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Autore: flatwhat    28/06/2015    2 recensioni
Javert reprime questo pensiero mentre un'altra guardia gli fa cenno di tentare una discesa. Piega le ali e fa come gli viene detto.
Sta a loro, un'anziana guardia esperta e un novellino che prova troppo orgoglio per sentire la stanchezza, fermare quell'uomo, quella bestia, che da ore non fa altro che correre con le sue poderose gambe di centauro.

[Fantasy!AU]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Javert, Jean Valjean
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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originariamente scritta per una challenge @maridichallenge

Da quale prospettiva guardi le stelle?
 

La prima volta che Javert si accorge di Valjean è durante un'evasione. 
Prima, non aveva avuto motivo di distinguere quel particolare detenuto dagli altri, tutti sudici e pieni di odio.

Ma in quel momento, è difficile non notare Valjean, è quasi difficile persino non ammirarlo.
Javert reprime questo pensiero mentre un'altra guardia gli fa cenno di tentare una discesa. Piega le ali e fa come gli viene detto.
Sta a loro, un'anziana guardia esperta e un novellino che prova troppo orgoglio per sentire la stanchezza, fermare quell'uomo, quella bestia, che da ore non fa altro che correre con le sue poderose gambe di centauro.
C'era stato un momento in cui Javert era arrivato a dubitare. "Non si fermerà mai", aveva pensato, "Continuerà a correre in eterno, se glielo lasciamo fare".
Ma il detenuto rallenta. Si inerpica a fatica su un pendio.
Javert e il collega si scambiano uno sguardo e accelerano il movimento delle ali. Il momento sta arrivando.
Ecco che Valjean posiziona male uno zoccolo e cade. Javert lo raggiunge in picchiata, un secondo più tardi, ponendo fine a quella fuga che prima pareva inarrestabile.

La seconda volta che Javert si accorge di Valjean, è a Montreuil-sur-Mer.
Riconosce i potenti muscoli delle gambe, riconosce persino il modo in cui zoppica da quella volta in cui cadde, in quel disperato tentativo di evasione di tanti anni fa.
E si sorprende, Javert, perché non avrebbe pensato di rivedere Valjean, non in queste vesti di uomo rispettabile. Qualche anno dopo, diventa sindaco.
"Sono diventati tutti matti, o lo sono diventato io", pensa ogni tanto Javert. Il dubbio si alterna a certezza. 
"Potrebbe non essere veramente Valjean", si dice, e infatti lui, Madeleine, come si fa chiamare, gli parla sempre come se l'avesse conosciuto solo in questa cittadina.
Per Javert è già inconcepibile che un uomo come Valjean possa diventare sindaco. Lo ricorda come una bestia incapace di ragionare, sono tutti così, a Tolone.
Ma una parte di lui sussurra che è inconcepibile anche che un centauro possa occupare una posizione di potere.
Creature stupide e sporche, destinate ai più bassi lavori manuali, mentre gli uomini con le ali li osservano dall'alto.
Quando è perso in questi pensieri, Javert prova un moto di disgusto verso quella razza, e verso se stesso.
Lui, che ha delle bellissime e forti ali di aquila, ali che lo fanno innalzare maestoso sopra la feccia criminale, è nato dall'unione sbagliata, mostruosa, di una donna alata e un centauro. Trema al solo pensiero.
Sarebbe potuto nascere centauro, o peggio, un abominio. Ma, per sua fortuna, o per il volere di un fato che lo ha destinato a grandi compiti, ha ereditato solo i tratti della madre.

La terza volta che Javert si accorge di Valjean è quando lo arrestano, notando l'inganno dietro lo pseudonimo Champmathieu. 
In realtà, sarebbe stata se quell'individuo fosse stato realmente Valjean. E invece no, fu un errore, anche se Champmathieu aveva la stessa faccia che Valjean aveva avuto a Tolone, zoppicava allo stesso modo e aveva pure lo stesso colore del manto.
A Javert fa strano ripensare a quella volta, all'errore che avrebbero potuto compiere.
E invece, Madeleine si era rivelato essere Valjean, come Javert aveva sempre pensato. Come aveva scritto nella lettera per il Prefetto, spinto dall'astio e dalla vergogna perché un avanzo di galera, centauro, aveva osato sbeffeggiarlo davanti a tutti e aveva impedito l'arresto di quella donna. Aveva le ali, quella donna, e Javert aveva provato disgusto anche per lei e per le persone come sua madre, che si abbassano alla vita più amorale nonostante la nascita li abbia graziati con il dono di osservare dal cielo stesso il mondo e le stelle.
No, la terza volta che Javert si accorge di Valjean, stavolta per davvero, è quando lui lo lascia andare alla barricata.
In quel momento, Javert vede davanti a sé il vero Valjean e tutte le sue certezze crollano come un castello di carte.

"Se mi fossi buttato, quella volta, nemmeno le mie ali mi avrebbero tirato fuori dal fiume".
Non lo dice ad alta voce, ma Valjean, accovacciato accanto a lui in giardino, sembra intuire le sue riflessioni e gli prende la mano.
"A cosa pensi?", chiede.
Javert scuote la testa, incerto su come articolare la risposta. Non vuole ripensare a quella sera.
"Ero davvero un idiota".
Valjean si lascia sfuggire una risata, la sua coda ondeggia per scacciare una zanzara.
"Non dire così".
"Oh, ma lo ero", risponde Javert, quasi senza rendersene conto, "Lo ero, e lo sono ancora".
Prima che Valjean possa replicare, aggiunge: "Non ho mai provato veramente a conoscerti. Non riuscivo a vedere oltre... parecchie cose".
Valjean non smette di sorridergli.
"Tutto questo non conta più nulla".
Si appoggia a lui e lo circonda con un braccio, e Javert osa ricambiare il gesto, schermandolo anche dalla luce del tramonto con un'ala.
Forse non è vero, tutto questo conta eccome, e non potrà mai smettere di contare qualcosa. Valjean zoppica ancora.
Ma né lui né Javert dovranno portare il peso di tutto quello che hanno vissuto da soli.
La sera avanza e tra un po' spunteranno le stelle e Javert si accorgerà di nuovo di come sono belle anche viste da lì, e in quel momento potrà solo definire "benedetto" questo legame che, dopo un volo, lo riporta sempre alla terra e a Valjean.

  
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