Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
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Autore: lukevxice    22/06/2015    0 recensioni
Era strano per loro irrompere a casa di qualcuno mentre giocava a fifa13.
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Aileen e Rikki sono due cugine legate da una profonda amicizia e da un tatuaggio.
Entrambe hanno fantasmi da combattere e un cuore di pietra.
Un giorno decidono di scappare.
Ma se al posto che arrivare in America arrivassero a Sidney?
E se proprio a Sidney vivessero quelle persone che cambieranno la loro vita e scoglieranno iloro cuori?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Sbuffò, nel notare una goccia di smalto nero cadere sulla scrivania. Anne si sarebbe arrabbiata, se non avesse ripulito. Arricciò il naso alla puzza dell' acetone per le unghie che stava versando su un batuffolo di candido cotone, che divenne nero al contatto con lo smalto sulla scrivania. Il suo sguardo vagava da tutte le parti, esaminava attentamente a stanza in ogni sigolo particolare: le pieghe del copriletto,l'anta dell'armadio leggermente aperta, la porta che scricchiolava,un suono sordo e fastidioso, a causa dei cardini arrugginiti. Si domandò che posto fosse quelo e perchè lei era li. Sentì provenire dal piano di sotto il suono del campanello. Persone. Altre persone che volevano conocerla e parlare con lei, cercare di darle una vita migliore e di esaudire ogni suo desiderio. Altre persone, grigie. Ecco come vedeva le persone. Grigie, come la nebbia. Vuote, superficiali. Nessuno la capiva meglio di se stessa, eppure, nonostante i suoi tentativi di far capire ad Anne che lei non voleva conoscere gente, eccole li, altre persone grigie pronte a spender soldi per lei, pronti a comprarsi la sua vita. Ecco come aveva sempre visto l'orfanotrofio in cui vieva: come un negozio di persone, perchè si, se una giovane coppia non può avere figli, va in un'orfanotrofio a comprarseli. Firmare carte su carte per ottenere la tutela legale, per comprare una persona. La considerava un'idiozia, ma, ovviamente, non era lei a comandare. In tutte le favole la povera orfanella viene adottata da una nobile famigliola che ha già un figlio. I due ragazzi crescono insieme e si innamorano, si sposano e vissero tutti felici e contenti. Ma la vita non è una bella favola con un bel lieto fine commovente,anzi, gran parte delle volte va tutto bene, ma poi alla fine tutto crolla. E, la sua vita non solo non avrebbe avuto un bel lieto fine, non sarebbe proprio stata una favola, compresa di protagonisti, antagonisti, oggetti magici e aiutanti. Quella era Biancaneve nel castello, il principe azzurro e i sette nani. Questo invece era un orfanotrofio di Perth, Australia con sette suore e quindici famigliole felici che volevano adottrla, alle quali lei aveva detto di no -oppure era scappata- per il semplice motivo che non voleva essere comprata da nessuno.Le piaceva definirsi uno "spirito libero". Diede un occhio all'orologio, notando che era quasi arrivato il momento di incontrare altre persone grigie, altri poveri illusi che credevano di potersi coprare la sua vita con un insulso regalino. Infilò la felpa e scese.Dal corridoio non provenivano voci.E poi fu un'attimo. Un'attimo e il grigio divenne colori. Un'attimo per riconoscere quella testa bionda e quegli occhi verdi. E instintivamente sorrise. E instintivamente sorrisero. Dopo anni che non si vedevano,anche se erano cambiate, erano state capaci di riconoscersi con uno sguardo. E quei due sorrisi sinceri si tramutarono subito in un' abbraccio bisognoso e pieno di mancanze. L'abbraccio di due cugine che da anni non si vedevano e che con uno sguardo si capivano. E, anche se all'apparenza sembravano così diverse erano estremamente uguali. Con un gran sorriso finto e la tristezza imminente negli occhi. E un tatuaggio sul polso, una piccola cazzata da quattordicenni, quelle con un'autorizzazione falsa, l'unica cosa che le accumunava fisicamente,perchè del resto,non si assomigliavano affato: "I'm in the middle" sul polso di una "of nowhere" sul polso dell'altra, e spesso la gente ne chiedeva il significato: evidentemente non le aveva mai viste insieme. Era bello pensare di avere qulcuno a cui vuoi bene accanto. Sperava con tutta e stessa che fosse stata la famiglia di sua cugina ad adottarla. Quella sarebbe stata un eccezione, uno strapo alle regole che si era imposta, uno strappo la prima regola: "non sono di nessuno." Sperava di poter andare via di li, di potere essere libera.Avrebbe aspettato la maggiore età, e poi sarebbe scappata. Non le importva cosa avrebbe fatto nella vita, non voleva lasciare un segno. Voleva solo andare via di li, scappare dal passato ed inseguire il futuro. Aveva letto su un libro che "immaginare il futuro sa di rimpianto" ma secondo lei sapeva di qualcosa di più profondo. Anche se non sapeva dire cosa. Era tutto così strano. Ma poi la domanda sorse spontanea. Aggrotò la fronte, come se fosse strano avere pensato qualcosa. Si prese in giro mentalmente per avere pensato che pensare è strano. E si rese conto dell'enorme cazzata che stava pensando. Decise di finirla coi rompicapo e chiese "Perchè sei qui?" e un "avevo bisogno di qualcuno di vero." fu la risposta Non erano di molte parole, lei e sua cugina. Quando avevano 10 anni passavano le giornate sedute su un letto, o in giardino, sull'amaca del nonno Joe, sedute schiena contro schiena, ognuna con la propria musica e il proprio libro chiuso in mano. Fissavano il vuoto gran parte del tempo, come se cercassero nel vuoto la più piccola parte di materia. Era un silenzio che gridava aiuto, il loro. Era strano che già a 10 anni si avesse così bisogno della musica. Le estati le passavano sempre insieme, lei andava a stare da sua cugina, poi tornava all'orfanotrofio. Erano sempre i tre mesi migliori. Fino al giorno del tatuaggio. L'idea era stata di entrambe. Volevano qualcosa che le legasse per sempre, e cosa c'era di meglio che un tatuaggio, una frase lasciata a metà, che si completav solo con la presenza del braccio? Fu facile falsificare le firme. La zia Emma aveva una firma facilissima da copiare. Ricordava benissimo quando, a 14 anni entrarono nel negozio di tatuaggi. L'uomo che li faceva le incuteva un po' di terrore. Non faceva male, il tatuggio appena fatto. E la cosa che più la rassicurava era il fatto che quello non se ne sarebbe andato. Era lì, indelebile. Quasi meglio di una cicatrice: quelle sbiadiscono. Il tatuaggio resta. Che la pelle sia abbronzata o pallida, più tirata o raggrinzita, segnata dalle rughe. Il tatuaggio sarebbe rimasto li per sempre. Dopo il tatuaggio, quando gli zii le avevano scoperte, si erano arrabbiati molto, con lei, soprattutto. La avevano accusata di aver trascinato sulla cattiva strada la loro figliola, quando l'idea era stata di entrambe. Ricordava perfettamente come era venuta. Stavano ascoltando la musica quando lei si era tolta le cuffie. La cugina, che le dava le spalle se ne era accorta e si era voltata anche lei. Si erano guardate in faccia. Ricordava il sorriso furbo della cugina, quando aveva detto "un tatuaggio." come risposta all'affermazione "sarebbe bello avere qualcosa che ci legasse per sempre, come per ricordarci che l'una c'è sempre per l'altra..." E dopo tre anni, eccole li. Più grandi e più mature, capaci di scrivere un libro di filosofia sulla vita, date le tante delusioni ricevute. Più alte, più cresciute. Ma i tatuaggi erano semre li, come se gridassero 'ricordati di lei'. E si fissarono negi occhi. Prati e oceani. Smeraldi e Zaffiri. Eppure mancava qualcosa. Qualcosa di importante. Mancava ad entrambe. Ed era un peso, quella mancanza: di un pezzo di cuore necessitavano. Quello delle emozioni. Non lo stupido organo che pompava sangue a manetta, rendendole vive. Un pezzo di cuore mancava ad entrambe. Di amore avevano bisogno. Ma non c'era mai nessuno. Forse perchè erano proprio nel mezzo del nulla?
   
 
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