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Autore: PONYORULES    28/06/2015    1 recensioni
Sempre più spesso perde l'equilibrio, a volte si trova sdraiato per terra a rimuginare sulla sua vita. Ha smesso di chiedersi come ha fatto ad arrivarci sul pavimento che non spazza da qualche mese. Si incanta a guardare i gatti di polvere che si annidano agli angoli della sua poltrona, sotto alla scrivania. Li stuzzica con le dita ormai goffe e questi si sfaldano tornando ad essere semplice polvere.
Alan Turing rimpiange di aver aperto la porta di ingresso. Rimpiange tante altre cose: di avere avuto uno spasmo alla mano, di non essere corso in cucina a prendere la gomma e il suo bicchiere d'acqua. Ora, sono questi i suoi problemi maggiori.
Genere: Generale, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Stai prestando attenzione?
 

La mano che stringe la matita ha uno spasmo involontario, fa incidere la punta di grafite in un quadrato bianco e lo sporca. Uno sgorbio su quella griglia ancora intonsa si apre nel suo campo percettivo, vuole inghiottirlo. Con l'altra mano apre un cassetto alla sua destra, in disperata ricerca di una gomma. Non la trova, e sa perché: l'ha dimenticata sul tavolo della cucina. 
Ci impiegherebbe cinque passi e mezzo -se fosse ancora in salute- a raggiungere l'oggetto desiderato. Ma da qualche settimana i suoi passi si sono fatti più corti e il male al fianco lo fa piegare su se stesso come uno stelo di giunco.
Sempre più spesso perde l'equilibrio, a volte si trova sdraiato per terra a rimuginare sulla sua vita. Ha smesso di chiedersi come ha fatto ad arrivarci sul pavimento che non spazza da qualche mese. Si incanta a guardare i gatti di polvere che si annidano agli angoli della sua poltrona, sotto alla scrivania. Li stuzzica con le dita ormai goffe e questi si sfaldano tornando ad essere semplice polvere.
Ha l'intenzione di continuare a leggere gli indizi orizzontali e verticali, cercando di non curarsi del segno fatto per sbaglio. Deglutisce, concentrandosi su altri dettagli, mentre la gola comincia a farsi improvvisamente arida.
Anche il grande bicchiere di vetro è stato dimenticato in cucina. Come i piatti nel lavello che ha dimenticato di lavare. 
Puntella i gomiti, mentre prende un bel respiro e tenta di alzarsi. Ricade sulla poltrona privo di forze per tre volte, prima di raggiungere la posizione eretta.
Stridio del campanello, un tocco soave che saprebbe riconoscere dovunque.
« Arrivo » cerca di dire più forte che può. Non è abituato a parlare, la sua voce si incastra in gola -che deve essere immediatamente idratata- e incespica. Come il suo corpo, che impaziente vuole muoversi verso la porta di ingresso ma che non riesce a farcela in tempi brevi.
« Perdona l'attesa, non trovavo- » questa volta la voce non si inceppa, bensì scompare. 
« Che cosa non trovavi, Alan? » gli domanda l'ospite che staziona sulla porta. « La forza di alzarti, giusto? » la persona inaspettata entra in casa senza chiedere permesso, lo sorpassa e prima che lui riesca a chiudere la porta, l'ospite è già arrivato in salotto. 
Non riesce a stargli dietro.
« Dov'è Joan? » domanda, mentre si appoggia al muro e si trascina nella stanza in fondo al corridoio di entrata. 
« Stavi aspettando lei, vero? Non credo verrà oggi, si è presa una brutta influenza » risponde, mentre si siede sulla sedia di legno che sta di fronte a Cristopher.
Come tutte le sere, tutte le mattine e tutti i pomeriggi, Cristopher lavora, febbrile. Un rumore sommesso esce dai suoi cavi, piccole luci fluorescenti compaiono di tanto in tanto sulla sua superficie liscia e nera.
« Hai fatto un buon lavoro ».
« Allontanati da lui, Hugh » Alan ha ritrovato il suo tono di voce solito. Fa un passo in avanti con l'intenzione di mettergli le mani addosso, ma poi ricorda di non avere le forze necessarie per fare una cosa del genere. 
Dovrebbe essere sorpreso di vederlo, la prima volta dopo cinque anni se la immaginava molto diversamente.
Hugh Alexander si alza dalla sedia con le mani alzate, sorridendo di sbieco. 
« Ti chiedo scusa, non ricordavo la tua ossessione per quella macchina ».
« Non è una semplice macchina, ha un nome ».
« Certo » lo asseconda l'altro, mentre si passa una mano fra i capelli. « Ti starai chiedendo cosa ci faccio qui ».
« Aspettavo Joan » Alan comincia ad agitarsi sul posto, le sue mani tamburellano l'una sull'altra prima di fermarsi di colpo. « Quando arriverà? ».
« Mi ha assicurato che passerà nei prossimi giorni ».
« Che cosa ci fai qui? ».
« Volevo solamente vedere come stavi, Turing. Ho saputo della scelta alquanto opinabile che hai apportato alla tua vita » lo guarda dritto negli occhi. Entrambi hanno gli occhi azzurri, ma hanno sfumature così diverse che Alan per un attimo ne rimane ipnotizzato. Ricorda la prima volta che le loro strade si sono incontrate, e preferisce sedersi.
« Non avevo scelta ».
« Sbagli » lo sguardo che gli rivolge l'ospite è duro. « Avresti potuto scontare la tua pena in prigione come ogni persona normale. Ne saresti uscito con la fedina penale sporca, ma almeno saresti stato- » le sue ultime parole finiscono in uno sbuffo. « A volte mi dimentico che tu non sei normale ».
« Vorrei esserlo, non dubitarne » Alan sorride amaramente e guarda il soffitto. « Ma se sei venuto ad accusarmi di questo, ti invito ad uscire da casa mia » chiude gli occhi. « È stata una lunga giornata ».
« Ho passato tutto il giorno in treno, non ho intenzione di andarmene senza averti detto quello che penso ».
« Che cosa pensi di così tanto importante, Hugh? Tanto da venire fino a qui ».
« Che non avresti dovuto rovinarti la vita per Cristopher ».
« Di cosa stai parlando? Lo sai che non avrei potuto lasciarlo qui da solo! Mi avrebbero sequestrato la casa » è instabile, le medicine lo rendono più suscettibile del solito. « Lo avrebbero smantellato, spento per sempre! ».
« E forse avrebbero fatto la cosa giusta! » gli urla contro Hugh, mentre gli si piazza davanti e gli stringe le mani intorno al colletto del pigiama. « Sei pazzo! Come ti è saltato in mente di scegliere la castrazione chimica ad un periodo di detenzione?! Ti sei rovinato la vita con le tue mani per un qualcosa che non esiste! ».
« Cristopher esiste! Non lo vedi? Non lo senti? Cristopher esiste eccome! È più vivo di me e di te! » il grido disperato di Turing fa indietreggiare Hugh di qualche passo. È ferito, Alan lo riconosce nelle rughe che si sono formate sulla sua fronte.
« Che cos'ha di speciale? » gli domanda. « Che cosa trovi in lui che non c'è in me? ».
Alan Turing rimpiange di aver aperto la porta di ingresso. Rimpiange tante altre cose: di avere avuto uno spasmo alla mano, di non essere corso in cucina a prendere la gomma e il suo bicchiere d'acqua. Ora, sono questi i suoi problemi maggiori.
« Ho bisogno di restare solo » cerca di liquidarlo, voltando il viso dall'altra parte. « Lasciami solo, per favore ».
« L'ho fatto » si sente rispondere. « L'ho fatto per tutti questi anni e non ti sei mai domandato il perché. Sai essere un genio quanto incredibilmente stupido, Alan ».
Il silenzio che cala su di loro viene interrotto meccanicamente da Cristopher che continua a borbottare in sottofondo nella stanza affianco. 
Fuori si è fatto buio, le nuvole cominciano ad addensarsi poco lontano.
« Avrei potuto fermarti. E non mi perdonerò mai di non esserci stato quando avevi più bisogno di me ».
« Non ho mai avuto bisogno di te » risponde sbrigativo Alan.
« Non ammetterai mai di aver provato dei sentimenti per me, vero? » Hugh sembra spezzato. « Avrei dovuto ammetterlo io per primo ».
« Lasciami solo ».
« D'ora in avanti non lo farò mai più ».
« Non ti voglio più in casa mia! ».
« Lasciami raccontare come ho fatto ad innamorarmi di te, Alan Turing. Una volta spiegate le cose, mi potrai congedare e non mi farò più vedere. Ma ti prego, per una volta, rimani fermo dove sei e ascoltami ».
« Che cosa vuoi da me, Hugh? ».
« Solo una cosa: stai prestando attenzione? ».
 
 
  
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