Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: Cai_97    21/06/2015    1 recensioni
Post epilogo. Contiene spoiler.
"Avere un figlio significa manifestare un assoluto accordo con l’uomo. Se ho un bambino, è come se dicessi: sono nato, ho assaggiato la vita e ho constatato che essa è così buona che merita di essere moltiplicata."
- Milan Kundera
Katniss infatti non aveva mai voluto avere figli. Ma dopo la morte di sua sorella Prim e l'essere stata testimone delle cattiverie di cui l'uomo è capace, quella era diventata una delle sue uniche due certezze.
L'altra, beh l'altra era Peeta. Il suo uomo, la sua roccia. L' unico in grado di controllarla, calmarla e capirla... Ed anche cambiarla. L'unico che era riuscito convincerla, dopo anni ed anni di rassicurazioni, e preghiere, ad avere figli. Una certezza aveva eliminato l'altra. Katniss si era lasciata convincere, un po' per amore, un po' perché Peeta li desiderava così tanto, ed un po ' perché, in fondo in fondo, vicino a lui, lei si sentiva tanto al sicuro da riuscire ad accettare.
La breve storia racconterà, più dal punto di vista di Peeta che di Katniss, un momento della loro routine dopo la nascita della piccola Primrose.
Per ogni recensione, recensirò una vostra storia.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic

Peeta guardava la sua ragazza cullare la loro bambina. Ora era una donna, una donna forte. Nessuno sarebbe mai più riusciuto ad abbatterla. Nemmeno i suoi incubi.
La delicatezza dei movimenti e gli sguardi che Katniss rivolgeva al loro piccolo erano qualcosa che Peeta avrebbe potuto ammirare per ore. La dolcezza materna con la quale Kat cercava di rassicurare quel piccolo fagottino era agli occhi di Peeta un mistero.
 Il ragazzo si chiedeva come una donna potesse divenire ancora più bella attraversando uno dei dolori più grandi della propria vita.
Ora Katniss aveva tutto un altro sapore. La bellezza della ragazza non si trovava più in quel determinato senso di responsabilità che tanto lo aveva fatto innamorare. Ora c'era dell'altro.
 Davanti a lui si trovava una donna, una madre. Per Peeta era come se Katniss si fosse evoluta in qualcosa di più magico e meraviglioso, e davvero il ragazzo non riusciva a dare una logica a tutto questo. Neanche lui, Peeta Mellark, riusciva a spiegarselo.
Questa era una caratteristica di Peeta, probabilmente la sua principale. Lui era in grado di capire e mostrare le proprie emozioni, e di comprendere come era il mondo, partendo da esse. Ma qui, no. Persino per lui, questo era ancora un mistero.
 Anche se lui, a differenza della sua donna, che lo avrebbe capito molto dopo, aveva compreso che la vita, come l'amore, non ha logica. Che l'unico modo per capirla sia quello di seguire le emozioni, di lasciarsi trasportare dall'istinto.
Ricordava perfettamente la bambina che Katniss era stata, fragile, e allo stesso tempo potente come un uragano.
Era così ammaliato dalla duplicità di quell'essere, che era stato allo stesso tempo donna e bambina, forza e fragilità, coraggio e paura. Da quell'essere che apparteneva a lui in tutto e per tutto, allo stesso modo in cui lui apparteneva a lei.
 
Peeta si mosse, con tanta delicatezza quanta il suo corpo gli permise. Si avvicinò e affiancò la sua donna. Le si fermo vicino, sul bianco bracciolo della poltrona. Sorrise pensando a tutte le volte in cui Katniss gli aveva detto di non farlo.
"Così si rovinano, e poi dobbiamo cambiarle. Non abbiamo i soldi per ricomprare anche quelle, Peeta"-
Più per abitudine che per altro. Dopo gli Hunger Games, e la rivolta i soldi non mancavano. Ma Kantiss non avrebbe mai dimenticato cosa significava morire di fame, avere paura di non riuscire a superare la giornata.
 Peeta l'amava. Oh quanto l'amava! Dal primo giorno in cui l'aveva vista aveva sognato di sposarla e poi di mettere su famiglia con lei.
Quanto aveva dovuto insistere, solo lui può saperlo! Katniss non aveva mai voluto dei figli, aveva paura. Ma lo amava, e da lui si lasciò cambiare.
Katniss non mostrava le proprie debolezze, ma Peeta glielo insegnò, le insegnò che nella vita le cose non vanno sempre male. Che tutti meritano una seconda possibilità, ma soprattutto le insegno l'amore, come solo Prim era stata in grado di fare. Le insegnò però, un tipo di amore diverso, da cui lei era terrorizzata.
Le insegno a dare senza voler ricevere, le insegnò ad essere vulnerabile. Le fece capire che nell’esserlo non c’era niente di sbagliato.
Ah, se Katniss mi sentisse parlare adesso, probabilmente vorrebbe uccidermi .
È cambiata, ma ha ancora qualche problema con le emozioni.
Tornando a parlare di Peeta. Era fiero di se stesso per quello che era riuscito a creare. Amava la sua famiglia. Non l'avrebbe cambiata con nessun'altra al mondo.
 
La ragazza alzò lo sguardo. I suoi occhi grigio miniera straboccavano di amore. Gli sorrise, e appoggiò la testa sul braccio del suo uomo, del suo guerriero, del suo salvatore.
Katniss aveva un dolcezza, che non le era mai appartenuta.
 Peeta da parte sua, osservava il loro pargoletto. Questa volta non aveva nessuna domanda, era certo che quella nuova vita, ai suoi occhi così perfetta, potesse essere nata solo dalla potenza del loro amore.
Quante ne avevano passate insieme quei due, superandole tutte, una ad una. Era come se, il loro legame fosse stato marchiato con il fuoco. Quello stesso fuoco che a Katniss era così familiare, che lei aveva dentro.
 
Primrose era così bella.
Peeta aveva sempre saputo che Katniss le avrebbe voluto dare quel nome. Dal momento stesso in cui avevano scoperto il sesso, lo aveva capito.
Questo però lo spaventava. Aveva paura che ogni qual volta Katniss l’avesse chiamata, si sarebbe poi rattristata.
Aveva provato a farglielo capire, a farla demordere, finche non aveva compreso che Katniss non aveva mai avuta una scelta. Doveva chiamarla così, e basta.
Doveva farlo perché lo doveva a Prim.
La sorellina, sarebbe comunque tornata a bussare alla mente di Katniss ogni giorno, per il resto della sua vita. Come Rue, come Finnick, come Madge, come tutti i caduti prima, durante e dopo la rivolta. Portava sulle sue spalle ogni singola morte, di persona a lei care, e di persone che non aveva neanche mai visto.
 
La loro piccola, dormiva tranquilla tra le salde braccia della madre, le stesse che presto avrebbero lottato con tutta la loro forza pur di proteggerla.
Quella che era stata il simbolo della ribellione, la Ghiandaia Imitatrice che aveva portato speranza, ora era solo una donna. Una donna diversa dalla ragazza che era stata.
La maternità le aveva donato la dolcezza che non le era mai appartenuta.
 
 
Katniss aveva sperato così tanto che la loro bambina prendesse gli occhi celesti di Peeta. Ed in parte il suo desiderio era stato esaudito.
 I suoi occhi, erano infatti, un perfetto miscuglio di grigio e azzurro.
Prim non li apriva spesso, ma le poche volte in cui era successo, Katniss e Peeta se li erano goduti fino alla fine.
Peeta era felice.
Katniss era finalmente appagata. Aveva trovato la pace.
Non avevano bisogno d'altro se non gli uni degli altri.
 
 La ragazza si staccò dal marito e con un movimento quasi impercettibile portò la loro bambina leggermente in avanti, scoprendosi il seno. Ed ecco che la magia ebbe inizio.
 Prim senza neanche aprire gli occhi socchiuse la bocca intorno al capezzolo di sua madre, ed iniziò a mangiare.
 Katniss gli accarezzo la testolina, già adornata da folti capelli biondi, come quelli del padre.
Se credete però che la piccola creatura somigli solamente a Peeta vi sbagliate di grosso.
Il naso era quello della ragazza, e le orecchie così piccole da intravedersi a malapena, erano una delle caratteristiche preferite di Peeta. Il quale, aveva tirato un sospiro di sollievo quando si era accorto, appena gliela avevano portata, che a sua figlia era stata risparmiata la scocciatura di avere le stesse, a detta di Peeta "strane ed enormi" orecchie.
 Ed anche il modo di muoversi era quello della madre, non c'è dubbio. Ogni qual volta la piccola fagiolina si muoveva, a Peeta tremavano le gambe e il suo cuore accellerava.
 Per il ragazzo quel piccolo esserino era qualcosa da proteggere, da amare e da educare.
Già se la vedeva... Il giorno in cui gli avrebbe portato il suo primo ragazzo, e lui, da buon padre quale era, gli avrebbe fatto il terzo grado.
 Oppure se la vedeva arrampicarsi sugli alberi, come la madre. Sfrecciare tra un bambino e l'altro con una maestria che avrebbe sorpreso chiunque.
 
Katniss posò nuovamente il capo sul braccio del ragazzo, che questa volta, con estrema attenzione, lo mosse. Lo fece passare dietro alle spalle della ragazza, e facendo posare la testa alla fanciulla sul lato del suo petto, poso la propria su quella di lei.
La posizione era alquanto scomoda e se glielo chiedeste, Peeta vi direbbe che fu un'impresa assai difficile quella di mantenersi in equilibrio. Ma poi, si correggerebbe subito, aggiungendo che ne valse la pena, lasciando però intravedere il rosso purpureo che ormai avrebbe colorato le sue guance.
 
Erano felici, quei due. Finalmente lo erano davvero. Facevano ancora i conti con il loro passato, ce li avrebbero fatti per sempre. Avevano imparato a conviverci, a non permettergli di rovinare la loro felicità.
C'erano ancora giorni in cui nulla sembrava andare per il verso giusto, in cui Peeta era tormentato dai suoi flashback. In cui tutto ciò che poteva fare per bloccarli era afferrare lo schienale di una sedia, chiudere gli occhi ed aspettare che passassero. C'erano notti in cui Katniss lottava contro i propri incubi, colmi di ibridi e bambini perduti. Quando pur avendo Peeta lì accanto a lei, non sempre ne usciva vincitrice. Quando accadeva, l'uno cercava l'altra, per rifugiarsi nell'unica cosa più forte di ogni male. Il loro amore.
A loro andava bene così, ormai era come un gioco. Ripetitivo. Persino un po' noioso. Ma esistono giochi molto peggiori a cui giocare.
  Peeta guardava la sua ragazza cullare il loro bambino. Ora era una donna, una donna forte. Nessuno sarebbe mai più riusciuto ad abbatterla. Nemmeno i suoi incubi.
La delicatezza dei movimenti e gli sguardi che Katniss rivolgeva al loro piccolo erano qualcosa che Peeta avrebbe potuto ammirare per ore. La dolcezza materna con la quale Kat cercava di rassicurare quel piccolo fagottino era agli occhi di Peeta un mistero.
 Il ragazzo si chiedeva come una donna potesse divenire ancora più bella attraversando il dolore più grande della propria vita.
Ora Katniss aveva tutto un altro sapore. La bellezza della ragazza non si trovava più in quel determinato senso di responsabilità che tanto lo aveva fatto innamorare. Ora c'era dell'altro.
 Davanti a lui si trovava una donna, una madre. Per Peeta era come se Katniss si fosse evoluta in qualcosa di più magico e meraviglioso, e davvero il ragazzo non riusciva a dare una logica a tutto questo. Neanche lui, Peeta Mellark, riusciva a spiegarselo.
Questa era una caratteristica di Peeta, probabilmente la sua principale. Lui era in grado di capire e mostrare le proprie emozioni, e di comprendere come era il mondo, partendo da esse. Ma qui, no. Persino per lui, questo era ancora un mistero.
 Anche se lui, a differenza della sua donna, che lo avrebbe capito molto dopo, aveva compreso che la vita, come l'amore, non ha logica. Che l'unico modo per capirla sia quello di seguire le emozioni, di lasciarsi trasportare dall'istinto. Ricordava perfettamente la bambina che Katniss era stata, fragile, e allo stesso tempo potente come un uragano.
Era così ammaliato dalla duplicità di quell'essere, che era stato allo stesso tempo donna e bambina, forza e fragilità, coraggio e paura. Da quell'essere che apparteneva a lui in tutto e per tutto, allo stesso modo in cui lui apparteneva a lei.
 
Peeta si mosse, con tanta delicatezza quanta il suo corpo gli permise. Si avvicinò e affiancò la sua donna. Le si fermo vicino, sul bianco bracciolo della poltrona. Sorrise pensando a tutte le volte in cui Katniss gli aveva detto di non farlo.
"Così si rovinano, e poi dobbiamo cambiarle. Non abbiamo i soldi per ricomprare anche quelle, Peeta"-
Più per abitudine che per altro. Dopo gli Hunger Games, e la rivolta i soldi non mancavano. Ma Kantiss non avrebbe mai dimenticato cosa significava morire di fame, avere paura di non riuscire a superare la giornata.
 Peeta l'amava. Oh quanto l'amava! Dal primo giorno in cui l'aveva vista aveva sognato di sposarla e poi di mettere su famiglia con lei.
Quanto aveva dovuto insistere, solo lui può saperlo! Katniss non aveva mai voluto dei figli, aveva paura. Ma lo amava, e da lui si lasciò cambiare.
Katniss non mostrava le proprie debolezze, ma Peeta glielo insegnò, le insegnò che nella vita le cose non vanno sempre male. Che tutti meritano una seconda possibilità, ma soprattutto le insegno l'amore, come solo Prim era stata in grado di fare. Le insegnò però, un tipo di amore diverso, da cui lei era terrorizzata.
Le insegno a dare senza voler ricevere, le insegnò ad essere vulnerabile, davanti a lui. Le fece capire che nell’esserlo non c’era niente di male.
Ah, se Katniss mi sentisse parlare adesso, probabilmente mi ucciderebbe.
È cambiata, ma ha ancora qualche problema con le emozioni.
Tornando a parlare di Peeta. Era fiero di se stesso per quello che era riuscito a creare. Amava la sua famiglia. Non l'avrebbe cambiata con nessun'altra al mondo.
 
La ragazza alzò lo sguardo. I suoi occhi grigio miniera straboccavano di amore. Gli sorrise, e appoggiò la testa sul braccio del suo uomo, del suo guerriero, del suo salvatore.
Katniss aveva un dolcezza, che non le era mai appartenuta.
 Peeta da parte sua, osservava il loro pargoletto. Questa volta non aveva nessuna domanda, era certo che quella nuova vita, ai suoi occhi così perfetta, potesse essere nata solo dalla potenza del loro amore.
Quante ne avevano passate insieme quei due, superandole tutte, una ad una. Era come se, il loro legame fosse stato marchiato con il fuoco. Quello stesso fuoco che a Katniss era così familiare, che lei aveva dentro.
 
Primrose era così bella.
Peeta aveva sempre saputo che Katniss le avrebbe voluto dare quel nome. Dal momento stesso in cui avevano scoperto il sesso, lo aveva capito.
Questo però lo spaventava. Aveva paura che ogni qual volta Katniss l’avesse chiamata, si sarebbe poi rattristata.
Aveva provato a farglielo capire, a farla demordere, finche non aveva compreso che Katniss non aveva mai avuta una scelta. Doveva chiamarla così, e basta.
Doveva farlo perché lo doveva a Prim.
La sorellina, sarebbe comunque tornata a bussare alla mente di Katniss ogni giorno, per il resto della sua vita. Come Rue, come Finnick, come Madge, come tutti i caduti prima, durante e dopo la rivolta. Portava sulle sue spalle ogni singola morte, di persona a lei care, e di persone che non aveva neanche mai visto
 
La loro piccola, dormiva tranquilla tra le salde braccia della madre, le stesse che presto avrebbero lottato con tutta la loro forza pur di proteggerla.
Quella che era stata il simbolo della ribellione, la Ghiandaia Imitatrice che aveva portato speranza, ora era solo una donna. Una donna diversa dalla ragazza che era stata.
La maternità le aveva donato la dolcezza che non le era mai appartenuta.
 
 
Katniss aveva sperato così tanto che la loro bambina prendesse gli occhi celesti di Peeta. Ed in parte il suo desiderio era stato esaudito.
 I suoi occhi, erano infatti, un perfetto miscuglio di grigio e azzurro.
Prim non li apriva spesso, ma le poche volte in cui era successo, Katniss e Peeta se li erano goduti fino alla fine.
Peeta era felice.
Katniss era finalmente appagata. Aveva trovato la pace.
Non avevano bisogno d'altro se non gli uni degli altri.
 
 La ragazza si staccò dal marito e con un movimento quasi impercettibile portò la loro bambina leggermente in avanti, scoprendosi il seno. Ed ecco che la magia ebbe inizio.
 Prim senza neanche aprire gli occhi socchiuse la bocca intorno al capezzolo di sua madre, ed iniziò a mangiare.
 Katniss gli accarezzo la testolina, già adornata da folti capelli biondi, come quelli del padre.
Se credete però che la piccola creatura somigli solamente a Peeta vi sbagliate di grosso.
Il naso era quello della ragazza, e le orecchie così piccole da intravedersi a malapena, erano una delle caratteristiche preferite di Peeta. Il quale, aveva tirato un sospiro di sollievo quando si era accorto, appena gliela avevano portata, che a sua figlia era stata risparmiata la scocciatura di avere le stesse, a detta di Peeta "strane ed enormi" orecchie.
 Ed anche il modo di muoversi era quello della madre, non c'è dubbio. Ogni qual volta la piccola fagiolina si muoveva, a Peeta tremavano le gambe e il suo cuore accellerava.
 Per il ragazzo quel piccolo esserino era qualcosa da proteggere, da amare e da educare.
Già se la vedeva... Il giorno in cui gli avrebbe portato il suo primo ragazzo, e lui, da buon padre quale era, gli avrebbe fatto il terzo grado.
 Oppure se la vedeva arrampicarsi sugli alberi, come la madre. Sfrecciare tra un bambino e l'altro con una maestria che avrebbe sorpreso chiunque.
 
Katniss posò nuovamente il capo sul braccio del ragazzo, che questa volta, con estrema attenzione, lo mosse. Lo fece passare dietro alle spalle della ragazza, e facendo posare la testa alla fanciulla sul lato del suo petto, poso la propria su quella di lei.
La posizione era alquanto scomoda e se glielo chiedeste, Peeta vi direbbe che fu un'impresa assai difficile quella di mantenersi in equilibrio. Ma poi, si correggerebbe subito, aggiungendo che ne valse la pena, lasciando però intravedere il rosso purpureo che ormai avrebbe colorato le sue guance.
 
Erano felici, quei due. Finalmente lo erano davvero. Facevano ancora i conti con il loro passato, ce li avrebbero fatti per sempre. Avevano imparato a conviverci, a non permettergli di rovinare la loro felicità.
C'erano ancora giorni in cui nulla sembrava andare per il verso giusto, in cui Peeta era tormentato dai suoi flashback. In cui tutto ciò che poteva fare per bloccarli era afferrare lo schienale di una sedia, chiudere gli occhi ed aspettare che passassero. C'erano notti in cui Katniss lottava contro i propri incubi, colmi di ibridi e bambini perduti. Quando pur avendo Peeta lì accanto a lei, non sempre ne usciva vincitrice. Quando accadeva, l'uno cercava l'altra, per rifugiarsi nell'unica cosa più forte di ogni male. Il loro amore.
A loro andava bene così, ormai era come un gioco. Ripetitivo. Persino un po' noioso. Ma esistono giochi molto peggiori a cui giocare.
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Cai_97