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Autore: lapoetastra    26/06/2015    1 recensioni
1-13 Gennaio 1945. Bastogne, Lussemburgo.
"C'era un declivio con una fila di alberi.
Lì ci fecero scavare la trincea.
I tedeschi ci videro, e ci diedero una gran brutta batosta."
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Che io poi non sarei mai neanche voluto diventare medico.
Il sangue mi spaventa, e la morte mi terrorizza.
Eppure ora sono qui, circondato da una disperazione che non sembra avere mai fine, esattamente come la bianca coltre di neve che si dipana di fronte ai miei occhi e che sembra avermi invaso anche il cuore, racchiudendolo in una cortina di ghiaccio impenetrabile.
Mi sento morire dentro ogni volta che vedo i soldati, i miei commilitoni, distesi priva di vita sul terreno ricoperto del loro stesso sangue.
Ciò che ho visto in questa guerra interminabile è indicibile, eppure da quando siamo qui a Bastogne riesco distintamente a sentire la mia anima frammentarsi in pezzi ancora più piccoli rispetto a quelli in cui già è divisa, e sono consapevole che niente, neanche il tempo che guarisce ogni ferita, riuscirà mai a curarla.
Non posso chiudere gli occhi e non vedere di fronte a me il viso pallido di Hoobler quando non sono riuscito a salvarlo dalla ferita causata dallo sparo partito accidentalmente dalla pistola Luger che aveva appena trovato.
So che non me lo perdonerò mai, perché avrei potuto evitare che la morte lo cogliesse così di colpo, e soprattutto in modo così vergognoso per un soldato.
Eppure non riuscivo a vedere nulla, ed intanto la vita scivolava via dal suo corpo freddo e tra le mie dita sempre più velocemente.
E quando sono da solo, stringendo forte la fredda neve, mi sembra di aver ancora le mani bagnate dal sangue di Toy e Guarnere, quando la granata ha trasformato la loro gamba destra in un ammasso informe di carne viva e pulsante.
Ma la cosa che più mi ha spezzato il cuore è stata perderla.
Lei.
René.
Un’infermiera di Bastogne, dolce e buona come nessun’altra donna ho avuto il privilegio di conoscere nella mia giovane vita.
Era bello, stare in sua compagnia.
Quasi in quei momenti mi dimenticavo dell’orrore che mi circonda, e mi sembrava di stare bene.
Davvero bene.
Anche felice, forse.
Ma ormai non ha più importanza, perché anch’ella se n’è andata per sempre, lasciandosi alle spalle unicamente il suo ricordo, che vivrà per sempre in me.
Tuttavia non c’è tempo per rimembrare, in questa guerra senza fine.
Sento un soldato che mi chiama, urlando il mio nome con un tono acuto che ho imparato a riconoscere come quello di un uomo prossimo alla morte.
Allora corro, a perdifiato, inciampando e rialzandomi.
Per cercare di fare qualcosa.
Per salvarlo.
Per evitare che il suo fantasma mi ossessioni come un’ombra fino alla fine dei miei giorni.
Corro.
Io, che non sarei mai voluto diventare dottore.
   
 
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