Questa fic è dedicata a Roberta. È merito suo se mi sono appassionata a questo anime, quindi grazie di avermi trascinata nel tunnel! Per questo, Levi (almeno il mio) è TUTTO tuo! :P
Buona lettura a tutti (spero)
Strong Soldiers
Mikasa stava seguendo Levi.
Camminava davanti a lei, silenzioso ed elegante. Le aveva detto che doveva
parlarle. Notò che zoppicava appena. La ferita che aveva alla gamba non doveva ancora
essergli rimarginata del tutto. La ragazza aveva dei sentimenti contrastanti a
riguardo. Se da una parte le dispiaceva, che per salvarla si fosse fatto male,
dall’altra che soffrisse un po’ le sembrava una giusta punizione. Se lo
meritava. Aveva ancora un conto in sospeso con lui, perché quel giorno in tribunale
aveva massacrato di botte Eren, e non le ancora passata la voglia di dargli una
lezione. Non le importava niente se l’aveva fatto per salvarlo. C’era andato
giù troppo pesante, e lei non riusciva ancora a perdonargliela.
Per ora si era trattenuta solo per il bene del suo amico, e poi anche perché, a
dirla tutta, aveva potuto constatare quanto il capitano potesse essere letale e
pericoloso, sebbene lei non ne avesse alcun timore.
Quando furono sufficientemente lontani dagli altri Levi si fermò e si girò con
la sua solita calma indisponente.
Mikasa notò che la stava fissando. Severo, irritato. Con quegli occhi incredibilmente
grigi, taglienti, trasparenti come due schegge di ghiaccio. Il ciuffo di
capelli neri, elegantemente pettinati, glieli copriva appena, mentre il broncio,
da annoiato perenne, gli piegava le labbra in una smorfia seccata. Levi, ad una
prima occhiata superficiale poteva sembrare quasi assente. Come se ti guardasse
e non ti vedesse neppure. Pareva quasi dissociato da quello che lo circondava.
Come se niente lo potesse toccare, come se non avesse neppure la voglia di relazionarsi
con ciò che lo circondava. In realtà era in costante allerta. Questo lo rendeva
simile ad un mamba¹. Invisibile ma letale. Nel
senso che pareva un cosino innocuo, a
cui non avresti dato due soldi, ma in realtà sapeva essere efferato. La sua
statura così bassa gli regalava un’agilità incredibile. Lo aveva visto con i
suoi occhi, in azione, ed era rimasta stupefatta da come combattesse quei
mostri. Nessuno poteva competere con lui, neppure lei che era di gran lunga la
migliore cadetta del suo corso e che aveva esordito abbattendo un gigante da
sola. Il capitano Levi si muoveva così veloce, che quando si trovava tra gli
alberi si faceva fatica a seguirne i movimenti e a distinguere le sue lame. Parevano
quasi una prolunga delle sue braccia. Se ne intuiva il roteare impazzito solo
dal bagliore intermittente, a causa del riflesso dei raggi del sole quando le
colpivano. Per non parlare di come usava il movimento 3D. Volteggiava agile e dinamico,
con eleganza, preciso, lineare, chirurgico, ruotava su se stesso con perfetta
sincronia e poi fatale, affondava colpi secchi, senza pietà, infierendo
freddamente nella nuca di quei mostri, tagliando loro la carne e abbattendoli
con noncuranza, come se fossero birilli. Con lo sguardo assassino e glaciale,
grigio e scintillante come il riverbero delle sue lame. Una vera macchina della
morte. Doveva ammettere che con lui vicino non c’era da tremare. Era il miglior
compagno d’armi che si potesse desiderare in battaglia. Eppure non era uno
sbruffone, né un prepotente, anche se era perfettamente conscio dei suoi mezzi.
In ogni caso era comunque salutare non contrariarlo troppo. Non era certo uno
dal carattere affabile e comprensivo. Spesso era fin troppo cinico, sprezzante
e spiacevole. Usava la lingua alla stregua delle sue le lame. Chi non lo
conosceva a fondo poteva pensare che fosse uno stronzo di prima categoria, ma
non era proprio così. Le costava ammetterlo, ma in fondo, molto in fondo, lo
ammirava e lo rispettava anche. Solo che lo trovava anche terribilmente irritante
e non riusciva proprio a dominare questa sua forte avversione per lui. Non per
il momento.
«Ho intenzione di formare una nuova squadra speciale» le disse a bruciapelo,
assottigliando ancora di più lo sguardo e aggrottando le sopracciglia. La
fissava come se fosse più tediato di sempre. Come se parlare con lei fosse un
male necessario. Eppure quella ragazzina aveva gli attributi. Lo sapeva bene.
Però era una femmina e spesso le donne si lasciavano troppo condizionare
dall’emotività. Doveva rimetterla a posto. «Sto ancora valutando se farti entrare
o meno» aggiunse.
Mikasa si agitò subito. Era chiaro che questa nuova squadra sarebbe stata a
supporto e a difesa di Eren. Era impossibile per lei non farne parte.
«Che cosa la frena capitano? Sa benissimo che io sarei pronta a morire per lui!»
Levi sospirò appena. Sembrava più seccato del solito.
«Devi smetterla di stargli addosso. Sei iperprotettiva e deleteria» la redarguì
secco.
«Io non gli sto addosso! Io lo proteggo!» gli si rivoltò in malo modo,
stringendo i pugni e guardandolo con risentimento.
«Sei un pericolo per lui» ribadì con fredda calma Levi.
«Ma cosa dice? Se non ci fossi stata io nella foresta…».
La interruppe. «Ti sei mai chiesta perché quando Eren si è trasformato per
spostare quel masso, abbia tentato di colpirti, per ben due volte?».
«Non mi ha riconosciuta! È stato un incidente. Ma che c’entra questo ora?».
«Probabilmente nel suo subconscio voleva spazzarti via. Perché lo infastidisci.
Sei asfissiante. Opprimente. Secondo il rapporto di Armin, ti aveva chiesto di
non seguirlo, ma tu non hai sentito ragioni. Quando si tratta di lui non sei
lucida, Ackerman».
Mikasa stava per esplodere e fece fatica a non attaccarlo.
Levi parlò di nuovo.
«Armin invece è riuscito a farlo ragionare. L’ha addirittura motivato.
Praticamente è merito suo se la missione è riuscita» aggiunse senza scomporsi.
L’irruenza di lei, da un lato gli piaceva, aveva notato che stava per dargli
contro. Gli ricordava se stesso con Erwin i primi tempi, quando avrebbe voluto
ucciderlo². La cosa non lo impensieriva
minimamente anche se come soldato la stimava. Restava il fatto che lei era
troppo coinvolta emotivamente con quel ragazzino e questo era un male che
poteva ripercuotersi su tutta la futura squadra. Doveva darle una scossa di
quelle potenti, o sarebbe stato un problema. Doveva averla nel progetto, ma
doveva raddrizzarla in qualche modo. Non poteva certo prenderla a calci come
aveva fatto con Eren. Con i maschi a volte era tutto più facile.
«Lui è la mia famiglia» replicò rigida.
Levi la fissò di traverso, ma non disse niente. Era un uomo fatto, non un
ragazzino inesperto, sapeva benissimo di ciò di cui stava parlando.
«Questa tua ossessione per Eren potrebbe costarci delle vite. Io non posso
permetterlo. Inoltre devi lasciarlo libero di poter fare le sue scelte, o non
riuscirà mai a dominare il suo potere. Tu sei il suo punto debole».
«Io non smetterò mai di proteggerlo!» affermò determinata e rabbiosa la
ragazza.
«Bene, allora è deciso, non farai parte della mia squadra, anzi adopererò tutta
la mia influenza per farti cambiare Corpo» e dopo averla volutamente provocata
con quelle parole, si girò, superandola, per andarsene.
Mikasa scattò verso di lui per avventarglisi contro. Levi si voltò fulmineo, le
afferrò un polso bloccandolo in una morsa d’acciaio. La stringeva così forte
che le sembrò di sentire scricchiolare le ossa una per una. Sarebbe stato
capacissimo di rompergliele. Non era certo uno tenero, che si faceva troppi
problemi.
«Lui non ti vede in quel senso. Fattene una ragione» le disse calmo.
Lo fissò ferita ed incredula, le sembrò che quelle parole la tagliassero come una
rasoiata. Reagì d’istinto, con la mano libera cacciò fuori dalla tasca dei
pantaloni un coltellino e cercò di ferirlo in viso. Levi non si scompose,
rapido le afferrò anche l’altro polso e con una sorta di calcio sgambetto, ad
entrambe le gambe, le fece perdere l’equilibrio e l’atterrò, avventandosi su
lei, bloccandola con un ginocchio, che le piantò alla bocca dello stomaco,
obbligandola così a divaricare le gambe, immobilizzandola del tutto, inibendola
da poter fare qualsiasi movimento. Misaka cercava di divincolarsi con tutte le
sue forze, ma lui sembrava una tagliola d’acciaio. Mentre le teneva le mani
bloccate sopra la testa, le si avvicino pericolosamente al viso, la sua
espressione era fredda e cattiva, simile a quella di un predatore che sta per
attaccare. Il cuore cominciò a correrle impazzito. Che intenzioni aveva?
«Stupida ragazzina che credi di fare? Potrei tagliarti la gola prima che tu
riesca ad aprire la bocca» le sibilò freddo, in modo che le face gelare il
sangue. Non l’avrebbe fatto ma lei sapeva che ne era sicuramente capace. Eppure
questo suo essere così letale aveva un fascino ipnotico a cui era quasi
impossibile resistere. Anche Mikasa malgrado tutto lo subiva. Il suo cuore non
martellava solo per la paura e la rabbia, ma si rifiutò di prestarci
attenzione. Lo detestava, punto.
«Siamo in guerra. La nostra vita è appesa ad un filo che ogni giorno si
potrebbe spezzare e tu pensi solo a te stessa. Non è così che funziona. Se non
ti fidi della tua squadra non puoi farne parte!» concluse risoluto.
«Tu hai quasi fatto ammazzare Eren! Non ti sei occupato di lui come avresti
dovuto!» gli urlò contro rabbiosa contorcendosi. Le sue parole, anche se non lo
voleva ammettere l’avevano colpita profondamente.
«Se non ti avessi fermata, a quest’ora sareste morti tutti e due» la redarguì
duro serrando ancor di più la presa.
Mikasa provò un forte senso di sconfitta. Non poteva muoversi, lui le stava
facendo veramente male, ma la cosa che più la faceva sanguinare, era che sapeva
che aveva ragione. Si ricompose e tornò a dargli del lei, come si conveniva ad un superiore «Farò quello che vuole lei
Capitano, ma non mi estrometta dalla squadra».
Fu a quel punto che allentò la presa. Gli fece un certo effetto vederla così
remissiva, una cosa strana su cui evitò accuratamente di fare riflessioni.
Mikasa era molto bella, troppo bella, a volte questo distraeva l’interlocutore
e lui, per quanto freddo, distante e glaciale fosse, era pur sempre fatto di carne
e sangue, come ogni un uomo.
Con un balzo tornò in piedi, lasciandola libera. Con disappunto notò che si era
inzaccherato la divisa.
«Guarda qui che sudiciume!» dichiarò irritato mentre con le mani si spazzolava
con vigore i pantaloni, cercando di togliere la terra.
Si ravviò i capelli e con la solita espressione a metà tra l’infastidito e l’assente,
si congedò. «Ci penserò su. Ora smettila di frignare come una mocciosa».
Si girò e questa volta se ne andò, per davvero, lasciandola a terra confusa,
frustrata e dolorante.
Mentre camminava allontanandosi sentì qualcosa solleticargli il labbro. Non se
ne era neppure accorto ma a quanto pare l’aveva ferito, appena, di striscio. Si
leccò e assaporò il gusto dolciastro del sangue che gli solleticava l’angolo
della bocca.
Sorrise tra sé, senza esternarlo.
Quella ragazza aveva un temperamento che gli piaceva. Molto più di quanto fosse
disposto ad ammettere anche a se stesso.
Nota 1: Descrizione Black mamba da wikipedia: Il corpo del
mamba nero è piuttosto sottile e muscoloso, caratteristiche che garantiscono
una certa agilità a un animale in grado di spostarsi alla sostenuta velocità di
circa 20 km/h, per questo motivo, se confrontato con altre specie, è
comunemente considerato il serpente più veloce del mondo. Questo serpente è
inoltre in grado di muoversi facilmente su ogni terreno, e può sollevarsi da
terra per tre quarti della sua lunghezza, dunque 3 metri negli esemplari più
grandi, cosa che gli permette di raggiungere senza difficoltà anche gli alberi.
Nonostante il suo nome comune, questo serpente non è nero: il dorso presenta
una colorazione olivastra più o meno scura, mentre la regione ventrale è di
color crema chiaro. Il nome di mamba nero deriva dal caratteristico colore nero
dell'interno della bocca, che il serpente rende ben visibile quando la spalanca
perché si sente minacciato. Questa caratteristica, unita alla particolare forma
della sua testa (che ricorda una bara), alla sua velocità, alla sua
aggressività e alla letalità del suo veleno ha procurato al mamba nero il soprannome
di "ombra di morte".
In genere, è un serpente riservato che tende a evitare il confronto con l'uomo
allontanandosi non appena avverte la presenza umana; tuttavia, se calpestato, o
minacciato, o senza via di uscita, può diventare aggressivo, soffiando e
mordendo ripetutamente.
Trovo sia un paragone calzante con Levi :)
Nota 2 : Velato
riferimento ad Attack on titan No
Regrets OVA incentrato su Levi prima di entrare nel Corpo di Ricerca, che
racconta il suo background, come ha incontrato Erwin e come e perché si è
arruolato.
Salve a tutti, sono nuova
di questo fandom. Spero che non mi prenderete a pomodorate xD
Questa storia è nata da un’ispirazione fulminante dopo la visione dell’anime L'attacco dei Giganti (Shingeki no Kyojin).
Forse e dico forse, ne seguirà una long, ma non a breve. So che questa coppia
non è molto amata, ma io credo che possa essere plausibile, insomma io ce li
vedo bene a darsele di santa ragione e poi magari a far pace? :P
Detto ciò ogni commento è
apprezzato, anche le critiche, perché se sono costruttive aiutano l’autore, io
almeno, la penso così :P
Grazie a chiunque sia passato di qua! ♥
Disclaimer: Mikasa e Levi (purtroppo) non mi appartengono, ma sono proprietà di Hajime Isayama
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