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Autore: Jultine    26/06/2015    1 recensioni
"Mi piaceva Ivan. Aveva sempre il naso arrossato, gli occhi chiari e affilati, e non sorrideva mai. Diceva che non ce n'era bisogno: se il sole è morto sorridere non serve a niente."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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EUTANATHOS

 

 

Anche se non hanno voce, i morti vivono. Non esiste la morte di un individuo. La morte è una cosa universale. Anche dopo morti dobbiamo sempre rimanere desti, dobbiamo giorno per giorno prendere le nostre decisioni.”

 

-Shôhei Ôoka

 

 

Verso luglio, quando il sole era già stato coperto da quella nube nerastra, dal nostro lato del Muro aveva cominciato a far freddo. Ci coprivamo alla bell'e meglio perché l'equipaggiamento mancava e quello che trovavamo in giro era irrimediabilmente contaminato. Avevamo finito tutta la legna. Dopo aver abbattuto l'ultimo tizzone (che alcuni ancora chiamavano albero) infatti, non ci era rimasto null'altro da fare se non bruciare I libri. Dio, avrei preferito farmi inchiodare ad un muro.

-Brutta cretina- mi aveva sputato addosso Ivan, brusco come sempre -da morta non te ne farai un cazzo della tua carta.-

Alcuni dei Compagni stavano trafficando con ritagli di gommapiuma, foglie secche e paglia per predisporre nuovi giacigli su cui provare a riposare qualche ora, ma nessuno di noi ci sarebbe riuscito: il freddo ci bruciava perfino la pelle del viso.

Ricordo che quella notte toccò a me andare a rovistare in giro. Da sola, ovviamente. Tutti gli altri andavano sempre in coppia, ma nessuno si offriva mai di accompagnarmi. A Boris piaceva l'idea che qualcuno mi facesse a pezzi, che non tornassi mai più. Boris era quello che aveva formato il gruppo dopo la Guerra, e quindi si arrogava il diritto di farci da dittatore. Era ossessionato da me in modo morboso, ma, per fortuna, non riuscì mai a toccarmi (almeno con intento che non riguardasse il picchiarmi).

-Quanto la fai lunga per una figa.- gli avevo detto io una volta -Se proprio vuoi scoparmi devi aspettare che sia morta.-

In risposta mi aveva rifilato un pugno sullo zigomo e aveva cominciato a prendermi a calci una volta stesa per terra. Se non ci fosse stato Ivan, probabilmente Boris avrebbe messo in pratica il mio suggerimento. Tutti sapevano che era un coglione, ma nessuno osava fare niente per dimostrarglielo. “Eh, ma sai, è lui che conosce il posto dove c'è l'acqua pulita.”

Tutto si basava sull'acqua. Alcune delle Compagne si mettevano in ginocchio per mezzo litro e per due erano disposte a fare il rodeo dalla sera fino all'alba.

Io ed un'altra tipa morivamo sempre di sete. Qualche volta Ivan mi passava la sua bottiglietta quando, di notte, c'era chi dormiva o faceva la guardia fuori dal rifugio. Mi piaceva Ivan. Aveva sempre il naso arrossato, gli occhi chiari e affilati, e non sorrideva mai. Diceva che non ce n'era bisogno: se il sole è morto sorridere non serve a niente.

-Quindi io vado.- indugiai, sperando che qualcuno mi notasse. Non mi notarono. Feci per andarmene sul serio e, mentre indossavo la maschera antigas, Ivan mi venne incontro.

-Vuoi compagnia?-

Tardai a rispondere. Alle sue spalle, Boris mi osservava dall'interno del rifugio. Si stava scaldando le mani sulla fiamma che serpeggiava da un bidone di metallo. Mi fissava con occhi rapaci. Sospirai.

-Non c'è bisogno.- mentii -Tanto non mi allontano.-

-Non me ne frega niente. Non mi va bene che tu vada sempre da sola mentre io rimango qui a spaccare legna o smontare fucili.-

-Che vuol dire?- sbottai irritata -Forse non sapevi che sarei andata là fuori? Ti serviva un comunicato scritto? Serviva a tutti voi?-

Il giovane non rispose. Si accarezzò la nuca e si riavviò I capelli biondi, ormai troppo lunghi.

-Vabbè.- sussurrai -Tanto non mi importa.-

Mi voltai e sistemai lo zaino sulle spalle.

-Conoscendoti non avrai il dosimetro, idiota.- riprese Ivan, afferrandomi per una delle cinghie dello zaino -Non lo capisci che lì fuori crepi, con tutte quelle radiazioni?-

-Ho l'orologio!- ribattei -Ho detto che non mi allontano. Tengo sott'occhio l'ora.-

-Cristo, non posso semplicemente accompagnarti?-

-Fa come ti pare.- assentii. Dentro scoppiavo di gioia. Scoccai un'occhiata eloquente a Boris, che intanto si era messo a ripulire la sua pistola senza mai staccare gli occhi da me e da Ivan.

-Lascialo perdere.- mi disse -Prima o poi gli taglio la gola.-

Non risposi. Sapevo che non lo avrebbe mai fatto. In fondo anche lui era un vigliacco come tutti gli altri e non mi avrebbe mai aiutata a cambiare le cose, a renderle giuste.

Ci avviammo verso l'Area Vietata, inaccessibile a causa dell'impatto della Bomba. Nonostante I pericoli, però, l'unico barlume di speranza riuscivamo a trovarlo solo tra le macerie, I cadaveri e le fosse. Dentro potevamo scovarci di tutto: dalle medicine ai ricordi, per quanto discutibile fosse il loro stato. Lanciammo gli zaini oltre la recinzione e oltrepassammo in silenzio il filo spinato. Dall'altro lato, le sterpaglie nerastre avevano cominciato a far posto al suolo rossastro e chiazzato di neve. Non fioccava nè pioveva da un bel po', ma in compenso il vento gelido di tramontana bastava e avanzava per abbatterci come si deve.

-Da che parte andiamo?- fece Ivan, sistemandosi per bene la maschera sul viso.

-Dove vuoi tu.- risposi.

-Okay, quindi...-

-Ma non verso ovest.- lo interruppi -Per favore.-

-Perché? Che c'è ad ovest?-

-Niente.- balbettai.

Il suo viso si contorse in una maschera d'odio. Non l'avevo mai visto così e non mi piaceva. Assomigliava a Boris.

-Che cazzo c'è ad ovest?!- m'incalzò, alzando la voce -Dimmi che cazzo c'è e basta!-

Non volevo dirglielo. Il solo pensiero di vedere di nuovo quella cosa mi faceva venire la nausea. Credevo di averlo accettato da un po' di tempo, ma lui non poteva sapere.

-Non capiresti.- ammisi.

Mi diede un calcio all'altezza del ventre, al che crollai senza fiato al suolo. Nell'impatto col terreno, la maschera mi colpì al naso e presi a sanguinare copiosamente. Fui costretta a togliermela per poter prendere un po' d'aria, e intanto, piagnucolando, mi riempivo la bocca e le narici di terra. Ero pietosa.

-Che hai trovato ad ovest? Cibo? Acqua? Dimmelo!- si mise a cavalcioni su di me e mi colpì in pieno volto con un pugno -Vuoi tenertelo tutto per te!-

-No...aspetta.- esalai -Non ho trovato roba...Ti ci porto.-

Ivan si sfilò la maschera e la lanciò poco lontano. Era paonazzo, ansante e forse stava pure tremando. Osservò interdetto il mio volto tumefatto per qualche secondo, portandosi le mani insanguinate ai capelli. Sembrava un ragazzino perduto che cerca la madre.

-Dio santo.- gemette.

Non riuscivo più a dire una parola. Mi veniva da piangere.

-Mi dispiace.- disse -Non ce la faccio più.-

Mi rialzai a fatica con un gran mal di testa. Neanche io ce la facevo più, eppure ero così stupida da non riuscire ad abbandonare il gruppo. Non avrei comunque avuto un posto dove andare e rimanere. Mi sentivo in gabbia.

Avanzammo muti tra le sterpaglie carbonizzate, la neve e I rottami. Alcune carcasse di automobili erano state scagliate con una potenza tale da aver formato un agglomerato compatto di ferraglie. Chissà se là dentro c'era qualcosa di utile.

Camminammo per una dozzina di minuti, fermandoci di tanto in tanto per dare una controllata al dosimetro.

-Forse dovremmo rientrare.- azzardai io.

-No. Prima voglio vedere che cosa hai trovato.-

Il bottino, fino a quel punto, era stato abbastanza magro: una scatoletta di carne, un paio di proiettili da 9mm e un coltellino da affilare, praticamente inutile.

Arrivammo al punto designato dopo circa mezz'ora. Davanti a noi si estendeva un laghetto d'acqua putrida e I resti di un accampamento. Ad Ivan luccicarono gli occhi.

-E quindi non c'era un cazzo, dicevi?-

Corse in direzione del bivacco ignorando ogni mio tentativo di dissuaderlo. Scavò attorno al fuoco, frugò negli zaini, cercò dentro alle latte vuote. Nulla. Poi scostò un lembo di coperta da uno dei sacchi a pelo.

-Cristo!- imprecò. Poi si mise ad urlare e a strisciare il più lontano possibile dal giaciglio. Io rimasi ad osservarlo con gli occhi umidi.

-Che significa?- urlò -Che cazzo significa, Katusha?!-

-Non lo...-

Tirò fuori il coltello e ne fece scattar fuori la lama.

-Saranno stati quei figli di puttana della Milizia... Guarda, te lo faccio vedere io che è un cazzo di fantoccio.-

Mi avvicinai. Per terra c'era il cadavere di Ivan, gonfio come me lo ricordavo. A cavalcioni su di esso, il mio compagno che gli squarciava il ventre in cerca di una qualsiasi prova che ne smentisse la veridicità. Quel che trovò furono solo viscere e sangue, freddi e reali.

Ivan piantò il coltello nel terreno e scostò l'altra coperta. Gli tremavano le mani.

-Lì c'è il mio.- dissi. Lui non rispose. Riprese il coltello e se lo assicurò alla cintura.

Nessuno dei due si mosse per almeno un paio di minuti. Io fissavo lui, lui fissava il suolo. Poi, a fatica, si issò in piedi.

-Torniamo indietro.- mormorò.

 

 

Al campo non trovammo nessuno. Sembrava esserci stata una specie di fuga improvvisata, e alcuni avevano perfino dimenticato le scarpe. Ivan era visibilmente terrorizzato, così come lo ero io. Soltanto che lui non piangeva.

-C'è qualcuno in questo posto di merda?!- berciò. Nessuno rispose.

-Ivan...-

-C'è qualcuno?!-

-Ivan!-

-Che vuoi?!-

-Accendiamo il fuoco e riposiamo un po'?-

Non rispose immediatamente.

-Va bene.- assentì.

Ci coricammo, avvolgendoci tra le coperte e il tepore dei sacchi a pelo. Faceva un freddo terribile, e aveva persino cominciato a fioccare.

-Guarda, ancora neve.- mormorò Ivan, rivolgendo il viso verso di me.

-Già.- risposi -Ancora neve.-

-Morire congelati...E' un bel modo per morire.-

-E' vero.- sussurrai -Dormi bene.-

-Dormi bene anche tu, Katusha.-

 

 

   
 
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