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Autore: La ragazza invisibile    24/06/2015    0 recensioni
“Solo un’ultima cosa, un ultimo miracolo, Sherlock, per me. Non essere morto. Potresti farlo per me? Voglio che la smetti. Smetti questa farsa.”
Tanti confusi tasselli di vita, perchè le persone cambiano e raramente i miracoli si ripetono.
Attenzione: major character death.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della BBC, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 
A great man and now also a good man

Sei confuso.  Ti senti strattonare da ogni parte e non riesci a ragionare.
Sherlock, pensi, dovrei chiamare Sherlock, è lui quello intelligente, avrà di sicuro una spiegazione.
Per un momento sei sollevato, credi di aver trovato la soluzione, ma poi, veloci come un flash, le immagini si sovrappongono sui tuoi occhi e devi tenerti la testa fra le mani mentre, una dopo l’altra, ti feriscono: una figura, bianca e nera come un vecchio film, sul bordo del tetto del Bart’s, lo squillo del tuo cellulare, la caduta del coinquilino e la tua quasi come di riflesso contro il ciclista, il sangue e infine il polso. Quel polso che fino a poco prima aveva visto muoversi, frenetico mentre dimostrava le sue deduzioni, delicato e aggraziato quando suonava il violino e fermo e rigido nello spostare le provette degli esperimenti, ora abbandonato mollemente e così silenzioso.
Tu, che hai sempre cercato di capire, di restare al passo, per una volta vuoi assolutamente pensare che la soluzione che il tuo cervello ti da sia sbagliata.
Perché deve essere sbagliata, non può essere vera. 
Perché, nonostante tutto, Sherlock non può assolutamente essere morto, nonostante l'abbia sentito pure tu che il cuore del detective si è fermato.
Cadi a terra, abbandonandoti sul marciapiede e qualcuno ti aiuta a rialzarsi, in tempo per veder portare via Sherlock (ti rifiuti anche solo di pensare che sia soltanto più un corpo vuoto).
Ma poi arriva Greg, lo guardi avvicinarsi, guardi la sua espressione preoccupata, il passo mesto con cui ti si avvicina… All’improvviso capisci cosa intendeva Sherlock quando diceva che lui non guardava, ma osservava, perché tutto, dalla sua postura alla sigaretta che tiene in mano, mentre si passa l’altra tra i corti capelli, esprime una sola cosa: dolore.
E tu ti vede togliere quell’ultima, debole speranza dettata dal tuo essere umano. E mentre scivoli per terra, senti chiaramente un rumore che non c’entra nulla e al contempo tutto. Senti un rumore di vetri in frantumi. O forse è soltanto il tuo cuore.

Pensa a tutto Mycroft, e tu, per una volta, gli sei riconoscente perché, ridotto come sei, non riusciresti a fare nulla, tantomeno organizzare un funerale. In effetti, sei in uno stato tale da non essere più riconoscibile. Il soldato che ha lasciato l’Afghanistan solo dopo essere stato ferito da proiettile, che ha continuato a combattere anche dopo aver guardato centinaia di donne, bambini e uomini morire tra i più atroci dolori, ora non riesce a farsi forza dopo un solo cadavere. Perché quel cadavere non è uno dei tanti, è unico. Perché quel cadavere appartiene a Sherlock e Sherlock era speciale. Così ti trascini stancamente tra condoglianze di amici e sconosciuti senza rispondere, vai al funerale solo perché costretto da principii morali, nascondendo il tuo dolore. Lo mostri solo una volta rimasto solo con quella lapide, quando poche lacrime accompagnano la tua preghiera:
“Solo un’ultima cosa, un ultimo miracolo, Sherlock, per me. Non essere morto. Potresti farlo per me? Voglio che la smetti. Smetti questa farsa.”

Non pensi che sarai mai più felice, non ti fai illusioni, non hai false speranze. Hai combattuto per la tua patria e ne hai ricavato una pallottola nella spalla e un congedo, sei rimasto accanto al  tuo migliore amico e l’hai visto morire. Se esiste un Inferno,  saresti felice di andarci, per sfuggire alla cosiddetta Vita e al dolore che essa porta. 
Ma prima che tu possa prendere qualche decisione avventata conosci Mary. La deliziosa, dolce Mary, con la quale esci, prima dubbioso, poi quasi con gioia, perché uscire con lei è come prendere una boccata d’aria dopo aver rischiato di affogare. Per mesi ti era sembrato di star affondando sempre di più in  quest'oceano di dolore, incapace di risalire a galla, ma quanto guardi quella donna, quando la baci, quando ti addormenti tra le sue braccia e per una notte gli incubi si assopiscono in un angolo della mente, trovi la forza per risalire e prendere una boccata d’aria, quel tanto che ti basta a farti andare avanti ancora un po’ prima di essere di nuovo trascinato giù.
E John,  sei un uomo che ha sofferto, che crede che non sarà mai più felice, perché non riesce nemmeno ad abbandonare il passato, tanto disperato che ti accontenti del lieve sollievo che, come il profumo di Mary, accompagna i vostri incontri.

È buffo come la vita riesca sempre a sconvolgerti i piani. Un chiaro esempio è il fatto che non appena  decidi di chiedere la mano a Mary, dopo averci riflettuto a lungo e nonostante vi conosciate da meno di un anno, l’ultima persona che ti aspettava di vedere torna a far capolino nella tua vita. E non lo fa normalmente, come una persona chiunque farebbe, ma ti si ripresenta davanti indossando cose che non avresti mai immaginato potesse indossare, come occhiali e papillon, offrendoti del vino, paragonandosi ad un ottima annata e con dei ridicoli baffi disegnati. Beh, per quanto possa essere arrabbiato con il tuo ex-coinquilino, devi concedergli che anche tu porti dei baffi ridicoli, come hanno fatto notare tutti con molta poca discrezione, e che sono veri, e il fatto che solo ora te li stai radendo dovrebbe dirti qualcosa.

Ed è tutto un miscuglio di emozioni, di felicità, rabbia, sollievo, delusione... 
Ormai ti senti preso in giro da tutti: affoghi in un oceano di sentimenti causati da una delle due uniche persone in tutto il mondo che non ne provano.

Non sai esattamente perché gli chiedi di essere il tuo testimone. Forse perché ti è mancato così tanto e ora vuoi coinvolgerlo di nuovo nella tua vita, forse perché vuoi vederlo in imbarazzo, o forse, semplicemente, perché voi due siete migliori amici.
O almeno, questo è quello di cui cerchi di convincerti, mentre tenti di sopprimere quella felicità che provi nel momento in cui vedi  l'espressione ferita che ha  quando tu e Mary siete insieme.

Ti rendi conto che Sherlock ti sta evitando quando, uscito a bere una birra con Lestrade, questo ti parla dell'ultimo straordinario caso risolto dal consulente investigativo, di cui non avevi saputo nulla, e del suo comportamento ancora più straordinario che ha avuto con Anderson, limitandosi a correggere gli evidenti errori che stava facendo nel determinare la causa del decesso, senza però insultarlo. E tu, facendo finta di sorridere, senti una stretta al cuore, mentre Greg esclama:
- Sei davvero importante per lui, sembra che la tua presenza abbia davvero limato il suo carattere spigoloso-
- Già-

Andate avanti così per mesi, brevi incontri fugaci che di sicuro bastano a Sherlock per capire tutto quello che ti è successo dall'ultima volta che vi siete visti, mentre a te bastano a malapena per salutarlo. Anche se dall'esterno non sembra, a un occhio più attento si nota che tutto è cambiato, si può vedere la signora Hudson che a malapena ti saluta, lo sguardo sfuggente di Sherlock, che si precipita da Lestrade anche per i casi più noiosi, le occhiatacce di Mycroft. No, aspetta, quelle non sono una novità. Eppure, nonostante tu non vada su una scena del crimine da mesi, tutto prosegue come sempre, senza che nessuno si stupisca o cerchi di fare qualcosa riguardo ai cambiamenti che, lentamente, ti stanno allontanando sempre di più dai tuoi vecchi amici.

È la gravidanza di Mary che vi allontana definitivamente. Niente più birre con Lastrade, niente più deduzioni o inseguimenti con la mano pronta sulla pistola. Ora ci sono solo camerette da arredare, parenti a cui dare la lieta novella e strane voglie da soddisfare alle ore più improbabili. E anche se a volte il pericolo sembra cercarti, come quando alle tre di notte hai fatto a cazzotti davanti al supermercato dove eri andato a comprare un qualche cibo strano per Mary, ormai la tua è una tranquilla ed estremamente noiosa vita di periferia. E pian piano anche tutto ciò che riguarda Sherlock viene dimenticato.

Vi incontrate mesi dopo, in un covo di drogati, ma giusto il tempo di aggredirsi a vicenda, fargli salvare la vita della moglie bugiarda e rischiare di condannarlo ad un esilio  e siete già nuovamente separati.

Una bimba. Un’adorabile bimba dai radi capelli biondi e gli occhi blu intensi, nata strillando come una matta, il debole corpicino scosso dai singhiozzi. Ecco chi è la figlia di Mary Morstran e John Watson. È lei la piccola che vuoi presentare a Sherlock. E lui ti stupisce alla festa che date una volta tornati a casa prendendola in braccio e cullandola dolcemente, lasciando tutti quanti a bocca aperta, mentre fa finta di non accorgersene. E poi non vi vedete nuovamente per mesi, finché non ti precipiti in Baker Street, agitato e furioso, perché no, nessuno può permettersi di rapire la tua famiglia, specie se il vero obiettivo è Sherlock.

-Ti prego, qualsiasi cosa, fa qualsiasi cosa, ma riportamele- è la tua disperata supplica. Sherlock fa solo un cenno stizzito con il capo e, se solo fossi lucido, riconosceresti la preoccupazione nelle lievi rughe che gli circondano il volto, noteresti l'intensità con cui fissa il pannello, come se volesse che la soluzione saltasse fuori dal nulla, ma non sei lucido, e l'unica cosa che vedi è supponenza.
- Sherlock, non farlo- gli intimi, il soldato che c'è in te che emerge- non trattare la mia famiglia come un qualsiasi caso. -
Un altro cenno del capo, mentre probabilmente è troppo preso dai suoi ragionamenti. È troppo. Ti alzi, lo afferri per i lembi delle camicia abbottonata solo a metà e lo strattoni. Lui rimane impassibile, analizzandoti con quegli occhi così dannatamente azzurri, mentre ti chiede di andartene, se non sei in grado di mantenere la calma. E tu lo fai, esci, sbattendo la porta, perché hai bisogno di scaricare tutta quest'ansia, e non puoi farlo su di lui, o non potrai mai rivedere le tue donne.

Che Sherlock sia un genio lo sanno tutti, hai passato molto del tuo tempo a ripeterlo, quasi come un mantra, eppure, per una volta, il consulente investigativo deve accontentarsi della propria soddisfazione personale, perché tu sei troppo preso per dirglielo o almeno ringraziarlo. Ha finalmente capito, dopo una lunghissima settimana, dove possono trovarsi Mary e la bimba e ora vi state precipitando sul posto, lui con uno sguardo lievemente inquieto, tu col cuore in gola, mentre quell'ultimo rimasuglio di paura fa spazio alla speranza. Perché ormai tutto ciò che conta, non appena le vedi, è il loro lieve respiro sulla tua pelle mentre le abbracci, il debole sorriso che compare sulla labbra di Mary quando la baci. Solo questo, nient'altro.
Eppure, quando, saliti sull'ambulanza, le osservi meglio, noti la loro magrezza, la fronte calda di tua figlia, e non puoi fare a meno di avere un moto di rabbia ingiustificata contro Sherlock, perché,  maledizione, poteva trovare la soluzione prima.

E la rabbia diventa prima ira e poi furia, in un climax che trova il suo apice nel pugno scagliato contro il tuo ex-coinquilino, che nemmeno tenta di difendersi, quando scopri che il criminale, dall'identità ancora ignota, è riuscito a fuggire.
E tu continui a tirare pugni, mentre Sherlock, stranamente mansueto, arretra, fino a trovarsi contro il muro, e lì, contro quella tappezzeria bucherellata, gli rivolgi parole dure, che non dimenticherà fino alla sua morte:
-Dovevi fare di più! Capisco Mary, ma mia figlia... pensavo ci avresti messo più impegno per una bambina! Le ha rapite solo perché voleva te e voi l'avete fatto fuggire...-

Ormai è definitivo, hai tagliato tutti i ponti con i tuoi vecchi amici. Eri troppo arrabbiato, pur sapendo di essere nel torto, per scusarti del tuo comportamento o sopportare la loro presenza, così ti sei buttato nel lavoro e nella famiglia, evitando addirittura gli articoli sul giornale che parlano di Lastrade o di lui. Questo finché non ti arriva quel mssaggio:
“Sherlock grave all’ospedale, si è scontrato con il rapitore. MH”
e, dopo averlo letto due o tre volte, per essere sicuro di aver capito, la prima  e unica cosa che ti viene in mente è che devi correre a vedere come sta, perché, dopo il tuo ultimo comportamento, qualcosa nel tuo cuore, che ti rifiuti di chiamare rimorso, ti sta praticamente gridando che non puoi assolutamente lasciarlo lì da solo, devi almeno scusarti.
Eppure quando vedi finalmente il bianco corridoio, ti stupisci a notare la folla, per i parametri di un sociopatico iperattivo, radunata: Lastrade, Molly, la signora Hudson, Mycroft e, in un angolino, pure Anderson e Donovan. Non appena ti avvicini, tutti si voltano, fissandoti con astio, per poi tornare subito a osservare la porta della sala operatoria, in volto tanta preoccupazione. E tu ti unisci a loro, silenzioso, sentendoti stranamente estraneo a quel dolore.
Il chirurgo esce ore dopo, il volto sfatto, sfogliando stancamente la cartella clinica e bisbigliando sottovoce a Mycroft, l'unico parente di Sherlock presente. Quando finiscono, venite informati che la situazione è critica, ma che per il momento è stabile, e ti sembra di volare, tanto sei sollevato, mentre zittisci il tuo dottore interiore, che continua a ripeterti che critica non è assolutamente una bella  cosa. E basta vederlo lì, steso sul lettino, bianco cadaverico sul bianco delle lenzuola, le braccia piene di flebo, intubato, perché ti torni in mente tutto. È stato pestato brutalmente, come si può notare benissimo da tutti quegli ematomi, o da quegli stupendi zigomi, ora rovinati, e a questo si aggiungono le precedenti ferite. Ora hai finalmente modo di osservare attentamente come l'intero corpo sia ricoperto da un intreccio di cicatrici, che paiono quasi lievi su quella pelle del loro stesso colore. Sai che la maggior parte di esse è dovuta ai due anni passati via, ma almeno una, più recente, la puoi ricondurre al bicchiere che gli hai scagliato contro durante il vostro  ultimo litigio e che si è rotto contro il suo braccio, usato come scudo, e improvvisamente la consapevolezza di tutto il dolore che ha sopportato anche per il tuo bene ti fa impallidire, mentre ti rendi conto di quanto tu sia stato ingiusto nei suoi confronti, di quanto il tuo rifiuto lo abbia ferito, anche se non lo ammetterebbe mai, eppure i fori nell'incavo dei gomiti non mentono. 
Vi alternate all'ospedale, compatibilmente con i vostri orari di lavoro, vegliandolo e sperando che si risvegli dal coma provocato dal trauma cranico subito, ma l’elettroencefalogramma lascia ben poche speranze: il tracciato è piatto da quand’è stato operato, e sembra che non dia segni di cambiamento, nonostante tutti i medici assunti da Mycroft.
 
Ed è così doloroso, settimane e settimane dopo, quando vi arrendete all’evidenza, quando comprendi che non potrai chiedergli mai scusa. Perché avete deciso di staccare la spina: l’elettroencefalogramma ormai non dà segni di ripresa e la possibilità che si riprenda sono nulla, così, per la prima volta da quando vi siete riuniti davanti a quella sala operatoria, vi ritrovate nuovamente tutti insieme in una stanza, osservando, le lacrime agli occhi, o, nel caso delle donne, che scorrono già da un po’, un medico concludere tutti i controlli del caso per accertare la morte cerebrale, prima di liberarlo dalla quella prigione che è il suo corpo martoriato. E sebbene tu abbia già dovuto assistere a questa procedura, non puoi fermare una lacrima solitaria, mentre Lestrade emette un debole singulto, abbracciato da Mycroft, e tu non puoi che andartene, perché, anche se il dolore è tanto profondo, senti che ormai non sei più il benvenuto in quella stretta cerchia di brava gente. Specie quando, al funerale, il fratello ti lascia una busta da parte di Sherlock, e tu la apri e leggi quell’unico foglio. La sua eredità e la tua condanna. E ti senti morire, anche se fisicamente resti in vita. Perché Lestrade aveva ragione. Perché alla fine Sherlock è davvero diventato un brav’uomo.
 
Caro John,
è così che le persone normali scrivono le lettere, vero? So che già una volta ti ho lasciato un biglietto e che non ha funzionato bene, ma credo sia dovuto al fatto che era una telefonata, e non invece un testo scritto. Comunque, questo sarà per davvero il mio ultimo biglietto per te: ormai hai la tua vita e, con mio grande rammarico, io non sono incluso nei tuoi piani, però ho ancora un compito da terminare, ovvero catturare l’uomo che ha rapito Mary  e tua figlia. Ho intenzione di farla finita, non solo come consulting detective, ma con tutto questo, perciò questo sarà il mio ultimo caso, poi lascerò questa busta sulla mensola del camino, sotto il teschio, confidando che Mycroft la noti e te la consegni, e infine infrangerò tutti i tuoi divieti di medico, abbandonandomi al sollievo della cocaina.
Volevo solo ringraziarti per i nostri anni di amicizia e di collaborazione e dirti che ti perdono per il tuo recente comportamento.
Per sempre tuo,
Sherlock
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolino della vergogna dell’essere che ha creato sta”roba”
Ehilà, come state?
Innanzitutto vorrei precisare che non so un accipicchia di nulla di medicina, perciò sono andata su Santa Wiki ad informarmi e, a quanto  ho capito, il tracciato piatto dell’elettroencefalogramma può avvenire , e cito testualmente, anche durante un'anestesia molto profonda o durante un arresto cardiaco, ma non sono per questo decerebrate; la morte cerebrale si riferisce alla cessazione permanente e irreversibile dell'attività cerebrale. Quindi immagino che, date le operazioni a cui Sherlock è stato sottoposto appena arrivato in ospedale, i medici, vedendo il tracciato piatto, abbiano sperato fosse dovuto all’anestesia, ma poi abbiano scoperto che la situazione non variava e che quindi era dovuto al coma, causato a sua volta dal trauma cranico. Non so se si è capito il mio ragionamento, ma in caso qualcuno fosse più informato di me e si accorgesse che ho scritto minchiate, per favore, ditemelo pure, son sempre felice di correggermi e imparare nuove cose :)
Ovviamente siete tutti invitati a darmi un parere, che mi fareste molto piacere e magari potreste aiutarmi a migliorarmi. Soprattutto per risolvere il mio dubbio: i personaggi sono OOC? Perché dal mio punto di vista no, i loro comportamenti sono dovuti agli eventi accaduti, ma il mio giudizio è tutto tranne che imparziale…
E bho, scusatemi per questo delirio di depressione, ma ormai ho rinunciato a scrivere storie allegre -_-
Vi aspetto nelle recensioni (per chi ha voglia), a presto,
La Ragazza Invisibile
   
 
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