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Autore: jack random    21/06/2015    0 recensioni
Dal capitolo 7:
-Ragazzo, qualcosa non mi torna- sbuffò Will - Su questo maledettissimo pianeta mandano solo criminali: ladri o omicidi, stessa cosa. Ma tu...tu cosa ci fai qui?-
- Io. Per linguaggio scurrile credo- bisbigliò spaventato.
Il vecchio sorrise volgendo il volto verso il cielo. Il suo era un sorriso amaro- Vecchio bastardo di un Principe. E così hai condannato un giovane a morire sulla Terra?- gridò con quanto fiato aveva in gola, come se qualcuno lo potesse sentire.
-No. Lei non capisce. Mi hanno detto che devo resistere solamente un anno e che poi posso tornare su Arret- s'intromise il ragazzo speranzoso. In fondo un anno passava in fretta.
-Figliolo mi sa che ti dovrai mettere in coda allora. A tutti l'hanno promesso-
-Quindi vuol dire che qualcuno è ritornato vivo da qua?-
-No. Significa solo che nessuno ha resistito un anno. Quando qualcuno si avvicina alla fine della sua detenzione Loro trovano sempre un modo per ucciderlo. Ragazzo ti ci dovrai abituare: non vedrai mai più Arret.
Genere: Avventura, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bum.
Uno scoppio fragoroso fece tremare il terreno sottostante provocando la caduta di molti palazzi del centro storico di Roma. La Basilica di San Paolo e le mura Aureliane caddero come se fossero state costruite con legno d’acero bagnato. Poi fu la volta degli edifici Ottocenteschi e del Novecento. Sembravano fatti di cartapesta.
Bum.
Un alone rosato si espanse su tutta la superficie del cielo ancora non oscurato dalle nubi temporalesche e un vento forte e trasportatore iniziò a soffiare. Il vento del Mediterraneo, il Borasco, in confronto sembrava un flebile sussurro di una voce sconosciuta. Numerosi oggetti, come cappellini e ombrelli, volarono lontano dalla testa dei viandanti, come per fuggire da quella terribile tempesta. Forse, essi, erano più intelligenti degli uomini e captato il pericolo, avevano deciso di scappare.
Bum.
Una scossa un po’ più violenta delle precedenti causò l’apertura di uno squarcio in strada, nell’antica Via Roma. Tutto ciò che non era a debita distanza cadde nell’infinita voragine, trasportando con sé anche parte del marciapiede. Lampioni della luce, pali del telefono e anche persone furono divorati dal baratro, come se fossero cibo per un gigante affamato. Ebbene questo gigante, proprio come quelli della mitologia greca, era invincibile, a meno di un aiuto divino. E loro, gli umani, purtroppo non lo avevano.
Poi scoppiò il caos.
La gente, vedendo ciò che accadeva ai loro vicini,amici, famigliari si nascondeva nelle cantine, usate nella Seconda Guerra Mondiale, sperando così di sfuggire alla furia della Natura. Ma Ella aveva occhi dappertutto. Poteva trovarti nei meandri più profondi dei cunicoli cittadini, nelle grotte scavate all’interno di montagne, negli abissi oscuri dei mari e costringerti a sottostare alla sua potenza.
Ella era l’inizio e la fine. Proprio come tutto era iniziato con il Big Bang, tutto sarebbe terminato con il Grande Scoppio.
Le uniche cose in grado di salvarli erano nello spazio, conservate in capsule di platino e riservate alle famiglie più ricche e prestigiose. Tutto ciò che la Scienza aveva prodotto per tentare di salvare più persone possibili era nascosto dentro delle specie di sonde abitate da umani. Da uomini e donne come loro che avevano il privilegio di avere per cognome Pirty anziché Turth, oppure Ray anziché Penson. Per quel futile motivo, loro avevano diritto alla vita, mentre il resto della popolazione no.
 
-Peter, muoviti- lo chiamò l’amico, Will, isterico. Gli ultimi palazzi della città che li aveva ospitati per ben sedici anni caddero rovinosamente. Roma era distrutta. Ormai non avevano più un letto caldo e asciutto dove dormire né una casa dove tornare la sera. Erano completamente soli.
-Arrivo- disse il ragazzo aumentando il passo. Sentiva ancora le urla dei bambini che da sotto le macerie chiedevano aiuto, le suppliche delle madri e i pianti dei saggi anziani. Di uomini non ce n’erano più già da un bel po’ di tempo. Con la lotta per il potere si erano sterminati tra loro e un’epidemia legata al cromosoma y aveva dato il colpo finale.
-Hai per caso visto verso cosa si dirigeva mia madre?- gli chiese l’amico voltandosi e facendo svolazzare i lunghi capelli neri che gli cingevano le spalle.
-No, mi dispiace. Mi sa che è rimasta in città-
Lo guardò con occhi tristi e pieni di sofferenza –Probabile-
Ormai si erano così abituati al perdere qualcuno di caro, che, quando si veniva a conoscenza della morte di un famigliare, l’unico pensiero era che c’era una bocca in meno da sfamare ed un peso minore da portare. Anche se si trattava della propria madre.
Un mondo orribile, in fondo, lo possiamo definire. Ed era proprio così il mondo in cui vivevano i due ragazzi. Orribile.
Corsero a lungo per strade e posti ignoti in un silenzio carico di angoscia. Per quanto continuarono a procedere? Forse minuti, ore, oppure giorni. Chi lo sa. Come si fa a calcolare il tempo, quando è il tempo stesso a non esistere più?
-Basta- mormorò Will esausto. Non sapeva quanto avevano corso ma si trattava di sicuro di molti chilometri- Non ce la faccio più-
-Beh amico mio, mi sa che siamo in due- sbuffò Peter sedendosi sui gradini di un negozio di agrumi senza più finestre né porte. Sembrava che lì la tempesta fosse arrivata prima- Ho la milza che sembra una polenta-
L’amico sorrise -Almeno tu ce l’hai ancora la milza-
-Facciamo scambio?- propose il ragazzo, subito interrotto, però, da un flebile lamento. Un pianto più precisamente. Il pianto di un neonato.
Peter si alzò di scatto e si avvicinò alla porta del negozio di agrumi per capire da dove venisse quel lamento.
- Cosa stai..-
-Shh- lo rimproverò Peter.
Una voce sottile emerse tra i rumori dall’edificio davanti a loro.
Entrarono silenziosamente e subito si diressero verso il pianto spaventato. Trovarono un neonato, aveva tra i due e tre mesi, nascosto da numerose coperte e dentro un piccolo seggiolone. Lo dovevano aver dimenticato lì nella fretta di fuggire.
-Ma guarda chi c’è- fece Will con voce fanciullesca. Gli si avvicinò canticchiando l’Inno alla Gioia per calmarlo.
-Eh come ti chiami?- chiese sempre l’amico rivolgendosi al neonato come se potesse parlare.
-Vediamo se c’è scritto chi sei- continuò iniziando a scavare con le mani tra tutta quella moltitudine di coperte.
-Trovato qualcosa?- chiese Peter raggiungendolo e fissando il bambino sbalordito. Aveva occhi azzurro ghiaccio e il mento leggermente in avanti. Non poteva essere una coincidenza. Quelli erano i segni della famiglia dei..
-Leggi cosa c’è scritto- lo distratte l’amico mostrandogli un foglietto tutto spiegazzato.
Lo aprì con delicatezza e diede una rapida lettura silenziosa a quello che c’era scritto. Quello che scoprì lo sconcertò davvero tanto. Quel foglietto infatti sosteneva che il neonato che avevano davanti fosse un principe. Il principe d’Europa della famiglia dei Road. Possibile?
-Allora?- lo esortò Will. Meno male che il compagno non sapeva leggere perché se no avrebbe già ucciso il bambino.
-Ehm..okay. Del suddetto neonato- incominciò facendo riferimento a ciò che c’era scritto- se qualcuno lo dovesse trovare, deve sapere che è figlio della famiglia dei Brony, discendenti di Mathias il Biondo, magistrato ufficiale nel periodo successivo alla prima Epurazione.” Meno male che era riuscito a inventarsi sul momento una balla, perché se no il bambino avrebbe avuto una vita breve. Molto breve.
-Fiuu- esclamò Will- non è figlio di nessun nobile-
-Che facciamo? Lo prendiamo con noi?-
-Beh mi pare ovvio. Che vuoi fare lasciarlo qua?- 
-Ehm ok- disse Peter. Se solo avesse scoperto chi era in realtà quell’innocente bambino, l’amico, di certo l’avrebbe lasciato lì. E non solo. Avrebbe sfogato tutta la sua rabbia repressa e il suo risentimento verso i nobili su quell’esserino indifeso.
Cercarono di sollevare il seggiolone per portarlo con loro, ma era troppo pesante. A giudicare dallo spessore e dal peso doveva essere di legno di noce.
-Lo prendo in braccio- propose Peter ammiccando al neonato per farlo sorridere.
L’amico non fece obiezioni e quindi se lo mise tra le braccia con delicatezza. Era proprio bello. Gli occhi azzurri risaltavano sulla pelle chiara, mostrando i segni della casata dei Road.
- Forza. Andiamo prima che l’uragano ritorni da queste parte- disse Will speranzoso. L’amico era ottimista. Troppo ottimista. La Terra non sarebbe sopravvissuta al Grande Botto. E anche se lo fosse, gran parte della popolazione era già morta. A meno che non arrivasse un aiuto dai nobili, erano spacciati.
Un idea prese possesso della sua mente. Potevano utilizzare quel principe come merce di scambio. Prima di quel giorno non avrebbe mai usato un bambino per ricattare qualcuno. Anche se quel qualcuno erano gli odiosi vincitori della Guerra d’Epurazione. Ma la paura rende più feroci e disposti a tutto. Quello lo sapeva bene.
-Senti amico, se trovassimo uno di quei neonati nobili, potremmo usarlo come riscatto no?- chiese Peter a Will.
-Cos’è, dobbiamo trovarli tutti noi i bambini?-
-Rispondi alla domanda-
-Beh…credo che se trovassimo un figlio di papà vuol dire che lo hanno lasciato qui. Quindi non è così importante da essere usato come scambio- rispose frantumando le sue ultime speranze.
Effettivamente il suo ragionamento era valido. Se lo avevano lasciato sulla Terra voleva dire che non era così fondamentale per loro.
Un rombo assordante interruppe i loro discorsi. Arrivava dall’alto e non faceva tremare la terra. Quindi non era sicuramente una tempesta.
-Preghiamo i Sopravvissuti di arrendersi e posare qualunque arma posseggano- disse una voce meccanica e senza emozioni. Come se il problema principale nel Giorno della Purificazione fosse avere con sé delle armi. Patetici. Ecco cosa erano quei nobili.
-Finalmente- ululò Peter. Nonostante l’odio che provava nei loro confronti, erano l’unica ancora di salvezza. Un veicolo a metà tra un elicottero ed un astronave si avvicinò rapidamente.
-Io con quelli non ci salgo- esclamò Will voltandosi dall’altra parte.
-Non scherzare nemmeno. Sono la nostra ultima speranza-
-E dopo che ci hanno tratto in salvo cosa credi che faranno? Tarallucci e vino e tutto è finito? No Pit, no. Non fanno mai niente per niente, loro. Ci sottometteranno come se fossimo dei cani. Ci renderanno schiavi. E questo che vuoi?-
Peter si accorse che l’amico stava crescendo. Quelli non erano più discorsi da ragazzo, ma da uomo. Da uomo bello e fatto.
- Preferisco diventare schiavo che polvere- disse Peter serio. Non aveva intenzione di morire; era troppo giovane.
- Beh su questo allora siamo in disaccordo. Io non salirò su quel veicolo e non puoi farci niente-
- Ricordi la promessa?-
- Staremo sempre insieme. Certo che la ricordo-
-Allora fa’  che sia così. Seguimi- lo pregò Pit. Non voleva separarsi dall’amico.
Vide Will pensarci su. Le mandibole si irrigidirono e deglutì rumorosamente - Va bene- rispose infine il ragazzo – andiamo-
Quella specie di navetta spaziale atterrò ad un paio di metri da loro e ne uscirono tre uomini armati di fucili ad energia geotermica. Un solo colpo di un proiettile di fuoco e sarebbero bruciati come legna secca.
Indossavano una tuta gravitazionale e una maschera collegata ad una bombola di ossigeno. A cosa servisse la tuta era difficile da capire. Forse si erano adattati alla gravità di un'altra parte dell’Universo. Invece, avevano la maschera per l’alto tasso di anidride carbonica che c’era nell’aria. Aveva superato la soglia del trenta per cento un paio di giorni e in quel momento doveva aggirarsi sui quaranta o cinquanta per cento.
-Mostrate cosa avete in mano- urlò uno dei tre. Peter gli fece vedere il neonato pur tentando di nascondere gli occhi. Non voleva che scoprissero chi fosse. Quel bambino sarebbe stato per sempre un’assicurazione sulla sua e sulla vita di Will.
-Avanzate lentamente- ordinò il soldato centrale. Sembrava che avessero a che fare con assassini ben addestrati, anziché con ragazzi spaventati. Ma quello era il protocollo di sicurezza e Peter era sicuro dovessero seguirlo senza sbagliare nulla per essere ammessi nel Corpo Speciale Difensivo.
I due amici si avvicinarono con passo sostenuto e i militari non fecero obiezioni. Anche loro volevano andarsene al più presto dalla Terra.
Quando arrivarono davanti a quella specie di elicottero un tizio si sporse dalla postazione del passeggero – Buongiorno signori-
- Non direi che sia proprio un buon giorno- replicò Will.
-Beh prima o poi doveva succedere- ribatté l’uomo sorridendogli con pietà.
- Meglio poi che prima però- si intromise Peter. Il signore che avevano davanti non doveva essere un Nobile. Probabilmente era una povero disgraziato costretto ad aiutarli per la protezione della famiglia. Gli faceva quasi pena.
- Noi siamo la Compagnia Salvataggio Sopravvissuti- disse aiutandoli a salire sul velivolo. I tre soldati salirono nei posti davanti, vicino al pilota.
- Sì,  sappiamo chi siete. Siete dei poveri disgraziati che invece di combattere contro i Nobili gli leccate i piedi. Ecco cosa siete…dei traditori di quelli come noi- Will aveva dato parola a tutti i suoi pensieri ma quello non era il momento adatto.
Non ti conviene parlare così- lo ammonì l’uomo. Poi si avvicinò e sussurrò –Ragazzi non piace neanche a me questa situazione, ma è l’unico modo per sopravvivere. Quindi fate i bravi. Okay?-
Entrambi i ragazzi annuirono silenziosamente. Sembrava sincero.
-I vostri nomi prego?- chiese tornando alla versione formale. Prese un computer dalla borsa che aveva affianco e iniziò a scrivere.
-Peter e Will-
-E il piccino?-
-Ehm…Matt- mentì Peter ricordando il nome di suo padre.
-Non ci risulta dal database sulla popolazione che esista un Matt- mormorò completamente preso dalla ricerca.
-Beh allora lo inserisca. È nato oggi- disse Will.
-Capisco. E voi siete una coppia omosessuale?- chiese continuando a scrivere senza guardarli.
-Ehm…veramente- iniziò Peter. Sapeva bene cosa voleva dire essere omosessuali. Tutti i Nobili li avrebbero discriminati dal mattino alla sera e a loro sarebbero toccati i lavori più duri. Per non parlare di Matt. Lo avrebbero deriso e etichettato come figlio di una coppia gay.
-Esatto- disse però Will prima che l’amico potesse fermarlo. Che gli era passato per la mente?
-Possiamo andare- affermò l’uomo battendo sul vetro del pilota.
Mentre le porte si chiudevano Peter si guardò intorno per capire che modello fosse quel velivolo. Un A45N era ciò che indicava una scritta sotto i loro piedi.
-Però. Ci trattano bene eh. Siamo su un elicottero ad energia nucleare- disse Peter senza pensarci molto .
Il signore si affacciò dal computer -Vedo che ne sai di elicotteri. Forse potresti trovare un impiego come aiuto pilota. È meglio di quello che faccio io-
-Mmh- mormorò Pit un attimo prima che un boato annunciasse l’arrivo di una tempesta. Le pale iniziarono a girare e l’elicottero si alzò da terra mentre una folata di vento travolgeva tutto quello che c’era a terra: edifici, lampioni della luce e alberi furono sollevati in aria e iniziarono a vorticare velocemente.
Will lo guardò spaventato. Gli occhi neri e normalmente allegri sembravano un pozzo senza fine; due o tre rughe si delinearono sulla sua fronte.
Una decina di alberi sfiorarono il velivolo nel loro moto rotatorio, ma dopo quello nulla gli impedì un semplice decollo. A circa 200 metri da terra Peter guardò dal finestrino la Terra. Una lunga frattura parallela all’Equatore la divideva in due parti, mostrando il magma all’interno del nucleo. Ancora una piccola scossa e le due parti si sarebbero distaccate andando a formare due pianeti differenti.
Nonostante ciò che sarebbe successo se la Terra si fosse frammentata, l’umore di Peter era migliorato sensibilmente. Erano riusciti a salvarsi. Stavano fuggendo dal loro pianeta e dal giorno della Purificazione; non c’era cosa che lo rattristasse, ma lo facesse gioire, più di quella.
Non sapeva cosa lo aspettasse in futuro ma di una cosa era certo: si sarebbe per sempre ricordato quel giorno e prima o poi avrebbe consumato la sua dolce vendetta contro i Nobili.
   
 
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