La mia personale utopia: dove il Super-io non esiste e ogni uomo è giudice di se stesso
Ne
La
strada di Wigan Pier,
Orwell dichiara che: Il
peggior criminale che abbia mai camminato su questa terra è
moralmente superiore al giudice che lo condanna alla forca.
È
mio desiderio, forgiato da mera curiosità, conoscere i suoi
sentimenti riguardo alla sopracitata affermazione.
Lei,
dottoressa M., condivide quanto detto? Oppure lo disapprova
completamente? Forse è sua volontà contestarne
una parte o avverte
l'impellente necessità di replicare. Qualunque sia il caso,
la prego
di appellarsi al suo istinto, non alla logica.
La
Q che Murakami inserisce nel titolo di uno dei suoi più
rinomati
capolavori (credo non sia necessario specificare ciò di cui
sto
parlando, sono sicuro che lei lo conosca quel tanto da rendere il mio
soliloquio sufficientemente comprensibile) dovrebbe essere applicata
alle pagine di ogni manoscritto, romanzo o codice giuridico. Se non
ricorda per cosa sta la Q, o se per qualche ragione non ha mai avuto
l'occasione di leggere l'opera (in tal caso glielo consiglio
vivamente) e quindi ne ignora totalmente il significato, mi permetta
di illustrarglielo brevemente: si tratta dell'iniziale di Quesion
mark,
che come sa è il nostro Gimonfu
(il
punto interrogativo).
La
ragione per cui la rendo partecipe della mia fantasticheria
è molto
semplice: si può realmente distinguere la verità
dalla finzione?
L'uomo più abile e intelligente, dotato di una dose di acume
non
indifferente, probabilmente non ne sarebbe in grado, e
perciò
ritengo doveroso applicare il Question
mark
alle pagine dei manoscritti, dei romanzi o di qualsivoglia codice
giuridico, come ho detto prima. Credo, inoltre, che ci sia una
particolare urgenza per quanto riguarda l'ultima categoria, siccome
coloro che plasmano le regole su cui si fonda la nostra
società non
sono altri che i giudici squallidi e infimi di cui parlava Orwell.
Un
mondo dove verità e finzione siano perfettamente
distinguibili è
l'utopia cullata da anime sensibili e ingenue.
Dove
io vedo la verità, lei potrebbe vedere la menzogna, e
viceversa.
Le
alte cariche politiche e i corpi di polizia ci dicono che cosa
è
giusto e che cosa è sbagliato, sono loro ad ergersi a
giudici, ma in
conseguenza di ciò l'unico risvolto possibile è
che si cada nel
parossismo.
Ogni uomo, a parer mio, dovrebbe essere esclusivamente giudice di se
stesso e mai giudice dei propri simili, anche quando le sue
facoltà intellettive si presentano infinitamente superiori a
quelle altrui e perciò potrebbero indurci a pensare che la
sua esistenza sia perfettamente aderente al suddetto incarico.
Quella che sto cercando di comunicarle, dottoressa M., è la
mia personale utopia: un mondo dove gli uomini non siano schiavi del
sistema sociale e delle regole imposte da altri uomini, un mondo in cui
si possa agire secondo la propria volontà e il proprio
istinto, al giorno d'oggi repressi entrambi dall'indiscutibile forza
psichica della morale.
Mi
permetta di discorrere brevemente sulla teoria freudiana secondo la
quale esistono tre distinte sfere della personalità: l'Es,
l'Io
e il Super-io.
Come
lei sa, essendo una stimata collega del compianto dottor Freud, l'Es
può essere identificato con l'inconscio e l'Io
con la coscienza, mentre il Super-io,
sul quale desidero soffermarmi più a lungo, e ciò
che scaturisce
dal nostro bagaglio culturale, modelli comportamentali e morale
annessi, e che, perciò, reprime le naturali pulsioni
dell'essere
umano e lo soffoca in un perenne stato di insoddisfazione.
In
conseguenza di ciò, io identifico il Super-io
con la censura, (che non è altro se non un'arma
intellettuale
utilizzata soprattutto dai totalitarismi), per tanto ritengo che se
l'umanità riuscisse a spezzare le catene che la tengono
legata a
questa terza sfera della personalità ci si potrebbe
avvicinare ad
un'esistenza infinitamente più appagante e meno opprimente
di quella
che viviamo oggi.
Ci
insegnano fin dalla più tenera età che
la verità è le
juste milieu,
che
il fine non giustifica i mezzi, che al nero si deve preferire il
bianco e che il bene sia superiore al male, ma ritengo che
l'istruzione dei genitori sia soltanto il primo
agente attraverso
il quale la nostra libertà di scelta viene limitata. Il
bambino è
un essere privo di conoscenza e in quanto tale ha bisogno
che il suo contenitore mentale venga
riempito, per cui è naturale che consideri oro colato tutto
ciò che
gli viene detto, di conseguenza perde il proprio metro di giudizio o,
per lo meno, lascia che sia indebolito dalle opinioni (che vengono
recepite come vere e proprie norme)
genitoriali. Se poi si considera che gli insegnamenti dei genitori
non sono altro che il retaggio degli antenati, stratificazioni della
morale nel tempo, allora viene da chiedersi se essi credano veramente
che il fine non giustifichi i mezzi o che il bianco sia meglio del
nero, oppure se non si tratti semplicemente di mera soppressione
dell'istinto naturale in primo luogo, della coscienziosità
e, perché
no, della personalità in secondo.
Se
non le dispiace, vorrei concedermi una piccola digressione
all'interno del testo e ritengo sia necessario che lei si soffermi
sulle parole che ho già scritto in precedenza e che ora
ritroverà
leggermente modificate: dove io vedo la verità, e quindi
bianco, lei
potrebbe vedere la menzogna, e quindi nero, e viceversa, per cui non
è detto che ciò che vediamo sia necessariamente
come ci appare.
Lei
sa cos'è il nerobianco, dottoressa M.?
Il
termine nerobianco, nel linguaggio artificiale
della
neolingua, si riconosce, innanzitutto, per la sua
ambiguità,
in quanto ad esso corrispondono due accezioni collocate agli
antipodi.
Se
parliamo di una persona che pensa nerobianco, ad
esempio,
indichiamo un individuo che a seconda delle proprie esigenze e dei
propri interessi indica come nero qualcosa che potrebbe essere bianco
e viceversa, e ciò, nell'universo di 1984,
è un requisito
mentale che corrisponde ai dettami del partito, quindi
converrà con
me che si tratta dell'accezione positiva.
Il
termine assume una connotazione spregiativa
quando viene accostato all'immagine di quello che
nell'universo distopico dell'opera viene definito psicocriminale,
questo perché chi sa pensare nerobianco
non può comunque
permettersi di vedere bianco ciò che il partito vede nero.
In
poche parole: se l'individuo vede nero ciò che il partito
vede nero,
allora è un degno membro della società, se invece
vede nero ciò
che il partito vede bianco, è un criminale.
Si
tratta di un meccanismo complesso, angusto, soffocante, come quando
si prova a mettere per iscritto tutti i pensieri che ci passano per
la testa ma ancor prima di sfiorare la carta con la punta della penna
realizziamo (e ci rammarichiamo al solo pensiero) di quanti ce ne
siano giù sfuggiti.
In
1984 il confine fra cittadino e psicocriminale
(e di
conseguenza nonpersona)
è molto sottile, così come lo è nel
nostro universo, perché, mi
creda, dal momento in cui lei comincerà a vedere bianco
ciò che gli
altri vedono nero, allora la società
identificherà il suo volto con
un punto interrogativo.
In
1984, i mezzi utilizzati sono allo stesso tempo il
fine
ultimo,
e la freccia bianca che si
muove sul teleschermo, squarciando la coda di quella nera, non
è
sempre fonte di gaudio, ma più spesso suscita interrogativi
che
scuotono l'individuo e gli trasmettono la terribile sensazione, anche
se per un solo istante, di trovarsi in un mondo diverso da quello
reale.
Se
prima sostenevo che ognuno dovrebbe essere giudice di se stesso, ora
dichiaro che ogni persona abbia il diritto di costruire
se stessa assecondando esclusivamente la propria volontà e i
propri
desideri.
Nella
mia personale utopia, nessuno sa dire cosa sia giusto e cosa sia
sbagliato, e per tanto nessuno può essere condannato o
santificato.
Nella
mia persona utopia, non c'è uomo migliore o uomo peggiore, e
il nero
e il bianco non esistono.
L'angolino psicotico dell'autrice latente:
Una
bella mattina mi sono svegliata e mi è tornato in mente uno
dei
pochi libri di autori italiani che io abbia apprezzato,
cioè: "La
coscienza di Zeno". Non so davvero per qualche infelice
associazione di idee mi sia venuto in mente di scrivere qualcosa di
(lontanamente) simile in chiave Psycho-Pass, ma... eccomi qui.
Tutto
ciò che è scritto qui e che verrà
scritto prossimamente (sarò
molto lenta ad aggiornare, sob-- ma dopotutto il progetto è
ambizioso e complesso) è più che altro un
allenamento per me (?).
Adoro
il personaggio di Makishima, di conseguenza, anche se ho il terrore
di piombare nell'OOC, voglio approfondirlo il più possibile
nella
speranza di approdare alla felice isola dell'IC.
Per
il resto, ovviamente credo che la comprensione risulti un po'
difficile per quelle persone che magari non hanno mai letto 1984 o
non hanno una vasta conoscenza letteraria (non che io sia un genio,
ci mancherebbe), quindi riprendo alcune parti e le spiego qui:
-
Makishima parla di Murakami e del suo capolavoro, cioè 1Q84, dove, per l'appunta, la Q nel titolo è l'iniziale di Question mark, siccome la protagonista, scoprendo a distanza di anni di un importante avvenimento di cui non era a conoscenza, inizia a pensare di trovarsi in un mondo parallelo al 1984, cioè l'anno in cui è ambientata l'opera;
-
Su Es, Io e Super-io basta fare qualche ricerca su Internet (scusate la mia pigrizia, emh);
-
Le juste milieu corrisponde, sostanzialmente, alla nostra via di mezzo, ed era un'espressione usata dai filosofi che cercavano di trovare una via di mezzo, per l'appunto, fra il tradizionale e il moderno (soprattutto in arte e politica);
-
Sul nerobianco, ci ha già pensato Makishima a spiegarvelo. Io non potrei fare meglio. (?);
-
Lo psicocriminale non è altri se non chi va contro i dettami del partito in 1984, mentre la nonpersona, sempre nella suddetta opera, è qualcuno che essendo stato additato come criminale è stato eliminato dal partito (eliminato non solo nel senso di ucciso, ma completamente polverizzato, in modo che nessuno si ricordi della sua passata esistenza)
-
Tutti questi termini (psicocriminale, nonpersona e nerobianco) sono in neolingua, cioè la lingua appartenente all'universo di 1984 (quindi si tratta di una lingua artificiale).
Per
quanto riguarda la dottoressa M., è solo una figura eterea
come lo
era il dottor S. ne "La coscienza di Zeno". La fanfiction si potrebbe
considerare una raccolta, visto che i capitoli sono lettere a
sé stanti che Makishima invia alla dottoressa.
Non
ho altro da dire. Per il resto, voleste seguire i miei deliri
giornalieri (?), questa è la mia pagina: Neu
Preussen EFP
Ringrazio
chiunque abbia letto >u<
Alla
prossima!