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Autore: ehitsfrannie    25/06/2015    1 recensioni
La foto scattata ritraeva il serial killer mentre atterrava con un balzo sul balcone della vecchia casa abbandonata di Long Avenue, un edificio risorgimentale a cui si prestava poca attenzione. Quella dopo lo ritraeva in piedi, sempre girato di spalle, con il lungo mantello nero che toccava terra.
Johanna trasalì. Non era il primo psicopatico che decideva di mettersi la maschera e compiere follie in giro per Chicago. Una settimana fa due sue colleghi erano stati chiamati per prenderlo in quanto si credeva avesse appiccato un incendio, ma non avevano fatto in tempo a catturarlo che erano morti entrambi.
«So quanto sia pericoloso ciò che sto per domandarti Johanna, ma sei l'agente più esperto e preparato che abbiamo. Dobbiamo dare un taglio a questa follia, se non interveniamo subito ci troveremo questo pazzo al quartier generale e nessuno, a quel punto, potrebbe fare qualcosa.»
Genere: Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Heartless


«Salve, signorina Cooper. Sono il dottor Sheperd. Sono qui perché vorrei che lei mi parlasse di ciò che è successo negli ultimi mesi. La prego di non tralasciare nessun particolare...»
Lo sguardo assente di Johanna vagò nel vuoto. «Negli ultimi mesi?»
«Esattamente.»
Negli ultimi mesi.
A lei erano parsi giorni.

**

«Detective Chase, mi ha mandata a chiamare?»
Girato di spalle, John Chase sembrava osservare con lo sguardo perso nel vuoto gli edifici alti di Chicago. Era un uomo robusto e senza capelli, un'espressione indecifrabile costantemente stampata sul volto.
Dopo un paio di secondi, Chase si girò e distrattamente fece segno a Johanna di sedersi.
«Sì, agente Cooper. Hanno chiamato dalla Long Avenue questa mattina per segnalarci un avvistamento.»
Johanna deglutì, cercando tuttavia di risultare impassibile agli occhi del suo capo.
Questo tirò fuori dal cassetto della scrivania una cartella pressoché vuota e la prose a Johanna. «Dopo l'incendio, l'unica apparizione di Heartless che abbiamo avuto è stata alle quattro di questo pomeriggio.» affermò mentre la ragazza sfogliava il fascicolo. «Un'anziana signora l'ha visto mentre saltava da un tetto all'altro.»
La foto scattata ritraeva il serial killer mentre atterrava con un balzo sul balcone della vecchia casa abbandonata di Long Avenue, un edificio risorgimentale a cui si prestava poca attenzione. Quella dopo lo ritraeva in piedi, sempre girato di spalle, con il lungo mantello nero che toccava terra.
Johanna trasalì. Non era il primo psicopatico che decideva di mettersi la maschera e compiere follie in giro per Chicago. Una settimana fa due sue colleghi erano stati chiamati per prenderlo in quanto si credeva avesse appiccato un incendio, ma non avevano fatto in tempo a catturarlo che erano morti entrambi.
«So quanto sia pericoloso ciò che sto per domandarti Johanna, ma sei l'agente più esperto e preparato che abbiamo. Dobbiamo dare un taglio a questa follia, se non interveniamo subito ci troveremo questo pazzo al quartier generale e nessuno, a quel punto, potrebbe fare qualcosa.»
Johanna annuì, insicura. Non si era preparata ad un'eventualità del genere, e non le piaceva sapere che tutto era sulle sue mani. Notò che Chase la guardava con sguardo quasi implorante e si disse che dopo la sua missione, Heartless non avrebbe più osato uccidere nessun altro agente. Si alzò e strinse la mano al suo capo, per poi uscire dall'ufficio con un senso di nausea.

**

«Quindi Chase ti ha affidato la missione di sconfiggere un super cattivo il quale passatempo preferito è uccidere qualsiasi agente gli giri attorno. Che forza!» esclamò Conrad ridacchiando.
Conrad era l'amico più caro di Johanna. Si erano conosciuti al college e avevano fatto domanda di assunzione per entrare nella polizia di Chiacago che, verificando le loro effettive capacità, gli aveva assunti entrambi. Johanna era molto più consapevole del pericolo che lei e gli altri correvano ogni giorno, e per questo invidiava Conrad. Lui non si era mai posto il problema di morire, non ci pensava mai.
Johanna indossò il giubbotto antiproiettile, stringendolo con nervosismo. «Conrad, è una cosa seria. Credi che Foreman e Lanchester siano lì fuori a bersi un caffé, indecisi se tornare o meno? No, sono morti. E tra qualche ora magari io farò la loro stessa fine.»
«Quanto sei melodrammatica, Johanna!» la rimproverò il collega, passandole il cinturone. «Ti dimentichi che avrai un supereroe al tuo fianco che ti proteggerà nel caso quel cattivone decida di farti una delle sue vittime.» disse nel tentativo di rassicurarla, facendole l'occhiolino. Lei sorrise debolmente. Inizialmente non era stata entusiasta di essere affiancata da Conrad durante l'impresa perché sapeva che il collega avrebbe rischiato la vita piuttosto che lasciarla nella trappola del nemico, come invece era obbligato a fare qualsiasi altro.
Sospirò e insieme si avviarono verso l'uscita dell'edificio. Salirono in macchina, silenziosi, accompagnati da altri tre agenti.
Mai Johanna avrebbe predetto ciò che invece successe qualche ora dopo.

**

«L'edificio è diviso in tre piani: Conrad, tu sali al primo; Barnes e Foster perlustreranno il secondo piano mentre Sanders controllerà in giardino. Io andrò al terzo.» spiegò Johanna prima di varcare il cancello. -State attenti e se vedete qualcosa non esitate ad avvisarmi.» disse indicando il walkie talkie legato al giubbotto.
Gli altri annuirono e, con le pistole ben strette tra le dita, iniziarono ad avvicinarsi al proprio luogo di perlustrazione.
Lei, Conrad, Barnes e Foster entrarono nella casa in rovina. Il portone principale era semichiuso.
Potevano ancora intravedere lo stucco alle pareti e i decori creati sul marmo. L'entrata principale aveva il pavimento a scacchiera e si affacciava su una lunga e larga scalinata a chiocciola che portava ai piani superiori.
Senza dire una parola, Conrad e Johanna fecero la prima rampa di scale. L'amico le fece un mezzo sorriso, prima di sparire nel corridoio del primo piano.
Con il cuore a mille, Johanna proseguì. La casa era avvolta nel silenzio più tombale e anche un minimo movimento di troppo avrebbe fatto saltare l'intera operazione: l'assassino sarebbe scappato o avrebbe immediatamente preso come ostaggio uno di loro.
Gli scalini finirono. Il terzo piano si sviluppava in un lungo corridoio, esattamente come il primo. Johanna diede uno sguardo all'interno di alcune camere: sulle parenti imbiancate e piene di ragnatele non erano appesi quadri ma i mobili erano stati tutti coperti da un telo bianco. Johanna poté sentire il proprio cuore battere all'impazzata e una gocciolina di sudore scenderle lungo il suo viso.
Le mani strette attorno alla sua pistola iniziarono a tremare non appena varcò la camera da letto, l'unica in cui i teli bianchi non coprivano i mobili ma erano stati ammassati in un angolo della stanza.
Notò che vi era una grande finestra che dava su un balcone e, guardando gli edifici dalla finestra, si rese conto di quanto in alto si trovasse l'ultimo piano.
Si armò di tutto il coraggio che aveva in corpo e attraversò la stanza, aprì la finestra e in men che non si dica si ritrovò sulla terrazza piena di crepe e provata dagli agenti atmosferici. Questione di mesi, pensò, e sarebbe crollata.
Il terrazzo era molto grande e lungo, incorniciava tutta la camera e finiva per affacciarsi sull'enorme giardino della villa. Johanna lo percorse e, prima di girare l'ultimo angolo, cercò di convincersi che il nemico era scappato prima che loro arrivassero.
Ma sentiva che non era così.
Arrivò nell'ultima parte del terrazzo ancora inesplorata e lo vide. Era notte e l'unica luce proveniva dalla strada e dalla sua pila che le scivolò non appena si ritrovò faccia a faccia con lui.
«Metti giù la pistola, Johanna. Non ce ne alcun bisogno.»
Johanna si sentì svenire dal terrore e d'istinto le venne da chiedere come diavolo lui facesse a sapere il suo nome, ma le parole le si bloccarono in gola e tutto ciò che riuscì a dire furono la solita frase fatta: «Metti le mani ben in vista!»
Heartless rise, facendola rabbrividire. Solo allora si concentrò sul suo volto.
Aveva i capelli lunghi, tirati su in un ciuffo scomposto e indossava un abito nero di pelle. Johanna non poté far a meno di accomunarlo agli antagonisti dei film sui supereroi.
Ma gli occhi. I suoi occhi cerchiati di nero dovevano essere color della notte perché per un momento le parve di confonderli con il cielo buio sopra di loro e la testa iniziò a girarle terribilmente.
Chiuse gli occhi. Un errore che avrebbe potuto esserle fatale. Li aprì in tempo per notare che Heartless l'aveva disarmata senza alcuna difficoltà e si era avvicinato in modo pericoloso al suo viso.
«Non devi avere paura di me, Johanna.» sussurrò. «E' da molto tempo che ti osservo. Non ti farò del male.»
L'agente non si mosse di un millimetro. Avrebbe potuto prendere la pistola così velocemente da confondere il killer e direi ai suoi che l'aveva preso, arrestarlo e buttarlo in cella per il resto della sua esistenza.
Ma qualcosa -quel qualcosa nei suoi occhi- la bloccò dal farlo. Sapeva, sostenendo il suo sguardo, che era sincero.
«Io non ho paura di te.» sbottò, stupendosi di quanto la sua voce era uscita glaciale e ferma. «Hai ucciso due miei colleghi e sono venuta qui per vendicarli!»
Heartless sorrise. Un sorriso amaro, nulla a che vedere con quello soddisfatto di un assassino seriale, il che confuse ancora di più Johanna. «Temo abbiate preso il cattivo sbagliato.»
«Abbiamo visto le scene del crimine, Heartless, e tutti gli indizi portano a te. Se vuoi costituirti...be', ormai è troppo tardi.»
«Ma non capisci, Johanna? Io sono un supereroe. Io salvo le persone, non le uccido.-
La ragazza esitò. Forse era una messinscena, o Heartless era davvero sincero come gli stava facendo credere? «Perché i miei colleghi sono morti, allora?»
A quel punto, il presunto assassino abbassò il capo. «Sono maledetto.»
Prima che Johanna potesse dire qualsiasi cosa, il giovane afferrò la sua mano e gliela posò sul suo petto. La ragazza sgranò gli occhi a quel gesto prima di rendersi conto, con orrore, che non sentiva nulla.
Non c'era battito.
«Chi cerca di uccidermi, muore.» spiegò Heartless, mentre Johanna iniziava a tremare inarrestabilmente. «Per questo tutti pensano io sia un assassino. Quando i tuoi colleghi mi hanno visto uscire dal grattacielo in fiamme, hanno creduto che l'avessi appiccato io. E mi hanno sparato.»
Si allontanò da lui, terrorizzata al pensiero di ciò che gli aveva raccontato. La sua mente vagava da un pensiero all'altro come una pallina da ping pong. Fece per allungare la mano verso il cinturone dove teneva le armi ma le sue dita si strinsero attorno al walkie talkie, che lentamente portò alla bocca. «Qui agente Cooper. L'assassino non c'è, temo ci abbia sentito arrivare. Passo e chiudo.»
E dopo aver pronunciato quelle parole, raccolse la sua pistola e la pose dentro il fodero. Heartless salì agilmente sullo stipite del balcone e si arrampicò sul tetto. 
«Tornerai?» 
«In tal caso saprò dove trovarti.» rispose Johanna. Seppur non potendo vedere chiaramente, giurò di aver visto un sorriso fiorirgli sulle labbra, avvolte dal buio della notte.

**

I giorni successi trascorsero in ricerche. Il detective Chase, nonostante il fallimento dell'ultima missione, diede a Johanna l'incarico di trovare Heartless e arrestarlo.
Johanna ne fu sollevata. Poteva fare tutte le ricerche necessarie su di lui e questo le avrebbe permesso di scoprire la verità sulla sua identità misteriosa e contemporaneamente poteva organizzare dei piccoli ''incidenti'' nel caso Chase l'avesse mandata in missione per catturarlo. Voleva capire di più su questa faccenda e per farlo aveva bisogno che Heartless non fosse dietro le sbarre.

«Chi ti ha fatto questo?»
Era un venerdì. Il vento soffiava caldo per le strade trafficate di Chicago e all'orizzonte si poteva assistere ad un tramonto mozzafiato.
Johanna l'aveva trovato seduto sulle tegole del tetto e ne aveva fissato il volto a lungo prima di dichiararsi. Ora che c'era la luce, poteva concentrarsi sulle sue sopracciglia folte, la mascella squadrata e i ribelli capelli corvini. Aveva tossito, e quando Heartless si era voltato verso di lei le aveva rivolto uno dei suoi sorrisi enigmatici e l'aveva aiutata a salire di fianco a lui.
Non avevano proferito parola per un po', osservando il piccolo sole rosso che colorava con i suoi raggi il cielo fino a quando Johanna non aveva rotto il silenzio, ponendogli la fatidica domanda che da un paio di giorni disturbava la sua mente.
Heartless aveva continuato a fissare l'orizzonte, senza cambiare espressione. «Non è una storia che vale la pena essere raccontata.»
«Ma se me la racconti, potrei cercare di far cambiare idea al mio capo. Potrebbe ascoltare la nostra versione e magari...»
«Magari cosa, Johanna?» l'aveva interrotto lui, girandosi di colpo e rivolgendole uno sguardo glaciale. «Magari mi lascerebbe libero di scorrazzare in giro per la città? Non essere sciocca. Sai benissimo che non mi crederebbe mai.»
La ragazza allora era rimasta zitta. Le sue parole l'avevano ferita più di quanto si sarebbe aspettata.
Erano l'inconfutabile verità. E lei lo sapeva meglio di tutti.
«Allora perché vuoi che io stia qui? Perché mi hai chiesto se sarei tornata?»
«Mi sento solo», ammise lui «e tu hai un animo buono. Non mi hai sparato e stai rischiando la tua carriera per uno sconosciuto.» fece una pausa «Perché?»
Perché? Johanna non lo sapeva. Sapeva soltanto che era affascinata dalla sua storia, della quale comunque conosceva così poco e da lui, che voleva la sua presenza nonostante non potesse fare nulla per aiutarlo.
«Non lo so.» disse semplicemente, mentre il suo sguardo cadeva sulle sue labbra. «Non ho provato mai nulla di simile»
Entrambi chiusero gli occhi.

**

La situazione si aggravò prima che Johanna potesse immaginare. Gli incontri tra i due sul tetto della casa abbandonata continuarono, così come le loro conversazioni: Johanna gli raccontò della sua famiglia, degli anni al college, di Conrad e di quanto trovasse faticoso (seppur appagante) il suo lavoro.
Lui si limitava ad ascoltarla e, quando lei gli chiedeva di parlare di sé, lui ammetteva semplicemente che la sua era una storia abbastanza triste. I genitori lo avevano abbandonato in un orfanotrofio del Midwest all'età di tre anni e lì aveva vissuto fino ai diciotto, quando finalmente ne era uscito ed aveva vagato in giro per gli Stati Uniti. Era caduto in brutti affari, compagnie pessime fino a quando non si era deciso di voler impegnare la sua esistenza a fare unicamente del bene. Salvare le persone.
Johanna poteva intravedere la triste consapevolezza di aver fallito nei suoi occhi.
Insieme a questi aneddoti vi erano interruzioni di minuti, ore passati a osservarsi e conoscersi.
Johanna sapeva che tutto ciò era un errore, qualcosa da cui doveva separarsi immediatamente altrimenti poi si sarebbe fatta del male.
Apparentemente, lui era senza cuore, ma in realtà sapeva amare come nessuno Johanna avesse mai conosciuto. Però era sbagliato. Non poteva stare assieme ad un ricercato che lei aveva il compito di incarcerare.
Alla fine dei loro incontri, Johanna gli raccomandava di non cacciarsi nei guai e di attendere sue informazioni sui movimenti al quartier generale. E Heartless ridacchiava, stampandole un bacio sulla fronte e prendendo la rincorsa per atterrare su un tetto e così via fino a quando non spariva dalla visuale di Johanna.
Un giorno, Chase la mandò a chiamare.
«E' passato un mese, agente Cooper. Un mese.» dichiarò con aria di rimprovero e tono glaciale. «E ancora non è riuscita a catturarlo.»
«Lo so, e ne sono dispiaciuta. Se solo lei mi desse...»
«No.» rispose secco Chase. «Affiderò il caso ad un altro dei miei agenti. Buona giornata.»
Johanna avrebbe voluto pregare di lasciarle il caso, ma le parole di Chase erano state dette in tono irremovibile. Nulla gli avrebbe fatto cambiare idea.
Così la giovane si ritrovò a spiare i movimenti dei suoi colleghi e ad avvertire Heartless ogni qualvolta si organizzasse una spedizione per andare a caccia del presunto assassino.
Tornò a trovarlo solo quando le parve che Chase avesse mollato la presa sul caso e avesse rinunciato. Lo trovò lì, seduto sulle tegole del tetto, mentre le rivolgeva uno dei suoi sorrisi enigmatici.
In quel momento, si disse che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di proteggerlo.

**

«E' morto il quattro agosto 2014 in un incendio a Long Avenue. Il vostro ultimo incontro è stato la settimana stessa, nel palazzo risorgimentale in cui usavate incontrarvi in segreto.» lesse il dottore prima di abbassare i suoi occhiali da lettura fino alla punta del naso e fissare la ragazza. «Lo stesso palazzo che era andato a fuoco qualche giorno prima.»
Johanna non ricambiò lo sguardo e se ne stette immobile.
«E' ciò che effettivamente afferma?»
Solo a quel punto, Johanna alzò lo sguardo. Non verso il dottore, ma verso il vetro oscurato di fianco a loro.

Giuro di riuscire ad intravedere il suo sorriso al di là del vetro. 






Here I Am!

Ciao a tutti e buone vacanze (per chi ha finito gli esami o è in ferie ahahah)! Dunque mi sono cimentata a scrivere questa one shot grazie ad un sogno, fatto qualche notte fa. Certo era ancora più surreale di questo, ma la trama c'è. Non sapevo bene in quale genere inserirlo, però ho pensato che un tizio senza cuore era abbastanza surreale...no?
Ho sognato un supereroe che veniva scambiato per un super cattivo e, rintracciato dalla polizia, incontrava un agente che comprendeva il suo stato di disagio vista la terribile maledizione che gli era stata fatta. Un supereroe che non poteva amare né morire per mano di qualcuno che muore in un incendio, carino eh? Però la protagonista continua a vederlo fino a quando non da segni di squilibrio e la verità viene a galla.
Scusate se magari è venuto fuori diverso da quello che avevo pensato, fatemi sapere la vostra opinione, qualunque sia! 
Grazie per aver letto!
Frannie xx

   
 
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