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Autore: _Elwing    22/06/2015    3 recensioni
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Mattine e sere si susseguirono rapide, ma durante il viaggio qualcosa cambiò. Ogni volta che all’alba si svegliava Bilbo si sentiva sempre più stanco. Una strana stanchezza, diversa da quella che si prova quando si dorme poco o male la notte. Era una stanchezza delle ossa, del corpo, e contrastava con la forza e la vivacità che Bilbo ancora sentiva – e aveva – nel cuore.
Quando una mattina Bilbo trovò una piccola pozza d’acqua e, con l’intenzione di rinfrescarsi, vi si specchiò comprese guardando il suo riflesso di cosa si trattava: stava invecchiando.
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Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Arwen, Bilbo, Elrond, Gandalf
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sessanta anni erano passati da quando la minaccia del feroce drago Smaug era stata sventata e Bilbo era tornato a vivere a Casa Baggins, nella Contea. Ci aveva messo un po’ all’inizio, ma poi era riuscito a riprendere la sua vita normale, la quotidianità serena e talvolta monotona degli hobbit della Contea, senza imprevisti e senza avventure.

In realtà non si era mai riabituato completamente a questa vita tranquilla che, prima del suo viaggio, aveva sempre amato tanto. Non riusciva a spiegarsi come ciò fosse possibile: tutto era tornato uguale a com’era prima del viaggio, o almeno lo era in apparenza. Che fosse lui ad essere cambiato?
«Desidero rivedere Erebor, Gandalf! La Montagna Solitaria! – esclamò Bilbo quella mattina del 22 settembre, mentre consumava la sua seconda colazione insieme allo stregone, che fumava la lunga pipa.
« Smaug non è più nella Montagna da ben sessant’anni. »
Era stato un modo gentile per dirgli che lui non era più quello di una volta, che il tempo, benché esteriormente non si notasse, l’aveva cambiato e aveva cambiato anche la Montagna. Non era più lo scassinatore della compagnia di Thorin Scudodiquercia, né lo sarebbe stato più. Ma Bilbo non l’aveva ascoltato.
« Sono stanco della gente che mi sta intorno. – aveva sbottato – Sempre tutti a impicciarsi e io non riesco a trovare la pace che vorrei per finire di scrivere il mio libro. Per questo ho deciso: lascerò la Contea. »

Così aveva fatto. La notte era ormai calata da molto e lui, munito di mantello, di uno zaino pieno di provviste e dei bagagli necessari (tra i quali, ovviamente, il suo Libro Rosso dei Confini Occidentali) e di un bastone di legno era in viaggio già da due ore.

Ridacchiava ancora delle facce che avevano fatto gli hobbit invitati alla festa per il suo centoundicesimo compleanno quando, dopo quel suo discorso troppo sottile e ironico per la loro intelligenza ottusa, infilandosi l’anello al dito, era sparito.
L’anello, il tessoro trovato nelle gallerie buie delle Montagne Nebbiose che aveva conservato con cura durante quei lunghi anni: fece una smorfia ripensando alla fatica che gli era costata lasciarlo, come chiestogli da Gandalf, in eredità a Frodo.
Ora non gli sarebbe più servito: avrebbe rivisto l’amata Montagna, ripercorrendo tutte le tappe del suo viaggio seguendo una delle tante mappe che aveva disegnato e portato con sé. Questo pensiero lo confortò largamente.

Riuscì a percorrere più o meno la stessa strada fatta sessant’anni prima con i nani, senza però imbattersi negli stessi pericoli. Fu un viaggio, quindi, decisamente più tranquillo, forse meno avventuroso e più tranquillo, ma non noioso, poiché ogni posto che vedeva gli riportava alla mente un ricordo di quel viaggio e gli strappava un sorriso.
Più di tutti, rise molto quando si trovò davanti alle statue di pietra di tre grossi troll: quella notte in cui li infilarono nei sacchi con l’intenzione di mangiarseli non rise affatto, ma ora poteva permetterselo, perché i tre troll erano del tutto innocui. Per quella sera, addirittura, si fermò lì: consumò tranquillo la sua cena e giunta l’ora di coricarsi si addormentò contro una gamba di Maso (sì, ancora gli pareva di riconoscerli) sistemandovi sopra lo zaino come cuscino.
Mattine e sere si susseguirono rapide, ma durante il viaggio qualcosa cambiò. Ogni volta che all’alba si svegliava Bilbo si sentiva sempre più stanco. Una strana stanchezza, diversa da quella che si prova quando si dorme poco o male la notte. Era una stanchezza delle ossa, del corpo, e contrastava con la forza e la vivacità che Bilbo ancora sentiva – e aveva – nel cuore.

Quando una mattina Bilbo trovò una piccola pozza d’acqua e, con l’intenzione di rinfrescarsi, vi si specchiò comprese guardando il suo riflesso di cosa si trattava: stava invecchiando.

Si rimirò a lungo prima di ripartire, questa volta accompagnato da un senso di ansiosa urgenza, come se qualcuno o qualcosa lo stesse inseguendo, che cercava con tutte le forze di ignorare.
Le sue soste si fecero più frequenti e più lunghe, mentre alla notte faticava sempre di più a prendere sonno e quando ci riusciva si svegliava al minimo rumore.
« Se non altro non correrò il rischio di essere colto di sorpresa nel sonno da qualche forestiero malintenzionato. – si disse.
Fu proprio durante una di queste soste che fece un incontro, inaspettato ma molto desiderato, e che credeva avrebbe fatto solo una volta giunto a Gran Burrone.
Sul finire del giorno si imbatté in una piccola compagnia di elfi: non avevano cavalli con loro, ma come lui si muovevano a piedi. Siccome lo riconobbero, o meglio indovinarono chi fosse, si fermarono e uno di loro, alto e dai lunghi capelli scuri, gli chiese:
« Dove sta andando tutto solo uno hobbit della Contea? »
« Me ne vado dalla Contea. – rispose Bilbo, scherzando – E a voi, quali questioni vi hanno portato sin qui? »
« Una spedizione nelle Terre Selvagge. »
« Il tuo viso mi è familiare... – disse Bilbo, toccandosi il mento come se stesse pensando.
« Io non ti ho mai visto, ma se sei chi penso tu sia conosci mio padre ed è lui che ti ricordo probabilmente: io sono Elladan, figlio di Elrond il Mezzelfo, Signore di Imladris. Lui è mio fratello Elrohir. E se non sbaglio tu sei Bilbo Baggins della Contea. »

« Che sorpresa! Non sbagli affatto, messere di Gran Burrone. Vi state recando alla casa di vostro padre? »

« Sì, - rispose Elrohir questa volta – stiamo tornando proprio da lui. »
« Anche io sono in cammino per Gran Burrone. »
« Faremo quel che resta della strada insieme, allora. Sarà bello per noi parlare con uno hobbit per cui nostro padre nutre stima e affetto e di cui abbiamo sentito tanto parlare. »
Giunsero a Gran Burrone dopo sei giorni e mezzo di viaggio: l’avrebbero potuto raggiungere anche prima, con un anticipo di un giorno almeno, ma gli elfi furono costretti a rallentare per permettere a Bilbo di stare al passo con loro.
Quando la sera prima di arrivare Bilbo aveva detto loro che Gran Burrone era solo una tappa del suo viaggio e che la meta era invece Erebor sui volti degli elfi si accesero stupore e perplessità; ma notarono anche quanto Bilbo sembrasse felice al pensiero della Montagna e la nostalgia che provava per lei li commosse al punto di non parlare allo hobbit dei loro dubbi su quel viaggio prima di essere arrivati a Imladris.
All’Ultima Casa Accogliente, Bilbo fu accolto allo stesso modo o perfino meglio di come l’avessero accolto le precedenti due volte che vi si era recato.
« Mae govannen, mellon. – con queste parole Elrond il Mezzelfo accolse Bilbo nella sua casa.
Inutile cercare di descrivere la felicità che lo hobbit provò in quel momento. Era contentissimo, come non lo era da sessant’anni, e la presenza degli elfi, la loro musica, i loro canti, la loro compagnia erano impareggiabili. Se in lui non fosse albergato il desiderio di arrivare alla Montagna Solitaria sarebbe stato più che felice di fermarsi lì per sempre.
C’era ansietà in fondo ai suoi occhi, benché velata dalla grande gioia, e non sfuggì al penetrante sguardo di Elrond.
« I miei figli mi hanno raccontato che vorresti riprendere presto il viaggio verso Erebor. – disse a Bilbo quando si incontrarono nel pomeriggio del secondo giorno dal suo arrivo.
« Sono partito dalla Contea per questo, proprio come sessant’anni fa. Per i primi anni dopo il mio viaggio ho creduto che sarei potuto stare di nuovo bene a Casa Baggins... avevo desiderato tanto rivederla e ritornarci durante le numerose avventure che mi hanno portato ad affrontare il drago Smaug. Invece, è come se con il tempo la Contea abbia cominciato a starmi stretta. Non che io non la ami più! Solo... volevo rivedere i luoghi del passato, e la Montagna più di tutti. »
« Non si possono ripercorrere le strade del passato. – disse con un tono dolce e al contempo grave Elrond – Il tuo incarico da scassinatore è terminato quel giorno sulle pendici della Montagna, durante la Battaglia delle Cinque Armate. Non c’è più un drago che dorme sui tesori dei nani, non c’è più nessuno che reclami l’Arkengemma. »
« Lo so, lo so. – rispose Bilbo, sollevando le spalle ed evitando lo sguardo dell’elfo. Nonostante la risposta, il tono della sua voce tradiva il dubbio che stava prendendo piede nella sua mente.
« Cosa pensi di trovare alla Montagna, allora, se sei così consapevole di quello che di sicuro non troverai? »
Non se n’era reso conto Bilbo fino a quel momento; eppure, perfino Gandalf gliel’aveva detto, o meglio, aveva cercato di farglielo capire.
Lo hobbit chinò il capo, stringendosi nelle spalle, e non parlò più.



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Angolo Autrice
Salve a tutti!
L'idea per questa fan fiction mi è venuta l'anno scorso, in un periodo in cui i miei sentimenti erano molto simili a quelli che prova Bilbo in questa storia.
Bolbo è uno dei miei personaggi preferiti di quelli creati da Tolkien e forse quello in cui maggiormente mi rispecchio: per questo desideravo rendergli un piccolo omaggio con questa storia, che non sarà particolarmente lunga.
Spero possa piacervi. I commenti sono molto graditi, anche le critiche, purché siano costruttive e non volte unicamente ad offendere.
A presto!
_Elwing

 

  
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