essere attratto dai ragazzi e sopratutto da uno in particolare. Vincent è ossessionato dal fratello, ma un'altra persona riuscirà a curarlo? Echo è una ragazza timida e maltrattata, segretamente innamorata di un suo compagno di classe. Qualcuno però trama nell'ombra; la realtà é come appare?
Genere: Erotico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Alice, Gilbert Nightray, Un po' tutti, Vincent Nightray, Xerxes Break
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La sveglia trillò, destando il giovane Gilbert. Quella mattina sarebbe stato il suo primo giorno di scuola dell'ultimo anno. Gli sembrava strano che il tempo fosse passato così velocemente, eppure doveva ammettere che si era divertito. 

Si alzò e massaggiò un po' gli occhi, poi si diresse verso il bagno. Nel corridoio incrociò la camera di Oz. Oltre la porta, un suono fastidioso continuava incessantemente a echeggiare. "Come fa a non destarsi," pensò.

Evitò di bussare, tanto se non udiva la sveglia a pochi centimetri da lui, sicuramente non avrebbe sentito le sue nocche battere conto il legno. 

In camera regnava la calma più assoluta. Le tende, semi socchiuse, lasciavano filtrare qualche filo di luce dorata, mente nel letto enorme dormiva il suo piccolo padroncino. Si avvicinò piano, il suo viso era disteso e tranquillo. Non riuscì ad opporsi all'impulso di chinarsi e, scostandogli qualche ciocca, baciargli la fronte. Oz si accigliò un poco, ma prima che potesse aprire gli occhi, Gil era già fuori dalla stanza.

Continuava a tormentarsi le labbra, esse bruciavano come se gli avesse dato fuoco. 

Si fiondò in bagno, col cuore che ancora palpitava per il contatto con la fresca pelle del suo padroncino. Era talmente perso nei suoi pensieri da non rendersi conto che qualcuno già occupava quella stanza. 

Alice si insaponava la testa, mezza assonnata e canticchiando, con lo sguardo rivolto verso la finestra. Non si accorse dell'intrusione e continuò con la sua attività, distrattamente. Passò le dita dietro le orecchie, emettendo piccoli sospiri. 

Gilbert rimase ad osservarla come incantato. I movimenti di lei erano lenti, esasperati, come se si stesse esercitando a sedurre qualcuno. Prese un po' di bagno schiuma e posò un piede sopra il bordo della vasca. Si deterse le dita, per poi salire alla caviglia, al ginocchio, alla coscia, infine arrivò lì, proprio in quel punto. 

I gesti delicati della ragazza, gettarono il Nightray nel panico. Per l'imbarazzò, si lanciò oltre la porta, chiudendola, più o meno rumorosamente, dietro a sè. Cosa lo aveva spinto a spiarla in silenzio? Non aveva mai visto una donna nuda, probabilmente si trattava di banale curiosità. Corse dall'altra parte di palazzo Vessalius, per occupare l'altro bagno, sperando che questo fosse libero. Esultò quando scoprì di non essersi sbagliato. Si lanciò sotto la doccia e cominciò a passare la spugna su ogni centimetro del suo corpo. Aveva compiuto due azioni stupide nel giro di poche ore e la giornata era appena iniziata. 

Doveva fumare. Una sigaretta in bocca avrebbe tranquillizzato la sua mente e il suo corpo. Cosa gli stava succedendo? Lanciando un'occhiata allo specchio, notò un ragazzo rosso come un peperone. Odiava avvampare in tal modo, così non dava la possibilità di nascondere i propri sentimenti. 

In sala da pranzo, tutto era come al solito. La cameriera lo salutò con un leggero inchino.

"Buongiorno, Gilbert-kun."

Lui accennò un saluto con la testa, non voleva essere scortese, ma la voce era ancora rotta per l'imbarazzo. Ci metteva un po' prima di smettere di rimuginare sopra ogni cosa, anche la più stupida. 

Alice era china sul piatto, intenta a divorare una coscia di pollo. 

"Ehy, testa d'alga!" Questo era il modo con la quale era solita salutare il povero Gil, che per il disagio gemette, con gli occhi sbarrati.

"Ti sei bevuto il cervello? Già ne avevi poco..." La giovane si sorprese dalla mancanza di reazione del moro. Gonfiò le guance per l'irritazione, ma poi decise che sopperire ai morsi della fame fosse più urgente di infastidire quello scemo, così afferrò una nuova coscia di pollo. Anche se la cuoca cucinava quella montagna di carne solo per lei, di solito Gilbert la rimproverava quando si ingozzava senza ritegno (quindi tutte le mattine). In quel momento però lui si limitò ad osservarla con un viso paonazzo. Alice si chiese cosa frullasse nel cervello di quella testa d'alga, poi però fece spallucce e continuò a divorare il volatile. 

Gilbert sbocconcellò un uovo fritto e mandò giù, a fatica, qualche sorso di caffè. Nonostante l'appetito, il suo stomaco era in subbuglio. Si sentiva strano e imputò quel messere alla visione mattutina di quello stupido coniglio. Non credeva possibile che fosse così sensibile al nudo femminile, invece quell'immagine l'aveva scioccato; perché? Lei era sempre stata la sua nemica, colei che voleva portargli via il suo preziosissimo Oz, perché ora continuava a guardarla e provava l'istinto di asciugarle il sugo, che le fuoriusciva agl'angoli della bocca, con la sua lingua? 

Sussultò quando una mano si posò sulla sua spalla. Si girò di scatto e vide il dolcissimo sorriso del suo padroncino, pronto ad augurargli il buongiorno.

"Cia..." Al posto della bocca aveva una moquette, la saliva era del tutto assorbita. Guardò il signorino con tale disperazione da sembrare un cane bastonato.

"Tutto bene Gil? Non mi dire che hai paura del primo giorno di scuola!" 

Il moro scosse la testa e nascose la faccia tra le mani. 

"Dai, Oz, andiamo!" Alice, con il suo solito tatto, prese il biondino sottobraccio, per portarlo via dalla stanza. Sperava in questo modo di aizzare Gilbert, ma egli rimase immobile, imbambolato come se vivesse in una dimensione parallela.

"Che gli hai fatto?" Rimproverò.

"Niente!" Sbottò l'amica. "È tutta la mattina che è più strano del solito!" Cercò di trascinarlo via. Non le importava che quella testa d'alga rimanesse ipnotizzata su quella sedia per l'eternità, voleva arrivare a scuola in orario. "Sù, lasciamolo qui," propose. 

Oz però era preoccupato per il suo amico e così resistette alle pressioni della ragazza. "No, Alice, non possiamo abbandonarlo in questo stato!" 

"Sì che possiamo!" Poi sbuffò, esasperata. "Va bene, lo aiuto io. Sharon-chan mi ha spiegato come rallegrare gli uomini," riferì tronfia e, per accentuare ancor di più la soddisfazione che provava nel saper far qualcosa di così straordinario, posizionò i pugni sui fianchi e alzò il mento.

Oz era sbalordito e incuriosito, desiderava constatare se ciò che aveva appena dichiarato la ragazza fosse vero. "Va bene, prova." La esortò. 

Alice prese un gran bel respiro e si avvicinò a Gil, gli strattonò i polsi per allontanarli dal viso poi si sporse a mordergli la guancia. 

Questo, percependo il pericolo, urlò per lo spavento e cercò di sottrarsi dalla "alice-cura", ma non ebbe tempo, riuscì solamente a sbilanciarsi dalla sedia e crollare a terra, trascinandosi la ragazza dietro. Il cuore del Nightray palpitò come un treno in corsa, il peso di quello stupido coniglio lo schiacciava al pavimento, non poteva muoversi e la guancia gli doleva parecchio, sopratutto perché nella caduta non aveva mollato la presa. Gli occhi si riempirono di lacrime, cosa gli stava succedendo? Perché trovava così piacevoli le gambe semi nude della ragazza mentre gli cingeva il fianco? 

La guancia salva era spiaccicata contro il marmo del suolo. Non aveva il coraggio di voltare la testa, così vide due piedini avvicinarsi.

"Tutto bene, ragazzi?" Ada era appena entrata in sala da pranzo e osservava divertita la scena. Per lei quel mattino sarebbe stato il primo giorno all'accademia di Pandora. Era stato l'orgoglio di tutta la famiglia Vessalius avere un altro studente ammesso. 

Gilbert annuì. Poi alzò gli occhi al cielo, involontariamente la sua attenzione finì alle mutandine rosse della ragazza che si intravedevano dalla gonna a pieghe. 

Tornò nuovamente rosso come un peperone. Per fortuna lo salvò Oz, che staccò Alice dalla sua guancia. Libero di scappare, prese quasi la fuga, ma Ada lo trattenne per un braccio. "Gilbert-kun ci accompagni a scuola?"

Gli altri due urlarono un "sì" all'unisono e fu così che uscirono tutti assieme. 

"Ehy, Gil, lo sai che a me puoi dire che succede," mormorò Oz, allungando il passo e raggiungendolo.

Lui si limitò ad annuire. Era troppo a disagio per tutti gli eventi del mattino per poter spiegare cosa gli frullasse per la mente. Prima l'impulso di baciare Oz, poi la vista di Alice al bagno e infine le mutandine di Ada, tutto l'aveva sconvolto senza che potesse trovarne la ragione. Sopratutto Alice, perché non riusciva a togliersi dalla testa l'immagine di lei che si insaponava? 

"Ne parlerò con Xerxes-kun, lui sa sempre tutto," meditò, guardando l'orologio. Un altro groppo gli salì alla gola: erano quasi le 8 e venti, mancavano dieci minuti e sarebbe suonata la campanella.

"Dobbiamo sbrigarci!" Esclamò. Gli altri lo imitarono e ripeterono a ruota la stessa frase, qualcuno aggiunse: "com'è tardi! Poveri noi, poveri noi, è tardi!" 

Gilbert allungò un braccio per prendere per mano il padroncino, così che lo aiutasse a correre meglio, date le sue gambe corte, ma Alice lo precedette e, issandoselo su una spalla, cominciò a correre a perdifiato. Quella ragazza aveva una forza disumana e, di solito, le conseguenze di tale dote ricadevano sul povero Gilbert. A quest'ultimo comunque non rimase altro che aiutare la piccola Ada. Lei divenne tutta rossa quando lui si apprestò ad aiutarla, ma con tanto coraggio afferrò quella mano ed insieme cercarono di raggiungere l'altra coppia. 

 

Xerxes e Sharon attraversavano la città su una carrozza di legno chiaro. La mattina Reveille era sonnolenta ma caotica allo stesso tempo. Stanco di spiare gli uomini e le donne mezze addormentati che come zombie cercavano di raggiungere il posto di lavoro, il ragazzo chiuse le tendine e appuntò lo sguardo sulla sua compagna. Era bella come al solito, anzi oggi le sembrava ancora più bella, cosa che accadeva, a dir la verità, ogni mattina.

“Siete riuscita, signorina Sharon a decidere quale sia il vostro colore di capelli?” Si riferiva alla conversazione che li aveva tenuti impegnati tutta la sera prima, lei sosteneva di aver i capelli color ocra, mentre lui aveva provato a convincerla che li avesse biondi, coi riflessi pesca. In effetti si era sempre chiesto quale fosse la vera tinta della sua principessa, sospettava che si tingesse di tanto in tanto.

“Li ho del colore della sabbia,” rispose risoluta. Poi, con estrema grazia, aprì un ventaglio di pizzo nero e cominciò a sventolarsi. Nonostante la divisa scolastica fosse un abito più confortevole, e sicuramente più fresco, di quelli che era solita portare, il caldo dentro la carrozza era al limite del sopportabile.

Break si liberò della giacca e la lanciò con poca grazia dall'altra parte del sedile, poi si sfilò quello stupido papillon che non gli permetteva di respirare bene e continuava a insudiciargli il collo di sudore. La signorina Rainsworth aveva gli occhi a forma di una perfetta 'o' e la bocca semi dischiusa.

“Ho caldo,” si giustificò. Essere osservati in quel modo da lei, gli ribolliva il sangue. Aveva passato diverso tempo a lavorare su se stesso per sopire l'attrazione che provava per lei, ormai era quasi indifferente pure alla porzione di coscia che si intravedeva tra la gonna e le calze della divisa, eppure quando lo fissava così non riusciva a controllarsi. Le mani gli tremarono un poco, si slacciò il primo bottone della camicia. L'aria divenne un po' più respirabile, nonostante sentisse addosso, come una carezza sulla pelle, lo sguardo della ragazza.

“Quest'anno ci sarà l'esame finale,” annunciò Sharon, per distendere la tensione che si era creata. “Sai già quale Chain riuscirai a controllare?”

“Se ci riuscirò,” mormorò. Alla Pandora High School, l'esame dell'ultimo anno, ovverosia il settimo, consisteva nel provare a contrattare con una Chain, cioè una di quelle creature di natura sconosciuta che di tanto in tanto attaccavano il paese. Non si era ancora capito da dove venissero, ma non erano di certo umane. Alcuni sostenevano che fossero demoni dell'inferno, altri degli extraterrestri, in ogni caso era certo che attaccavano la città e l'unico modo di combatterli era utilizzare i loro simili. Gli umani che stipulavano un contratto con queste creature si impegnavano a difendere la città e a catturarne di nuove per poi poterle consegnarle alle nuove generazioni. Chi veniva considerato meritevole dal consiglio supremo di Pandora, era ammesso all'accademia e dopo sette anni si provava a legarsi ad una Chain. Non tutti gli studenti però riuscivano nell'impresa. I requisiti per entrare alla Pandora high school erano piuttosto misteriosi.

"Onee-san," lo chiamò Sharon, per ridestarlo dai suoi pensieri. 

"Sharon-sama, in quest'anno scolastico compirete diciott'anni," asserì a denti stretti. Sulla carrozza calò un silenzio opprimete, entrambi conoscevano il vero significato di quelle parole. Una volta maggiorenne, la duchessa avrebbe cominciato a cercarle un marito e entro qualche anno si sarebbe sposata. Era sicuro che un eventuale marito non avrebbe mai accettato la presenza costante, e a certi tratti equivoca, di Xerxex. Nessuno avrebbe accolto nella sua casa un ragazzo disperatamente innamorato della propria moglie.

La Rainsworth agitò ancor di più il ventaglio, nel tentativo di levar via la tensione. "Chissà, magari incontrerò un principe azzurro," sogghignò nervosamente.

Break annuì e si lasciò andare sul sedile. Poi voltò la testa, nascondendo così, alla vista della compagna, gli occhi lucidi e allungò una mano verso la tendina. La scostò. La città, anche se aveva cambiato leggermente lo stile artistico -si stavano avvicinando al centro e i palazzi erano più riccamente decorati-, era sempre la solita: persone che camminavano a passo lento, carrozze che sfrecciavano di qua e di la, ragazzi portati sulle spalle di fanciulle... Xerxes sobbalzò. "Quello non è Oz?" Chiese divertito a Sharon, mentre si scostava un po' per permetterle di guardare pure a lei.

"Sì," affermò con un sorriso. 

Nel frattempo il biondino si dimenava, voleva essere messo giù, ma Alice non sentiva ragioni e continuava imperterrita nella sua corsa.

"Saranno in ritardo, li invitiamo a salire su?" Domandò Xerxes. Per qualche secondo i due si guardarono intensamente negli occhi, poi scoppiarono a ridere.

"No, lasciamogli fare un po' di ginnastica mattutina!" 

 

"Elliot, la pianti di tenere quel visino corrucciato?" Chiese Vincent, piantandogli una mano in faccia.

"Sono fatto così," rispose, cercando di staccare le dita del fratello. 

"Signorino Nightray, dovrebbe parlare con più garbo," lo ammonì Leo, non staccando gli occhi dal libro di matematica. 

"Sembri arrabbiato col mondo, ma il mondo è così bello, non è vero, piccola Echo?" Con la mano libera, Vincent accarezzava svogliatamente la testa della ragazza, che le era seduta sulle gambe. 

"Si, Vincent-Sama." 

"E tu dovresti tagliarti quell'orribile frangetta. Non sono mai riuscito a vederti gli occhi, ma ti rendi conto?" Elliot si rivolse a Leo, ignorando del tutto il fratello. Molte notti, era sgattaiolato in camera del suo servo per scostargli i capelli dalla fronte, ma non aveva mai avuto il coraggio di compiere quel gesto. Non che fosse utile, in fondo, non avrebbe potuto scorgere il colore delle iridi, tuttavia era sempre stato curioso di sapere quale aspetto avesse il suo viso.

Il moro lo ignorò, concentrandosi ancora di più sulla lettura. Era sua intenzione continuare ad essere il primo della classe, quell'anno.

“Sarete in classe col duca Vessalius e la duchessina Rainsworth,” comunicò ai presenti Vincent. “Credo che ci sarà da divertirsi. Come sono quei due a scuola?” Chiese ad Echo, la quale era già negl'anni scorsi assieme ai ragazzi sopraccitati.

“Sono bravi, a parte Alice, lei non ha voglia di studiare.” rispose apaticamente la piccola Echo. A lei stavano simpatici e avrebbe pure voluto accettare la loro amicizia, che con tanta solerzia avevano cercato di ottenere, se non glielo avesse vietato Vincent.

“Bene, da oggi dovrai frequentarli,” ordinò il biondo.

La ragazza sussultò un poco e le brillarono gli occhi, aveva udito veramente tali parole? Lui le stava dando il permesso di stringere amicizia con Oz-sama? Oppure era tutto calcolato e vi era un qualche strano disegno dietro? Non riusciva a capire il suo padrone e sospettava che fosse affetto da qualche forma di pazzia, altrimenti non si spiegava i suoi bizzarri comportamenti. A volte era il ragazzo più dolce del mondo, la coccolava, la pettinava e le sussurrava dolci parole all'orecchio; altre invece si trasformava nel mostro che la picchiava e la violentava psicologicamente. Aveva due personalità, ad Echo piaceva enormemente la versione tenera, ma odiava con ancora più forza quella crudele.

 Quando lo aveva conosciuto, per la strada, sembrava un angelo salvatore. Si era avvicinato a lei e le aveva offerto una rosa nera. Nonostante la bizzarria del regalo, a lei era piaciuto, era il primo vero dono che aveva ricevuto in tutta la sua vita. 

"Vuoi venire con me?" Le chiese, non aggiunse altro, così lei pensò che fosse solamente uno dei tanti clienti. Invece si rivelò essere una luce in un mare di tenebre. La sfamò, la vestì, le diede un posto dove dormire e a cui appartenere; le propose una ragione di vita e lei vi si aggrappò, felice di poter cambiare la sua esistenza. Poi però aveva cominciato ad intravedere i segni della sua pazzia. Qualche mattina restava chiuso in camera e con le forbici distruggeva tutto quello che poteva tagliare. Dopodiché era arrivato il giorno in cui le aveva alzato le mani. Non ricordava per quale motivo avesse meritato quelle botte, ma le si era spezzato il cuore. Dopo averla malmenata, però si era avvicinato a lei e si era messo a piangere, urlando e chiedendo di perdonarlo. L'aveva stretta tra le braccia, dalla quale lei desiderava solo che scappare, e non la lasciò per tutto il pomeriggio. 

Non aveva mai pensato seriamente di andare via dalla casa Nightray, d'altronde non aveva alcun posto cui tornare, se non forse dal vecchio pappone, ma preferiva le botte e gli insulti saltuari di Vincent-sama, piuttosto che tornare a prostituirsi, così subiva in silenzio quella tortura, cercando di indispettirlo il meno spesso possibile. Stare al suo fianco era come camminare su un ponte traballante, sai che prima o poi poserai un piede su una tavola marcia e precipiterai giù, solo che non puoi far altro che andare avanti e cercare di non cadere.

"Onee-San! Dovresti smettere di dettar legge a Echo, lei è il tuo servitore non il tuo schiavo," lo rimproverò Elliot, puntandogli un dito contro. 

Echo sussultò, era la prima volta che Elliot-sama prendeva le sue difese, in realtà non era quasi mai capitato che venisse a conoscenza dei folli e inutili piani di suo fratello maggiore. 

Vincent sembrò divertito. Prese il mento del biondino e lo avvicinò a sé. "Tu invece, dovresti mettere una museruola a quella specie di scopino che ti porti sempre dietro (si riferiva a Leo), ha troppa libertà nel parlare e talvolta eccede i limiti imposti dal suo rango." Azzerò la distanza tra loro, posandogli le labbra sull'orecchio destro. "So che ti piacerebbe tenergli la bocca occupata con qualcosa, potrebbe essere un buon modo per fargli capire chi comanda." 

Elliot sussultò e allontanò il fratello da sé. Se avesse avuto uno specchio a portata di mano, avrebbe visto il suo viso arrossire. Come poteva, Vincent, sapere quello che provava per Leo, quando lui, in prima persona, ripudiava quei sentimenti? Lui era un uomo, l'unico vero erede dalla famiglia Nightray, non poteva essere omosessuale, non doveva.

Quando arrivarono Elliot si lanciò fuori dall'abitacolo. Non voleva più subire le provocazioni del fratello, sopratutto perché avevano un fondo di verità. Aveva passato molte notti a sognare proprio quello che Vincent gli suggeriva di imporre al suo servo. Osservando Leo, si capiva, tuttavia, che non sarebbe stato d'accordo e non voleva abusare del suo superiore rango sociale.

Poco distante, si era fermata anche la carrozza dei Rainsworth; la buona educazione costringeva il quartetto ad andare a salutare la duchessina.

“Ciao, Sharon-san,” chinò leggermente la testa e lei gli porse una mano, affinché la baciasse. Ogni volta che le sue labbra sfioravano la pelle liscia e profumata di una femmina, si chiedeva come fosse possibile che preferisse la vicinanza con un ragazzo. Le dita di Leo non sapevano di rosa o di borotalco.

Con la coda dell'occhio, notò Xerxes-kun infastidito da quel gesto. Sicuramente aveva una mente brillante, ma non era molto bravo a nascondere i sentimenti per la sua principessa. Elliot sogghignò, come era bizzarro un amore tra servo e padrona. Non sarebbe mai potuto sbocciare, nessuno avrebbe acconsentito ad una matrimonio con un uomo tanto inferiore.

“Sharon-san, i miei più sentiti omaggi.” Vincent si era intromesso, afferrando, un po' scortesemente, la mano della signorina. “E c'è anche il servitore che non sa stare al suo posto,” aggiunse, rivolgendosi al canuto. Poi gli si avvicinò e gli comunicò qualcosa sottovoce, all'orecchio. Xerxes strabuzzò gli occhi e impallidì. Il biondo esultò, compiacendosi della reazione del suo interlocutore, poi, lesto, voltò lo sguardo ad est e si allontanò, senza informare i presenti delle sue intenzioni.

Elliot avrebbe voluto chiedere al fratello cosa avesse detto a Break, ma non ne ebbe il tempo. Lo seguì con lo sguardo e comprese che si stava avvicinando ad un gruppetto di persone.

Si congedò dalla coppia e si diresse verso i nuovi arrivati. Doveva assolutamente parlare con Oz, era una questione di vita o di morte.

Vincent si lanciò tra le braccia di Gilbert, che contraccambiò il suo gesto con un decimo del suo entusiasmo.

“Nii-san,” continuava a ripetere, mentre gli accarezzava la testa. Il poveretto, oggetto delle attenzioni morbose del biondo, non riusciva a trovare un modo per staccarsi senza offenderlo.

“Ehy, tu!” Salutò Oz. Nonostante potessero definirsi amici, non aveva alcuna intenzione di comportarsi con lui come normalmente si comportano gli amici.

“Elliot-kun, Leo-kun,” li chiamò, agitando energicamente il braccio. “Che bello rivedervi, avete passato una buona estate?”

“Certamente duca,” rispose cortesemente il moro, alzando, per l'occasione, gli occhi dal libro.

Elliot prese per un braccio Oz e lo portò qualche metro più distante. “Devo parlarti,” annunciò concitato. L'altro annuì sorridendo, poi reclino la testa. Quando faceva così, voleva dire che aveva acconsentito ad ascoltarlo.

“E' morto! Hai letto che il vassallo dell'imperatore è morto?” Ecco, finalmente poteva sfogarsi con qualcuno, a nessuno era interessato questo avvenimento.

“Cosa?” Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. “Non è possibile, io ero certo che sarebbe sopravvissuto, ma tu come fai a saperlo?”

“L'ho letto, razza di idiota!”

“Ma se il decimo capitolo è uscito solo la settimana scorsa?”

Il viso di Elliot fu molto eloquente e Oz comprese che il suo amico gli aveva di nuovo anticipato Holy Knight.

“Non è giusto,” protestò. Poi si accucciò a terra e guardò malissimo l'amico. “Non ti parlerò mai più, sei una persona orribile.”

Il Nightray sogghignò. “La verità è che non sai leggere!”

“Piantala!”

“Ehy, come osi trattare così il mio servo!” Alice provò a tirare un pugno ad Elliot, ma questi per puro caso lo evitò.

“Ti sei fidanzato con la signorina Baskerville?” Domandò, alzando un sopracciglio. “Ti piace essere sottomesso?” Conoscendo Oz, in effetti, non si sarebbe sorpreso. Con la coda dell'occhio, vide che Gilbert stava arrivando, trascinandosi dietro il fratello.

“E' possibile che non riusciate a stare lontani da Oz nemmeno per un minuto?” Chiese, un po' indispettito. Ogni volta che parlava col suo amico doveva esserci sempre qualcuno e di solito si trattava di Alice o Gilbert. Possibile che dovesse sempre avere la corte dietro?

Il moro sembrò un po' a disagio, mentre Alice di tutta risposta gli comunicò che egli gli apparteneva ed era dunque suo compito stargli sempre vicino.

Che gabbia di matti,” pensò il Nightray, poi guardò Vincent e si rese conto che quei tre non erano gli unici ad essere fuori di testa. “Forse tutti i nobili sono così,” sentenziò infine.

Ada fu l'ultima ad apparire, si era fermata a parlare con un'amica delle medie che era stata ammessa alla Pandora. “Che succede qui?” La piccola Vessalius era curiosa, ma anche molto timida.

Vincent strabuzzò gli occhi non appena la vide, rimase a bocca aperta per qualche secondo, come se fosse stato fulminato. Anche Ada lo fissò per qualche secondo, poi distolse lo sguardo.

“Signorina Ada, questo è mio fratello minore, Vincent.” Gilbert ebbe l'accortezza di presentare i due, che sembravano a disagio.

“Piacere,” riferì la ragazza, con un grazioso inchino. Gli allungò la mano un po' tremante. Lui continuava ad avere una faccia da ebete, subito non sembrò accorgersi dell'arto teso della ragazza, poi però si ridestò e le sfioro le nocche. “Il piacere è tutto mio,” mormorò.

Prima che Oz potesse chiedere alla sorella spiegazioni circa il suo bizzarro comportamento, arrivò un ragazzo dai capelli amaranto con dei volantini in mano.

“Buongiorno ragazzi, fra una settimana si terrà la festa in maschera di inizio anno.”

“Ciao Cheshire!” Esclamò Oz, tutto felice.

Lui arrossì un po' quando vide la signorina Baskerville. “Buongiorno anche a lei, Alice-sama.” Lei gli rispose con un: “eh?” Dopodiché lo salutò con noncuranza.

“Comunque volevo solo informarmi che il tema scelto per quest'anno sarà il 'moulin rouge' e vi consiglio di sbrigarvi a invitare una ragazza,” aggiunse frettolosamente, a disagio. Scappò subito dopo. L'indifferenza della signorina Alice lo deprimeva, anche se sapeva di essere di rango inferiore al suo.

Tutti i presenti divennero paonazzi a conoscere il tema della festa, tutti tranne Vincent che si mise a ridere e, con sorpresa generale, invitò seduta stante la signorina Ada Vessalius.

“Non pensarci neanche lontanamente,” protestò Gil, ma prima che potesse dire altro la fanciulla acconsentì. Oz rimase imbambolato, incapace di comprendere per quale motivo avesse accettato.

Poi la campanella suonò e furono costretti ad entrare in aula.

 

L'uomo osservava i ragazzi entrare nella Pandora High School. Erano chiassosi ed energici come al solito. Di sicuro non sapevano cosa stesse per accadere da lì a poco. Finalmente era quasi arrivato il tempo di agire, ancora pochi mesi e lei sarebbe tornata. Doveva solo preoccuparsi che tutto fosse filato come aveva pianificato e sarebbe riuscito nel suo intento.

Quando la campanella smise di suonare, il piazzale d'ingresso era vuoto, perciò chiuse le tende. Si diresse verso la poltrona e li vi si abbandonò. A fine anno, la sua arma sarebbe stata carica, doveva solo pazientare ancora un po'. Temeva che i suoi sforzi risultassero vani, per quello avrebbe dovuto vigilare su quel ragazzo, in modo da manipolarlo il meglio possibile.

La porta si aprì lenta.

“E' permesso?” Chiese una voce gracchiante.

“Cosa ci fai qui?”

“Sono solo venuto ad osservare se tutto andasse come desiderato.”

“Sì, è come ci aspettavamo.”

Il nuovo arrivato gioì e batté le mani compiaciuto. “Finalmente, finalmente! Questa terra si coprirà di sangue, fiumi e fiumi di sangue, finché tutti non affogheranno.”

“Datti una calmata, per ora devi ancora restare nell'ombra, Cappellaio.”

 

 

Ciao a tutti! Questa è la prima storia lunga che pubblico su Pandora, spero vi sia piaciuta, nonostante l'introduzione orribile! Pian piano si scopriranno verità nascoste e dolorose, ma proverò anche a fare qualcosa di divertente. Un bacio a tutti <3

   
 
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