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Autore: Lady Atena    01/07/2015    0 recensioni
Pre&Post The Avengers
Steve è da solo, in un mondo lontano settant'anni dal suo.
Cerca una stabilità che non può trovare in un'epoca che non gli appartiene.
Il passato è troppo vicino e il presente troppo lontano.
Ma negli occhi di Tony si riflette un futuro per cui vale la pena tentare.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Scudi troppo spessi.'
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Personaggi: Steve/Tony.
Prompt: Sangue.
Lanciato da: Claudia Saini.

Steve fece scattare la porta sul retro del laboratorio, entrò e sgranò gli occhi vedendo i tavoli rovesciati; gli oggetti elettronici mandavano una serie di scintille e frammenti di vetro misti a olio erano sparsi sul pavimento.
“Tony?”.
Avanzò, sporse il capo a destra e sinistra e vide Tony a gattoni, chinò davanti ad una cassetta del pronto soccorso. Tony alzò il capo, le iridi castano scuro erano arrossate e incavate; gocce di liquido ambrato gli sporcavano il pizzetto e la maglia.
“Mi sono tagliato” spiegò.
Steve si sedette, gli prese le mani vedendo il sangue coprire i muscoli delle braccia e le dita.
“Ho saputo che hanno rifiutato il tuo progetto”.
Afferrò del disinfettante dalla cassetta, lo mise sull'ovatta e tamponò le ferite.
“Perché non mi hai detto che avevi un progetto simile?”.
Tony ritirò le braccia, mosse il polso stringendo gli arti al petto e scosse il capo; grugnì incrociando le gambe.
“È solo un po' di sangue”, borbottò, “E non vedo perché dovrei parlarti dei miei progetti aziendali”.
Steve si passò la mano tra i capelli, prese nuovamente una mano di Tony e passò il pollice sul sangue incrostato sulle dita callose dell'altro.
“La prima volta che ti ho visto, pensavo tu fossi un arrogante che si divertiva a prendermi in giro. Quando ti ho visto a Stoccarda, ero convinto che volessi solo dimostrare quanto eri migliore di me”.
Tony sospirò, afferrò una bottiglia di alcool semi-vuota e finì di berla, deglutì scuotendo il capo e sogghignò socchiudendo gli occhi.
“Mi dispiace, non sei il centro della mia vita”.
Steve roteò gli occhi, passò il cotone sulle ferite, lo posò e osservò i lividi contornati di sangue coagulato chiazzare i muscoli tesi di Tony, si leccò le labbra e rimise il disinfettante nella cassetta.
“Poi ho capito che quello che hai te lo sei guadagnato. Anche con il sangue, se necessario”.
Tony strinse le labbra, abbassò il capo e guardò i residui di liquore nella bottiglia.
“Il sangue degli altri”.
Steve scosse la testa, si sfilò i guanti rossi e gli mostrò le mani.
“Io non ho segni. Ho combattuto, mi sono allenato, ho tenuto armi; ma le mie mani sono lisce”.
Indicò con il mento le mani callose di Tony, la pelle scura era coperta di piccole cicatrici più chiare.
“Tu hai i segni del tuo lavoro. Potrai mostrare le mani ai tuoi figli e dirgli che hai lavorato duro”.
Tony si guardò le mani, grugnì passandosele tra i capelli sudati e scompigliati.
“Non credo sia proprio quello il punto”.
Steve lo guardò negli occhi.
“Il punto è che ho sbagliato su di te, Tony. E chi ti ha negato aiuto anche sta sbagliando”.
Tony ricambiò lo sguardo, sorrise.
“Vuol dire che posso contare su di te?”.
Steve annuì, sorrise a sua volta.
“Lo faremo insieme”.

  
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