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Autore: Woland Mephisto    23/06/2015    3 recensioni
Chi sono io? Una persona.
Davvero, sono soltanto una persona, ma ho il costante bisogno di sentire.
Sono una persona a cui piacciono i musicisti. E non pensate che sia, magari, una groupie, una di quelle che di musica non capiscono veramente niente, ma stanno con i musicisti solo per farsi scopare, farsi fare regali costosi e fare la “bella vita” da bohémiens in giro per il mondo, a tirare di coca e a bere a canna.
No, per favore, non mi offendete. Non vi dirò nemmeno se sono un uomo o una donna, sono una persona. Un essere umano, come chi legge questa…cosa.
Sono semplicemente io.

Se vi avventurate in questa One Shot, sappiate che dovrete danzare a ritmo delle note che la mia mente ha voluto inventarsi in questo raptus di follia momentanea. È solo introspezione pura, senza trama, senza nulla. Musica ed emozione, soltanto questo.
Spero che possa piacere a chi avrà voglia di sentire quello che la Musica ha da comunicare.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Thanks, Danny!

- un monologo -

 






La mia amica è là, nel salotto di casa sua, che si siede al pianoforte e io non posso fare a meno di avvicinarmi e guardarla: guardare per ascoltare, ascoltare per il puro piacere e gusto di sentire.
Chi sono io? Una persona.
Davvero, sono soltanto una persona, ma ho il costante bisogno di sentire.
Sono una persona a cui piacciono i musicisti. E non pensate che sia, magari, una groupie, uno di quelli che di musica non capiscono veramente niente, ma stanno con i musicisti solo per farsi scopare, farsi fare regali costosi e fare la “bella vita” da bohémiens in giro per il mondo, a tirare di coca e a bere a canna.
No, per favore, non mi offendete. Non vi dirò nemmeno se sono un uomo o una donna, sono una persona. Un essere umano, come chi legge questa…cosa.
Sono semplicemente io.
E, dicevo, mi piacciono i musicisti. In realtà non mi piacciono nemmeno loro, ma solo la loro musica. Mi piace stare accanto a loro, di fronte a loro, dietro di loro o nei loro dintorni solo per sentirli suonare.
Sono stato con un sacco di musicisti, è vero, ma in realtà io non stavo con loro: stavo con la musica che facevano. A volte, con una mia vecchia fiamma, un chitarrista davvero bravo, stavo ore al telefono, io in completo silenzio, magari a fare altro, tenendo in vivavoce solo perché stava suonando.
C’è stata una violoncellista, una volta, una tipa strana, che stava con me per non si sa quale motivo e io andavo sempre a casa sua per sentirla suonare. Mai nemmeno una volta a farci l’amore, desideravo solo ascoltare mentre si esercitava, mentre tirava fuori, da quel pizzicare e scivolare con l’arco, delle note fantastiche. A volte mi chiedevo pure se esistessero davvero, quelle note: cose mai sentite.
Vi dirò, io stavo con loro per la loro musica, davvero, ma quando li lasciavo, non era la loro musica che lasciavo, ma loro. Caratteri orrendi, alcuni, ve lo posso assicurare. Competitivi, acidi, vogliono sempre essere i migliori. Oppure remissivi, scialbi, che suonavano la musica di altri perché non sanno creare la propria: e questi erano quelli che mi piacevano meno e dopo due giorni veleggiavo già verso altri porti.
Non ho mai fatto sesso con un musicista. È strano, vero?
Stai con uno o con una che tira fuori da uno strumento qualcosa di così bello, o struggente o imponente che nemmeno ti viene da pensare che vorresti farci l’amore. Perché il mio amore è la musica, non c’è altro al mondo che ti fa sentire quello che senti con Lei. Ti catapulta in altre parti del mondo, dell’universo, a volte in altri mondi e universi, perché lei racchiude l’anima dell’infinito.
E tu vedi queste persone straordinarie – perché se non è straordinarietà questa, allora non so cosa sia – che ti fanno apprezzare l’immensità di questo universo attraverso sette note.
Sì, sette note soltanto e tu con quelle crei l’infinito.
Sette note, oppure sei corde, oppure una decina di fori, oppure ottantotto tasti. Numeri finiti, uno strumento completo, compiuto, chiuso. Eppure da quelli viene fuori l’infinito.
Come quando la mia amica, qui, accanto a me, comincia a suonare il suo pianoforte sfiorando i tasti: la sto ascoltando proprio adesso e mi sento abbandonare questo sgabello di legno, cotone e seta, chiudo gli occhi, sono altrove.
Un bar jazz, magari a Boston, negli anni ’40. Una bella donna con una vestaglia di seta bianca che sotto le luci di un riflettore manda bagliori perlacei: sta suonando il piano, con i grandi, languidi occhi verdi concentrati sulla tastiera, i capelli castani e mossi che ondeggiano, intorno a lei il bar è buio. Illuminano solo lei, le luci, ed è solo lei che vogliamo vedere, solo il prodotto delle sue splendide mani d’avorio che vogliamo sentire.
La gente è muta, la guarda estasiata, come me. Sorrido perché l’atmosfera è fumosa, rilassante, gentile, come la sottoveste bianca che le ricopre il corpo, le note ondeggiano come i suoi capelli bruni e mi cullano, morbide, carezzevoli e vivaci. Questa è musica che profuma di sublime. Sembra quasi che una cascata di piccoli diamanti stia cadendo dal cielo, il riverbero della felicità che emana ognuno di quei piccoli brillanti lo sento dentro: stanno cadendo sul mio cuore, lo rendono ricco. La Musica lo rende ricco.
È tutta la dolcezza del mondo nelle sue mani, che proviene dalle sue mani, mi coccola come si fa con un gatto che non aspetta altro che sentire la tua mano sul suo pelo liscio e soffice. Questa canzone è soffice, flessibile e tenera come il sottabito bianco di lei, mi accarezza il corpo come quel pezzo di stoffa fa con il suo, come se ci scivolasse sopra, mentre il fumo, dal palco, avvolge tutto.
E poi la canzone finisce e apro gli occhi un’altra volta. Vedo i suoi occhi languidi che si posano nei miei: sta aspettando un mio verdetto. Perché questo faccio, io, do i responsi e i giudizi quando qualcuno suona: se non mi piace non è musica, dicono loro.
Ormai mi conoscono, i musicisti, lo sanno che se non mi fanno viaggiare, che se non mi fanno sentire allora non è musica e loro non valgono niente.
Non sono nemmeno un critico, in realtà. Non mi piace il mestiere dei critici, loro guardano alla tecnica, al modo in cui ti muovi, alla velocità, queste cose che a me non interessano minimamente. Davvero, non mi tange.
Puoi suonare anche una ninna nanna, se sei un musicista vero io lo capirò.
Mi basta chiudere gli occhi mentre stai suonando, per saperlo.
Perché sapete, dicono che la musica tocca tutti, che è vera musica quella che ti piace, quella tu vuoi ascoltare, ma non è così. La gente mediocre ascolterebbe di tutto.
E non pensate che io me la tiri quando dico che non sono una persona mediocre.
È vero, prima ho detto che sono una persona, ma non sono una persona come la massa di persone che credono di capire cos’è la musica, ma non lo sanno. Seguono solo i propri “gusti”, ma la verità è che la musica va oltre i gusti. Perché sì, può non piacerti un certo genere, puoi non apprezzare uno strumento, ma se uno con quello strumento o in quel genere che non ami ti fa della Musica, allora non t’importa più se non ti piace il genere o lo strumento.
Ma questo le persone normali non l’hanno mai capito.
/Che noia questo.
Che noia quello.
Quell’artista non mi piace per niente.
Ah, a me sì, allora tu non capisci nulla.
No, tu non capisci nulla, quello è zero, meglio questo qui.
Ma quello lì fa un genere che non ascolto.
Eh, ma come fai a non ascoltarlo, è troppo figo./
Dio, quant’è rivoltante. Davvero, quando sento queste cose oscene mi sento lo stomaco sobbollire nel tentativo di trattenere i succhi gastrici che ha voglia di espellere.
No, vedete, io dico una cosa: la musica è di tutti, ma non per tutti.
E questo vale sia per gli ascoltatori, sia per i musicisti, badate!
Per gli ascoltatori, ribadisco quel che ho detto prima: non vi fidate di quelli che vi dicono di ascoltare un certo genere, una certa cosa, soprattutto se quella cosa “va di moda” o “è troppo figa”. Sentite la musica vera, quella che emozioni, il resto è roba da quattro soldi, fatta da gente che non vale niente solo per fare soldi e fare contenta la massa. Non vi fidate della massa. Fidatevi di quello che percepite ascoltando. E fidatevi di me.
Per quanto riguarda i musicisti: avete idea di quanto io non riesca a tollerare quelli che dicono cose come: Ah, ma a me piace fare solo questo genere, le altre cose non le prendo nemmeno in considerazione. Sono noiose, non fanno per me, sono stupide. Io sono nato per fare questo e questo continuerò a fare per sempre.
No, davvero, che cosa vorrebbe dire questo?
Se uno ama suonare il proprio strumento ci suona qualsiasi cosa, anche quello che di solito non ascolta. Suona per il puro piacere di suonare, di tirare fuori qualcosa dalla propria interiorità. Che t’importa poi di che genere sia? Che t’importa se non fai quello che ascolti o fai di solito? È una parte di te, tutta la musica è una parte di te se sei un musicista vero.
E io me ne accorgo sempre se qualcuno lo è. Sempre. Non possono mentirmi, perché io lo sento.
E lei, la mia amica che mi sta fissando negli occhi proprio in questo momento, lei lo è. Mi ha fatto sentire.
Perché la Musica non si ascolta, si sente. E non vi fidate nemmeno di coloro che vi dicono che la musica va ascoltata, perché “ascoltare” non è la parola giusta. Ascoltare è fare attenzione, e forse, per certi versi, se dovete fare i critici e se dovete essere precisi allora dovete ascoltare. Ma non ha senso soffermarsi al semplice “fare attenzione”, se si può avere di più. Ed ecco che entra in scena il sentire. “Sentire” ha la stessa radice di “sentimento”, questo lo sapete bene, sì.
Perché quella musica vera la puoi sentire sopra e sotto la pelle. Ti accarezza, facendoti venire la pelle d’oca, si insinua sotto la pelle, passando dalle orecchie, e ti scalda e ti raffredda allo stesso tempo: è una cosa pazzesca. La senti scorrere insieme al sangue e il ritmo lo detta il musicista, tu devi soltanto stare lì a sentire la storia che ha scelto di narrarti. Ecco, la musica narra una storia.
Come quella del bar jazz di prima. La musica ti trasporta in una storia, in un posto, e tu puoi vederlo, puoi sentirlo attorno a te, davanti a te, dentro di te.
Il cuore batte a ritmo e tu lo senti. Lo senti e poi vedi. Puoi chiudere gli occhi o restare a occhi aperti e vedere la storia che si realizza negli occhi di chi suona, ma lo vedi comunque. Io preferisco chiudere gli occhi, assaporare ogni suono, ogni movimento, ogni pausa, ogni piccolo passaggio delle storie che mi sottopongono.
La mia amica ha avuto il suo responso, direi. La mia amica da bar jazz di Boston, negli anni ’40, questo è, questo ho visto tra le sue note dolci e sensuali.
E vado via, alla ricerca di altra musica da sentire, di altri stimoli che mi facciano sentire la vita. Cammino per strada con l’ombrello in mano e sento il picchiettare della pioggia su ogni superficie ed è musica anche quella. La musica di Dio, la chiamerei, quel dio che si diverte a creare suoni con cui dilettare il mio animo. Danny. Sì, credo che lo chiamerei Danny, questo dio, perché mi sa di blues. Mi sa di uomo di colore alto e profondo, con gli occhi magnetici, che suona con tutto quello che ha creato nel mondo. In questo caso sta suonando con la pioggia, vuole parlarmi, vuole farmi sapere che tutto è un bene, che anche la pioggia è un bene, nonostante tutti la odino. Nessuno che vuole bagnarsi. Danny, il dio nero che suona con la pioggia, è abbastanza contrariato da ciò, lo sento nelle note malinconiche e un po’ rabbiose che questa pioggia mi fa udire.
La luna dovrebbe essere già in cielo, ma non si vede perché è coperta dalle nuvole cariche di pioggia che stanno scaricando su di me tutta la frustrazione di Danny. Tranquillo, caro, io la sto apprezzando la tua pioggia, la tua musica.
Mi vien voglia di gettare via l’ombrello e lasciarmi bagnare dalla musica di dio. Lo faccio ed è magnifico. Sento l’odore delle strade di Londra d’estate. Vuoi portarmi a Londra, Danny? E andiamoci: d’estate a Londra piove abbastanza spesso, sapete? Ed eccomi che passeggio tranquillo per le strade della città, sento quell’odore particolare che la pioggia porta con sé quando si abbatte su questa metropoli. E io non ci sono mai stato a Londra, solo che lo percepisco perché Danny vuole che io lo avverta.
Non credo nei miracoli, no, quella è roba per i dilettanti. Credo nelle sensazioni e nella musica, nella libertà, nella Bellezza, nei sentimenti e nelle emozioni. Quelle sì che sono cose grandi.
Sento un sassofono in lontananza. Un sassofono in mezzo al nulla, quando la gente non esce di casa perché piove come se ci fosse il diluvio universale? È possibile?
E poi passo davanti a un negozio e lo vedo: in vetrina c’è un uomo che suona il sassofono. Mi avvicino, completamente zuppo d’acqua, e lo guardo ammaliato. Mi piace. Non lui, intendiamoci, nemmeno lo vedo, sinceramente, perché lo sto sentendo. Chiudo gli occhi e mi ritrovo col sedere su un prato umido, aspettando l’alba che sta per arrivare, di fronte a me c’è un lago enorme e liscio, un pontile che dà su di esso, ma senza barche in ammollo. È tutto calmo e seducente come solo l’alba può essere per gli amanti.
Sì, questa è musica sensuale da amanti che si godono l’alba e fanno l’amore sotto il sole che sorge, senza curarsi che qualcuno possa guardarli o  sentire i loro gemiti focosi sul prato su cui si rotolano e godono della vita. La meraviglia, la Bellezza, tutto in queste poche note che sembrano tinte del colore del riflesso del sole che sorge sul lago. È incantevole, irresistibile, con quello charme da giovani aitanti e innamorati che si concedono l’un l’altro e non si può fare a meno di pensare che sia perfetto.
E riapro gli occhi di nuovo quando la canzone finisce e questo tipo mi guarda stralunato. No, mio caro, la pazzia non si è impossessata di me solo perché sto camminando piano sotto la pioggia senza ombrello e sorrido con gli occhi chiusi. Stavo sentendo la tua storia. E direi che è bella, direi che sei un musicista.
Guardati tu, piuttosto, un musicista, e anche bravo, che si fa chiudere in una vetrina! Suvvia, puoi avere un altro tipo di pubblico.
Mi metto a camminare con calma di nuovo sotto la musica di Danny, mentre il ragazzo in vetrina scuote la testa e ricomincia a suonare qualche altra delle sue storie, un’altra canzone che io non ascolterò, perché mi sto recando…altrove.
Dovunque ci sia Musica.
E quando arriverò a casa mia, ho deciso che metterò su un disco meraviglioso, di una band che fa musica medioevale. Avete mai ascoltato la musica celtica o medioevale? È splendida. In particolare quando entrano in scena degli elementi folkloristici, come le cornamuse. Oh Danny, le cornamuse! Le hai inventate per piacere mio, mio diletto personale, non è così?
Immagino sempre di stare in bicicletta nella campagna scozzese, con il vento che mi scompiglia i capelli, quella sensazione di libertà che ti afferra la bocca dello stomaco. Stormi di uccelli che volano via al mio passaggio, mentre seguo lo sciabordare di un fiume, sulla bicicletta che non si fermerà mai, perché io voglio continuare a correre e correre, selvaggio come la natura, mentre attraverso i boschi e sento che questa vita è mia, che questi immensi spazi verdeggianti sono miei, che è tutto vero.
Sulle note della musica è davvero tutto vero.
Sono veri lo strazio del violino che suona la sua malinconica serenata, la rabbia della chitarra elettrica che si lamenta del mondo che peggiora di giorno in giorno, la compostezza del pianoforte a coda che sostiene una conversazione culturale, il fischio del flauto che si perde nel vento, ora allegro ora triste, i battiti della batteria che segnano la vita di una canzone, lo sfrigolare delle maracas che ritma una danza primitiva…
La musica è vita; la vita è musica.
Capite questo e capirete come ballare sulle note, come lasciarvi andare e vivere davvero.
Emozionatevi, sentite, vivete veramente, perché la vita reale inizia quando ne capite il ritmo, quando capite che potete ballare una sola canzone sulle note di milioni di altre.
Io l’ho capito, mio caro lettore. E tu?
 
 
   
 
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