Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Writer96    24/06/2015    13 recensioni
"Albus Severus Potter era un Potter fino al midollo, e cose come i capelli o gli occhiali erano solo due dei tanti elementi a conferma del fatto. Un altro, nuovo elemento, era quello che lui aveva notato le lentiggini di una ragazza e solo allora si era reso conto che forse, ma non proprio solo forse, doveva davvero essersi innamorato di lei.
Se non altro, aveva pensato a malincuore, ci era arrivato dopo soli tre anni di amicizia vera e propria.
****
-Papà, è successo.- esordì, una volta tornato a casa per le vacanze estive dopo i GUFO.
-Che cosa, figliolo?- chiese Harry, pulendosi le mani su uno strofinaccio della cucina.
-Quello. Il Fattaccio Potter.- rispose, e gli occhi di Harry si riempirono di una strana luce felice mentre si precipitava verso il figlio."
Una fanfic tutta dedicata ad Albus Severus Potter.
Perchè Alice me l'ha chiesta, e non potevo dirle di no.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus, Severus, Potter, Alice, Paciock, Jr, Harry, Potter | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il Fattaccio Potter
Dedicata ad Alice, che si è innamorata di Al, anche se è della nuova generazione.






Albus Severus ce l’aveva stampato in faccia, che era un Potter. O per meglio dire, sopra la faccia, in mezzo alla matassa scura di capelli perennemente intrecciati che sembravano restii a sottostare alla gravità e sotto il paio di immancabili occhiali tondi.
Erano, quelli, dei marchi che i Potter si portavano dietro da generazioni e Albus non sperava certo di poterseli scrollare di dosso. Dopotutto, si poteva dire con altrettanta certezza che Albus Severus Potter era un ragazzo saggio.

Secondogenito, non aveva mai potuto sperimentare nella sua vita le gioie tiranniche dell’essere il primogenito a capo del gruppo dei fratelli, nè era mai stato viziato e coccolato in qualità di terzo ed ultimo figlio, come era accaduto invece con Lily, ed era cresciuto equilibrato e pacato, lontano da ogni ambizione di rivelarsi il più forte e da ogni astuzia per accaparrarsi ciò che voleva.

Era, insomma, dopo tante generazioni di Potter in grado di ficcarsi nelle peggiori situazioni e di essere sempre nell’occhio del ciclone, l’unico che fosse riuscito a ritagliarsi il suo angolo di tranquillità, senza essere costantemente al centro dell’attenzione. Essere il figlio di Harry Potter di certo non lo aiutava, ma da persona saggia ed equilibrata com’era, Albus aveva sempre accettato con filosofia la cosa e a parte un singolo incidente –la volta in cui un tale, Dedalus Lux, aveva iniziato ad inseguirlo per tutta Diagon Alley sostenendo di dovergli cercare la cicatrice sulla fronte perché dovevano sicuramente essere tornati indietro nel tempo al 1991 e lui doveva, senza ombra di dubbio, essere Harry Potter stesso- la situazione non gli era sfuggita mai troppo di mano; e poi, il ruolo di primogenito del Salvatore del Mondo Magico era egregiamente occupato da James Sirius e lui non aveva nessuna, ma proprio nessuna, voglia di tentare di togliere il fratello dal centro di quell’attenzione che, proprio come suo nonno, amava tanto.

Nonostante questo, però, Albus Severus Potter era comunque un Potter fino al midollo, e cose come i capelli o gli occhiali –si era chiesto più volte, in vita sua, se quella montatura tonda avesse preso il nome della sua famiglia, visto che sembrava essere un accessorio necessario ed intramontabile da quasi tre generazioni- erano solo due dei tanti elementi a conferma del fatto.

Fu per questo che, quando si accorse di essere innamorato della sorella del suo migliore amico dopo soli tre anni, lasciò tutti stupiti, perché nella storia dei Potter non s’era mai visto nessuno accorgersene con così tanta rapidità. E, come disse una volta Dominique, era davvero tutto dire.

 
****

 
Era successo durante il suo quinto anno, questo Albus lo sapeva con certezza, ed era successo un giorno in cui, dopo qualche mese di sottile logorio interiore, finalmente aveva deciso di parlare delle proprie pene amorose con qualcuno. La scelta del qualcuno non era stata casuale, anzi, dietro di essa c’era stato uno studio attento e ben ponderato che aveva tenuto occupata la mente di Albus per parecchi giorni- del resto, non  a caso Albus non era finito in Grifondoro, culla dei coraggiosi di cuore, vero, ma anche degli impulsivi e, a volte, degli sfrontati- , scelta che infine era ricaduta, dopo un’attenta analisi, sull’ultima persona al mondo che ci si sarebbe aspettati Albus avrebbe scelto.

La verità era che Albus aveva immediatamente scartato l’ipotesi di dirlo a qualcuno di famiglia, troppo spaventato all’idea che se ne facesse immediatamente una questione di stato.
Ricordava perfettamente la volta in cui aveva sorpreso Roxanne e Lucy a tirarsi i capelli, urlandosi contro perché entrambe sostenevano di essere la cotta segreta di un tale Mark Bennet, o la volta in cui James aveva fatto una scenata memorabile a Lily, dicendole che non poteva assolutamente uscire con un ragazzo a quattordici anni perché era troppo piccola –e poi, il giorno dopo, era stato visto lui stesso passeggiare per Hogsmeade in compagnia di una compagna di dormitorio della sorella-, o ancora il giorno in cui tutte le teste rosse presenti in Sala Grande si erano girate nello stesso momento alla vista di quello che a sentir loro era il bastardo che aveva illuso e poi scaricato la piccola
Dominique
, e non ci teneva assolutamente a ritrovarsi di nuovo coinvolto in scene simili.

Di parlarne con Frank o con Scorpius proprio non se ne parlava, perché quelli non erano discorsi da maschi, o comunque non da maschi in preda alla piena crisi ormonale, e così si era risolto a parlarne con l’unica ragazza esterna alla famiglia con la quale avesse un buon rapporto.

-Alice. Ho un problema.- aveva esordito, torturandosi le mani e guardandola solo di sfuggita negli occhi, per evitare di essere investito dal rossore. Lei, alzando gli occhi al cielo, aveva sorriso e le si erano aperte sulle guance paffute due fossette, che Albus adorava e sarebbe stato in grado di riconoscere in mezzo ad una folla di persone.
-Credo di aver indovinato il tuo problema, Potter di mezzo.- aveva detto lei, senza smettere di sorridere, ed Albus si era sentito così sollevato che le aveva stretto la mano con gratitudine. Era, senza ombra di dubbio, la persona migliore con cui lui potesse parlare: pacata, intelligente, ma anche abbastanza sveglia da sapere come andava il mondo, sembrava più grande dei suoi sedici anni appena compiuti. Lei, Albus e Frank si conoscevano da tutta la vita, anche se Frank era diventato il migliore amico di Albus solo una volta entrati ad Hogwarts, mentre lei e il secondogenito Potter avevano stretto propriamente amicizia solamente durante il loro terzo anno, quando si erano ritrovati a dover fare una ricerca insieme ed Albus aveva scoperto che la sorella gemella del suo migliore amico era veramente simpatica.

-Che tu sia benedetta, Paciock. Temevo di impazzire.- aveva sussurrato, facendola scoppiare a ridere come se non ci fosse un domani.
-Allora, chi è la fortunata?- aveva domandato lei, con un sorrisetto malizioso ancora stampato sulle labbra.
-Ehm... Angie McMillan. Credo. Non lo so, Alice, onestamente sono così confuso. Non lo so se lei mi piace davvero, o se la trovo solo carina. Insomma, come fai a capire se una persona ti piace davvero?- aveva chiesto a bruciapelo, senza osare guardare Alice che, al suo fianco, si era improvvisamente fermata, immersa nei propri pensieri.
-Beh, non c’è un modo scientifico per dirlo. Che provi, quando la vedi?- gli aveva chiesto, girandosi a guardarlo. Albus era arrossito e pur di non rispondere si era incantato a guardare i capelli di Alice che si contorcevano nel leggero vento di marzo, osservando come il sole ne facesse risaltare i riflessi biondicci sulle punte. Che cosa provava, lui, quando vedeva Angie?
- Beh è carina...-
-L’hai già detto, questo.- l’aveva rimproverato lei, continuando a sorridere vagamente.
-... Non so, credo che... insomma, mi piacerebbe baciarla. Ha delle belle labbra, non trovi? E... mi piacerebbe essere un po’ più alto, sai, per sembrarle più grande. Vorrei che mi guardasse e...- si era interrotto, guardando Alice ridacchiare ancora, con una mano premuta davanti alla bocca. L’aveva osservata silenzioso, incredibilmente calmo. Alice emanava sempre quell’aura di tranquillità e dolcezza, cosa che faceva sentire Albus sempre perfettamente al proprio posto, e allo stesso tempo era impossibile non sorridere quando si era con lei, anche a causa di quel suo sorriso gentile sempre presente.

-Albus, non ti saprei dare una risposta. Credo che... dovresti conoscerla un po’ meglio, prima di poter affermare che lei ti piace. Dovresti saper dire qualcosa del suo carattere, più che del suo aspetto –o del tuo, mi sono spiegata?- aveva detto lei, ma Albus già non la ascoltava più, perché era successa la Cosa. L’Evento.

Il Fattaccio Potter, come lo chiamava suo padre, scherzosamente: Alice si era mossa e la luce del sole era arrivata a colpirle il viso, illuminandole perfettamente il naso, e Albus aveva notato, forse per la prima volta, la scia di lentiggini sottili che lo ricoprivano, trovandole improvvisamente adorabili e dolcissime.
Il respiro gli si era bloccato in gola e le orecchie avevano iniziato a ronzare leggermente, mentre un senso di stordimento l’aveva invaso, e lui si era ritrovato a ripetere, freneticamente, nel suo cervello, “Questo no, no, non ci posso credere”.

-Al, mi ascolti?- l’aveva richiamato lei, strappandolo ai suoi pensieri. Lui era arrossito –di nuovo- e aveva annuito, per poi balbettare una scusa e scappare velocemente indietro al Castello, lasciando Alice un po’ perplessa in mezzo al Parco a chiedersi che cosa diavolo fosse successo, mentre lui, appoggiato ad un muro in un corridoio vuoto, ascoltava il proprio cuore battere all’impazzata.

Albus Severus Potter era un Potter fino al midollo, e cose come i capelli o gli occhiali erano solo due dei tanti elementi a conferma del fatto. Un altro, nuovo elemento, era quello che lui aveva notato le lentiggini di una ragazza e solo allora si era reso conto che forse, ma non proprio solo forse, doveva davvero essersi innamorato di lei.

Se non altro, aveva pensato a malincuore, ci era arrivato dopo soli tre anni di amicizia vera e propria.

 
****

 
-Papà, è successo.- esordì, una volta tornato a casa per le vacanze estive dopo i GUFO.
-Che cosa, figliolo?- chiese Harry, pulendosi le mani su uno strofinaccio della cucina.
-Quello. Il Fattaccio Potter.- rispose, e gli occhi di Harry si riempirono di una strana luce felice mentre si precipitava verso il figlio.

Gli aveva parlato del Fattaccio Potter solo un paio di anni prima, quando l’aveva fatto sedere in salotto e gli aveva spiegato che cosa fosse realmente l’amore. Si ricordava quando, durante il proprio quinto anno, aveva chiesto a Sirius come avesse fatto suo padre ad innamorarsi di sua madre, e lui gli aveva risposto “Un giorno, dopo sei lunghi anni durante i quali non faceva che dire che quella per Lily era una cotta passeggera e di nessuna importanza, è tornato in camera ed ha esclamato che aveva notato le sue lentiggini. Abbiamo pensato tutti che fosse pazzo –sai, tua madre aveva davvero parecchie lentiggini, anche se non tante quanto i tuoi amici Weasley- ma lui ha continuato, dicendo che fino ad allora non si era mai reso conto di quanto le stessero dannatamente bene e di quanto fossero una cosa da Lily. Sembra un fatto melenso e anche piuttosto banale, ma credo che sia stato lì che lui ha capito quanto effettivamente Lily fosse importante per lui”. All’inizio non aveva realmente creduto possibile una cosa simile, ma quando, una sera, si era ritrovato a pensare che Ginny senza tutte quelle lentiggini sarebbe stata meno Ginny e sarebbe stata, in definitiva, anche molto meno carina, si era reso conto che quanto aveva detto Sirius forse poteva essere vero e che forse, in effetti, doveva essere proprio una caratteristica di famiglia.

- Al, davvero?-
-Papà, ti prego, non fare quella faccia. E’ una situazione complicata.- si lamentò Albus, sospirando per allontanare ancora una volta il pensiero del sorriso di Alice e delle parole allegre e delicate contenute nelle lettere che regolarmente gli inviava ogni settimana.
-Una situazione complicata? Andiamo, Al. Quanto complicata può essere? Ricordati che io ho sposato la sorella del mio migliore amico.- disse Harry, passandogli una mano tra i capelli con un sorriso gentile e divertito sulle labbra.
-Quanto complicato può essere? Fammi pensare: è la sorella del mio migliore amico, ma non solo, è anche la figlia del mio professore di Erbologia e, come se non bastasse, è anche l’unica persona alla quale ho rivelato quella che pensavo essere la mia prima vera cotta. Che ne dici, papà?- sbottò lui, picchiando con un pugno sul tavolo. Harry scoppiò a ridere e si accovacciò sui talloni per guardare il figlio negli occhi.

-Sei un Potter, Albus, davvero ti aspettavi di innamorarti della ragazza giusta? Per caso ha anche i capelli rossi, questa ragazza?- chiese Harry, nascondendo un ghigno sottile.
-No, è bionda.- sussurrò Albus, e suo padre si rialzò lanciandogli un ultimo sorriso, prima di tornare verso il lavandino per prendersi un bicchier d’acqua.
-Vedi, Al, allora non sei rimasto così tanto fregato.-
 
****


Quando, il primo settembre, Alice Paciock si presentò al Binario 9 e ¾ con i capelli colorati di un intenso e brillante rosso, Albus Severus Potter capì di essere rimasto così tanto fregato.
Ma era un ragazzo saggio e poco incline a fare scenate o ad avere reazioni esagerate, perciò, con tutta la sua grazia, si chiuse nel bagno del treno ed imprecò dieci minuti buoni contro lo specchio.

-Albus, sei lì dentro?- lo chiamò qualcuno, da fuori, e Albus si sentì morire, guardandosi allo specchio nervosamente e tentando inutilmente di mettersi in ordine i capelli.
-Sì, ehm, Alice, arrivo. Dammi un minuto.- rispose, con la voce lievemente troppo alta, prima di borbottare ancora qualche imprecazione in direzione dello specchio.
Quando aprì la porta si trovò davanti Alice con una ciocca di capelli –rossi, ovviamente- attorcigliata distrattamente intorno alla bacchetta, dei vestiti babbani ancora indosso e le solite, impertinenti lentiggini che le costellavano il naso. Neanche a dirlo, Albus Potter in quel momento si sentì morire.

-Ehi, questi capelli rossi? Ti stanno... davvero bene.- le disse, avvicinandosi per darle un bacio su una guancia. Alice sorrise, le gote leggermente imporporate –ma davvero per tre anni in cui erano stati spesso insieme e avevano condiviso chiacchierate e risate non si era mai reso conto di quanto fosse carina?- e scrollò le spalle, precendendolo lungo il corridoio che portava agli scompartimenti.
-Beh, sai, il fatto è che avevo voglia di cambiare e di festeggiare i miei risultati dei GUFO. Non te l’ho detto sulle lettere perché volevo farti una sorpresa ed ho proibito anche a Frank di dirlo a chiunque...- spiegò e Albus sperò di non essersi immaginato la leggera inflessione che la voce di Alice aveva fatto quando lei aveva detto farti.
-Sai... sei molto... più grande, con i capelli così. Mi piacciono.-

L’abbronzatura faceva risaltare le lentiggini sul suo naso ed Albus temeva di impazzire, chiuso con lei in uno scompartimento nell’attesa che anche Frank e Scorpius li raggiungessero, dopo aver finito di salutare le rispettive fidanzate. Avrebbe voluto parlarle, dirle la verità, dirle che da sei mesi ormai si era reso conto di un sacco di cose –e pure Frank se ne doveva essere reso conto, visto le battutine che talvolta, durante quell’estate, si era lasciato sfuggire- e dirle anche che, sì, se qualcuno gli avesse chiesto perché lei gli piacesse, lui avrebbe parlato per ore dei suoi modi di fare e di ridere, accennando però anche a quelle dannatissime lentiggini.

Suo nonno ci aveva messo quasi un anno a convincere Lily Evans ad uscire con lui e suo padre  ci aveva messo altrettanto tempo prima di baciare Ginny Weasley in mezzo a tutta la Sala Comune di Grifondoro, ma per lui, che era un Potter saggio e riflessivo, sei mesi costituivano un tempo piuttosto lungo, a dirla tutta, e per la prima volta nella sua vita ebbe voglia di comportarsi da Grifondoro quale non era.

-Alice, senti. Come si fa a... conquistare la ragazza di cui sei innamorato?- le domandò, all’improvviso, mandando a quel paese anni e anni di pacatezza, riflessione e responsabilità. Non avrebbe fatto un gesto eclatante come quello di suo nonno, che aveva baciato Lily Evans in mezzo al Campo di Quidditch alla fine di una partita, né come quello di suo padre, ma, insomma, quell’impasse lo stava uccidendo e lui sinceramente pensava che sarebbe impazzito.
-Oh. Davvero Angie McMillan ti piace così tanto?- rispose lei, senza la solita allegria nella voce. Il cuore di Albus mancò un battito e poi iniziò a battere freneticamente.

-Hai mai sentito parlare del Fattaccio Potter, Alice Paciock?- la ignorò lui e lei scosse la testa, in preda alla confusione più totale.
-Ecco, è una cosa che riguarda la famiglia Potter. Una sorta di tradizione in campo amoroso. Sai, elementi che ritornano tra le varie generazioni e cose così... E beh, ecco, è capitato anche a me...- esclamò, con fare pomposo e sicuro di sé. Aveva sperato di fare un’uscita ad effetto, di stupire Alice e di lanciarle un messaggio, ma tutto ciò che lei gli lanciò fu un’occhiata alquanto confusa.
-Cosa è capitato anche a te?- chiese lei e Albus si disse che avrebbe dovuto fare anche lui uno di quei gesti eclatanti, o, se non altro, che si sarebbe dovuto sbilanciare e dirle tutto apertamente.

Ma Potter era e Potter rimaneva e così, dopo che ebbe raccolto tutto il proprio coraggio ed ebbe aperto la bocca per dire una qualche frase trionfale del tipo “Mi sono innamorato di te”, la porta dello scompartimento si aprì ed entrarono Frank e Scorpius, immersi in un discorso piuttosto concitato.


Fu così che Albus Severus Potter dovette pazientare come tutti i Potter che si rispettino e riuscì ad invitare l’ormai rossa e lentigginosa Alice ad uscire solamente due mesi dopo- fatto che la stessa ragazza gli rinfacciò per anni, visto che lei, come tutte le donne, aveva capito perfettamente ogni cosa già da quel giorno sul treno- e si ritrovò a baciarla, in maniera non volutamente spettacolare, in mezzo ad un corridoio nell’esatto momento in cui tutte le lezioni terminavano e le porte si aprivano, riversando fuori fiumi di studenti.

Perché, in fondo, lo sanno tutti che al Fattaccio Potter davvero non c’è scampo.




Writ's Corner
Sarò breve. Mi sono divertita come una deficiente a scrivere questa cosa dopo la mia terza prova, lo confesso. E poi, ci ho dovuto ficcare a forza i Jily, perchè sì, perchè ci stavano bene-troppo- e perchè sono meravigliosi.
Wish Me Good Luck, Evans, Popolo di Efp, che il 4 luglio se Dio vuole finisco la mia carriera da liceale. 

 
   
 
Leggi le 13 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Writer96