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Autore: Ortensia_    24/06/2015    2 recensioni
[ IN SOSPESO ]
Quella che sto cercando di comunicarle, dottoressa M., è la mia personale utopia: un mondo dove gli uomini non siano schiavi del sistema sociale e delle regole imposte da altri uomini, un mondo in cui si possa agire secondo la propria volontà e il proprio istinto, al giorno d'oggi repressi entrambi dall'indiscutibile forza psichica della morale.
[Makishima!Centric]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Shogo Makishima
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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La mia personale utopia: dove il Super-io non esiste e ogni uomo è giudice di se stesso


Ne La strada di Wigan Pier, Orwell dichiara che: Il peggior criminale che abbia mai camminato su questa terra è moralmente superiore al giudice che lo condanna alla forca.
È mio desiderio, forgiato da mera curiosità, conoscere i suoi sentimenti riguardo alla sopracitata affermazione.
Lei, dottoressa M., condivide quanto detto? Oppure lo disapprova completamente? Forse è sua volontà contestarne una parte o avverte l'impellente necessità di replicare. Qualunque sia il caso, la prego di appellarsi al suo istinto, non alla logica.
La Q che Murakami inserisce nel titolo di uno dei suoi più rinomati capolavori (credo non sia necessario specificare ciò di cui sto parlando, sono sicuro che lei lo conosca quel tanto da rendere il mio soliloquio sufficientemente comprensibile) dovrebbe essere applicata alle pagine di ogni manoscritto, romanzo o codice giuridico. Se non ricorda per cosa sta la Q, o se per qualche ragione non ha mai avuto l'occasione di leggere l'opera (in tal caso glielo consiglio vivamente) e quindi ne ignora totalmente il significato, mi permetta di illustrarglielo brevemente: si tratta dell'iniziale di
Quesion mark, che come sa è il nostro Gimonfu (il punto interrogativo).
La ragione per cui la rendo partecipe della mia fantasticheria è molto semplice: si può realmente distinguere la verità dalla finzione? L'uomo più abile e intelligente, dotato di una dose di acume non indifferente, probabilmente non ne sarebbe in grado, e perciò ritengo doveroso applicare il
Question mark alle pagine dei manoscritti, dei romanzi o di qualsivoglia codice giuridico, come ho detto prima. Credo, inoltre, che ci sia una particolare urgenza per quanto riguarda l'ultima categoria, siccome coloro che plasmano le regole su cui si fonda la nostra società non sono altri che i giudici squallidi e infimi di cui parlava Orwell.
Un mondo dove verità e finzione siano perfettamente distinguibili è l'utopia cullata da anime sensibili e ingenue.
Dove io vedo la verità, lei potrebbe vedere la menzogna, e viceversa.
Le alte cariche politiche e i corpi di polizia ci dicono che cosa è giusto e che cosa è sbagliato, sono loro ad ergersi a giudici, ma in conseguenza di ciò l'unico risvolto possibile è che si cada nel parossismo.
Ogni uomo, a parer mio, dovrebbe essere esclusivamente giudice di se stesso e mai giudice dei propri simili, anche quando le sue facoltà intellettive si presentano infinitamente superiori a quelle altrui e perciò potrebbero indurci a pensare che la sua esistenza sia perfettamente aderente al suddetto incarico.
Quella che sto cercando di comunicarle, dottoressa M., è la mia personale utopia: un mondo dove gli uomini non siano schiavi del sistema sociale e delle regole imposte da altri uomini, un mondo in cui si possa agire secondo la propria volontà e il proprio istinto, al giorno d'oggi repressi entrambi dall'indiscutibile forza psichica della morale.
Mi permetta di discorrere brevemente sulla teoria freudiana secondo la quale esistono tre distinte sfere della personalità: l'
Es, l'Io e il Super-io.
Come lei sa, essendo una stimata collega del compianto dottor Freud, l'
Es può essere identificato con l'inconscio e l'Io con la coscienza, mentre il Super-io, sul quale desidero soffermarmi più a lungo, e ciò che scaturisce dal nostro bagaglio culturale, modelli comportamentali e morale annessi, e che, perciò, reprime le naturali pulsioni dell'essere umano e lo soffoca in un perenne stato di insoddisfazione.
In conseguenza di ciò, io identifico il
Super-io con la censura, (che non è altro se non un'arma intellettuale utilizzata soprattutto dai totalitarismi), per tanto ritengo che se l'umanità riuscisse a spezzare le catene che la tengono legata a questa terza sfera della personalità ci si potrebbe avvicinare ad un'esistenza infinitamente più appagante e meno opprimente di quella che viviamo oggi.
Ci insegnano fin dalla più tenera età che
la verità è le juste milieu, che il fine non giustifica i mezzi, che al nero si deve preferire il bianco e che il bene sia superiore al male, ma ritengo che l'istruzione dei genitori sia soltanto il primo agente attraverso il quale la nostra libertà di scelta viene limitata. Il bambino è un essere privo di conoscenza e in quanto tale ha bisogno che il suo contenitore mentale venga riempito, per cui è naturale che consideri oro colato tutto ciò che gli viene detto, di conseguenza perde il proprio metro di giudizio o, per lo meno, lascia che sia indebolito dalle opinioni (che vengono recepite come vere e proprie norme) genitoriali. Se poi si considera che gli insegnamenti dei genitori non sono altro che il retaggio degli antenati, stratificazioni della morale nel tempo, allora viene da chiedersi se essi credano veramente che il fine non giustifichi i mezzi o che il bianco sia meglio del nero, oppure se non si tratti semplicemente di mera soppressione dell'istinto naturale in primo luogo, della coscienziosità e, perché no, della personalità in secondo.
Se non le dispiace, vorrei concedermi una piccola digressione all'interno del testo e ritengo sia necessario che lei si soffermi sulle parole che ho già scritto in precedenza e che ora ritroverà leggermente modificate: dove io vedo la verità, e quindi bianco, lei potrebbe vedere la menzogna, e quindi nero, e viceversa, per cui non è detto che ciò che vediamo sia necessariamente come ci appare.
Lei sa cos'è il nerobianco, dottoressa M.?
Il termine nerobianco, nel linguaggio artificiale della neolingua, si riconosce, innanzitutto, per la sua ambiguità, in quanto ad esso corrispondono due accezioni collocate agli antipodi.
Se parliamo di una persona che pensa nerobianco, ad esempio, indichiamo un individuo che a seconda delle proprie esigenze e dei propri interessi indica come nero qualcosa che potrebbe essere bianco e viceversa, e ciò, nell'universo di 1984, è un requisito mentale che corrisponde ai dettami del partito, quindi converrà con me che si tratta dell'accezione positiva.
Il termine assume una connotazione spregiativa quando viene accostato all'immagine di quello che nell'universo distopico dell'opera viene definito psicocriminale, questo perché chi sa pensare nerobianco non può comunque permettersi di vedere bianco ciò che il partito vede nero.
In poche parole: se l'individuo vede nero ciò che il partito vede nero, allora è un degno membro della società, se invece vede nero ciò che il partito vede bianco, è un criminale.
Si tratta di un meccanismo complesso, angusto, soffocante, come quando si prova a mettere per iscritto tutti i pensieri che ci passano per la testa ma ancor prima di sfiorare la carta con la punta della penna realizziamo (e ci rammarichiamo al solo pensiero) di quanti ce ne siano giù sfuggiti.
In 1984 il confine fra cittadino e psicocriminale (e di conseguenza nonpersona) è molto sottile, così come lo è nel nostro universo, perché, mi creda, dal momento in cui lei comincerà a vedere bianco ciò che gli altri vedono nero, allora la società identificherà il suo volto con un punto interrogativo.
In 1984, i mezzi utilizzati sono allo stesso tempo il fine ultimo, e la freccia bianca che si muove sul teleschermo, squarciando la coda di quella nera, non è sempre fonte di gaudio, ma più spesso suscita interrogativi che scuotono l'individuo e gli trasmettono la terribile sensazione, anche se per un solo istante, di trovarsi in un mondo diverso da quello reale.
Se prima sostenevo che ognuno dovrebbe essere giudice di se stesso, ora dichiaro che ogni persona abbia il diritto di
costruire se stessa assecondando esclusivamente la propria volontà e i propri desideri.
Nella mia personale utopia, nessuno sa dire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, e per tanto nessuno può essere condannato o santificato.
Nella mia persona utopia, non c'è uomo migliore o uomo peggiore, e il nero e il bianco non esistono.


L'angolino psicotico dell'autrice latente:

Una bella mattina mi sono svegliata e mi è tornato in mente uno dei pochi libri di autori italiani che io abbia apprezzato, cioè: "La coscienza di Zeno". Non so davvero per qualche infelice associazione di idee mi sia venuto in mente di scrivere qualcosa di (lontanamente) simile in chiave Psycho-Pass, ma... eccomi qui.
Tutto ciò che è scritto qui e che verrà scritto prossimamente (sarò molto lenta ad aggiornare, sob-- ma dopotutto il progetto è ambizioso e complesso) è più che altro un allenamento per me (?).
Adoro il personaggio di Makishima, di conseguenza, anche se ho il terrore di piombare nell'OOC, voglio approfondirlo il più possibile nella speranza di approdare alla felice isola dell'IC.
Per il resto, ovviamente credo che la comprensione risulti un po' difficile per quelle persone che magari non hanno mai letto 1984 o non hanno una vasta conoscenza letteraria (non che io sia un genio, ci mancherebbe), quindi riprendo alcune parti e le spiego qui:

  • Makishima parla di Murakami e del suo capolavoro, cioè 1Q84, dove, per l'appunta, la Q nel titolo è l'iniziale di Question mark, siccome la protagonista, scoprendo a distanza di anni di un importante avvenimento di cui non era a conoscenza, inizia a pensare di trovarsi in un mondo parallelo al 1984, cioè l'anno in cui è ambientata l'opera;

  • Su Es, Io e Super-io basta fare qualche ricerca su Internet (scusate la mia pigrizia, emh);

  • Le juste milieu corrisponde, sostanzialmente, alla nostra via di mezzo, ed era un'espressione usata dai filosofi che cercavano di trovare una via di mezzo, per l'appunto, fra il tradizionale e il moderno (soprattutto in arte e politica);

  • Sul nerobianco, ci ha già pensato Makishima a spiegarvelo. Io non potrei fare meglio. (?);

  • Lo psicocriminale non è altri se non chi va contro i dettami del partito in 1984, mentre la nonpersona, sempre nella suddetta opera, è qualcuno che essendo stato additato come criminale è stato eliminato dal partito (eliminato non solo nel senso di ucciso, ma completamente polverizzato, in modo che nessuno si ricordi della sua passata esistenza)

  • Tutti questi termini (psicocriminale, nonpersona e nerobianco) sono in neolingua, cioè la lingua appartenente all'universo di 1984 (quindi si tratta di una lingua artificiale).

Per quanto riguarda la dottoressa M., è solo una figura eterea come lo era il dottor S. ne "La coscienza di Zeno". La fanfiction si potrebbe considerare una raccolta, visto che i capitoli sono lettere a sé stanti che Makishima invia alla dottoressa.
Non ho altro da dire. Per il resto, voleste seguire i miei deliri giornalieri (?), questa è la mia pagina: Neu Preussen EFP
Ringrazio chiunque abbia letto >u<
Alla prossima!


   
 
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