Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Altariah    21/06/2015    3 recensioni
"'Chi era?'
Kenny trattiene il fiato dopo aver sentito quelle parole, nella mente in automatico si stanno delineando le scelte da fare per sopravvivere, gli oggetti attorno a lui che potrebbe usare per uccidere quella voce nel buio che proviene dalla sedia alla sua destra.
Si rilassa immediatamente, invece, notando che quel timbro lo conosce fin troppo bene. Forse si scopre addirittura contento di sentirlo."
Fanfiction spudoratamente KenUri. Addio.
Genere: Dark, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kenny Ackerman
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un insopportabile mal di testa e odore di sangue: questo è tutto ciò che è in grado di sentire ora. Kenny raggiunge la porta vecchia del suo alloggio e senza indugiare sulla soglia entra; non si cura del sangue che lascia sulla maniglia, non cerca di rendere meno udibili i suoi passi che potrebbero attirare attenzioni indesiderate. Lui non ha paura. Che entrino, che lo assalgano, se è ciò che desiderano: lui lo sa, avrà la meglio in ogni caso.
Lui uccide, è l'unica cosa che sa fare come si deve. Non è in grado di fare del bene e nemmeno di provare affetto. Una parte di lui, a volte, ancora gli ricorda di pensare al nipote... ma si ripete che è meglio così, che lui non aveva nient'altro da dargli. Gli aveva già insegnato tutto. Gli aveva dato qualcosa per riempirsi lo stomaco e per farlo stare in piedi. Tutto il resto non era niente, non aveva provato affetto, non gli era importato tempo prima e non gli importava nemmeno ora. Tutto ciò che aveva fatto era stato solamente per il ricordo che aveva di Kuchel. Questi sono gli unici pensieri in grado di ributtarlo indietro di decenni, si accorge, mentre percorre con gli occhi il pavimento polveroso del suo alloggio e si ripete mentalmente che ogni scelta ormai compiuta è stata la sola possibile e corretta. Non avrebbe cambiato nulla. E per tutte le volte che se l'era detto, ormai ci aveva iniziato a credere veramente.
Lui non sa amare. Ne è sicuro.
Stringe gli occhi per un momento, cercando di far adattare i propri occhi a quel buio in cui è appena entrato. Calcia la porta dietro di sè con un piede, che si richiude tremando e minacciando di cadere in mille pezzi. I tarli l'hanno lasciata da un pezzo quella loro casa, il legno è ormai troppo consumato anche per loro... è un miracolo che non sia ancora ceduto nessun cardine. L'uomo si passa una mano sugli occhi e ricorda solo allora del sangue, le mani sporche, gocciolanti. Inspira l'aria viziata della stanza, che odora di polvere e fumo, quindi raggiunge il secchio d'acqua ai piedi del camino.
Immerge le mani con un sospiro, strofinandole una nell'altra con forza, cercando di rimuovere il sudicio, l'odore ferroso che ogni volta sembra venir assorbito dalla sua pelle. Presta particolare attenzione alle pieghe sui palmi, alla punta delle dita, alle unghie. Ogni volta finisce per grattarsi via delle porzioni di pelle, tanto le sue mani sembrano restare macchiate.
Non gli importa dello sporco in sè, però. È tutto quello che al sangue è legato, a preoccuparlo. Infezioni, malattie, contagi. Lui deve restare in piedi nonostante tutto, ha dei compiti da svolgere e ha bisogno di mantenere la salute e la forza. Non vuole compromettere le proprie capacità con una malattia oscena a scorrergli nelle vene, quello no. Gli basta chiudere gli occhi per ricordare chiaramente il viso della sorella distrutto dal morbo mostruoso che l'aveva afflitta, e anche ora, senza volerlo, finisce per sentire un brivido lambirgli la base del collo.
Si riguarda un altro momento le mani, palmi e dorsi: sono arrossate dallo sfregamento, ma pulite. Perfettamente pulite. 
"Chi era?"
Kenny trattiene il fiato dopo aver sentito quelle parole, nella mente in automatico si stanno delineando le scelte da fare per sopravvivere, gli oggetti attorno a lui che potrebbe usare per uccidere quella voce nel buio che proviene dalla sedia alla sua destra.
Si rilassa immediatamente, invece, notando che quel timbro lo conosce fin troppo bene. Forse si scopre addirittura contento di sentirlo.
"Avrei potuto ucciderti se non ti avessi riconosciuto, lo sai?"
La testa bionda annuisce con un sorriso debole sulle labbra. È un sorriso zoppo, complicato, dietro al quale vivono troppe cose e che non potrà mai diventare perfetto. Ma è il suo sorriso, e questo basta per Kenny. 
"Cosa ci fai in questo schifo? Non si addice al Re degli uomini." Domanda ironico l'uomo dai capelli neri, ma l'altro non gli da una risposta. In compenso ripete: "Chi era?", appoggiando i gomiti alle gambe, sporgendosi verso Kenny che sta ancora in ginocchio di fronte al secchio. 
"Devo sapere anche il nome di chi ammazzo per venirtelo a riferire? Cosa cazzo vuoi che ne sappia, credi che m'importi?" Dice Kenny quasi con disprezzo, le parole seguite da una risata roca. 
"Non una goccia di quel sangue è tua." Le parole del biondo suonano quasi come un rimprovero alle orecchie dell'altro.
"È anche per questo che sono la tua guardia del corpo, se non ricordo male. Hai la garanzia della mia efficacia sotto i tuoi occhi ora, dimmi se non è abbastanza." Ghigna l'uomo, osservando l'acqua rossa dentro il recipiente. 
"Sì, ma una guardia del corpo che scende in scontri con chiunque non gli vada a genio non è un grande affare." Replica Uri, stringendo tra le mani uno straccio raccolto dal tavolo.
"Io la faccio pagare a chi dice stronzate, né più né meno. Mi stai chiedendo se la testa di questo..." Kenny indica il secchio con il mento "meritava davvero di essere spiaccicata ripetutamente contro il muro? Beh," inspira con il naso, rivolgendo all'altro un'espressione divertita "se ti aiuterà a dormire tranquillo, sì. Se l'è meritato davvero."
L'uomo dai capelli chiari si alza dalla sedia e sovrasta Kenny, ancora a terra. In tutte le altre circostanze è Kenny ad essere quello più alto, ma nel buio di quella baracca è il moro a dover guardare in su. Uri ha gli occhi pazienti di chi è veramente capace di sopportare dei fardelli troppo pesanti, le mani bianche di chi non ha mai combattuto o afferrato un pugnale. Non che questo lo renda meno letale del moro, semplicemente le loro anime sono sporche di macchie differenti. 
Il dislivello tra di loro dura ben poco, perchè il biondo s'inginocchia a sua volta, di fronte all'altro. Abbassa gli occhi e intinge lo straccio nell'acqua, avvicinandolo al viso di Kenny e cominciando a ripulire le gocce e i grumi di sangue che gli costellano la pelle. 
"Ti conosco abbastanza bene da sapere che tu non hai ucciso per un insulto rivolto a te..." Sospira Uri, mentre con pazienza fa scorrere il tessuto umido lungo la guancia destra dell'uomo che ha davanti. 
"Perchè ti importa così tanto? Era solamente un bastardo che ha detto la cosa sbagliata al momento sbagliato." Cerca nuovamente di tagliare corto, facendo appello alla poca pazienza rimasta. Non ne vuole parlare, vuole evitare quel discorso a tutti i costi.
"Non devi uccidere per difendere l'onore di altri. Non uccidere per motivi stupidi, Kenny." Gli sorride con dolcezza, una ciocca bionda troppo lunga che gli cade sul naso. "So perchè l'hai fatto. Non farlo più."
L'uomo dai capelli neri stringe i denti e guarda alla sua sinistra, evitando lo sguardo dell'amico. In altre circostanze riderebbe, peccato che ora non ci trovi nulla di divertente. 
Uri aveva capito tutto già da quando l'aveva visto entrare in casa: era grazie alle sue capacità sovrumane che leggeva risposte dove nessun altro avrebbe saputo guardare. Era grazie a ciò che gli scorreva nelle vene che aveva capito che quest'ultima disgraziata vittima di Kenny aveva avuto la colpa di essersi riempita la bocca di parole come perverso e sodomita accostandole alla descrizione del Re. 
Non è il primo e non sarà l'ultimo. 
Kenny non ha veramente nulla da dire. Nella sua testa si formano delle frasi a pezzi ma non è in grado di assemblarle. È in questi momenti che ha la certezza di sapere il significato della parola forza: ce l'ha davanti agli occhi ora. Tra i due il più forte è Uri, il migliore tra i due; non si lascia trascinare dalla rabbia, non si abbatte. Resta in piedi, forte e solido come roccia viva, nonostante dall'esterno sembri così fragile.
Le dita del biondo stanno ancora stringendo lo straccio, sempre più rosso e impregnato di macchie. Con l'altra mano tiene ferma gentilmente la testa di Kenny, che ora ha ricominciato a guardarlo negli occhi. 
"Vorrei uccidere Rod per come continua a chiamarti." Mormora l'uomo più alto, seguendo con lo sguardo le ciglia chiare dell'altro. È sincero; non può che esserlo di fronte a lui. 
"Lo so," Annuisce in risposta il biondo "tuttavia strambo è un buon modo per descrivermi, non credi?"
"Tu sai cosa intendo." 
"Sì." 
"Non so come possa non importarti." Ruggisce furioso Kenny, ora stringendo il polso dell'altro senza riuscire a controllarsi.
"Sai," Mormora Uri, gli occhi persi tra le pieghe della camicia di Kenny "ci sono state volte in cui avrei voluto liberarti dal nostro patto. Avrei voluto cancellare i ricordi che hai di tutto quello che ha a che fare con me. Avrei voluto darti la libertà almeno nelle scelte." 
È in questo momento che il moro cambia espressione. Sembra quasi un bambino con la necessità di scoprire il proseguimento di una favola bellissima; diventa improvvisamente dipendente da quella confessione e prega che Uri non s'interrompa.
"Però non ci sono mai riuscito." Sorride l'uomo dai capelli biondi. "Mai."
"Perchè?" Domanda Kenny, perso in quegli occhi chiari, sovrannaturali. Si accorge di non riuscire a respirare, mentre aspetta una risposta e sente il sangue ribollire e convergere verso il collo e il viso. Dipende dalle labbra del biondo in un modo che anche lui non riesce a capire, e nervosamente continua a stringere il suo polso.
L'altro scoppia in una risata di una naturalezza disarmante. È un suono forte e argentino, dolce come il suo proprietario. "Non farmelo dire."
L'uomo dai capelli neri annuisce. Non sa come descrivere cosa stia provando, ma forse è la sensazione più simile all'imbarazzo che abbia mai provato.
"Dio, Uri." Kenny stringe i denti, poi si rilassa appena e sbuffa un sospiro. La sua espressione resta scura e inquieta. "Da quando sono così? Così diverso?"
Il biondo non risponde, si limita a girare il polso cercando di liberarlo dalla stretta dell'altro che cede e lo lascia, finalmente. 
È proprio ora che le certezze di Kenny rovinano e crollano su loro stesse, e si chiede come sia possibile. È mentre guarda l'altro e lo vede come la prima volta, che capisce di saper amare, e anche tanto, troppo. Capisce che quando gli sono stati assegnati i sentimenti e le abilità prima di nascere, beh, non è stato lasciato incompleto come aveva sempre creduto. Ha tutto nel posto giusto, e il suo cuore si riempie e si svuota, veloce, e fuori si alza il vento che scuote le tende consunte. E lui ama, perchè ormai la sua motivazione non è un mero istinto omicida, non è il piacere nel sottrarre il respiro e la luce negli occhi di qualcuno, no. Non più. Tutta la sua motivazione nasce in Uri e in Uri vive; Sta assieme agli antenati racchiusi nei suoi occhi, tra le sue ciocche chiare. Kenny se ne rende conto solamente ora, ma ama. Con tutto se stesso. 
Debolmente, Uri si avvicina al viso consumato di Kenny, il suo sorriso stanco torna a riempirgli le guance. Lo spazio tra i loro visi si annulla e si scambiano un bacio, ingoiano uno i respiri dell'altro, si scontrano e per un attimo, i fardelli sulle spalle di ciascuno scompaiono. Le loro schiene sembrano drizzarsi e i dolori svanire.
Restano soltanto quelle mani bianche a circondare un viso colmo di cicatrici, dei capelli troppo lunghi e chiari che vengono scostati dietro alle orecchie in un gesto così sincero, così dolce, così umano
E le mille vite dentro gli occhi di Uri sorridono, assieme a lui.















In realtà non so cosa dire. Li shippo e non me ne pento. Ops.
  
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