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Autore: Alice_ecila    30/06/2015    0 recensioni
Padova 2015. Alice, appena laureata alla triennale di economia, si è appena trasferita per studiare la magistrale in Economia e Finanza.
Mentre sta per entrare nella sua nuova casa vede uscire dal palazzo di fronte Teo, rendendosi conto di come avrebbe riconosciuto tra mille quel paio di occhi neri. Erano passati tre anni da quando si erano parlati l’ultima volta, tra odio, lacrime amare e una delusione che avevo cambiato Alice. Ma proprio quando la ragazza è convinta di aver accantonato completamente i suoi sentimenti la vita decide di darle una seconda possibilità per capire come sono realmente andate le cose con Teo.
Dal capitolo 2:
-Ch…che stiamo facendo?- chiedo con voce tremante.
C’è solo la luna che illumina questa stanza di albergo nella periferia di Berlino, un letto matrimoniale e un lettino singolo, le valigie mezze piene sulla moquette bordeaux e i vestiti lasciati un po’ ovunque. Poi ci siamo noi, appoggiati al muro che ci baciamo famelici, noi che siamo sbagliati, noi entrambi fidanzati, noi che stiamo finalmente facendo quello che avremmo dovuto, davvero, fare da tempo.
Genere: Erotico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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-Okay. Calmati Alice. Respira. Non sarà così difficile orientarsi, infondo basta prendere il cellulare e usare Google maps.

Ed eccomi qui, nella piazza più grande d’Europa, quella di Padova, a cercare disperatamente di orientarmi. Mi chiamo Alice Relio e ho 22 anni, e ho un pessimo senso dell’ orientamento. Mi trovo a Padova in questa caldissima ultima settimana di settembre per iniziare i corsi di laurea magistrale in Economia e Finanza. Mi sono laureata a luglio, e ho deciso di cambiare decisamente aria per affrontare questi due anni spostandomi dalla Toscana a qui in Veneto, e spero di aver fatto davvero la scelta giusta.

Per 19 anni della mia vita ho abitato in un piccolo paesino campano, ho sempre odiato quel posto fin da bambina, non mi piaceva niente, dalla chiusura mentale della gente alla struttura architettonica del paese. Sembra strano agli occhi di tutti che io non straveda per il mio luogo di origine, ma ogni volta che ci torno nasce in me la voglia di scappare lontano da quel luogo che mi è sembrata una prigione per così tanto tempo. Così, quando fu il momento di scegliere quale università frequentare optai per la vicina Napoli, spinta soprattutto dal fatto che le mie amiche avrebbero frequentato lì l’università; ma grazie ai miei genitori (ancora oggi li ringrazio) e ai loro consigli optai per Siena, tranquillissima città toscana dove la facoltà di Economia è una delle più prestigiose d’Italia. Grazie alla borsa di studio offertami dalla Università ho passato tre anni studiando in assoluta serenità, risparmiando qualche soldino per qualche gita fuori porta.

E ora, eccomi qui a Padova, con due pesanti valigie e una cartina in mano. Ho la netta sensazione di sembrare una cretina agli occhi dei passanti, anzi, ne ho la certezza considerato gli sguardi divertiti che mi lanciano. Finalmente vedo un taxi avvicinarsi così alzo la mano cercando di attirare l’attenzione dell’autista, il signore brizzolato grazie al cielo si ferma e scende dall’auto per aiutarmi con i bagagli.

-Dove la porto signorina?-

-Via Marsala 31.- dico esausta mentre mi sistemo meglio nell’auto. Mio dio che caldo.

Dopo pochi minuti l’auto si ferma davanti a un bellissimo e imponente portone in legno scuro, mi affretto a pagare il tassista e scendo dal taxi prendendo le valigie che l’uomo mi porge.

-Grazie mille.- rispondo gentile.

-Grazie a lei signorina, buona giornata.-

Prese le mie valigie infinitamente pesanti e mi driggoi verso il portone della mia nuova casa, suono al campanello “Vatta Ilaria e Sinoni Elisa” e mi appoggio allo stipite dell’entrata.

-Chi è?- chiede una voce assonnata.

-Alice.-

-Oddio!-esclama la ragazza. -Aspettami che scendo e ti do una mano con le valigie.-

La ragazza si dimentica, però, di aprirmi il portone e così rimango nella mia posizione, sotto il sole a fissare il portone della palazzo di fronte. E’ ancora più bello di quello del mio palazzo, di legno scuro con due enormi maniglioni in ferro e all’ estremità superiore compariva una testa di leone. Mentre osservo ancora l’entrata dal palazzo davanti a me sento squillare il mio cellulare. “Porca miseria!”, ho dimenticato di chiamare mia madre.

-Mamma!- rispondo appena dopo essere riuscita a estrarre il cellulare dalla borsa.

-Tesoro!- esclama felice nel sentire la mia voce,-sei arrivata? Fa caldo? Hai l’acqua con te?-

Eccola che comincia! Mia madre è davvero apprensiva, nonostante vivo da sola da più di 3 anni, probabilmente non si rassegna  al fatto che sono diventata indipendente.

-Si mamma sono arrivata, sono sotto il portone di casa.- sorrido emozionata.

Tack.

Mi volto distrattamente verso il portone che stavo guardando fino a 5 minuti fa, e non sento quello che mia madre stava dicendo perché il cellulare mi cade dalle mani nel preciso istante in cui i miei occhi si incatenarono a un paio di occhi scuri che avrei riconosciuto fra mille. In un attimo non sento più la terra sotto ai piedi, il cuore prende a battermi così forte che sembra voler uscirmi dal petto, le mie orecchie sembrano in grado di sentire solo un fastidioso fischio.

-Eccomi Alice, scusa se ti ho fatto aspettare!- l’esclamazione di una voce alle mie spalle mi riporta improvvisamente nella dimensione reale.

-Ti senti bene?- mi chiede una ragazza bassina e paffutella mentre raccoglie il mio cellulare dal marciapiedi. Ha i capelli lunghi e liscissimi di un colore biondo miele e gli occhi verdi e grandi.

-Io…- cerco di rispondere, ma lo shock di qualche minuito fa prende il sopravvento e non riesco a pensare lucidamente. Alla fine riesco ad allungare la mano verso di lei e faccio in modo di darmi un contegno, insomma, è pur sempre la mia coinquilina e non voglio essere vista come una non molto stabile. –Piacere di conoscerti, sono Alice.- faccio il sorriso più tirato e finto che ho mai fatto nella mia breve vita.

-Piacere mio!-esclama lei sorridendo-io sono Ilaria.- continua porgendomi il mio cellulare.

Lo afferro imbarazzatissima, sicuramente al momento ho un’espressione da cretina. Complimenti Alice! Sei proprio una stupida!

-Avrai avuto un colpo di caldo.- mi dice lei osservandomi attentamente-sembri stremata e sconvolta.- ride dopo l’ultima affermazione.

-In effetti oggi fa davvero molto caldo.- affermo cercando di essere convincente.

-Tranquilla- Ilaria mi sorride-andiamo sopra che ti offro una bibita fresca.-
 
Quattro rampe di scale dopo, una piacevole chiacchierata con Ilaria e una sciacquata alla mia faccia, sono seduta sul letto della mia nuova camera. Non è grandissima, ma nemmeno piccola. Ha due finestre che danno sulla strada con delle graziose tendine gialle, un letto a una piazza e mezza con un comodino al centro della stanza, un armadio a 4 ante attaccato al muro, una libreria e di fianco una grande scrivania. Tutti i mobili sono di legno bianco e la stanza odora di nuovo. Le pareti sono anche esse tinte di bianco, danno un senso di pulito, ma la stanza sembra davvero anonima in questo modo. Non mi sono data tempo di pensare, ho cercato di occupare il tempo disfando le valigie, mettendo in ordine le mie cose e richiamando mia madre scusandomi  per il mio comportamento. Invento di aver avuto un colpo di calore, ma la rassicuro immediatamente sul mio stato di salute altrimenti me la trovo sotto casa fra meno di 12 ore. 
Dopo la chiamata con  mia mamma sospiro rassegnata e mi butto sul letto in cerca di un po’ di tranquillità. Forse lo avevo immaginato, insomma.. non poteva essere reale! Più ripensavo a quello che mi era successo più una strana sensazione mi attanagliava lo stomaco. Dovevo dirlo a qualcuno? A chi?
 No. Finquando non ne parlo con nessuno non può essere reale, ragionamento stupido ma giusto. Santissimo Dio! Ho la camera da letto che dà sul palazzo nel quale abita, forse addirittura le mie finestre sono di fronte a quelle della sua di camera. Mi tiro un attimo a sedere e mi passo le mani nei capelli cercando di calmare il mio respiro e il mio battito cardiaco, forse sto viaggiando troppo con  la mente, forse non è casa sua, ma di qualche amico o parente, forse non abita nemmeno a Padova, forse sta facendo un colloqui di lavoro! Ecco, sto impazzendo. E lui? Cosa aveva pensato in quel momento? Era scomparso non appena Ilaria mi aveva risvegliata dallo shock, ma infondo cosa avrei dovuto aspettarmi? Presi il cellulare dal comodino e composi il numero di Chiara.

-Proprio a te stavo pensando brutta str-Non la lascio finire.

-Taci-imperativa.

 Faccio un grosso respiro mentre lei smette immediatamente di aggredirmi. -Non immagini cosa mi è successo- sussurro piano.

-Oddio-il suo tono di voce è allarmato-Cosa ti è successo?- Chiede preoccupata. Sospiro, ancora.

-Alice ti prego parla! Mi sto preoccupando!- mi sprona lei.

E’ la mia migliore amica dai tempi del terzo liceo. Eravamo diventate inseparabili e ne avevamo passate così tante insieme. Chiara è la persona
migliore che conosco, una donna forte, con un carattere formidabile; non solo è simpatica, ma è davvero una persona ironica, capace di farti ridere anche nelle situazioni più tristi. Un’amica come lei è di quanto più bello si possa avere, nonostante è molto viziata e capricciosa, da quando avevamo legato durante quel terzo anno di liceo scientifico, ci eravamo trovate a diventare pappa e ciccia. L’ università ci aveva portato in due posti diversi, ma ci eravamo sentite ogni singolo giorno e continuiamo a farci un sacco di risate insieme, ma anche ad asciugare una le lacrime dell’altra. Chiara ha degli occhioni marroni grandissimi, contornati da delle ciglia lunghissime, le labbra a cuoricino e il viso regolare; è bassina e magra ed è davvero una gran gnocca. I suoi capelli neri le danno un tocco da rock star e ama la moda, aveva sempre avuto un guardaroba pazzesco. La nostra amicizia era cresciuta insieme a noi, giorno dopo giorno, in quei banchi di scuola così detestati. Alla mia laurea Chiara aveva fatto i salti mortali per esserci, e si era addirittura commossa quando ero uscita dall’aula in cui avevo discusso la tesi. Quattro giorni dopo quella memorabile data eravamo andate a Firenze, al concerto di Lorenzo Jovanotti, e ci eravamo divertite come non mai. Ora, ognuno è ritornato alla sua vita, lei a Napoli alle prese con ingegneria civile e io a Padova alle prese con un cuore che batteva all’impazzata.

-Io ho…- non riesco a finire la frase che bussano alla porta della mia stanza. –Ti richiamo.- senza aspettare risposta stacco la chiamata e lancio il cellulare sul letto come se scottasse.

-Avanti.- rispondo dopo aver preso un profondo respiro.

Una ragazza mora, con un seno decisamente abbondante apre la porta della mia camera. -Tu devi essere Alice- sorride avvicinandosi,-piacere di conoscerti, sono Elisa.- mi stringe la mano -l’altra coinquilina.-
Ha degli occhioni nerissimi ed è bassina, ma ha qualcosa nel complesso che la rende graziosa.

-Io e Ilaria stasera pensavamo di fare un giro, magari mangiare fuori qualcosina.- mi dice allegra –Ti va di unirti a noi?- .

Ero davvero molto tentata, ma la stanchezza del viaggio si  sta facendo sentire e inoltre devo ancora finire di sistemare le mie cose.

-Ti ringrazio di cuore, ma sono a pezzi.- rispondo mentre torno a sedermi sul letto. –Il viaggio e questo caldo mi hanno davvero sfinita, credo farò una doccia e poi andrò a letto.-

-Ti capisco benissimo, però una di queste sere ti faremo conoscere la movida Padovana, non ci dare buca eh.- si raccomanda facendomi l’occhiolino.

-Contaci!- esclamo ridendo.

-Ti lascio riposare allora, ci becchiamo in casa.- dice mentre la vedo sparire dietro la porta.

Nel momento in cui Elisa lascia la mia stanza il mio cellulare inizia a squillare, Chiara mi sta chiamando. Non rispondo con un “pronto”, non mi scuso con lei per avergli staccato il telefono in faccia, non le spiego niente della nuova casa o delle nuove coinquiline. Pronuncio tre sole lettere, un nome, e quello che segue è il silenzio più assordante della mia vita.

-Teo.-

  
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