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Autore: Parsifal    14/01/2009    0 recensioni
- Anche tu hai trovato un branco di lupi…- e lupo solitario sorride…quasi. - Si… siamo stati discreti… ci hanno tollerati…- In realtà sa che c’è di più. Sono stati silenziosi e in totale armonia con la natura attorno a loro, come solo un indiano sa essere. E i lupi non si sono sentiti minacciati. Così come è successo a lui.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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\\ Questa è la storia di un indiano solitario, che sceglie di vivere ai margini della tribù per portare a termine la sua idea personale di giustizia.
Forse non sono riuscita a rendere bene il carattere così particolare di ”Lupo Solitario” che ha preso la mia mano e ha tirato fuori un carattere tutto suo, molto personale.
E preciso.
E' la storia di come una vendetta può trafsormarsi sotto le mani sapienti di chi ci ama
E' Yaoi, attenzione, ma nulla di esplcito.
buona lettura.
Parsy\\

La solitudine del lupo.

Lupo solitario torna al villaggio con il frutto della sua caccia stretto tra le mani.
Si ferma ai margini, dove le prime tende sembrano quasi isolarsi dal resto delle altre.
La sua è la più esterna, la più lontana di tutte.
Non porta la sua preda dalle donne affinché la possano preparare ma la tiene per sé e inizia il rito necessario per potersi nutrire.
Quello è l’unico motivo per cui va a caccia.
Non ce ne sono altri.
E’ un tipo pratico, veloce, efficiente, sicuro.
Solitario per scelta, non perché esiliato o cose simili.
All’inizio era un ribelle, sì.
L’età in cui si contesta tutto e tutti l’ha attraversata anche lui.
Almeno fino a quando l’uomo bianco non gli uccise i genitori e massacrò la sua tribù.
Tornando dalla caccia , lui, suo padre e il resto degli uomini, trovarono che il villaggio era ormai terra bruciata.
Letteralmente.
Tutti morti, sua madre compresa.
Non si rese pienamente conto di quello che era successo, coloro che ormai erano i sopravvissuti già non c’erano più: erano andati a vendicarli.
E lui fu portato da una tribù amica.
Una delle poche.
Tornarono in pochissimi, fu terribile.
Suo padre non era fra quelli.
Forse è vero, era troppo giovane per vivere da solo ma lui aveva già superato le prove per diventare un guerriero e non voleva mescolarsi con l’altra tribù.
Non voleva mescolarsi con nessuno.
Se ti leghi a qualcuno poi la tua vita dipende da quello che provi e questo non doveva più accadere.
Egli doveva diventare forte, fortissimo.
Così appena tutte le tribù si sarebbero messe d’accordo, superando i conflitti interni, per andare a cacciare l’uomo bianco dalle loro terre… egli sarebbe stato pronto.
Solo.
Libero.
E più forte di tutti.
Finisce la sua cena e, come sempre, lascia andare la mente libera di vagare attraverso la prateria.
Sente la carezza degli spiriti che vivano attorno a lui.
Ogni cosa ha uno spirito e lui ha capito da tempo che riesce a “sentirli” con una facilità estrema.
Non lo ho detto a nessuno…beh…nessuno proprio no.
Uno sguardo profondo attraversa per un attimo la sua  mente…tagliandola a metà.
Un fuoco che brucia…come metallo allo stato liquido che scorre in quegli occhi neri.
Li caccia a forza scuotendo il capo, ma ormai l’incanto, per quella sera, è finito.
Contrariato con se stesso per aver permesso tutto questo si alza, mette ancora un legno sul fuoco e torna a sedersi li davanti.
Sta pensando troppo a lui e questo è sbagliato.
Non deve legarsi a nessuno, nessuno deve ostacolare la sua giusta vendetta.
Non è odio…non almeno nel senso che danno tutti a questa parola.
Forse non è nemmeno vendetta ma un atto di giustizia.
Deve ridare un equilibrio a quello che equilibrio più non è.
Lui ha una teoria tutta sua per quello che è accaduto.
L’uomo bianco è arrivato nelle loro terre, ha visto che erano già occupate e ha avuto paura.
Ha avuto paura di essere giustamente cacciato.
Così ha attaccato per primo, distruggendo ogni cosa.
Per non correre il rischio di lasciare un futuro a dei nemici ancora più forti e motivati, ha massacrato anche i bambini e le donne..
Questo non può perdonarlo.
Assolutamente.
Invece Ali d’Aquila non la pensa così.
Ali d’Aquila è il figlio del capo della tribù…adottiva.   
Quello che più assomiglia a un amico nella sua vita.
I suoi capelli neri sembrano il manto della notte, quando è senza stelle e senza luna.
Oscurità totale, la sua preferita.
Accarezzano la schiena con sensualità, come se lui fosse l’amato e loro…l’amante.
Ogni movimento che fa è calmo, lento…quasi languido.
Sfiora la terra coi suoi piedi.
Quando cavalca è un tutt’uno con il cavallo e lui lo sente…e lo rispetta.
Completamente.
Si chiede, ormai nemmeno più irato, perché pensi a lui così insistentemente.
Ali d’Aquila è proprio come un’aquila, grande, maestosa, che guarda la terra sotto di sé solo per trovare e afferrare una preda.
Il suo posto non è qui fra i comuni mortali.
Egli invece ha deciso che il suo posto è proprio qui, nella sua terra, combattendo per lei.
Scacciando chi l’ha invasa e sta massacrando tutte le creature che la popolano.
Nel suo piano perfetto non c’è posto per nessuno.
Specie per un’aquila che lo farebbe volare insieme a lei.
Sulle sue stramaledette ali.
Troppo lontano dalla sua vendetta.
Quando decide di ritirarsi nella sua tenda sente un rumore leggero dietro di sé.
Si volta lentamente, già sapendo chi è che ha avuto l’ardire di andarlo a trovare.
Ali d’Aquila.
L’unico che non ha paura di entrare nella tana del lupo più scontroso del branco.
In fondo…sono due predoni, tutti e due.
Solo che l’aquila è più raffinata.
Tutto qui.
Torna a voltarsi verso il fuoco mentre un sorriso…sinistro ( come sorridono i lupi? ) aleggia, per un momento, sul suo volto dai lineamenti puliti.
Non ha un viso angelico, tutt’altro.
E’ duro, deciso.
Ma puro.
E non ci sono altre parole per descriverlo.

I suoi passi silenziosi calpestano leggermente l’erba sotto di sé.
Eppure sa benissimo che Lupo solitario l’ha già sentito.
Se c’è qualcuno che può sentire i suoi passi anche quando lui si limita ad accarezzare la terra quello è lui.
Appena supera gli ultimi alberi lo vede.
Ha le spalle leggermente irrigidite e la testa fieramente alzata.
La sua voce si alza nell’aria fresca della sera, dandogli quel benvenuto che le sue parole gli negano.
- Che ci fai qui, figlio del capo?-
Sorride tra sé… primo tentativo di tenerlo a distanza, vediamo quanto sta a cedere
-Sono venuto a vedere come si prepara al sonno un lupo…-
Si siede di fronte a lui e il fuoco danza con i riflessi sul suo viso dandogli un’aria quasi misteriosa.
Lupo solitario lo osserva mantenendo la sua espressione di pietra,
Lingue rosse si allungano su quella pelle ambrata facendoglielo sembrare ancora più affascinante.
Il “figlio del capo” cerca di scavare al di là di quello che vede, al di là della facciata che offre e quel che riesce a intuire conferma semplicemente quello che già sapeva.
Sa di piacergli, sa che si sente attratto da lui.
Non lo respinge per questo, ma per quel suo desiderio di vendetta che gli sta avvelenando il cuore.
Egli la chiama giustizia.
Ma in realtà, anche se si modifica il nome, la sostanza non cambia.
Quello che egli vuole è impedire che i bianchi calpestino ancora la loro terra e per fare questo è disposto anche a morire.
Il fatto è che egli non è disposto a perderlo.
Resta sospesa tra loro la sensazione che ci sia qualcosa che vada al di là del palpabile, del visibile.
- Hai cenato?-
La voce è così morbida che sembra dire ben altro, il lupo davanti a lui stringe un attimo gli occhi.
Ha sentito anche lui.
Ha sentito quello che non è stato detto.
- Prima, sono a posto.-
“che vuoi?” dicono i suoi occhi neri, pozzi senza fondo, dai quali non vorresti mai uscirne.
L’aquila davanti a lui si sistema un attimo sulla terra, apre le sue ali e inizia a muoverle.
Si prepara al volo.
- Domani vorrei farti vedere un luogo che ho trovato qualche giorno fa, mentre esploravo con mio fratello la zona al di là di quelle montagne.
Siamo stati due giorni tra andare e tornare, ma ne valeva la pena.
E’ un posto splendido, isolato.
Vorrei che tu venissi con me.
Ne vale la pena, credimi.-
“Vieni, quello che vedrai supererà la tua immaginazione”
Quel metallo fuso lo divora, il lupo, con il suo infallibile istinto selvatico, alza il viso improvvisamente, come ad annusare l’aria.
“ Mi vuole” pensa con uno strano vuoto all’altezza dello stomaco “ mi vuole adesso, subito” e invece di mandarlo via senza degnarlo di una risposta sorride tra sé, quasi sinistro, e affila le zanne.
Ci sta.
Andrà con lui in quel suo accidenti di posto.
Andrà con lui e gli farà vedere quali meraviglie ancora incontaminate l’uomo bianco vuole distruggere.
E ci riuscirà se loro non lo fermeranno.
- Va bene, vengo-.
L’aquila abbassa il capo e i capelli gli ombreggiano il viso, nascondendolo all’occhio acuto del lupo che lo sta osservando attentamente.
Ha vinto una breve battaglia.
Sa che la guerra sarà lunga e che non è detto che prevalga lui, ma per ora ha vinto la sua prima battaglia e, cosa ancora più incredibile, il lupo sembra non essersene accorto.

Il mattino dopo partono che è ancora buio.
Non si scambiano una sola parola.
Quando Ali d’Aquila arriva davanti alla tenda di Lupo Solitario lui è già pronto e lo sta aspettando seduto nel suo solito modo: a gambe incrociate.
Sorge spontanea una domanda nell’aquila: “ma è così dalla sera precedente?”
Però non lo dice, non chiede nulla.
Si limita a voltarsi e a iniziare il loro cammino. Certo che il lupo lo stia seguendo.
E così è.
L’alba li trova in cammino, attraverso luoghi meravigliosi che mai il lupo aveva visto con i suoi occhi, troppo impegnato a preparare la sua idea di giustizia personale.
I colori che sta guardando superano di gran lunga quelli che egli credeva possibile vedere.
I suoi occhi si riempiono, colmando la mente e lo spirito, di sensazioni mai provate prima.
Lo sguardo vaga ovunque e lentamente il lupo scopre la bellezza attorno a lui.
Troppo occupato a vivere la sua solitudine preparando quella che in realtà è una vendetta si era perso la passione di vivere.
L’aquila ringrazia lo Spirito che li sta accompagnando, la forza che riempie i loro passi, gli occhi che osservano il rinnovarsi perpetuo della vita attorno a loro.
Camminano tutto il giorno facendo brevi pause per mangiare, pause silenziose, dove le loro anime si sfiorano, rinnovando lo spirito.
Il buio li raggiunge dopo un tramonto splendido, dove il sole accarezza per un’ultima volta le montagne e i loro volti un po’ affaticati, promettendo di essere ancora più forte e grande all’alba.
Si fermano costruendo un rifugio di fortuna e accendendo un piccolo fuoco.
Non fa freddo ma alla sera, a quelle altezze, un vento pungente penetra nelle ossa rendendo il fuoco perlomeno accogliente.
Un luogo dove stare insieme.
- Abbiamo ancora due ore di cammino, ne vale la pena, vedrai…-
Sono le prime parole dell’Aquila da quando sono partiti.
La sua voce è salda e tranquilla, pensa il lupo curiosamente.
Non sa perché questo pensiero gli ha attraversato la mente ma ha preso forma in un attimo, stupendo se stesso per primo.
Gli è mancato.
Gli è mancata la sua voce per essere esatti e visto che non è un uomo abituato a nascondersi se lo ripete alcune volte.
Piano piano, per assaporarlo meglio.
All’ombra della notte la sua pelle bruna manda riflessi di velluto, screziato dalle lingue di fuoco.
L’aquila sente quello sguardo accarezzarlo, ardente.
Ha fatto fatica a non rivolgergli la parola oggi, lo sa.
Ha fatto una fatica incredibile perché voleva condividere con lui la gioia che provava per le meraviglie che andavano scoprendo sul loro cammino.
Ma aveva promesso a se stesso che gli avrebbe fatto capire una cosa essenziale, quasi vitale: nessuno può fare a meno di un altro essere umano.
Nessuno.
Specie se l’altro ha lo spirito legato al tuo.
Mettono un ultimo pezzo di legno sul fuoco e si stendono l’uno di fronte all’altro, con le fiamme a dividerli.
Eppure mai prima di allora si sono sentiti vicini.
Mai prima di allora si sono sfiorati, toccati, amati.
Come nessun altro prima di allora.
Il giorno dopo l’alba li trova già in viaggio.
Questa volta il Lupo parla, anche se a monosillabi.
E l’Aquila sa che si sta rivolgendo a lui.
Non sono domande, ma condivisione.
Totale e completa.
Arrivano nel luogo descritto dall’Aquila mentre il sole è a un terzo del suo cammino e l’aria è ancora fresca.
Il lupo guarda il suo compagno, ritrae le zanne e liscia il pelo.
Alza il muso per annusare l’aria, sereno.
Lo spirito completamente in pace.
Mai, mai aveva visto una cosa del genere.
Mai si era sentito così appagato e in pace in tutta la sua vita.
Le cime delle montagne accanto a loro sono completamente verdi, ricoperte di alberi , di cespugli.
Di fiori che crescono soltanto a quelle altezze.
Deve parlare all’Aquila.
Sente che forse deve dirgli qualcosa sull’uomo bianco che distruggerà tutto questo, ma è un pensiero lontano.
Molto lontano dalla sua mente che è invece acutamente consapevole di chi è accanto a se.
Di colui che , lentamente, lasciandolo nel silenzio e nella contemplazione, è penetrato nel suo interno, ha scavato dentro di lui fino a raggiungere il cuore.
E li lo ha abbracciato.
Non è una persona sentimentale, mai stata.
Nemmeno quando erano vivi i suoi genitori.
Ma quello che sta provando non ha bisogno di presentazioni da parte di nessuno.
Lo riconosce d’istinto.
E sa che una volta provato non se ne separerà mai.
-Guarda…guarda lassù… guarda attentamente…-
Il lupo stringe gli occhi per vedere meglio…e lo trova.
Un nido di aquile.
Istintivamente sa che era questo che voleva fargli vedere il suo compagno.
- Ce l’hai fatta a trovarle… anche se sono ancora molto in alto…- sa che era un suo sogno…andare fino dove le aquile fanno i loro nidi… non si sarebbe fermato prima.
L’aquila sorride appena, eppure il suo volto si trasforma.
Mai vista una bellezza simile…pensa il lupo.
E sa che nessun’altro la vedrà perché lo terrà con sé, lì.
In quel posto dove volano solo le aquile.
L’uomo bianco forse arriverà anche qui.
Non subito, ma arriverà.
Non importa.
Li troverà pronti, ma adesso sa che non sarà solo.
E la sua non sarà una vendetta.
Difenderà semplicemente il suo territorio e il suo compagno.
- Anche tu hai trovato un branco di lupi…- e lupo solitario sorride…quasi.
- Si… siamo  stati discreti… ci hanno tollerati…-
In realtà sa che c’è di più.
Sono stati silenziosi e in totale armonia con la natura attorno a loro, come solo un indiano sa essere.
E i lupi non si sono sentiti minacciati.
Così come è successo a lui.
E glielo dice.
D’istinto glielo dice, come ogni cosa che fa nella sua vita.
- Come te…anche tu sei stato discreto e io… ti ho tollerato…-
E’ il massimo che può pretendere da lui.
L’Aquila lo sa e sorride,questa volta con tutto se stesso.
Un sorriso che nasce da dentro e che lo illumina completamente.
Bellissimo.
Sia dentro che fuori.
Non è la prima volta che lo pensa e non si stanca di ripeterselo.
Mai vista una purezza simile.
Anche se lui non fa testo, visto che non ne ha conosciuti molti nella sua vita.
Sono vicini, le spalle si sfiorano e l’Aquila mette finalmente un braccio attorno alle sue spalle.
Quasi protettivo.
Ci penserò io a te,sembra dire.
Non sarai più solo, non dovrai più difenderti.
Voltano la testa contemporaneamente e le loro labbra si sfiorano.
Un attimo.
Poi il lupo affonda lo sguardo in quegli occhi quasi liquidi.
E lo bacia.
Completamente perso in lui.
E’ come ribadire un possesso a lungo atteso.
E’ suo…così some lo è lui.
Si appartengono e nessuno metterà mai in dubbio questa realtà.
Le lingue si incontrano, si cercano.
Lottano.
E vincono.
Entrambe.
Quando si staccano hanno le guance accese…leggermente.
Un acuto osservatore potrebbe  notarlo in effetti.
- Io direi che lì è il posto perfetto-
L’Aquila indica un punto distante da loro pochi metri, il lupo sa perfettamente a cosa si riferisce ma fa finta di non saperlo.
Sorride sinistro senza lasciarlo e mormora sulla bocca che morde leggermente:
- Per far che?…possiamo continuare anche qui…- una risatina morbida accoglie la sua bocca di nuovo.
Poi, un’ultima frase…- per piantare la nostra tenda-.
Tutto tace attorno a loro.
Mentre le Aquile continuano a volare alte nel cielo.

L’Inverno dà il suo saluto con le prime nevi della stagione.
Un Lupo e un’Aquila stanno scendendo la montagna.
Hanno aspettato forse troppo per scendere al villaggio invernale, ma lasciare il loro rifugio è difficile per chi, come loro, hanno vissuto isolati da tutti per sei mesi.
Torneranno appena il sole scalderà le nevi, torneranno li perché ormai non ne possono fare a meno.
Quello è il loro rifugio, fino a che il respiro cesserà di uscire.
Fino a che gli occhi si chiuderanno.
Ma sempre insieme.
FINE














   




   
 
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