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Autore: alisvolatpropiis    28/06/2015    8 recensioni
Derek aveva appena oltrepassato il confine cittadino quando vide l'insegna di un drive-in indipendente, Full Spectrum Brew. C'erano tre macchine in coda quando svoltò, cosa che lo irritò ma gli diede anche speranza. Non che nutrisse grande fiducia nei gusti degli abitanti di BH quando si trattava di caffè (Dio, era davvero uno snob), ma la popolarità del posto sembrava promettere bene. La coda si mosse meno velocemente di quanto gli avrebbe fatto piacere, ogni cliente sembrò prendersi fin troppo tempo per ordinare, per poi indugiare ulteriormente. Era irritabile per la mancanza di sonno e ancora di più per la deprivazione da caffeina, ansioso di poter uscire dall'auto. Finalmente arrivò il suo turno e lui abbassò lentamente il finestrino, spegnendo la radio.
Per un secondo, pensò di essersi addormentato durante l'attesa, perché quello che vide quando guardò verso la finestra doveva essere certamente un sogno.
Incredibili occhi ambrati come miele scintillante ed un dolce nasino, leggermente all'insù; una graziosa bocca , il labbro inferiore piercato con un sottile anello nero che stuzzicò con la lingua mentre gli sorrise uno stupendo Buongiorno.
Era l'uomo più bello che Derek avesse mai visto.
Ed era senza maglietta.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Laura Hale, Stiles Stilinski
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Queer Your Coffee'
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Link alla pagina dell'autrice su ao3: alisvolatpropiis (CONSIGLIATISSIMA!!!)

Link alla serie originale: Queer Your Coffee





Note iniziali dell'autrice: Ho scitto qualcosa che non sia porn! Ma non preoccupatevi, sono sempre questi due idioti che si innamorano. :)
 
UPDATE: LA PARTE 2 È TOTALMENTE PORN.
 
 
 
Note iniziali del traduttore: Chiedo scusa per il ritardo, ma questo periodo è, come tanti di voi sapranno, assolutamente malefico anche quando non ci si mette in mezzo un trasloco.
Comunque, visto la giornata storica che è stata il 26 abbiamo voluto anche noi (Io e
Adelaide Bonfamille che come sempre è preziosa nella sua opera di betaggio) festeggiare a modo nostro la decisione della corte suprema americana.
#lovewins 

 

 
Queer your coffee
 
 
 
Era mattino presto quando Derek guidò oltre il confine di Beacon County, ancora con quindici miglia da percorrere prima di essere di nuovo a Beacon Hills. Non pensava che sarebbe mai tornato alla sua città natale, eccitato com'era stato di lasciarla dopo il liceo, dicendo addio alla vita della piccola città per qualcosa di meglio.
Ma erano passati quindici anni da quando se ne era andato, e molte cose erano cambiate. Derek era cambiato. Abbastanza da spingerlo, quando Laura l'aveva chiamato in lacrime, incinta di sei mesi e mollata dal suo fidanzato, ad offrirsi di ritornare per aiutarla a crescere il bambino. Il sollievo e la speranza nella sua voce quando gli aveva risposto – oh, Der, non posso chiederti di lasciar perdere la tua vita per me – l'aveva convinto di aver preso la decisione giusta. Non sei tu che me lo stai chiedendo, sono io che mi sto offrendo, aveva detto, e quella decisione gli sembrava sempre più giusta man mano che ci pensava. Sei il miglior fratello maggiore di sempre, Der-orsetto. Lui sapeva che lei lo intendeva davvero perché di solito non gli lasciava mai usare il titolo di fratello maggiore, sottolineando ogni volta che era più vecchio di soli sei minuti.
Non era che lui avesse chissà quale vita da lasciar perdere. Era un romanziere, abbastanza di successo da potersi identificare come scrittore sulla dichiarazione dei redditi, il che significava che poteva vivere ovunque volesse. Gli piaceva Portland, aveva un paio di buoni amici lì, amava essere vicino all'oceano per fare surf in primavera ed estate e alle montagne per praticare lo snowboard d'inverno. Ma avrebbe mentito se avesse detto di non essersi sentito... non ansioso, non esattamente, ma fuori posto. Incompleto. Non gli piaceva pensare a sé stesso come ad un solitario, nonostante fosse single fin dal divorzio, tre anni prima. Il suo lavoro, i suoi libri, l'aria aperta, erano tutto quello di cui aveva davvero bisogno.
Tutto per dire che per lui lasciare Portland non era un grande problema, e che anzi lui non vedeva l'ora di tornare a Beacon Hills, per quanto sorprendente fosse. Era un tipo abbastanza ottimista – nascosto sotto strati su strati di perfezionati cinismo e scontrosità difensivi – da essere cautamente speranzoso riguardo al prossimo capitolo della sua vita.
Capitolo che mai avrebbe vissuto se non avesse messo le mani su del caffè, tipo, immediatamente. Aveva guidato per dodici ore, lasciando Portland appena era calata la notte, preferendo fare la lunga tratta di notte con meno traffico. La sua ultima fermata era stata Sacramento, dove si era sorbito un imbevibile latte di soia da Starbucks. Vivere nella Pacific Northwest l'aveva reso incredibilmente viziato – snob, amava dire Laura – riguardo birra e caffè, e avrebbe mentito se avesse detto che la mancanza di opzioni di caffè decenti a Beacon Hills non lo aveva fatto fermare mentre stava decidendo di tornarci. Abbiamo due Starbuck adesso, Derek. Due! Lui le aveva indirizzato un'occhiataccia, nonostante non fossero nemmeno in videochiamata. Starbucks è terribile, Laura. E uno dei due non è dentro Safeway? Non conta neanche.
Derek aveva appena oltrepassato il confine cittadino quando vide l'insegna di un drive-in indipendente, Full Spectrum Brew*. C'erano tre macchine in coda quando vi svoltò, cosa che lo irritò ma gli diede un po' di speranza. Non che nutrisse grande fiducia nei gusti degli abitanti di BH quando si trattava di caffè (Dio, era davvero uno snob), ma la popolarità del posto sembrava promettere bene. La coda di automobili si mosse meno velocemente di quanto gli avrebbe fatto piacere, ogni cliente davanti a lui sembrò prendersi fin troppo tempo per ordinare, per poi indugiare ulteriormente una volta preso il proprio caffè. Era irritabile per la mancanza di sonno e ancora di più per la deprivazione da caffeina, ansioso di poter uscire dall'auto. Finalmente arrivò il suo turno e lui abbassò lentamente il finestrino, spegnendo la radio.
Per un secondo, pensò di essersi addormentato durante l'attesa, perché quello che vide quando guardò verso la finestra doveva essere certamente un sogno.
Incredibili occhi ambrati come miele scintillante ed un dolce nasino, leggermente all'insù; una graziosa bocca rosa, il labbro inferiore piercato con un sottile anello nero che stuzzicò con la lingua mentre gli sorrise uno stupendo Buongiorno.
Era l'uomo più bello che Derek avesse mai visto.
Ed era senza maglietta.
Le braccia, il collo, e la maggior parte del torso del tizio erano coperte da un selvaggio collage di tatuaggi che Derek non riusciva neanche ad iniziare a decifrare, distratto com'era dalla spessa linea di peluria scura che gli partiva dall'ombelico e spariva oltre l'elastico nero del suo intimo, il quale spuntava da sotto un paio di jeans attillati che ricadevano pornograficamente bassi sui suoi fianchi stretti. Era più giovane di Derek, sui venticinque probabilmente, e più piccolo di lui, cosa che gli piaceva, tuttavia con i muscoli evidenti e dall'aspetto forte, cosa che gli piaceva davvro. Derek non era stato con un ragazzo sin dal college – non contando il confuso, anonimo pompino che aveva ricevuto in un bagno la prima ed unica volta che la sua migliore amica Erica l'aveva convinto ad andare per bar gay appena dopo aver lasciato Jen – ma anche ai tempi del college, in quelli che a Erica piaceva amorevolmente definire i suoi anni da erotomane**, si era mai sentito così immediatamente e visceralmente attratto a prima vista da un uomo – o da chiunque, per quello che importava.
Derek era così occupato a guardarlo e a ripredersi dallo shock della sua inaspettata attrazione che gli ci volle un momento per ricordarsi che si supponeva lui dicesse qualcosa. Caffè. Si supponeva che lui ordinasse del caffè.
“Tutto ok laggiù, ragazzone?” Il sorriso del tizio divenne un ghigno quando glielo disse, avvicinandosi di un passo e chinandosi in avanti, appoggiando i gomiti sulla mensola appena fuori dalla finestra, gli occhi alla stessa altezza di quelli di Derek nel suo pickup. Era fottutamente criminale, quanto fluidi e sensuali fossero i suoi movimenti, quanto fosse ricca e forte la sua voce, persino quando gli sembrava lo stesse prendendo in giro.
“Sì, uh, scusa,” disse Derek, ritrovando finalmente la voce. Si sistemò sul sedile del guidatore, grattandosi la barba giusto per avere qualcosa da fare con le sue mani.
“Nessun problema,” gli disse il tizio. “Sei nuovo in città scommetto. Fammi indovinare – non hai dato un'occhiata approfondita al cartello? Hai solo visto la parola CAFFÈ e hai svoltato, huh?”
Derek si girò sul sedile per guardare nuovamente verso il cartellone del negozio sulla strada. Sotto il nome c'erano due silouette, una era la tradizionale donna formosa, con seno prosperoso e fianchi stretti con i capelli sciolti al vento. Specularmente ce n'era una seconda nella stessa posa semi-piegata, spalle ampie e bicipiti spessi. Tra le due figure c'era la forma di un bicchiere di caffè da portar via dei colori dell'arcobaleno. Sotto, in vivace calligrafia: Queer your coffee.
Derek riportò lo sguardo nuovamente sul ragazzo, le sopracciglia inarcate. “Benvenuto al Full Spectrum Brew,” gli disse con un ampio ondeggiamento delle sue lunghe dita. “Completo spettro di opzioni su tè e caffè, completo spettro di sessualità benvenute. Il miglior caffè della città con pari oportunità di rifarsi gli occhi, non importa dove tu cada sulla scala Kinsey***.”
Derek sentì un sopracciglio inarcarsi ulteriormente. “Rifarsi gli occhi.” Era decisamente una frase di approvazione, ma il ragazzo gli rispose come fosse una domanda.
“Beh, per quelli che apprezzano la popolazione maschile. La mia socia in affari e migliore amica Lydia fornisce il materiale per quelli a cui piacciono le donne. Lei sarà qui nel pomeriggio, se ti va di tornare.” Glielo disse con un occhiolino, ma il suo sorriso si incrinò appena.
“Oh, già. Um. Non è male.” Buon Dio, pensò. Tu hai letteralmente vinto dei premi per la tua abilità di usare le parole. Mettile insieme. “Sto bene come sono adesso,” gli rispose, sorridendogli in una maniera che sperò risultasse naturale e non come se stesse digrignando i denti in anticipazione, come se il suo cuore non stesse martellando.
Il sorriso del ragazzo ricomparve, persino più luminoso questa volta. Derek sentì le ginocchia molli. Diede uno sguardo nello specchietto retrovisore e disse una silenziosa preghiera di ringraziamento per il fatto che non ci fosse nessuno in coda dietro di lui.
“Sarai in città per molto?” gli chiese il ragazzo, appoggiando il mento sulle proprie mani. Quello attirò la sua attenzione sulla scia di nei che attraversava la sua guancia sinistra e sull'unghia, coperta di smalto scuro scheggiato, che picchiettava su uno di essi mentre scrutava Derek su e giù, un’occhiata che presto divennero tre. La forza del suo sguardo in qualche modo rendeva Derek simultaneamente rilassato – gli sembrava interessato – ed ansioso – oh Dio, era interessato.
“Come sai che sono nuovo in città?” fu la sua risposta, ed ehi, riuscì a risultare a suonare flirtoso. Magari si ricordava come farlo. Non vedeva l'ora di dirlo ad Erica.
Il ragazzo – moriva dalla voglia di sapere il suo nome – schioccò la lingua e, oh cazzo, aveva la lingua piercata, e quella fu la fine, Derek era totalmente e completamente andato. Sarebbe tornato ogni giorno anche se il caffè fosse stato una merda. “Vivo a Beacon Hills da tutta la mia vita, amico. E mio padre è lo sceriffo, quindi conosco praticamente ogni persona in città. E, credimi, mi ricorderei di te.”
Derek arrossì al complimento mentre tentava di fare i conti con il fatto che quel ragazzo fosse il figlio di un poliziotto. Gli era sembrato più il figlio di una rock star o di un veramente stimato leader di una gang di biker. Tuttavia non lo disse. Invece colse al volo l'occasione di presentarsi, e di scoprire il nome di questa splendida creatura. “Conosci Laura Hale? È una veterinaria alla Clinica per Animali di Beacon Hills.”
“Dr. Laura Medicine Woman****? Cazzo sì, è mitica. È un'amica di mio padre, e la veterinaria ufficiale dell'unità K-9 del dipartimento, quindi conta come un membro quando giochiamo a Softball con i vigili del fuoco. È la nostra migliore giocatrice. Beh, brava quasi quanto me, intendo.” Gli fece l'occhiolino, stuzzicandosi con la lingua l'anello sul labbro.
“Lavori anche tu per il distretto di polizia?” Il sopracciglio di Derek si inarcò nuovamente.
“Durante la settimana della partita annuale di Softball Polizia-Vigili del fuoco sì. Dovresti vedere la cartella clinica degli incidenti di questi tipetti,” gli agitò le dita di fronte al viso, il piccolo bastardo ambiguo. “Tu come conosci Dr. Laura?”
“È mia sorella. La mia gemella a dire il vero. Sono tornato in città per aiutarla con il bambino.”
La faccia del ragazzo si illuminò. “Tu sei Derek!” Stava seriamente brillando. “Ero certo che mi sembrassi familiare! Wow, cazzo. Sì. Ehi amico, sono Stiles. Stiles Stilinski.” Tese la sua mano e, finalmente, Derek ebbe la possibilità di toccarlo. La stretta di Stiles era ferma e calda e lui strinse appena la mano di Derek prima di lasciarla andare. “Bentornato a casa, Derek. Mio padre aveva accennato che tu stessi tornando. Ho letto tutti i tuoi libri, amico. Li amo. Spero che non sia strano sentirselo dire.”
“No, per niente. Grazie.” Poteva sentire le sue guance arrossarsi, andare praticamente a fuoco. Era abituato a ricevere complimenti dalle persone per il suo aspetto – ci aveva convissuto per tutta la vita – ma non era ancora granché sicuro di come reagire quando era la sua abilità di scrittura a ricevere complimenti, nonostante il successo. “Quindi,” disse, schiarendosi nuovamente la gola, raggiungendo nuove vette di imbarazzo. “Non che non sia una una brillante iniziativa affaristica, ma da dove viene tutto il...” lasciò morire la frase, gesticolando verso il torace tatuato di Stiles, e verso l'assolutamente incredibile teschio cornuto affiancato da due fiori di loto color magenta che praticamente splendevano in contrasto con la sua pelle pallida.
“L'ambiguo quasi-nudista coffee shop? Già, è una storia buffa. Avrai sentito di quei locali drive in dove le bariste sono tutte giovani donne con il seno prosperoso in bikini, vero?”
“Sì. Anche Portland ne ha alcuni.”
“Esatto, sono parecchio poplari, nonostante siano abbastanza squallidi. Beh, uno ha aperto a Hill Valley e Lydia si è lamentata, dicendo quanto fosse sessista che non ci fossero anche dei bar con uomini scarsamente vestiti per le signore, ed io ero tutto ‘ehi, sarebbe fantastico, ma parecchio eteronormativo,’ e così, è nata un'idea.” Gli disse facendo spallucce, come se aprire un coffee shop per omosessuali con dipendenti semi-nudi in una piccola città dell'America per un capriccio fosse una cosa da niente.
“Quindi vuoi non siete squallidi perché siete dei progressisti?”
“Oh noi siamo totalmente squallidi, ma comunque progressisti. Come ho detto, oggettificazione con pari opportunità.” Il suo sorriso era contagioso, intossicante. Derek si sentì più sveglio di quanto non lo fosse stato in parecchio tempo, e non aveva ancora ordinato il suo caffè.
Come se gli avesse letto nella mente, Stiles scattò in piedi, raddrizzando le spalle e picchiettando le dita in un ritmo rapido contro il davanzale della finestra. “Caffè,” annunciò. “Questo è anche un coffee shop. Cosa posso farti, Derek?”
“Un doppio latte di soia, per favore,” riuscì a rispondere prima che la sua mente predesse in esame tutte le possibili risposte a quella domanda.
Stiles si girò verso la macchina espresso, canticchiando piano a tempo con la musica che suonava all'interno. Derek provò ad essere discreto mentre occhieggiava la sua schiena, ma poi ricordò che gli era permesso farlo – che era incoraggiato, in effetti, a farlo, quindi lasciò i suoi occhi liberi di vagare. Anche la schiena di Stiles era tatuata con una grande aquila in bianco e nero che si avventava su una figura incatenata ad un masso, chiramente Prometeo. La sua meravigliosa schiena terminava in un sedere adorabilmente rotondo, perfettamente abbracciato dai jeans scuri, che fece aumentare la salivazione in bocca a Derek. Deglutì con forza e si sforzò di distogliere lo sguardo.
Le dita di Stiles accarezzarono le sue quando gli passò il caffè e poi rifiutò di prendere i soldi, insistendo che offriva la casa come regalo di bentornato, sorridendo e sbattendo le ciglia per tutto il tempo. Il tutto confuse Derek ancora di più, così tanto che tirò fuoti appena un grazie. Stiles scrollò le spalle e gli fece l'occhiolino, e Derek non seppe cosa dirgli, voleva chiedergli di uscire ma, cazzo, come poteva farlo? Non aveva chiesto di uscire a qualcuno in anni, non era nemmeno sicuro che le persone si chiedessero ancora di uscire. Stiles era giovane e figo e avrebbe probabilmente pensato che lui fosse uno stupido. Un vecchio stupido. Non c'era nessuna possibilità che gli dicesse di sì, giusto? Stiles aveva flirtato in manera abbastanza ovvia, era vero, ma era tipo, il suo lavoro, o no?
Una macchina si infilò dietro quella di Derek, salvandolo dalla sua indecisione paralizzante e dal terribile imbarazzo. Stiles diede un'occhiata alla macchina, e poi a lui, in attesa. “Beh, Der –“
“Mi ha fatto piacere conoscerti, Stiles,” disse, bloccandolo prima che lui potesse dirgli di andarsene così da poter continuare a fare il suo lavoro con il successivo squallido-ma-progressivo dipendente da caffeina. “Grazie ancora per il caffè.”
Ripartì, lo stomaco attorcigliato. Era di nuovo sulla statale quando diede il primo sorso al suo caffè che, ovviamente, era squisito. Uno dei migliori che avesse mai assaggiato. Dannazione. Continuò a guidare, sorseggiando lo stupidamente delizioso caffè, prendendosi mentalmente a calci per essere scappato.
Era sua intenzione inizare un nuovo capitolo della sua vita, giusto? Stiles era diverso da chiunque altro con cui Derek fosse stato insieme, quello era certo. Aveva sempre giocato sicuro, secondo le regole. Era andato al college con una borsa di studio parziale per il baseball, aveva guadagnato una laurea in economia mentre scriveva il suo primo romanzo così da avere una carriera stabile su cui contare se la scrittura, il suo primo amore, non fosse andata bene. Per chissà quale miracolo invece era andata e, non appena venduto il suo primo manoscritto, aveva comprato a Jennifer un anello di fidanzamento e versato l'anticipo sull'acquisto di una casa. Aveva fatto tutto giusto, tutto quello che aveva pensato di dover fare, ma non si era mai sentito davvero felice, sentendosi sempre come se gli mancasse qualcosa. Jennifer aveva pensato che fossero dei bambini, ma non aveva alcun desiderio di metter su famiglia con lei.
E adesso era lì, trentaquattrenne, divorziato, di ritorno alla sua città natale per vivere nella casa della sua infanzia con sua sorella e la sua prossimamente nascitura nipote, il cuore che correva per aver appena flirtato con un incredibilmente affascinante e magnifico uomo che per vivere faceva caffè mezzo nudo, per un capriccio, e imbrogliava a softball i vigili del fuoco.
Poteva dimenticarsi il nuovo capitolo della sua vita. Stiles avrebbe potuto essere un'intero nuovo libro.
“Cazzo,” borbottò, guardando rapidamente nello specchietto retrovisore prima di inchiodare e fare un'inversione ad U illegale, il cuore rimbombante ed i palmi sudati come il personaggio di uno dei suoi romanzi.
C'era una macchina davanti alla finestra quando imboccò il vialetto del Full Spectrum, e Derek sbattè le dita sul volante, impaziente e con il coraggio che calava ogni secondo che passava. Finalmente la stupida piccola Honda se ne andò e lui si sforzò di prendere un respiro profondo prima di avanzare.
“Sei tornato!” esclamò Stiles con un sorriso splendente che sparì in fretta. “Ho sbagliato il tuo caffè??”
“No, assolutamente. Il caffè è grandioso. Davvero, davvero grandioso in effetti. Ho solo, uh, dimenticato una cosa.” Cazzo, stava già rovinando tutto. Era nuovamente  incantato dagli occhi di Stiles, così luminosi ed espressivi, e dal suo corpo amabilmente definito, così vivo di colori caldi e di energia rovente da fargli venire voglia di toccarlo, voglia di scoprire se potesse bruciarlo.
“Oh davvero?” Stiles inclinò la testa come un cucciolo curioso, e Derek ebbe voglia di gemere.
“Sì,” disse deglutendo forte. “Dovrei portare quacosa a Laura. Le piaciono i mocha, credo.” Che la sua intera vita si fottesse.
Stiles gli sembrò deluso, addirittura un pochino accigliato. “Certo, ok.” Si girò verso la macchina espresso, poi si voltò rapidamente. “Non penso che le donne incinte debbano assumere caffeina.”
Derek sospirò pesantemente, sentendosi ancora più stupido. “Giusto. Dio, sono davvero pessimo in queste cose.” L'occhiata che rivolse a Stiles dovette essere abbastanza patetica, magari persino implorante, perché l'altro sembrò avere pietà di lui, forse persino capire cosa volesse davvero dire.
Stiles si appoggiò nuovamente al davanzale, con un sorriso dolce e tenero. “Che ne dici se le facessi una cioccolata calda e, mentre gliela preparo, tu mi scrivi il tuo numero di telefono? Mi piacerebbe darti un degno bentornato in città." Fece un passo vero la macchina espresso, per poi scattare di nuovo verso la finestra, tutto snodato. "Per un appuntamento," aggiunse, enfatico. "Se non fosse stato abbastanza chiaro da come non riuscivo a smettere di guardarti e dalla piccola danza della vittoria che ho fatto quando ti ho visto tornare indietro. Danza della vittoria di cui tu non sapevi nulla." Arrossì deliziosamente, le guance rosate.
Derek non riconobbe la calda emozione che si irradiò in lui, facendolo sorridere come se fosse sul punto di scoppiare. "Se dico si sì, posso vederla?" 
Stiles rise con il suo intero corpo, la testa gettata all'indietro, le mani a massagguarsi piano lo stomaco. "Se giochi bene le tue carte, ragazzone." Disse con un occhiolino.
 
~*~
 
Gli mostrò la danza della vittoria - la sua Danza del Porco-Cazzo-Derek-Hale-Potrebbe-Essere-Interessato-A-Me, come la definì Stiles - due notti dopo il loro primo appuntamento. Per quando Derek avesse voluto vederla, e che Dio lo aiutasse, lo voleva, se la perse quasi del tutto, impegnato com'era a baciarlo fino allo sfinimento.
 
 
 
 
Note finali dell'autrice: L'ispirazione per il tatuaggio sul torace di Stiles può essere trovata qui, nel caso vi interessasse.
L'ispirazione per Stiles tatuato nella sua interezza invece deriva da questa INCREDIBILE edit. Se questa artista farà mai un'edit punk di Tyler Hoechlin, potrei seriamente morire di felicità.
Venite a dire Ciao su Tumblr! Sono alla ricerca di prompt per delle ficlet...


 
 
 


Note del traduttore Moonguardian:

*Full Spectrum Brew: si tradurrebbe con qualcosa di simile a "L'infuso del Pieno Spettro", dove per spettro si intende il significato fisico di spettro dei colori ossia della luce visibile (un modo sottile per dire un arcobaleno, chi ha orecchie per intendere...)
**Traduzione di "Cockslut": i due termini hanno un significato leggermente diverso in quanto "erotomane" è un individuo (di sesso maschile, per la donna si usa il termine ninfomane) ossessionato dal sesso sui generis che vuole continuamente farlo, mentre "cockslut" indica una persona (il termine è unisex) che vuole continuamente avere dentro di sé un cazzo.
*** Scala Kinsey: Scala elaborata dallo studioso Alfred Kinsey che colloca su 7 livelli (da 0 a 6) la tendenza sessuale di una persona (zero uguale Etero, sei uguale Omosex, tre uguale Bisex).
Primo unico tentativo di studio della sessualità senza compartimentarla ma considerandone le sfaccettature.
****Riferimento a Wonder Woman
 
 
 
Writer D è forse il mio preferito tra i sette Alter Ego di In Any Version Of Reality, perché è il più impedito XD
Amo il fatto che sia un tenerone fatto e finito che non riesce ad esprimersi.
 
A questa OS ne fa seguito una seconda (che inserirò, come ha fatto l'autrice originale, come diverso lavoro ma in serie con questa) che arriverà nel futuro spero molto prossimo (RL permettendo *cry*).
Alla prossima!

 
   
 
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