Crossover
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Autore: Odinforce    22/06/2015    8 recensioni
In un luogo devastato e dominato dal silenzio, Nul, un essere dagli enormi poteri si diverte a giocare con i mondi esterni per suo diletto. Da mondi lontani sono giunti gli eroi più valorosi, pronti a sfidare le loro nemesi che hanno già sconfitto in passato. I vincitori torneranno al loro mondo, siano i buoni o i malvagi. Saranno disposti ad obbedire alla volontà di Nul?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2
In un luogo molto più lontano, in quello stesso momento, qualcuno apriva gli occhi per la prima volta. Si trattava di un ragazzo di sedici anni, dai capelli appuntiti color caramello e gli occhi azzurri. Indossava un curioso abbigliamento nero e azzurro, adatto in apparenza alle escursioni. Il nome del ragazzo era Sora.
Quando aprì gli occhi, Sora si sentiva assai disorientato. Aveva l’impressione di aver perso improvvisamente conoscenza, ma non ricordava come fosse successo. Come se non bastasse, nemmeno il luogo in cui si trovava gli era noto: era seduto a terra, appoggiato con la schiena a un muro di mattoni. Era buio e freddo, una condizione accentuata dal luogo stesso: quello era senza dubbio un vicolo, stretto e cupo. In giro non si vedeva nessuno, perciò era chiaramente solo.
Il giovane si alzò da terra con cautela, guardandosi lentamente intorno. Stava ancora mettendo a fuoco l’ambiente, e ora che ci pensava, quel luogo non era poi così sconosciuto. Gli era già capitato in passato di svenire e di risvegliarsi in un luogo del tutto diverso, in un vicolo simile a questo. Per questo pensò subito di essere tornato nella Città di Mezzo, il mondo che una volta aveva salvato dall’Oscurità. Ma più si guardava intorno, più dubitava di trovarsi nella Città di Mezzo: quel vicolo era più grande e oscuro di quello che aveva già visto; poteva appartenere a un'altra zona... se non addirittura a un’altra città. Quel luogo non aveva nulla di accogliente, a differenza della Città di Mezzo.
Questo, tuttavia, non bastò a scoraggiare Sora, che nella sua vita aveva affrontato ben di peggio. Trovarsi all’improvviso in un luogo sconosciuto era una situazione perfettamente gestibile, dal suo punto di vista, perciò si armò di coraggio e ottimismo e si mise in cammino, prendendo una direzione a caso di quel vicolo stretto. Camminò per un paio di minuti, finché l’uscita del vicolo non apparve davanti a sé.
Oltre la soglia vi era un enorme ambiente urbano. Sora vide edifici e grattacieli che torreggiavano tutt’intorno a perdita d’occhio, mentre una folla immensa di persone camminava lungo la grande strada che si apriva davanti a lui. Persone di ogni sorta, uomini e donne, giovani e adulti, ognuno intento a muoversi sul proprio percorso, senza mai fermarsi. Il ragazzo non aveva mai visto nulla di più caotico... ed era tutto dire, perché  in passato aveva affrontato il Mondo del Caos!
La cosa più inquietante, tuttavia, era il cielo, completamente offuscato da una coltre di nuvole grigie. Sembrava che potesse piovere da un momento all’altro, eppure nessuno ci faceva caso. La gente, per nulla affrettata da un clima in apparenza così instabile, seguitava a camminare per strada con assoluta normalità.
Sora cercò di mantenere la calma. Si trovava da solo in un mondo sconosciuto, senza i suoi amici; soprattutto non vedeva da nessuna parte la gummiship, la nave che gli permetteva di viaggiare tra i mondi. Senza di essa non conosceva altri modi per andarsene, e in qualche modo doveva rimediare. Al momento non aveva altra scelta che mettersi in cammino (anche se non sapeva per dove), in cerca di risposte. Forse qualcuno tra quelle persone poteva aiutarlo...
Gli cadde lo sguardo sul primo individuo che passava, una donna intenta a guardare la vetrina di un negozio accanto al vicolo. Si avvicinò con cautela e alzò una mano, pronto a interagire con un abitante del nuovo mondo.
« Mi scusi, signora » chiese Sora, alzando una mano con aria amichevole. « Sa dirmi dove ci troviamo? »
La donna non rispose. Continuava a voltargli le spalle e a guardare la vetrina, come se non l’avesse sentito. Forse era sorda, pensò il ragazzo, che dunque provò ad insistere.
« Signora? » domandò ancora con voce più alta. « Può aiutarmi? Avrei bisogno di... oh! »
Sora fu colto da un improvviso stupore. Aveva alzato una mano per toccare la spalla di quella donna... e l’aveva attraversata, come se fosse trasparente. Il braccio gli passava da parte a parte, non sentendo nulla a parte il contatto con l’aria. Come se non bastasse, la donna pareva non essersi accorta di nulla, di nuovo.
« Ma cosa...! »
La donna si voltò improvvisamente, staccando gli occhi dalla vetrina. Sora la guardò finalmente in faccia... solo per scoprire che non aveva affatto una faccia. Niente occhi, né naso, né la bocca; era come un manichino, privo di qualsiasi tratto somatico. Eppure si muoveva, era viva: camminava per la strada, avanzando in direzione di Sora. Il ragazzo tentò di scansarsi ma non fu abbastanza rapido; la donna gli passò nuovamente attraverso, come se non avesse corpo.
Sora continuò a fissare la donna che si stava allontanando da lui, e nel frattempo si rendeva conto della realtà che lo circondava. L’intera folla era come lei. Tutte le persone erano senza volto, incorporei al tatto come se fossero fantasmi. Camminavano lungo le strade e il marciapiedi, senza badare affatto a quello strano ragazzo così diverso da loro, che si era stupito nell’assistere a quel fenomeno.
Quella donna non poteva vederlo né sentirlo, pensò Sora... e non poteva nemmeno toccarlo. Possibile che fosse davvero un fantasma? Tutte quelle persone, identiche a lei nell’aspetto e nel comportamento... allora dovevano esserlo anche loro! Un intero mondo pieno di fantasmi... un’idea davvero spaventosa, a pensarci bene. Ma non aveva senso: sentiva rumori dappertutto, i passi, le voci, le automobili... sentiva il brulicare della vita intorno a lui... come potevano essere fantasmi?
Oppure il fantasma era lui, Sora. Non gli era mai capitata un’esperienza del genere. Continuava quindi a chiedersi in che razza di mondo era finito, e in quale modo. Forse era morto e non se ne rendeva conto... e ora era costretto a vagare in un mondo qualsiasi, dove nessuno poteva vederlo.
Pensava a tutto questo mentre vagava per strada, improvvisamente spaventato, mentre altre persone gli passavano attraverso senza notarlo. Per quanto tempo avrebbe dovuto sopportarlo? Come poteva affrontare un problema del genere? Sarebbe stato meglio affrontare di nuovo un migliaio di Heartless, a pensarci bene... almeno avrebbe saputo come fare...
« Riuscite a sentirmi? »
Sora si voltò all’improvviso, quando ormai era in preda allo sconforto. Qualcuno aveva gridato in lontananza, da qualche parte in mezzo alla folla. Il ragazzo prese quella direzione, deciso a scoprire di cosa si trattava... quelle parole sembravano dargli un pizzico di sollievo: non era da solo... c’era qualcun altro nella sua stessa situazione.
« Eeeehi! C’è qualcuno? Qualcuno riesce a sentirmi? Aiuto! »
Il ragazzo continuò ad avanzare, facendosi strada in mezzo a quell’immensa folla, attraversando parecchie persone senza volto che continuavano a far finta di nulla. Dopo alcuni minuti di corsa, finalmente trovò chi stava cercando: le grida di aiuto provenivano da un altro ragazzo, che si voltava disperato in ogni direzione in cerca di qualcosa, o di qualcuno. Anche lui sembrava un fantasma rispetto alle altre persone, perché non riusciva a toccarle, proprio come Sora. Questi si avvicinò rapidamente, inevitabilmente sollevato. Non era da solo.
« Io posso aiutarti » disse Sora con gentilezza. « Io riesco a sentirti. »
Il ragazzo si voltò verso di lui, con evidente stupore nel suo volto. Sora lo esaminò attentamente: dimostrava all’incirca la sua età, ma era più alto di lui; aveva capelli neri molto arruffati e un paio di occhiali rotondi; indossava semplici abiti urbani, non diversi da quelli di molte persone intorno a loro; inoltre aveva una cicatrice a forma di saetta sulla fronte, un particolare che decisamente stonava con tutto il suo aspetto.
« Stai bene? » domandò ancora Sora, porgendogli una mano. Il ragazzo occhialuto annuì leggermente, e allungò la mano a sua volta. Le loro dita s’incontrarono senza attraversarle, e un’ondata di sollievo investì entrambi: ciascuno era solido per l’altro... potevano vedersi, sentirsi e toccarsi.
« Che cosa sta succedendo? » domandò il ragazzo, guardandosi intorno. « Tu lo sai? Qual è il tuo nome? »
« Mi chiamo Sora... ma non ho idea di cosa sta succedendo. Questo luogo non mi è familiare. »
« Vale anche per me. A proposito, io mi chiamo Harry. Harry Potter. Forse avrai sentito parlare di me... »
« No, a dire il vero » disse Sora, apparendo un po’ imbarazzato. « Perché dovrei conoscerti? Sei famoso? »
« In un certo senso... ma non importa, lascia perdere. »
Harry si guardò nuovamente intorno, cercando di valutare la situazione.
« Tu cosa credi che stia succedendo? » domandò Sora. « Io mi sono risvegliato all’improvviso in un vicolo qua vicino, senza nessun ricordo di come ci sia finito. Prima di allora mi trovavo... a casa mia » aggiunse, cercando di non dire troppo. Ormai sapeva fin troppo bene che non doveva far sapere agli altri di provenire da un altro mondo, a meno che non fosse necessario.
« Vale lo stesso per me » disse Harry. « anch’io mi sono ritrovato qui all’improvviso, senza sapere in che modo. Deve essere questo che abbiamo in comune... siamo stati strappati dalle nostre dimore. Tu da dove vieni? »
« Da un’isola... ben lontana da luoghi come questo. È tutto ciò che posso dirti. »
« Capisco... be’, io invece ho più familiarità con posti del genere. Ho vissuto per un po’ di tempo a Londra. »
« Mai sentita nominare » rispose Sora. « È una città? »
Harry lo guardò stupito.
« Sì, è una città. Devi vivere proprio fuori dal mondo per non conoscerla, vero? Comunque non è a Londra che ci troviamo adesso. Gli edifici sono molto più grandi, e anche i Bab... voglio dire, anche la gente sembra diversa. »
Si squadrarono entrambi in silenzio per qualche secondo, poi Sora riprese a parlare.
« Ho un’idea » dichiarò. « Credo che dovremmo unire le forze, per scoprire la verità su questa situazione. Se restiamo uniti potremo trovare delle risposte, e forse anche un modo per tornare a casa. Che ne pensi? »
« Direi che hai ragione » concordò Harry. « Sei l’unico ad essere giunto in mio aiuto, quindi voglio fidarmi. Sento che è la cosa giusta da fare. »
Il ragazzo sorrise, porgendo la sua mano a Sora. Lui sorrise a sua volta e gliela strinse, nel più classico gesto d’amicizia che esiste al mondo. In quell’attimo parve quasi che il tempo si fosse fermato, anche se non potevano spiegarsi il perché...
« Oh » fece Sora all’improvviso. La sua attenzione era stata improvvisamente attirata da qualcosa che non era Harry, dato che guardava in un punto oltre le sue spalle. Il ragazzo si voltò per capire, e scoprì la verità nel giro di un istante. La gente intorno a loro si era fermata: ogni persona nei dintorni aveva smesso di camminare, e ora guardava inequivocabilmente i due ragazzi, che ancora si tenevano per la mano. Anche se non avevano volto, le loro teste erano rivolte verso di loro, rimanendo immobili. Harry e Sora capirono dunque di essere in qualche modo diventati visibili a quella gente... ma intuirono anche che ciò non era necessariamente un bene.
Le persone restarono immobili per una manciata di secondi. Poi, in un gesto fluido, sincronizzato, sollevarono tutti il braccio destro, puntando l’indice contro Harry e Sora. Li indicavano come fossero estranei, criminali o appestati, insomma con disprezzo.
« Che... che cosa volete? » chiese Harry, divenuto improvvisamente ansioso. Ma non ebbe risposta. La gente restò in silenzio, continuando ad indicarli in modo così spietato.
Poi, dopo un’altra manciata di secondi, scoppiò il caos. Le persone balzarono addosso ai due ragazzi, aggredendoli in ogni direzione. Non erano armati, ma la loro superiorità numerica era una forza più che sufficiente per fare loro del male. Harry e Sora indietreggiarono subito, ma erano circondati, privi di qualsiasi via di fuga... non avevano altra scelta che affrontarli.
« Dannazione! » gridò Sora, divincolandosi da un uomo che lo aveva afferrato. « Harry, tieni duro... sto arrivando! »
Ci fu un lampo di luce, e Sora respinse in un attimo il gruppo di persone che lo assaliva; senza perdere altro tempo raggiunse Harry, colpendo altre persone con l’arma che ora aveva tra le mani: una grossa spada argentata che aveva la forma di una chiave.
Gli uomini senza volto erano impotenti contro l’arma di Sora, con la quale sbaragliò senza sforzo tutti quelli che incontrava. Con un solo colpo liberò Harry dai suoi assalitori, traendolo dunque in salvo.
« Stai bene? »
« Credo di sì » disse Harry, sistemandosi gli occhiali sul naso. « E quella da dove salta fuori? » aggiunse, guardando la spada.
« Il Keyblade è sempre con me » rispose Sora con fierezza. « È il mio potere, e posso evocarlo ogni volta che ne ho bisogno. »
La gente non si fece intimidire dal potere di Sora, e continuò ad avanzare. Il ragazzo restò in guardia, puntando il Keyblade contro di loro, pronto a combattere.
« Non sono i nemici che sono solito affrontare... ma se mi attaccano, non ho altra scelta che difendermi. Resta dietro di me, Harry. »
« Nossignore » disse Harry, che invece si pose al suo fianco. « non puoi farcela da solo contro tutti questi tizi... avrai bisogno del mio aiuto. »
Sora lo guardò con aria interrogativa, perché Harry stava estraendo dalla tasca una bacchetta di legno e la puntava contro la gente. I senza-volto attaccarono ancora, in una nuova ondata...
« Impedimenta! »
Un raggio di luce saettò dalla bacchetta di Harry, colpendo un folto gruppo di persone. Queste rimasero bloccate sul posto, come se si fossero improvvisamente congelate.
« Stupeficium! »
Un secondo raggio di luce colpì un altro gruppo, scaraventandoli all’indietro con la forza di una cannonata. Le persone colpite rimasero a terra, prive improvvisamente di conoscenza.
Lo sguardo di Sora si trasformò in sorpresa.
« Oh, allora sei un mago! »
« Proprio così » rispose Harry. « Se lo sai, allora anche tu devi esserlo. »
« Be’, non ho il titolo di mago, ma sono capace di qualche trucchetto. Sta’ a vedere... Firaga! »
Fiamme enormi divamparono dalla punta del Keyblade, che circondarono Harry e Sora proteggendoli con una muraglia ardente. I senza-volto non osarono avanzare, troppo spaventati dal fuoco danzante.
« Notevole » commentò Harry.
« Già, ma non basterà contro tutti loro » disse Sora con serietà. « Sono troppi... non possiamo affrontarne così tanti in una volta. »
« Hai ragione... non abbiamo altra scelta, dobbiamo scappare. »
« E come? Siamo circondati... »
Harry non aggiunse altro, e afferrò Sora per il braccio. All’improvviso divenne tutto buio: Sora si sentì mancare il respiro, come se una mano gigantesca lo stesse strizzando, poi cessò tutto. Un attimo dopo era di nuovo nella città, insieme a Harry... ma in un luogo diverso. Si trovavano in una strada deserta, accanto a quello che sembrava un parco pubblico.
« Tutto bene? » chiese Harry, facendosi subito tranquillo.
« Sì... ma cosa è successo? »
« Sono stato io, ho compiuto una Materializzazione Congiunta. »
« Vuoi dire che ci siamo trasportati per magia in un altro posto? »
« Proprio così, è una delle mie capacità... tu non ne sei capace? »
« No... e forse preferisco che sia così » disse Sora, che in effetti avvertiva un certo capogiro.
« Lo so, ci vuole un po’ ad abituarsi ai salti... quasi tutti vomitano, la prima volta. »
Sora prese a guardarsi intorno non appena si sentì meglio. Sembrava che in giro non ci fosse nessuno, ma udiva ugualmente i consueti rumori urbani in lontananza. Capì che non era saggio restare fermi in un posto, quindi sarebbe stato meglio per entrambi cercare un luogo più riparato. Si voltò quindi verso Harry per proporre la sua idea, quando si accorse che l’amico era distratto: il ragazzo occhialuto fissava la sua bacchetta magica con aria stupita, come se non credesse ai suoi occhi.
« Cosa c’è? »
« Niente » disse Harry con esitazione. « È solo che... questa bacchetta... »
« Cosa? »
« Non importa » tagliò corto, riponendo la bacchetta in tasca. « Sarà meglio proseguire... questo luogo non è abbastanza sicuro, per quanto mi riguarda.
Sora annuì. I due presero quindi a camminare, restando il più possibile all’interno del parco. In giro non si vedeva ancora nessuno: sembrava non ci fosse più traccia di quegli esseri senza volto che li avevano aggrediti. Eppure erano stati circondati da una folla intera... com’era possibile che non se ne vedessero altri?
« Tutto questo non ha senso » dichiarò Sora dopo un po’. « Nella mia vita ne ho viste di cose assurde, ma questa le batte tutte. »
« Vale anche per me » aggiunse Harry. « Non mi era mai capitato nulla di simile, prima d’ora. Tutte quelle persone... inizialmente sembravano fantasmi, ma in realtà non è così. Io conosco i fantasmi, e hanno caratteristiche diverse. Non possono diventare solidi all’improvviso. »
« Boh, se lo dici tu... io non so un granché sulle cose occulte. »
« Ad ogni modo, dobbiamo scoprire dove ci troviamo. Cominciamo dal nome di questa città... magari ci aiuterà ad orientarci nel luogo. »
« Buona idea » commentò Sora. « Ma come facciamo? Di chiedere in giro non se ne parla... i cittadini non sono affatto cordiali, se non l’hai notato. »
« Troveremo un modo, vedrai » lo rassicurò Harry. « Se so una cosa dei grandi centri urbani, è che in essi puoi trovare tutto quello che ti occorre... »
Bang!
Harry interruppe la frase, improvvisamente spaventato. Lui e Sora si voltarono entrambi nella stessa direzione, da cui era partito quello che indubbiamente era uno sparo. Non fecero in tempo a chiedersi che stava succedendo, quando udirono un secondo sparo, poi un altro, e un altro ancora. Qualcuno stava usando una pistola in lontananza, oltre la strada.
Bang, bang, bang...
« Ma che sta succedendo? Chi diavolo è che spara così? » esclamò Sora.
« Non ne ho idea » rispose Harry. « Ma ho un brutto presentimento. E se fosse un altro come noi? Forse sta affrontando le persone, come ci è successo poco fa. »
« Allora dobbiamo aiutarlo! Se se la sta vedendo con una folla simile, anche se ignoro quante pallottole abbia, non ce la farà mai da solo! »
Harry annuì, e un attimo dopo stavano già correndo insieme nella stessa direzione. Arrivarono alla fine della strada e girarono l’angolo, trovandosi in un'altra via. Là stava accadendo quello che cercavano: una folla di senza-volto si stava raggruppando in massa intorno a un furgone rovesciato, sopra il quale c’era una persona. Si trattava di una donna armata di un paio di pistole, e con quelle cercava di difendersi sparando colpi a ripetizione. Ma i senza-volto continuavano ad avanzare, incuranti della fiera resistenza che lei opponeva.
« State indietro, maledetti! » gridò la donna, continuando a sparare. Ma un attimo dopo cessò il fuoco, perché le pistole erano scariche. Si apprestò subito a ricaricare, ma i senza-volto ne approfittarono per arrampicarsi in massa.
« Impedimenta! »
L’incantesimo di Harry colpì la gente più vicina al furgone, rallentandoli. Sora approfittò del momento per salire a bordo e raggiungere la donna, sguainando il Keyblade. Lei lo guardò sorpresa, non aspettandosi assolutamente l’arrivo dei rinforzi.
« Firaga! »
Un muro di fuoco divampò dall’arma, che investì l’intera folla. I senza-volto decisero dunque di arretrare, rinunciando all’attacco.
« Muoviamoci, presto! » gridò Sora, che afferrò la donna per un braccio. Insieme saltarono giù dal furgone, raggiungendo Harry, che continuava a scagliare incantesimi sui senza-volto per trattenerli. La folla aveva infatti ripreso ad attaccare, e avanzava inesorabile verso il trio.
« Ne ho abbastanza! » urlò Sora, improvvisamente arrabbiato. Sollevò il Keyblade in aria, poi lo abbassò di scatto, battendolo al suolo. Ci fu un enorme lampo di luce che investì la folla, così forte da abbagliare anche Harry e la donna.
Un attimo dopo era tutto finito. Il bagliore si dissolse, e la strada tornò visibile. Sora guardò in avanti, dove aveva colpito. Si aspettava di trovare un mucchio di persone a terra, stordite dal colpo, invece no: i senza-volto erano rimasti al loro posto, in piedi ma immobili, come se non fosse accaduto nulla. Tuttavia non attaccavano più.
« E ora che gli prende? » fece la donna, puntando le pistole contro di loro.
I senza-volto rimasero immobili per un po’. Poi, suscitando lo stupore del trio, ripresero a muoversi... ma non contro di loro. Camminavano tutti in direzioni diverse, tranquilli e innocenti; sembrava di nuovo la folla indifferente che Sora aveva incontrato all’inizio. Lo confermò definitivamente quando un paio di persone li attraversarono, ed erano nuovamente incorporei.
« Sono tornati come prima »  osservò Sora, guardandosi intorno. « Non ci attaccano più. »
« Sì, ma io non resterei qui ad aspettare che ci riprovino » intervenne la donna con serietà. « Sarà meglio allontanarci, finché si comportano così. »
Harry e Sora si voltarono a guardarla. Solo in quel momento potevano osservarla bene, ora che avevano smesso di combattere. Era alta e bella, con i capelli castani raccolti in una lunga treccia e dalle curve prosperose. Indossava un top verde acqua sopra dei pantaloncini corti da escursione, con un cinturone completo di fondine. Oltre alle pistole era dotata di una specie di spada, appesa a una cintura dietro la schiena. Aveva l’aria seria e determinata, come se vivesse di avventure. In un certo senso, quello sguardo era ciò che aveva in comune con i due ragazzi.
« Stai bene? » domandò Sora con leggero imbarazzo, cercando di non fissare il grosso seno della donna.
« Sì, grazie a voi » rispose lei, intenta a ricaricare una delle pistole. « Credo di dovervi la vita... se non foste intervenuti, a quest’ora quegli esseri mi avrebbero sicuramente uccisa. A proposito, voi chi siete? »
« Io sono Sora. »
« Io Harry... Harry Potter. Devi essere inglese come me, a giudicare dall’accento. »
« Esatto » disse lei. « Io sono Lara Croft. Piacere di conoscervi. A quanto pare, ci troviamo nella stessa situazione. Finora avevo creduto di essere l’unica ad avere un problema con quegli strani tipi. »
« Allora anche tu vieni da un altro... luogo? » chiese Sora, trattenendosi dal dire “mondo”.
« Direi di sì. Mi sono risvegliata all’improvviso in questo posto, senza avere la minima idea di come ci fossi finita. Ero circondata da quella folla di persone senza volto... all’inizio sembravano non badare a me, ma poi, all’improvviso, mi hanno aggredita. Non saprei dire come sia successo. Per fortuna siete arrivati voi a tirarmi fuori dai guai. »
« Oh, è stata una passeggiata » esclamò Sora sorridendo, brandendo fiero il Keyblade. « Quei bifolchi non potevano certo competere con il mio potere! »
« A proposito, Sora, come ci sei riuscito? » domandò Harry incuriosito. « È evidente che hanno smesso di attaccarci dopo che li hai colpiti con quell’esplosione di luce. Come hai fatto a provocarla? »
« È il potere della Luce. È da essa che proviene il Keyblade. L’arma mi ha scelto per proteggere le forze del bene, dotandomi di un grande potere. »
« Mmm » mormorò Harry perplesso. « Non capisco molto bene, ma dev’essere così. Per fermare quegli esseri ci è voluta una grande quantità di energia, che li ha in qualche modo resettati. Hanno ripreso la loro normale attività. »
« Ma chissà per quanto tempo durerà » intervenne Lara. « Come ho già detto, potrebbero attaccarci di nuovo, perciò allontaniamoci da qui il più possibile. »
   
 
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